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Dal carcere di Bacau

forest9.jpgforest9.jpgdi Helena Janeczek

Posso dirvi tutto quel che voglio. Potete credere di me quel che volete. Io sono per voi il peggio di ciò che esiste, voi lo siete per me. Siete solo degli sbirri, degli stronzi e io posso dirvi ciò che voglio. Tanto non potete farmi niente, tanto non mi avrete mai. Questa è la legge, questi sono gli accordi, lo sapete. Inutile che state qui un’altra volta, che perdete altre giornate in macchina e in aeroporto per atterrare in una città di cui non avevate mai sentito il nome, per respirare la puzza di piscia, cavolo e veleno per i topi di questo carcere ex-socialista che a voi fa schifo come vi fa schifo tutto il mio paese, perché intanto io sto qui, a me fa schifo tutto e non mi fa schifo niente, e posso persino dirvi che qui almeno stiamo abbastanza larghi e stiamo fra di noi, mentre se fossi capitato anche nel più moderno dei vostri penitenziari, sarei finito in una bolgia di albanesi e marocchini e negri e mafiosi vostri, e allora è meglio così, molto meglio che non ci sia andato a finire.
Questo è un paese libero, questo è un paese democratico tanto quanto il vostro, inutile che arricciate il naso, inutile che studiate per ore il menu d’albergo sperando di trovare un piatto che non vi disgusti, inutile che controllate se nei vostri letti ci sono le cimici o le blatte, ci saranno, non ci saranno, questo non cambia niente del fatto che vi trovate in un paese democratico, che vi trovate davanti a un processo e una condanna regolare, a una pena, la massima prevista, che viene scontata regolarmente secondo gli accordi internazionali.
Cosa volete? Cosa volete ancora? Faceva comodo anche a voi, vi faceva gioco che fossi finito qui, e nessuno mi toglie dalla testa che avevate fatto anche un po’ apposta, braccarmi come una lepre un mese per tutta Europa, lasciarmi correre di qua e di là, e poi proprio sul confine, proprio mentre me ne rientravo per la seconda volta nel mio paese, quasi sicuro di avervi fatti fessi, zac, mi avete beccato, mi avete inculato alla grande. Non avevate nessuna voglia di tenerlo a casa vostra uno come me, il peggio del peggio, per giunta d’importazione, vi grattava sbattermi in una delle vostre carceri supermoderne a spese dei vostri cittadini, cercare di proteggermi da quelli che mi avrebbero voluto far la festa, non avevate nessuna voglia di impegnare i vostri magistrati e giudici, di pagare i vostri avvocati per un processo in cui da una parte e dall’altra c’erano soltanto extracomunitari con le pezze al culo, perché era quello che volevate: chiudere la faccenda soltanto fra due parti di extracomunitari con le pezze al culo. Non è così, ipocriti bastardi, non pensavate forse che quelli là avrebbero pianto e strepitato, ma dopo aver pianto e strepitato si sarebbero rimessi al posto loro, magari se ne sarebbero tornati al paese loro, magari avrebbero ripreso a lavorare zitti e buoni, avrebbero cominciato a fare come fanno loro, piangere in silenzio, sottomettersi ad Allah, sfornare altri figli e non rompere i coglioni. Chi poteva immaginare che un anno dopo, per quei fottuti aerei esplosi nei grattacieli di New York, persino un muratore tunisino dotato di regolare permesso di soggiorno, lavoro e residenza ad Imperia vi avrebbe messo paura, chi poteva immaginare che una testa di cazzo islamica e barbuta potesse rivelarsi tanto dura?
Vi è andata male, poveri stronzi, e adesso ve ne siete dovuti tornare qui, vi hanno alloggiati al decimo piano dell’Hotel Moldova, vedete tutta la città ma non siete contenti, vi mettono a disposizione una sala conferenze ma non la volete, vi prenotano un tavolo appartato nel ristorante tipico “Forest Moldava”, ma gli animali impagliati o simil impagliati che sbucano da sotto alle finte frasche vi fanno impressione. I lupi, il cervo, la lepre e il picchio, okay, ma cosa ci fanno l’orso bianco, la tigre e le giraffe, giraffe identiche a quelle che sequestrare sul lungomare agli extracomunitari di colore – “di colore”, dite così stronzetti ipocriti?- in che posto di merda siete capitati, cercate di riderci sopra, di sfottere il nostro gusto da pezzenti, guarda, belin, in questa foresta moldava ci sono pure le giraffe, hihi, hoho, e questo pare sia il miglior albergo, belin, allucinante, in che posto di merda siamo capitati, magari dopo ci facciamo una foto con la tigre e l’orso bianco e la portiamo ai bambini.
Avete anche dei bambini, voi, grandi o piccini, dei bei bambini italiani che dormono nei loro bei lettini e si ciucciano i ditini. Dei bei bambini cagacazzo con le treccine e i nastrini e le scarpine con i lustrini, e adesso ci pensate, poverini, pensate che non potete mettere a nanna le vostre principesse e i vostri principini, perché, maledizione, vi hanno spedito un’altra volta in questa latrina di città rumena a cercare di spremere un’altra volta questo pezzo di merda che non è soltanto un maniaco schifoso, ma anche un cacciaballe che vi piglia per il culo, voi bravi papà italiani, poverini.
E allora che volete? Cosa volete sapere da me, cosa volete che vi dica?
Volete sapere perché vi ho detto che avevo agito per conto di una banda di albanesi, quando voi di albanesi coinvolti non ne avete trovati manco uno? Volete proprio che vi dica che li ho tirati fuori, ve li ho sputati in faccia per istinto o per disperazione, perché da voi quando uno grida “gli albanesi, gli albanesi” è come se gridasse “al lupo, al lupo”, perché lo so che fra noi stranieri morti di fame, gli albanesi sono quelli che vi fanno più schifo e più paura, perché per disperazione o per istinto volevo provare se ci cascavate, almeno lì per lì ci cascavate, perché lo so e lo sapevo che se dicevo un nome italiano, non sareste stati contenti e non mi avreste mai creduto. Mai.
Gli italiani non si toccano. Volete sapere chi me l’ha detto, se me l’hanno detto proprio così? Secondo voi? Secondo voi, si toccano, gli italiani?
Volete sapere se è vero che ho chiesto di dov’era la bambina, perché l’ho chiesto, chi mi ha chiesto di chiederlo prima? Volete sapere se mi piaceva? Volete sapere se mi arrapava perché ero carico dai capelli alla punta del cazzo di pasticche, terrore e adrenalina, o se la desideravo anche quando non ero strafatto, se l’avevo notata già da prima? Volete sapere se era proprio il mio tipo o se avrei preferito una delle vostre bambine bionde con le treccine e un pochino di tettine? Secondo voi?
Avevo una fidanzata, una del mio paese, una rumena, me la scopavo e l’avrei sposata. Ero un bel ragazzo, ero più bello di lei, ma non fa niente, la portavo ad Alassio, le compravo delle cose, le pagavo la pizza e l’aperitivo. Andavamo a ballare. Andavamo a Sanremo quando c’era il festival per vedere i cantanti quando uscivano, parlavamo italiano per non farci scoprire. Dovevamo mettere via i soldi per la casa. Volevamo una bella casa con una stanza da letto, un bagno, un salotto e una cucina, volevamo sposarci, volevamo divertirci, volevamo tutto, volevamo di più in futuro. Io le volevo bene. Io non so se le volevo bene, perché mi divertivo e non riuscivo a mettere via mezzo quattrino. Ma quanto cazzo costano le case in Liguria, quanto le fate pagare a quelli come noi che non possono chiedere aiuto a papà e mammina? Volete sapere quante volte ci dicevano che avevano appena affittato quando capivano che eravamo rumeni con le pezze al culo, volete sapere che cifre ci sparavano per un appartamento di sessanta metri quadri vicino allo svincolo autostradale sulla collina?
Non ve ne fotte niente, vero? Però vi siete detti: “lasciamolo parlare, questo stronzo, non facciamogli domande, perché si è visto che se gliele facciamo, lui ci spara bugie su bugie, lasciamo che ci dica quel cazzo che gli pare così magari prima o poi si impappina e si contraddice, magari senza accorgersi gli scappa qualcosa che vogliamo sapere”. Ve lo siete detti ieri sera mentre masticavate la carne dura e le patate unte del “Special Steak Forest Moldova” scolandovi una bottiglia del miglior rosso rumeno, ve lo dicevate a voce bassa e vi sentivate molto furbi e molto fichi, dei veri sbirri da telefilm vi sentivate, per un attimo scordavate gli animali finti impagliati che vi guardavano alle spalle, vi scordavate il problema delle cimici nel letto e i vostri bambini soli a casa con le mogli, le vostre mogli che vorrebbero il Rolex d’oro, la Smart, la donna ucraina che fa le pulizie ma spesso non ve la vogliono più dare, le vostre mogli che mentre voi vi sentivate degli sbirri superfighi da telefilm americano magari si stavano facendo scopare, le vostre mogli che mentre ripassavate il profilo psicologico del pedofilo assassino, mentre ripetevate che sono ossessionato dal sesso in ogni forma e potrei essere affetto da un disturbo dissociativo di identità, mentre pronunciavate tutti convinti queste grandissime stronzate, le vostre mogli gemevano “ah, ah, aaah” con la bocca tappata per non svegliare i bambini.
Sta zitto stronzo, non ti permettere! Ah sì? E allora? Che mi potete fare? Niente, voi non potete farmi niente e io posso dirvi quel che voglio.
Lo sapevate che quando me ne sono andato sognavo di tornare e prendere una camera nel vostro albergo, sognavo di arrivare in cima alla torre di cemento che domina il capoluogo provinciale, lo sapevate che ripetevo sempre alla mia fidanzata, sì ci sposiamo, ci sposiamo, però in Romania, appena abbiamo i soldi prendiamo una camera all’ultimo piano e affittiamo il ristorante dell’Hotel Moldova, non quello con gli animali, ma l’altro che è più grande, facciamo venire i musicisti e anche un dj bravo per ballare, mangiamo, balliamo e beviamo vino e tuica fino a stramazzare.
Perché ve lo racconto? Per calmarci un po’, per tornare un po’ più amici. Non volevo offendervi, vi giuro. Poi non è colpa mia se le donne italiane se la tirano, ma sotto sotto sono un po’ puttane: secondo me, non dico le vostre, così, in generale.
Mettiamo pure che voi avete ragione e io soffro di uno sdoppiamento della personalità, allora chi vi parla adesso è quello tranquillo, quello normale, e se non avessi già fatto troppi anni dentro, mi verrebbe anche da piangere ripensando alla mia fidanzata e a tutte le cose che volevamo fare, ma quella storia ormai è finita, è morta, non ci devo più pensare.
Giusto?
Volete sapere se anche la mia fidanzata, “era di origini e di etnia rom”, ah quest’è nuova, che ridere, dove ve l’hanno insegnato! No, non era zingara e pure io- ve l’ ho già detto- sono rumeno e basta, sono un cittadino rumeno e voi, anche se sto qui dentro finché crepo, voi mi dovete rispettare. Io sono un cittadino rumeno e non ho altre colpe.
Va bene, va bene, visto che insistete, visto che ormai qui dentro non me ne frega un cazzo, ammetto che sono nato zingaro, sono precisamente rom kalderash, e adesso la smettete di rompermi i coglioni? Ma se io, come dite voi “sono di origini e di etnia rom”, voi, belli miei, voi siete gage e uno zingaro a un gage racconta sempre quel che vuole. Capito? E’ perfettamente giusto e normale, è tradizione. Contenti ora? Era questo che volevate sentire? E adesso cosa volete da me ancora in quanto zingaro, volete sapere se è proprio vero che gli zingari mentono e rubano, volete sapere se gli zingari rubano i bambini? Secondo voi?
Però gli zingari, secondo voi, se li scopano i bambini? Li scopano e poi li ammazzano tanto per gradire? Allora lo capite o no, che non c’entra proprio un beato cazzo che io sia di origini rom kalderash rumene, io sono io, io sono quello che stava ad Imperia in casa di un infermiere che per ospitarmi e per passarmi un po’ di grano bisognava incularlo o farsi inculare, volete sapere se mi piaceva? Volete sapere se mi dispiace che si sia ammazzato il mio, come lo chiamate, convivente italiano? Sì, mi dispiace.
No: per me poteva crepare anche prima, vecchio frocio panzone.
Ma a voi che ve ne frega. Non è questo che volete sapere, volete sapere perché si è ammazzato. E’ per questo che siete tornati, per questo vi hanno fatto riaprire tutto il processo e hanno cacciato via il primo sbirro che alcune testimonianze non le ha verbalizzate. Volete sapere se si è ammazzato per lo shock che gli è rimasto dal giorno in cui rientrando a casa ha trovato la porcheria di una bambina morta e non il suo fidanzato, o se si è ammazzato perché anche lui c’entrava?
I froci hanno l’anima da femmine, che posso dire. Non eravate voi che avevate stabilito che dell’orribile violenza e uccisione non era responsabile altro che un diciannovenne clandestino e gratta gratta pure zingaro rumeno, un piccolo delinquente, spacciatore e prostituto nel giro omosessuale di Sanremo, e quando grazie al mandato “Criminalpol” e anche l’aiuto dei servizi l’avete arrestato, non pensavate forse di esservi tolti dalle palle e dalla coscienza tutto l’orrore, non pensavate di aver fatto egregiamente il vostro dovere?
E adesso che cosa c’è ancora? Perché continuate a fissarmi la mano destra sfigurata, perché la guardate come se non l’avessi avuta anche prima? Belin, è la mia mano, volete che vi faccia ciaociao con la manina? Ciaociao. Non è la prima volta che la vedete.
Volete che vi mostri cosa ci riesco a fare? Tutto, quasi. Riesco anche a scrivere o a tenerci il coltello, ma qui dentro per quello che devo farci basta e avanza. E’ talmente tanto tempo che è così. Un incidente, vi ho detto, quando ero bambino.
Non mi credete? Secondo voi è stato mio papà? Secondo voi ho avuto un padre molto molto cattivo che mi faceva cose cattive come menarmi e spappolarmi la mia piccola manina? E magari anche altre cose ancora più cattive?
Secondo il vostro profilo psicologico “il soggetto presenta la classica sintomatologia di chi ha subito gravi abusi durante l’infanzia, abusi molto spesso anche di carattere sessuale.”? Ah si?
Non azzardatevi a dire certe cose su mio padre, che riposi in pace, pezzi di merda! Basta! Provateci un’ altra volta e vi ammazzo! Che fate, stronzi, ridete, mi ridete in faccia? Allora io vi auguro il cancro ai coglioni, vi auguro che finiscano sotto una macchina i vostri bambini….
Voi non capite un cazzo! Voi siete soltanto dei piccoli sbirri italiani e non capite un cazzo!
Ma fate i signori, voi, fate finta di niente ed ecco tirate fuori un altro dei vostri pezzi di carta per leggermi che “nell’epoca post-comunista la situazione dei ca. due milioni e mezzo di rom rimasti in Romania è segnata da forti fenomeni di intolleranza sfocianti spesso in episodi di violenza sino a veri e propri pogrom, nonché da estrema povertà (il 65% non dispone di acqua corrente) e inarrestabile degrado, questo vale anche per coloro che sono emigrati in altri paesi europei, fra cui l’Italia”. Provate persino a fare quelle facce da funerale, provate a fingere che questo vi preoccupa e vi dispiace, ma chi credete di pigliare per il culo, pigliate per il culo solo voi, solo a voi stessi riuscite a far credere di essere persone così per bene, voi siete informati, bravi e buoni, voi non siete razzisti, nooh, siamo noi ad essere delle merde, anche se non è colpa nostra, ma colpa di questa situazione di estrema povertà e inarrestabile degrado.
E voi pensate veramente che non sappiamo che ci sbattereste fuori tutti quanti, che i nostri campi li buttereste giù con le ruspe e a quel che resta dareste fuoco, voi pensate davvero che non sappiamo che qualsiasi cosa vi diciamo, voi non ci crederete mai una parola?
Lo so benissimo che mi fate parlare e io parlo e parlo, ma alla fine qualsiasi cosa vi racconti ne vale un’altra, qualsiasi cosa vi racconti non cambia niente. E quindi posso dirvi quel che voglio. Giusto?
Allora ve la dico una cosa, ve la dico io la verità e voi mi dovete ascoltare e mai più prendere in bocca il nome di mio padre. I morti non si toccano, capito? I morti si rispettano e si lasciano in pace.
Vi dico io la verità.
Noi non siamo un popolo di froci e pervertiti, i froci e pervertiti siete voi, siete voi che pagate profumatamente per incularvi i ragazzi e per scoparvi le bambine! Siete voi i malati, ma a voi il profilo psicologico e tutte queste stronzate non le fa nessuno!
La verità è questa. Se non fosse così, non mi avreste mai beccato. O potevate forse setacciare tutti i campi nomadi, tutte le case e le roulotte sparse qua e là dalla Spagna alla Turchia, e anche se ci avreste provato, pensate che sarei saltato fuori?
Non lo sapete, sbirri, che a scomparire siamo i più bravi, persino i vostri mafiosi, anche quelli più importanti, noi ve li nascondiamo, li serviamo e riveriamo, li facciamo mangiare bene e gli teniamo pulita la casa e loro fanno un sacco di regali ai nostri bambini e ci passano un bel po’ di grano.
La verità ve l’ho già detta prima, la verità è che io non sono uno zingaro, non sono un fottutissimo rom kalderash. La verità è che quando morirò, verrò buttato in una tomba e non ci sarà nessuno al funerale, mentre quando è morto mio padre sono venuti in centinaia a benedirlo, a piangere, bere e suonare, sono andati avanti per due giorni e due notti intere. Non c’ero, ma so che è stato così. Mio padre è morto con onore anche se si è schiantato con la macchina sbronzo ubriaco, uccidendo pure mia sorella, la maggiore, che andava sempre con lui da quando mia madre si attacca alla tuica già la mattina e a volte non è neanche in grado di camminare.
La verità è che io sono già morto. Ho ingoiato una confezione di lamette, dicono che il secondino-che il diavolo se lo inculi- e ne è accorto subito e mi ha fatto portare in ospedale dove mi hanno tagliato e ricucito, dove mi hanno salvato. Non è vero. Io sono morto e anche per questo posso dirvi ciò che voglio.

Questo lungo monologo basato su un fatto di cronaca è stato pubblicato sul nr 38. DEMONI di “Nuovo Argomenti”. Qui lo posto in tre “puntate”. hj

(qui la seconda parte)

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8 Commenti

  1. Ho avuto la fortuna di sentire due volte Helena leggere questo pezzo, che considero una delle sue cose più alte e riuscite.
    Una prosa che sa essere al tempo stesso lucida e torrenziale, magmatica e perfettamente strutturata, non imbrigliata da nessuna contraddizione tranne quelle della realtà. Affrontata di petto, quest’ultima, e trasformata in un diamante nero.
    Aspetto il seguito, Helena (e aspetto il libro!). Intanto grazie,

    Andrea

  2. Monocorde e noioso. Scusa la franchezza. Un racconto senza respiro, senza approfondimento, senza spiegazione, senza un modo, che il lettore capisca di cosa si sta parlando: è storia? è leggenda? è un’invenzione letteraria? Se è invenzione, dove sono i riferimenti, l’inquadratura della storia? Realtà vissuta, finzione? Qual’è l’imbastitura della storia, e il suo progetto? Buona l’intenzione; un po’ supponente, forse, eh. Sufficiente.

  3. Figurati, non vorrò mica prendermela col dio del mare. E hai pure ragione: è monocorde, senza respiro, senza spiegazione, senza una netta demarcazione fra i fatti eleborati e l’invenzione. Tutto questo l’avrei fatto proprio apposta, però. Se poi secondo te un racconto NON va fatto così, liberissimo di pensare che la tua poetica implicita sia quella giusta.

  4. La mia poetica non esiste proprio. punto. Sono la polvere che si deposita sul tappetino del mouse.
    Ps: non demordere, guarda il tuo racconto da una debita distanza…
    Ciao.

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Helena Janeczek è nata na Monaco di Baviera in una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da trentacinque anni. Dopo aver esordito con un libro di poesie edito da Suhrkamp, ha scelto l’italiano come lingua letteraria per opere di narrativa che spesso indagano il rapporto con la memoria storica del secolo passato. È autrice di Lezioni di tenebra (Mondadori, 1997, Guanda, 2011), Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), che hanno vinto numerosi premi come il Premio Bagutta Opera Prima e il Premio Napoli. Co-organizza il festival letterario “SI-Scrittrici Insieme” a Somma Lombardo (VA). Il suo ultimo romanzo, La ragazza con la Leica (2017, Guanda) è stato finalista al Premio Campiello e ha vinto il Premio Bagutta e il Premio Strega 2018. Sin dalla nascita del blog, fa parte di Nazione Indiana.
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