Ribelli a scoppio ritardato

9788804562085g.jpg

di Franz Krauspenhaar

Sandro detto Silver ha una convivente molto più giovane di lui che lo convince a dare una festa per il suo 50mo compleanno. Una festa mobile con una corrida umana che finirà, come per tutte le corride, in maniera violenta. (Camere e stanze).


Alessandro conosce un tizio che dice di essere suo amico da anni e che si rivelerà molto diverso dall’affabile personaggio che si era presentato a lui all’inizio; il tutto accade in una località balneare coperta da pioggia e fango in mezzo a un’aria d’insieme vagamente surreale. ( Happy hour).
Egidio è “intendente al governatorato”, e dopo una riunione drammatica con alcuni colleghi si rende conto di non aver mai capito nulla e di essere fuori dai giochi delle tangenti.(Vivi nascosto).
Un pittore di poco successo viene convinto dal suo gallerista a creare un’installazione e questa diventa per lui un’ossessione totalizzante. (Il match).
Un mite avvocato napoletano viene inseguito da un guappo che vuole derubarlo e ha una reazione a sorpresa. (Farsi un Rolex)
Un manager alla frutta si mette a dipingere tele tutte uguali di un rosso particolare mentre medita il suicidio, lontano da tutto e da tutti. (Rosso Mafai).
Carlo, un manager di successo, decide di tatuarsi la faccia e questo sarà inevitabilmente un atto che porterà con sé delle amare conseguenze. (Uno bravo).
Questa la estrema sintesi dei racconti contenuti in “Dove credi di andare”, di Francesco Pecoraro, Mondadori, pagg.197, euro 16,00. Racconti con protagonisti assoluti uomini di circa 50 anni, professionisti più o meno affermati. Uomini che provano la crisi, il rigetto, la stanchezza, anche la ribellione tardiva. Ecco, quello che in primis m’è saltato agli occhi leggendo questi racconti è che quasi tutti questi uomini non più giovani e comunque benestanti e di livello culturale alto sono dei ribelli a scoppio ritardato. Gente che s’è accorta davvero troppo tardi di aver macinato la vita inseguendo trappole ingranate dal sistema (quello del lavoro, della società, del consumo, dello status symbol, della famiglia, del tempo libero, della carriera); e dopo averlo scoperto, come in un risveglio improvviso da un incubo notturno, tentano spesso l’ultimo guizzo, l’ultimo colpo di reni, cercano una svolta secca e definitiva. L’uomo di successo che comincia lentamente a farsi tatuare la faccia da maori (visibile in primo piano nella bella copertina) è il simbolo marchiato su pelle di un tentativo di farsi altro restando se stessi. Il tentativo di questi uomini abili e arruolati non è quello, in definitiva fin troppo facile, di coloro che prendono un cargo battente bandiera panamense o che emigrano alle Maldive coi soldi della liquidazione giocando il triste gioco dei Robinson Crusoe all inclusive. No, per niente: questi uomini non sanno dove andare (nonostante il titolo del libro), nel senso che possono pure restare al loro posto; ma è dall’interno (dalla pelle, come nel caso del personaggio di Uno bravo) che vogliono cambiare, ma purtroppo è tardi, sempre troppo tardi, tragicamente tardi.

Il primo racconto, Camere e stanze, è il più lungo; quasi un romanzo breve nel quale gusti, idiosincrasie, odi e amori del protagonista alle prese con la corrida festaiola vengono sviscerati da Pecoraro con grande attenzione al particolare; e c’è anche il sottile disagio che il personaggio prova nel vivere con una donna molto più giovane di lui, un disagio che è compensato solo da un ritrovato appetito sessuale che la ragazza gli ha regalato col suo essere, a modo suo, al suo fianco. Negli altri, si segnalano come particolarmente riusciti l’ultimo, di cui ho appena parlato, che ha un finale d’una amarezza quasi sconvolgente; e in mezzo, tra il primo e l’ultimo, spiccano a mio avviso Vivi nascosto, soprattutto per la qualità dei dialoghi, e Il match, nel quale è dipinta molto bene l’ossessione a perdita di tutto d’un’artista. In ogni caso, per tutti i racconti – che compongono non una raccolta ma una serie di episodi che possono essere legati tra loro concettualmente, anche se i personaggi sono totalmente estranei uno all’altro – (ma è anche questa una cosa notevole, perché comunque il mondo di Pecoraro è uno solo, e non ci si sfugge) mi pare di poter dire che c’è sempre qualità, attenzione al particolare, acutezza di sguardo e di visione, sano cinismo.

Pecoraro è un architetto romano di 60 anni al suo primo libro. In un’epoca nella quale si esordisce da adolescenti come tante Lara Cardella o addirittura Shirley Temple delle lettere, sapere che un uomo non più giovane esordisce con Mondadori con un libro di racconti di questo livello non può che essere di conforto per chi crede ancora, nonostante tutto, nel valore della letteratura. La letteratura ha bisogno – alla faccia del mass market – di tempo, di sedimentazione lenta e puntuale e paziente, di pensiero. E Pecoraro un suo pensiero rilevante sulla vita ce l’ha; uno scrittore vero un pensiero rilevante ce lo deve avere per forza, e allora, dico io, che cos’è la letteratura se non l’espressione artistica di un pensiero rilevante sulla vita, di una vera rilevante visione? E per arrivare a questo ci vogliono spesso anni e anni, bisogna essere andati a combattere sulla “strada”, bisogna aver vissuto sul serio. Pecoraro parla di ciò che meglio sa, è evidente. Il mondo dei professionisti si capisce che lo conosce molto bene, che lo ha vissuto e lo vive dall’interno, che lo fuma, lo beve, lo mangia, lo smaltisce. I ritratti di questi signori così sperduti a galleggiare facendo spesso il morto, in un quotidiano nel quale non si ritrovano più al centro delle coordinate di loro stessi, gli sono veramente venuti col pennello fine, come per un pittore della Nuova Oggettività tedesca. Sembra di vedere, leggendo, certi personaggi dipinti da Dix e da Schad; gente della finanza, impettita e con la grisaglia d’ordinanza, ma nella quale il pittore ha lasciato intravedere, da un barlume inquietante e inquieto fissato negli occhi, una profonda fragilità. Ecco, Dove credi di andare (titolo quanto mai azzeccato) è anche la storia di diverse fragilità, di professionisti allo sbaraglio (molto più interessanti dei dilettanti), di uomini nudi di fronte al loro passato. Un certo numero di lettori potrà rispecchiarsi in questi uomini voraginosamente soli, qualcuno potrà riconoscere un conoscente, un capo, un vicino di casa; ma non c’è comunque – e qui ritorno alla pittura tedesca degli anni 20 – il realismo o il neorealismo di cui è stata rilevata da molti una certa piattezza; quella di Pecoraro è una ricerca letteraria solida che si fa solida pratica e che va oltre tutte le apparenze, perché la sua penna sfreccia, con una prosa spesso cruda e inelegante come la vita – con tutta la sua durezza ma sempre con la massima proprietà e raffinatezza di sguardo – oltre le apparenze, spesso entrando direttamente nei pensieri; in buona parte dei racconti, infatti, il corsivo registra il monologo interiore spezzettato e angosciato del protagonista, a intervallarsi con ottimo incastro nella narrazione, che sia in terza o in prima persona. E poi i magnifici finali, spesso anticipati, come colpi d’incontro a sorprendere lo sparring partner-lettore per fargli ancora più male, sempre amari ma pieni di forza, di disperata vitalità, avrebbe detto qualcuno.
Un esordio più che lusinghiero, dunque, per uno scrittore che ha messo insieme un romanzo di racconti in una sequenza molto ben costruita. Lo attendiamo fin d’ora per nuove prove.

(Pubblicato su “Stilos” – 03.04.2007)

Print Friendly, PDF & Email

72 Commenti

  1. Racconti su dei cinquantenni “alla deriva”, legati da un fil rouge più o meno simile per tutti. Esordio a sessant’anni.
    Però non ho capito dov’è la/le novità in questo libro: nel linguaggio – prosa inelegante a parte e comune al 90% dei racconti a partire dal solito Carver passando per Bukowski e Fante, e via dicendo? Nei racconti, amarezza a parte – che è poi comune al 90 per cento dei racconti prodotti dall’anno zero ad oggi?

  2. Io però a Tashtego una domanda/osservazione gliela voglio – anzi gliela DEVO – fare, sennò mi rimane un fastidioso sassolino nella scarpa:
    più volte hai stigmatizzato – unendoti a chi già stigmatizzava – il fatto che alcuni scrittori di sinistra, o centro sinistra, pubblicano per giornali di Berlusconi. Ricordo nitidamente un commento in cui prendevi atto, sconsolato, che “è un fatto che gli intellettuali di sinistra lavorano per Berlusconi” (cito a memoria, ma ci metterei la mano sul fuoco). Ora vieni fuori con un libro pubblicato proprio per Berlusconi. Voglio PRECISARE che non ce l’ho col fatto in sé di pubblicare per Mondadori; se io avessi un libro pronto e Mondadori si offrisse di pubblicarlo accetterei senza pensarci su un microsecondo. Però io non ho puntato l’indice contro gli altri, perché può darsi che uno talvolta abbia bisogno di lavorare, di scrivere, e insomma, è un fatto della sua coscienza se scrive per giornali-fogna che usano la calunnia, il ricatto, l’insulto come arma politica. Sono fatti suoi. Tu invece l’hai fatto. Allora mi/ti chiedo: è il classico vizio, molto italiano, di essere severi con gli altri e indulgenti con se stessi? E’ il solito parlare a vanvera, parlare finché non entrano in ballo gli interessi personali? Prevengo l’obiezione, molto debole, anzi, inconsistente, che pubblicare su un quotidiano non è la stessa cosa di un libro di racconti. L’editore è lo stesso, e l’intellettuale di sinistra lavora per l’editore/politico di estrema destra.

    Sono moralista? Certo, ma lo sono con un moralista, e quindi mi è concesso.

    Per quanto riguarda il libro trovo la cover splendida, non l’ho ancora letto però mi fido della lettura di Franz; diciamo che, avendolo sfogliato abbastanza a lungo in una comoda libreria (Mondadori) con le poltrone e il bar mi sono fatto l’idea – l’idea di uno che sfoglia e legge qua e là – di una scrittura un po’ piatta e conformista.

  3. @baldrus
    non ricordo di aver “puntato l’indice” contro nessuno.
    scrissi che la sinistra lavora per la destra e feci l’esempio di mondadori, dalla rai, di mediaset, eccetera.
    penso ancora che la sinistra (cosa resta della sinistra? cosa può dirsi “di sinistra”?) lavori per la destra (cosa si può dire oggi che “non è di destra”?).

    f. pecoraro

  4. La sinistra ha sempre lavorato per la destra. la destra offre il capitale, la sinistra il lavoro, anche intellettuale.

    Ma forse Baldrus vuole che tutti gli operai si licenzino per non lavorare più per i padroni, e anche tutti gli impiegati e che gli scrittori non pubblichino più, beh, perché no, chiudiamo e andiamo in vacanza.

  5. Risposta alquanto maccheronica, Tashtego. Dunque tu, che sei uno degli ultimi solidi di sinistra – e lo dico senza sarcasmo – dici che “penso ancora che la sinistra (cosa resta della sinistra? cosa può dirsi “di sinistra”?) lavori per la destra (cosa si può dire oggi che “non è di destra”?).”
    Quindi sei un intellettuale di sinistra che lavora per la destra, come quelli che hai stigmatizzato (come fai a dire che non l’hai fatto, quando intervenivi nei dibattiti?). Sei severo con gli altri e indulgente con te stesso. Le parole non valgono nulla, volano nel vento. Sei di quelli che s’incazzano per il degrado del traffico e poi, se gli capita la bisogna, schiaffano l’auto sulla pista ciclabile.

  6. No, la balia, non voglio quello che hai appena scritto, perché anch’io, se fossi ancora operaio, come lo sono stato, non guarderei certo in faccia il datore di lavoro che mi paga. Però nel caso di Tashtego sono intristito dalla sua critica, che si rivela vuota, agli intellettuali che lavorano per la destra, perché anche lui lo fa. Cazzo, è la terza volta che lo scrivo.

  7. E’ un gran bel libro, Tashtego.

    La scrittura è molto più sottilmente studiata ed elaborata di quello che può apparire a una lettura frettolosa: specchio fedele della (in)consistenza psicologica ed etica dei personaggi, filigrana di un mondo alla deriva imploso senza lampi, nel silenzio privo di vita dei suoi suoni e dei suoi rituali.

    La novità, così come la sorpresa, lasciala a chi crede che i libri siano uova di pasqua.

  8. @baldrus
    ultima risposta.
    non mi ritengo affatto un “ultimo solido di sinistra”: quelli come me sanno forse – forse – cosa NON SONO, ma non sanno cosa sono.
    nella sinistra che lavora per la destra mi ci metto io per primo e non solo perché ho pubblicato per mondadori (casa editrice peraltro piena di “comunisti”), ma soprattutto per il fine ultimo dell’urbanistica che è, indirettamente, quello di “dissodare” il territorio perché sia consegnato nelle mani dei poteri economicamente forti.

  9. “Ultima risposta” tashtego? Fai un po’ te, se vuoi sentirti superiore.
    Ovviamente ti arrampichi sugli specchi. Il fatto è che nel nostro paese non c’è mai un po’ di rigore nelle opere, un po’ di coerenza. Si parla, si parla, si giudica, si protesta, poi quando tocca a noi ci concediamo ampie deroghe. Così non cambierà mai nulla (e infatti non cambia nulla), perché il cambiamento deve venire prima di tutto da e in noi stessi.

  10. Ragazzi, ma non è un po’ stucchevole questa cosa? L’economia di mercato, il capitalismo tali sono che si chiamino Mondadori o Edizioni Cooperative Modenesi, o qualcuno crede veramente al capitalismo equosolidale? Si pubblica con chi fornisce buone garanzie editoriali, e si chiede a un editore il “mestiere”, parola che a tashtego piace assai, ma anche a me.

  11. Valter, sì, però il discorso diventa stucchevole per chi critica gli altri per le stesse cose che poi lui stesso fa. Poi va bene tutto, non crediamo più in niente, non c’è più niente, e ognuno per sè e in culo al prossimo.

  12. Non è il caso, sitting targets, faresti unicamente il loro gioco. L’inconsistenza di quello che scrivono, soprattutto quando decidono di parlare di libri che non hanno mai letto, o che hanno appena sfogliato, è un chiaro sintomo del masochismo acuto da cui sono virtualmente affetti (virtualmente: perché se lo sono anche nella vita reale, sono affaracci loro). Essi scrivono cazzate al solo scopo di essere spernacchiati: qui è il loro godimento, l’unica loro ragion d’essere in rete.

  13. beh, sì, ma quattro cazzottoni quattro… sa caro, io sono pratico di boxe, e i punching-ball costano, e non danno la stessa soddisfazione…

  14. Non sono così assetata di sangue come Sitting..:o)
    Però vorrei chiedere ad Angelini se quel commento sull’ ‘esordire a sessant’anni’ è appunto esclusivamente collegato ad una riflessione sulle lungaggini dell’editoria.

    Oppure forse non è un commento poi così neutro, nel senso che uno dovrebbe, come dire, astenersi dal pubblicare dopo una tot-età?
    Nessun intento polemico, solo una domanda.
    Grazie.

    P.S. Commento OT

    Curioso come anche qui, come da altre parti, i commenti su questo libro spazino dalla scelta della casa editrice, alla foto di copertina, alle dichiarazioni dell’autore, al suo modo di porsi nel commentare..etc..etc.
    Ma sembra che si faccia fatica a dire due parole on-topic, cioè sulla recensione, od il testo, insomma sullo scritto, e non su tutto ‘sto contorno.
    Ma forse è semplicemente perchè il libro da molti non è stato ancora letto eh, ?(se mai lo sarà).
    O forse perchè – scusate la leggera cattiva fede – scattano più o meno inconsapevoli meccanismi di invidia ?

    E ora vi prego di non sbranarmi per questo mio commento.
    Chè non sono un’addetta ai lavori, e quindi questa è la mia modesta e disinteressatissima opinione.
    Thanks !

  15. Cara Barbara, per quanto riguarda il sottoscritto, nessun meccanismo di invidia (consapevole almeno, perché sull’inconsapevole nessuno può davvero garantire nulla), anzi, pur ribadendo tutto quello che ho scritto, che è pur sempre un discorso sull’autore, concordo con quanto scritto da Franz:

    “In un’epoca nella quale si esordisce da adolescenti come tante Lara Cardella o addirittura Shirley Temple delle lettere, sapere che un uomo non più giovane esordisce con Mondadori con un libro di racconti di questo livello non può che essere di conforto per chi crede ancora, nonostante tutto, nel valore della letteratura.”

  16. @ SITTING TARGETS

    Puoi.

    Ma: uno, sono alto 1.83
    Due: peso 105 chili.
    Tre: non fumo e sono un salutista.
    Quattro: non ho un filo di grasso addosso.

    Accomodati.
    Ma la vedo dura per te.

    E poi: ho posto delle domande, dei dubbi. Non si può più?
    E’ ricominciata la caccia alle streghe?
    Ah: scusa, non è mai finita. Per la serie: “1984” di George Orwell aveva già anticipato tutto.

    Statti bene.

  17. ‘non fumo e sono un salutista.’

    ‘tabacco’ è andato.
    tutto sta a vedere in che condizioni sono ‘bacco’ e ‘venere’

    ‘E’ ricominciata la caccia alle streghe?’

    e tu cosa c’entri? le streghe fumano, non lo sapevi? e, soprattutto, non si pesano tutte le mattine. questo si chiama millantato credito.

    smonta. ripigliati. e dai una controllatina al ‘grasso’. a volte si annida dove neanche credi.

  18. vabbé, binaghi. poi tu spieghi cosa c’entra il ‘papa rosso’ con una serie di commenti che mettono in luce l’inconsistenza della poesiucola del grande tram.

  19. è un libro onesto.
    mia sorella mi ha detto di averlo letto tutto d’un fiato e che l’ha trovato carino, ma lei è una lettrice orizzontale e lineare che a lei la lettura serve per evadere e dimenticarsi di sè e passare il tempo.
    ho letto i primi tre racconti sdraiata sul lettone; gli angeli di vasco in repeat, cannettina, luce soffusa.
    ultimamente, al primo accenno di ombelicismi gratuiti e descrizioni sul nulla che ti sfiniscono chiudo il libro con un vaffanculo e lo restituisco alla biblioteca.
    ma questo l’ho comprato sulla parola e non me ne sono pentita.
    mi hai fatto ridere tash , c’hai una bella ironia che piega sull’amaro, quella che piace a me e me li sono chiaramente visti i tuoi perdenti in azione.
    e l’acqua, l’acqua che arriva alle caviglie, la sporcizia disgustosa che vi galleggia, i piedi fradici e nessuno pare accorgersene…disperante.
    sull’ “oh” della ragazza, non ho resistito e mi sono fatta un ditalino.
    vivi nascosto, te la dedico
    “ mi chiedi che cosa penso che dovresti soprattutto evitare? La folla. Non potresti ancora esporti a essa senza rischio. E io non esiterò a confessarti la mia debolezza: quando rientro, non mi trovo mai nello stato d’animo di quando ero uscito; qualcosa dell’armonia raggiunta è turbato, e si ripresenta qualcuno dei difetti che avevo eliminato. Ai nostri spiriti convalescenti da una lunga malattia accade ciò che accade ai malati, abbattuti da una lunga infermità: non possono uscire senza danno. E’ nociva la frequentazione dei molti: qualcuno riuscirà senz’altro a farci apprezzare qualche vizio, o a insinuarcelo dentro, o a macchiarcene a nostra insaputa. E il pericolo è tanto maggiore, quanto è più grande la folla a cui ci mescoliamo. Non c’è nullla di più nocivo alla virtù che intorpidire durante uno spettacolo: è allora che i vizi, favoriti dal piacere che proviamo, più agevolmente si insinuano.Che cosa intendo dire? Rientro più avido, più ambizioso, più amante del lusso? Non solo: anche più crudele e disumano, perchè sono stato tra gli umani”
    sei molto umano, nel libro.
    ti bacio
    la funambola

  20. iannozzo: sono alto 1,74 per 80 kg. meno forte, con tutte le taglie. mi accomodo quando vuoi, ti faccio un mazzo tanto. ti metto la testa dove hai i piedi e manco hai capito come.

  21. Suvvia, è un ragazzo, è un ragazzo, un ragazzo, un ragazzo… lasciate che faccia il duro, che sfoghi gli ormoni in rete e sulla tastiera… chissà che dita forti e che polpastrelli callosi a forza di picchiare “con letterale forza” sui singoli tasti come fossero teste da schiacciare… Ah Ah Ah

  22. devo ancora prendere il libro ma lo faò. le recensioni lette, e soprattutto quel che scrive nei commenti e nei post, lo trovo convincente e notevole.

    rispetto all’autore – l’ho conosciuto da gino tasca -, mi ha sempre fatto uno strano effetto: mi è sempre sembrata una persona intelligente che non trova pace e che pensa perciò che non ce ne sia per alcuno; oppure che quelli che hanno uno spirito di “ricerca”, siano destinati all’illusione, quando va bene, al fallimento, quando no.
    insomma, uno che si è rifugiato negli ideali, pur sapendo che questi hanno sempre condotto chiunque alla medesima fine cui sopra.

    rispetto alla polemica mondadori, mi sembra figlia di quegli stessi ideali.
    rispetto alla sinistra, temo ormai che siamo al meno peggio. ed è per questo che personalmente la ritengo anch’essa un’odiosa trappola.

    e quindi, cosa rimane?
    non rimane che scrivere e leggere.
    in attesa di “conoscere se stessi”, “sapere quel che non si è”, è già qualcosa.

  23. L’ho letto ormai da un po’ e l’ho trovato assai buono, per i tempi attuali.
    Son racconti stringati, asciutti senza tante divagazioni, ma ricchi in ricerca di preciso linguaggio, e con un notevole approfondimento del carattere psicolgico dei personaggi, cosa non comune oggi.
    E’ vero che i racconti sono legati, e sono stretti tra loro da un’atmosfera spesso da incubo, se non angosciosa;
    possono infastidire chi cerca narrazione solo come passatempo.
    Sono da leggere con una certa “cura”.
    In particolare mi ha stupito di Francesco il racconto Happy hour dove il protagonista vestito di una giacca color salmone, cravatta verde e camicia grigia gira per un strada sommersa da 5 cm. di un’acqua sozza cosparsa d’immondizie e segue un individio losco fino ad altro luogo sotterraneo imputridito dalle stesse acque schifose.
    E’ un racconto per me simbolico, casa rara nelle narrazioni attuali, anzi direi che tutti sono, nascostamente, fome di apologi morali.
    Vale davvero la pena di leggerlo, in quanto si prova pure pena, oppure io ne ho provata.

    MarioB.

  24. me l’hanno dato oggi il libro, dopo un mese di attesa..(ah.. la provincia…)
    dunque lo leggerò.

    provo per l’autore, che in alcun modo conosco se non che per le note qua e la, una spontanea ed immotivata simpatia, forse per una sorte di rassegnata relatività che a me pare tra quelle note di intendere. una forma “minore” di saggezza cui mi piace dar credito, annoiato qual sono dai multicolori sbandieramenti con i quali quotidianamente e volontariamente affliggo la mia vanitosa (e trascurata) senilità.

    d’altronde, invecchiare è un pregio alquanto inutile.

    sempre salutando

  25. Cortesemente, evitate queste derive francamente squallide. Grazie. (Angelini, hai un’età – dovresti dare il buon esempio. Eh.)

  26. scusate… sarà banale, ma la banalità del quotidiano confina con la vertigine dell’abisso, se uno non ha letto un libro come fa a parlarne?
    Va bene che anche su alcuni re-censori questo sospetto viene,ma insomma non mi pare lecito.
    Se Leopardi avesse avuto un blog, o fosse andato ospite in TV da Costanzo, quanto avrebbero condizionato i giudizi la sua spalla asimmetrica e la mortale passione per i gelati?

  27. Il nostro amico Angiolino

    Se capiste con che sguardo lui ci guarda
    mentre noi stiamo suonando
    e dal porto del suo cuore un bastimento
    nella sera prende il largo.

    Ha davvero dei begli occhi da aquilotto
    il nostro amico Angiolino

    e ogni volta ci regala un bel biscotto
    il nostro amico Angiolino.

    Il nostro amico Angiolino

    Ha una moglie tutta bionda e tutta bella
    il nostro amico Angiolino
    e ogni volta ci regala una frittella
    con le mele e con il vino.

    Noi suoniamo e suscitiamo sentimenti
    e i sentimenti se ne vanno

    a impigliarsi nei capelli tutti biondi
    della moglie di Angiolino.

    Il nostro amico Angiolino

  28. @Fanculì fanculà. Moglie? Eh, no. Devi aggiornare la mia scheda. Dopo la recente separazione, sono tornato signorino, o single – come dite voi alle falde del Vesuvio.

  29. Sitting ti voglio parlare
    mentre dipingi Iannozzi.

    Non sono che un povero lettore
    ma di una cosa ti prego

    Pur se la rete è bianca
    fammi un Angelini nero

  30. Angelini, a furia di rincorrere Sitting Targets per i blog della rete, ti perdi la grande arte di Paolo Conte, rinneghi fianche il suo capolavoro.

    E poi sappi che questo non è un OT. Il “mitico” Tashtego, per gli amici “Tash”, ama Conte. I racconti del suo libro li ha scritti con la sua musica in sottofondo. Chiedigli pure se è vero, non potrà che confermartelo.

  31. Piccola rettifica. A quanto vedo qua sopra, Tash ascoltava anche la compilation del cantagiro del 1968. Bene. Vado ad aggiornare le schede.

  32. il libro l’ho letto anch’io. un’ inerzia connaturata mi avrebbe impedito di articolare un commento. però la mia impressione è così sovrapponibile punto per punto a quella di MarioB, che sento di doverla almeno sottoscrivere.
    bravo, signor T.

    (…ma l’impressione, eh, mica la forma: “Vale davvero la pena di leggerlo, in quanto si prova pure pena, oppure io ne ho provata” è proprio una schifezza di frase, signor MarioB, non mi dica di no… ;-))

  33. @Mario Ardenti
    Bella riflessione che mi trova d’accordo.
    Non so se lo è anche Tash, ma così, a pelle, direi di sì.

    Ed ora, siore e siori, passo in short e maglietta, ancheggiando e tenendo bene in alto il cartello con il numero ‘9’ (del round, s’intende…:o) e mi guarderò il resto del match..

    Perchè appunto, nel ‘contorno’ è scoppiata anche la immancabile rissa, oh yeah !:o)

    (si fa per scherzare, eh ??? come direbbe Benigni…
    chè sennò……..)

  34. Ciao Tash…
    non ho letto il libro, per il quale ti faccio i miei migliori auguri, perchè comunque l’averlo pubblicato è un traguardo raggiunto, e non è poco…
    L’unica cosa che mi disturba lo sai qual’è?
    La faccia tatuata in copertina!

  35. Oddio! Scopro solo ora, grazie ai miei informatori segreti, la dichiarazione di Tashtego: “Il post denominato Spot, concernente il mio libro (Francesco Pecoraro, Dove credi di andare, Mondadori 2007, 16.50 euro), non è più visibile. Né commentabile. Nell’ultimo mese ho capito un po’ di cose. Tra queste c’è che il contatto autore – lettore è bene sia inesistente o ridotto al minimo. Così come è sbagliato apporre la foto dell’autore nel risvolto di copertina di un libro. Il libro è in libreria. Chi vuole se lo compra e se lo legge: quello che eventualmente ne può pensare non è nell’interesse immediato di chi l’ha scritto. Saluto gli anonimi gentil-uomini/donne che mi hanno prestato la loro attenzione. ”

    Avessi saputo che Pecoraro era Tashtego, sarei già corso in libreria. Adoro Tashtego.
    Provvedo nel pomeriggio. Per Krauspenhaar, invece, aspetto ancora un po’ (che si sgonfi):- )

  36. Vabbè, allora dopo il libro di Binaghi tocca comprare pure questo. Feltrinelli al Ponte di Tappia ( NA ) ringrazia. Però se è bello come quello di Binaghi sono soldi ben spesi.

  37. sinceramente non ho capito uno fava di recenzione di calma. ma non è che si deve fare capire di cosa parla il libro ne le recenzioni? o in italia è diverso?

  38. Ok. L’ho preso.

    Fiorella M. Annoia: se mi farà annoiare ti riterrò responsabile. :-)

    E grazie a Fuoridaidenti: sarai un semplice lettore, ma perlomeno hai detto senza giri di parole, in maniera pulita, comprensibile.

    E sì, sottoscrivo, per il libro di Valter, “I tre giorni all’inferno…”: bello. Accatativillo.

    Mo’ lo faccio pure io il calendario nudo, come la Sophia Loren. :-D

  39. vi meritate ianozi nudo, vi meritate elio pandolfi, vi meritate gigimarzulo, vi meritate matildebrandi, vi meritate paolocalisano, vi meritate barbaradurso, vi meritate rosanalambertuci, vi meritate binaghi fumato, vi meritate georgiaamada ma da chi?, vi meritate carlabenedetti, vi meritate moresko nudo.

  40. Iannox, per me è un gran bel libro, di livello generale medio alto, con due racconti (anche un terzo, volendo) superlativi.

    Leggilo, poi confrontiamo le impressioni (non a settembre, però).

    Se non ti piace, vengo a cercarti io. E ti avviso: sono alto 158 cm, peso 158 kg e, praticamente, non ho un filo di grasso addosso (ma solo perché, d’abitudine, addosso porto unicamente il lardo).

    Il tuo fiore preferito.

  41. Io il libro l’ho letto subito, lo aspettavo. Non tutti i finali sono eccezionali, il tatuato che non parlerà mai più con il figlio (cito a memoria) non è all’altezza del racconto, che invece suscita molte questioni. Rosso mafai è un racconto stupendo, che affronta in modo molto originale la questione del suicidio che viene spesso pensata con inconsapevole romanticume. Qui il finale è davvero splendido. Mi ha ricordato nella tecnica il finale di un romanzo di schnitzler, non mi ricordo se “La signorina Else” o “Una scrittura femminile azzurro pallido”, ma quello di tashtego è più agghiacciante. In questi 2 mesi ci ho pensato molte volte, è entrato, è risuonato.

  42. @ Fiorello M. Annoia

    :-) Ok. Se sei alto così, io taccio. E leggo che è meglio.

    Ahh… stavo per leggere Jacopo: scusami, ma non ti leggo… odio sapere prima di leggere.

    Leggo e poi ne riparliamo.

  43. Infatti, io mi sono astenuto da qualsiasi considerazione o commento o indicazione dei due (miei) preferiti.

  44. ma tu ianozi cosa cazo vuoi capire, tu giuochi fare critico, tu esere diletante alo sbaralio, tu no capire uno fava di leteratura, lasia fare a profesionisti, legi libri e stai zito, no parlare di quelo che legi, vi meritate critici come ianozi e di costanzo, vi meritate georgia, vi meritate angelini, vi meritate insoma i freek de la rete.

  45. @ principe minkion. e che cosa abbiamo fatto di male, noi che non siamo FREAK (non freek) della te, per meritare te?

  46. vi meritate critici come ianozi e di costanzo, vi meritate georgia, vi meritate angelini, vi meritate insoma i freek de la rete.

    (ma pecoraro no che non se li merita)

  47. dico freek perchè più steso diciamo, più notevole il costruto de la frase, ma voi no capire, voi bestie, voi scrivere cazate, voi meritate gigimarzulo, rosanalambertuci, pipobaudo, claudioamendola, ninamoric, johnwoodcock, corona, puciocorona, buondimotabuondimio, melomeritomerito io, voi meritate italokuhne, meritate nanimoreti, meritate gianibiondilo, meritate tastegofrancescopecoraroscania, meritate dasvidania, meritate ianozi, meritate liciogeliangelini, meritate benedetiscarpa, meritate moreskonudo.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

off/on

(come spesso, la domenica pubblichiamo un post dell'archivio, questo fu pubblicato da Franz l'11 agosto 2008, red) di Franz Krauspenhaar off Con...

Un lupo mannaro (personaggio dei Castelli in cerca d’autore)

di Alessandro De Santis Tutto il giorno aveva...

Miserere asfalto (afasie dell’attitudine) # 4

di Marina Pizzi 246. in un gioco di penombre la breccia della leccornia (la tavola imbandita) per convincere il sole a...

Miserere asfalto (afasie dell’attitudine)# 3

di Marina Pizzi 152. E’ qui che mi si dà il soqquadro dell'amarezza al tasto che tutto può nei tasti gemelli...

Risveglio

di Rosella Postorino Valerio, vieni a bere. Valerio saltella sulle scarpe da ginnastica, le guance rosse di chi ha corso troppo...

Opere italiane # 2 – pilates in England

di Danilo Pinto In Inghilterra ginnastica alla fermata del bus, per mantenersi in forma e volantini illustrano esercizi ispirati alla tecnica del metodo...
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: