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La strega dell’ovest

di Stefano Jorio

La letteratura è visione. Quando è realista mostra le cose come non le avevamo mai viste pur avendole sempre davanti agli occhi. Quando rifiuta il realismo mostra le cose come potrebbero essere, o come sono davvero sotto i giochi di specchi. Quando affrettatamente prende nota di ciò che da sempre vediamo, o lo descrive senza essere capace di andare oltre lo specchio, non è più visione: è uno scadente prodotto editoriale che può essere insulso o dannoso. Come dio comanda (Mondadori) è insulso. Ci fa vedere un universo di periferia fatto di neonazisti dal cranio rasato, violenti e alcolizzati. Vite spezzate dalla perdita di una figlia e dall’abbandono della moglie. Assistenti sociali di formazione cattolica pieni di rimorsi perché vanno a letto con la moglie del loro migliore amico. Scemi del villaggio che inseguono una ragazzina, la stuprano e le spaccano la testa con una pietra. Com’è noto, i matti sono pericolosi perché violentano e uccidono le persone. Insulso è ciò che procede senza mai aprire tragedie vere né spiragli di vita insospettata, attingendo con spensierata mancanza di ogni dubbio a un rassicurante serbatoio mentale dal quale finge di voler prendere le distanze.
La letteratura è scrittura. E la scrittura non sa essere immobile: salta da tutte le parti, è incontenibile, che sia ridotta al grado zero o frullata in un tessuto verbale che toglie il respiro. Nasce nell’attimo della sua formulazione. Come dio comanda è la registrazione impiegatizia di un evento, nata già vecchia. Soffoca l’avventura della scrittura in un didascalismo ininterrotto di fronte al quale si ha la sensazione che tutto sia già verbalizzato prima ancora di nascere. Ricorda quei bambini che nei film di fantascienza vengono progettati a tavolino, nei dettagli, prima della fecondazione. Inventaria il disordine di appartamenti «in cui sembravano esser passati i lanzichenecchi», innamorati timorosi che si decidono al bacio «con la determinazione di un kamikaze islamico». E’ sciatto e qualunquista: non perché metta in scena pensieri di uomini e donne marginali e privi di eccessi, ma perché la sua lingua non sa parlare a chi la legge con il tumulto e la rapidità di una cosa viva. Scrittura insulsa è quella che evoca in una stanza da letto «una siringa con tanto di ago e tutto l’armamentario del perfetto tossico», e fa nascere nel petto dei suoi personaggi «la classica fitta che ti prende prima di un infarto».
A cosa serve un premio letterario che si limita a ratificare un successo già riscosso in libreria? Come può conservare la propria credibilità quando diventa un ufficio periferico del marketing editoriale? Tempo di uccidere di Flaiano fu uno Strega allucinato e visionario. La bella estate di Pavese fu un intero cosmo scritturale. Come dio comanda non vede niente, non scrive niente. Accumula violenze scontate e personaggi di latta da fornire, ready made , al film che ne verrà tratto. Non vede le differenze sotto ciò che è apparentemente uguale, non vede la somiglianza di quanto è apparentemente diverso. E’ stanco e spento e senza drammi come la sua scrittura che parla dell’alcool come del «miglior estintore del mondo contro rodimenti di culo e affini», la sua scrittura ipocrita che descrive centri commerciali enormi in cui «mancava solo una libreria». Non è vero, nei centri commerciali le librerie ci sono e fanno anche sconti sul prezzo di copertina. Quella di Ammaniti è una scrittura adolescenziale per un pubblico di adolescenti, quella di un ragazzino che scrivendo il tema ci tiene a far sapere che per lui i libri sono importanti, e constata amareggiato che la cultura non ha posto tra i valori di mercato. Dice ai suoi lettori: io e voi siamo parte di un medesimo universo sentimentale, moderatamente istruito, sufficientemente progressista, buono, democratico, contrario al razzismo e alla mercificazione. Ma la sua voce suona falsa. Non cerca di snidare un pubblico possibile, ma si modula sugli orizzonti di un pubblico che esiste già ed è il più numeroso. Racconta, nel modo meno problematico, storie noir da leggere in spiaggia. Il mercato echeggia prepotentemente dietro di lei.

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86 Commenti

  1. «Io ritengo che niente di queste storie vecchie e di queste abitudini contagiate tra gli uomini possa servire a costruire i giorni nuovi per gli uomini e per i popoli, perché queste storie e queste abitudini hanno sempre detto, e soltanto, la stessa cosa, ripetuto sempre e soltanto il discorso della morte, sempre e soltanto girato ogni loro parola intorno alla morte, inutilmente, come se dietro la fine della combinazione della vita non ci fosse altro che un immenso cimitero riempito di tutti i tentativi umani, di tutti gli amori e di tutte le speranze».

    (da Paolo Volponi, La macchina mondiale, premio Strega 1965)

  2. Caro Stefano,
    dici bene. Quando hai la villa al mare dove ritirarti a meditare, a riscrivere e a fantasticare, sì che sei un vero scrittorone. Ma ricordiamo anche i giurati dello Strega: LaCapria (LaCapria), Bevilacqua (Bevilacqua), Maraini (Maraini), Elkann (Padre nostro), De Mauro (Padre nostro 2), Scurati (sigh). Dice Langone che costoro, “hanno certificato l’appartenenza del soggettista cinematografico Niccolò Ammaniti alla letteratura”. 144 voti perché, veramente, a dio non si comanda. Al Veltrone neppure.

  3. Oramai con Ammaniti che gl’hanno dato lo Strega, posso finalmente dirlo che la Letteratura è morta, che è sepolta per sempre, che è un cadavere in putrefazione senza una ben che minima possibilità di redenzione?
    “Come dio comanda” non è semplicemente brutto: è al di sotto della più insulsa mediocrità, è molto meno d’un qualsiasi librettino di pseudo-fiction per essere sputato in bocca alle masse ignoranti e boccalone. Non è un libro adolescenziale, è invece d’una banalità talmente estrema da rasentare il Nulla. Anzi, “Come dio comanda” è il perfetto esempio di come riempire pagine su pagine col solo fine di buttare fumo negl’occhi.
    Con questo premio dato ad Ammaniti, abbiamo sfondato il fondo più profondo: la decenza è chiaro che non esiste più. Era un premio che si sapeva a chi sarebbe andato, quest’anno più di tutte le precedenti edizioni: e così è stato.
    Quando mesi or sono uscì in libreria Ammaniti, subito pensai: “Vuoi vedere che dopo Veronesi è il turno di quel ragazzo che ha scritto quella cosetta, ‘Io non ho paura’?” Lo pensai con amara ironia; tuttavia mi ripetevo che non poteva essere, che sicuramente mi stavo sbagliando, che ero io un po’ troppo paranoico e apocalittico. Ed invece la mia paura si è realizzata.
    In ogni caso temo che la realtà sia sempre ben più terrificante di qualsiasi morbosità pensata dall’individuo, sia esso uno scrittore o un semplice povero cristo.

  4. Caro Stefano, condivido in toto quanto scrivi nel tuo bell’intervento. Il punto è che lo Strega, come del resto la maggior parte dei premi letterari, è un evento importante solo dal punto di vista commerciale, almeno dal punto di vista dei grossi gruppi editoriali che, a turno, spingono i propri prodotti. :-(

    Anni fa un mio amico, anziano poeta (e perciò perlopiù deriso e affamato), mi annunciò la vittoria della pompatissimaMazzantini con numerosi mesi di anticipo.
    “Non è possibile, Maestro. Come può essere così certo della vittoria di quest’autrice?” chiesi io, ingenuamente.
    Mi rispose: “Eh, ragazzo mio: tu non sai quante risorse ha investito l’editore su questo libro.”
    “In che senso?” insistei.”Mi sta dicendo che il Premio quest’anno è stato comprato da quest’editore?”
    Il mio amico, l’anziano poeta, non rispose. Si limitò a sorridermi amaro.

  5. Oramai mi aspetto che anche Moccia lo vinca. :-(((

    Sono realista, O.C. Mazzantini, Veronesi, Ammaniti… mettiamoci una bella pietra su allo Strega. Non ha più alcun senso un premio che è così, che viene dato.

    Vado a farmi un po’ di pasta alla puttanesca, come il diavolo comanda. ^___^

  6. L’azzardo, nella letteratura, è tentato da pochi.
    Chi ha gia sperimentato il successo sa bene che non conviene uscire dai parametri.
    Questo “adagiarsi sulla scrittura senza stimoli” lo chiamerei “piattume della letteratura”.
    La giuria, ovviamente, è responsabile di questo arricchimento.

  7. “L’ora di religione”(è tempo,è tempo di rivederlo)

    p.s. ora forse potrò sentirmi meno coglione quando penso che a me in fondo “io uccido” non dispiacque

  8. O.C. a Moccia fanno fare “il lavoro sporco” e la raccolta fondi per pubblicare cose che hanno gradi di “nobiltà” diversi. Tipo la magnitudo della scala Mercalli. Veronesi che con La forza del passato prometteva di meglio con l’annegata sodomizzata di Caos calmo è retrocesso in zona ammanitica. La nobiltà è inversamente proporzionale alla classifica delle vendite. Ovvio.
    Inoltre la mia deliziosa figlia adolescente viene obbligata dalla sadica prof di Italiano all’opera omnia di Ammaniti, Isabel Arrende e di quello degli aquiloni e dei mille splendidi soli dall’inizio dell’anno ed anche nei libri da leggere per l’estate. Il grado medio basso impera omai anche nei licei. Altro che i nostri Calvino, Primo Levi, Anna Frank! Io la farei studiare a casa con il precettore come nell’ottocento.

  9. Se Ammaniti è per lo Strega, allora Giorgio Faletti è da Premio Nobel.
    E senza scherzare: Faletti è molto ma molto meglio di Ammaniti.

    Io uccidooo…
    Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… Io uccidooo… ^___^

  10. @Giuseppe, piccolo demonio,

    Sei il pepe di Nazione indiana! Che lingua viperina (non è un difetto).
    Quando ti leggo (Blog e commenti) le idee nere si scappano.
    Hai ridotto Ammaniti in ceneri.
    Vorrei essere l’avvocata del agnello Ammaniti. Ho letto “Io non ho paura”, è un libro di lettura facile per una Francese. Certo è un libro che non rinnova il romanzo, ma l’ho sentito il terrore del bambino nell’estate di una Italia remota.

  11. @ VERONIQUE

    Dimonio, proprio io?
    Quando mai!
    Io sono molto,
    molto buono:
    uguale al pane
    ch’esce dai forni
    di primo mattino
    E’ solo che mi piace
    dar fuoco alle polveri
    dell’umano pensiero!
    Mi fanno tanto godere
    le deposte ceneri altrui
    senz’alcuno ardore
    dentro,
    e poi tosto gittate al vento
    da mano
    che sol si può nomar aliena
    – di angelo caduto
    felice del suo statuto
    Ma non ti preoccupare:
    quando il crepuscolo si tinge
    d’un debole rosso sanguigno
    per infine abbracciare il nero
    della notte senza luna,
    io tornerò al mio posto
    colla pala ad infornare
    altre forme di pane
    pel giorno che bene o male,
    sì, verrà a svegliare anche te

    E tu, mia cara, non udrai più
    il lamento di quelli a falciare il grano,
    né quello delle spighe alte e bionde
    che tagliate cadono a mucchi
    prendendo assurda sembianza
    di corpi abbattuti storditi,
    deposti sotto l’edace sole
    perché venga il villano col trattore
    a portarli al mulino
    dove l’acqua limpida scorre fresca
    come una risata d’eco maligna
    nella calura del giorno

    Presto ci saranno altre forme di pane
    e ci sarà pure altra cenere da dar in pasto
    lentamente al caldo vento che tira
    senza sosta mai

    ;-)

    O povero Ammaniti! Guarda, mi dispiace così tanto d’averlo incenerito che pavento di non dormire stanotte per il rimorso d’aver detto il vero, quello che poi tutti pensano e che però non dicono chiaramente, perché la pena gli sarebbe di diventare invisi a chi invece si farebbe strappare il core dal petto per un sol goccetto del sangue di Niccolò dentro al bicchiere. :-)))

    E’ una vergogna. In qualità di italiano mi sento preso per i fondelli: gli hanno dato lo Strega! Non è che l’ha vinto in ragione d’una meritocrazia. Semplicemente gliel’hanno dato. Gliel’hanno sbolognato, quasi un manganello che l’ha preso così, fra capo e collo, senza fargli male, perché l’Ammaniti lo sapeva il colpo ed era già pronto ad incassarlo con sorriso a trentadue denti. Così è stato. Tutto è compiuto.

    “Io non ho paura” è tra le più brutte letture che abbia mai affrontato: sembra il canovaccio d’un romanzo di Stephen King. E’ talmente banale che chiunque l’avrebbe potuto scrivere. Ma c’è che l’ha firmato Ammaniti ed allora è andato. L’avesse scritto Nerone, non glielo pubblicavano mica.
    E’ talmente piatto che il bambino sembra uscito fuori dalla fantasia del cervello d’un passero in pronto a cadere tentando l’ultimo volo della sua fragile vita. Non decolla mai, nemmeno con l’elicottero che arriva in luogo di deus ex machina.

    @ NINETTA

    Gli speghetti erano buoni. Molto.
    Con dell’assenzio. Ne volevi anche te una o due forchettate, dì la verità. :-)

  12. Perché confondere l’autore con l’opera? Ammaniti, che io sappia, è un tipo onesto, consapevole dei propri limiti e anche dei propri meriti, benché questi ultimi non pertengano, come anch’io credo, all’evoluzione della letteratura romanzesca.

    Riportando un estratto da La macchina mondiale di Paolo Volponi, che vinse lo Strega nel 1965, intendevo porre l’attenzione sull’involuzione estetica e politica del premio medesimo, come ha capito The O.C., che ha chiamato in causa i giurati.

    Insomma, a me pare che Ammaniti non costituisca in nessun modo un problema, né l’oggetto vero dello scandalo, se c’è uno scandalo; il problema, piuttosto, è ciò che il premio Strega è diventato: uno specchio dell’epoca. O forse è sempre stato così?

  13. No, non pongo come “Come Dio comanda” dentro a una possibile dinamica scandalistica: dico solo che il premio gli è stato dato. Non l’ha vinto per i suoi meriti e/o capacità. Se ci fosse “scandalo”, se lo pensassi, gli farei troppo onore: lo scandalo lo riservo ad opere controverse, importanti, che non strizzano l’occhio. “Come Dio comanda” è un libro di tante pagine e nessun contenuto. Perché dovrei dedicare scandalo a un contenuto che è uguale a Nulla? Non sia mai, porco Diavolo.

    @ NINETTA

    E un po’ di uovo, non ce lo vogliamo mettere?
    Sapessi che bontà: pepe, pancetta, tocchetti di mordadella, tocchetti di galbanino, una spruzzatina di vino rosso per insaporire (giusto un goccio, non eccedere altrimenti gli spaghetti perdono il sapore loro, di grano), pomodori rossi freschi, basilico (ne basta una foglia), cipolla (senza eccedere) e un mezzo ovetto e un filo d’olio crudo. Non ti viene l’acqualina in bocca? ^____^ A me sì. Mi sa che vado a prepararmene un altro piatto. E’ giusto l’ora. Eh Eh Eh

  14. Se posso dire una cosa trita e ritrita (ma tanto altre ne sono state dette, sopra di me), io sento puzza di frustrazione e di rancore. Quando lo Strega, a cui nessuno, mi sembra, tributi più da un pezzo lo statuto di riconoscimento di alta letteratura, viene attribuito ad uno scrittore “vicino” per percorso e anagrafe, come Niccolò, scatta il livore, giusto? Fa male, giusto?
    Abbiate pazienza e dimenticate questo commento, proseguite pure nel dire che la letteratura è morta, se vi diverte.

  15. Il guaio dello Strega, nel quale si sa in anticipo chi vincerà (così dicono: come il prossimo campionato che lo vince tutti gli anni l’Inter, però poi tocca aspettare l’adolescenza del figlio della sciura De Winter e la telecom del Tronchetto della felicità perché accada davvero) è che ai rosiconi avanza tempo per scrivere la stroncatura dello Strega a posteriori. Ma a Jorio e Bevilacqua non gliel’ha detto nessuno che quando Parise e Pavese vincevano lo Strega erano già tutti lì a dire che lo Strega non è più quello di quando Pirandello e D’Annunzio concorrevano per il Nobel, ed anche allora non era più come ai tempi in cui Berchet e Manzoni facevano rimpiangere Monti e Alfieri, che non avevano la visione realista del Marino che mostrava quello che non avevamo mai visto benché fosse sotto i nostri occhi, ma poi c’era Tasso che rifiutava le cose com’erano per mostrarle sotto i giochi di specchi, che però non erano già più quelli della Bradamante e d’Astolfo, perché in Ariosto sì che la scrittura non sapeva essere immobile, però era già più lenta di Ciullo d’Alcamo che con la sua rosa fresca aulentissima in fondo prendeva affrettatamente atto più che avere la visione che sao co’ chelle terre…

  16. Loredana e Girolamo, perchè non ci dite quali sono i pregi del libro, visto che la recensione di Iorio è ben argomentata?

  17. Cioè, viene il sospetto che la difesa sia d’ufficio perchè siete tanto vicini a “Niccolò”…

  18. Io l’ho detto in questa discussione: http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/lipperatura/2006/12/questa_non_e_un.html, polemizzando con Cortellessa prima che si cominciase a parlare di premio Strega.

    Non so in che senso sarei “vicino” ad Ammanniti: non è della mia generazione, non scrivo come lui, non scrivo delle cose di cui scrive lui, non sono stempiato, non sono della sua regione, non gioco ai videogames, lo considero sideralmente più bravo di me, non l’ho mai incontrato, non gli ho mai scritto, non ho un sito, non mi piace (quasi mai) Salvatores…

    (No, invece c’è una cosa in cui siamo vicini: pubblichiamo su carta ecologica come Scrittori per le foreste: ma è una cosa che potesti fare persino tu, Binaghi, basta contattare Greenpeace per sapere come fare per aderire, non c’è mica bisogno di essere “pulp” o “noir” o “restaurativi”).

  19. Non so perché clickando sul link al post precedente non viene rintracciato il sito: cmq è il post “Questa non è una discussione” in Lipperatura, 06.12.2006.

  20. @Girolamo
    Lì scrivi:
    “L’Italia attuale viene sezionata ferocemente e messa in scena impietosamente”

    Nè Italia nè altro. Solo caricature di umanità. Secondo me il problema di Ammaniti (cui riconosco sapienza artigianale, ritmo) è che è fermo a Branchie e purtroppo “Io non ho paura”, che anche a me era piaciuto, è rimasto un episodio. Non si sente esperienza dell’uomo, sentimento profondo della condizione umana. Solo sociologia e spicciola per giunta.

    Infatti anche la Lipperini nello stesso thread scrive:

    “Il problema credo stia proprio nel fatto che il passaggio dalla sociologia alla narrazione non mi pare pienamente compiuto. ”

    Quanto allo Strega, chissenefrega.
    Però premiare un romanzo del genere quando nel 2006 è uscito “Troppi paradisi” di Siti (questo si sa coniugare spietata sincerità, ferocia e umanità) è, letteralmente, cattivo gusto.

  21. Leggo cose strane e un po’ incoerenti sull’ultimo Premio Strega. Non hanno a che fare con la stroncatura di Ammaniti apparsa su “Liberazione”: non ne condivido neppure una virgola ma è esauriente e appassionata. Oltre a Jorio, il romanzo non è piaciuto ad altri illustri lettori. Che lo hanno detto con grande enfasi ma, forse, con minore limpidezza. Sul “Corriere della sera” del 7 luglio Angelo Guglielmi pone questioni di non poco momento sulla narrativa contemporanea. E lo fa proprio a partire dall’ultima fatica di Ammaniti: “un libro deludente, totalmente costruito”. Solo che da ideatore del festival di letteratura e cinema “Le parole dello schermo”, ha voluto fortemente che l’autore di “Come Dio Comanda” fosse l’11 luglio a Bologna, a nemmeno una settimana dalla vittoria allo Strega, con Salvatores e Totti (rispettivamente prossimi produttore e regista del film tratto dal romanzo)…

    Mario Fortunato, alla vigilia il competitor più accreditato di Ammaniti (anche questo pronostico è stato poi rispettato), dichiara in diretta tv da Villa Giulia che lui per il libro del rivale (che non ha letto) non avrebbe mai votato. Probabilmente la franchezza va apprezzata anche quando confina con la mancanza di fair play. Tuttavia Fortunato ha pure sostenuto (oltre ad averlo scritto lo stesso giorno sul “Messaggero”) che quest’anno, se avesse potuto, avrebbe votato per il libro di Milena Agus, “Mal di pietre”. Avrebbe? Fortunato è uno dei quattrocento votanti dello Strega, dunque ha avuto la possibilità di fare esattamente quello che era nei suoi desideri. E sarebbe stato, non c’è dubbio, un gran bel gesto di fair play. Ha votato invece per sé? Horribile auditu. Si è astenuto? Bel gesto comunque. Ha votato effettivamente per Agus ma non lo dice perché “Non sappia la tua mano destra quello che fa la tua mano sinistra”? Mah!

    Antonio Scurati non è nella giuria dello Strega, come sostiene erroneamente O.C. all’inizio di questa catena di commenti. Ne fa parte, e non da ora, Giovanni Pacchiano, anche se non ha mai letto il regolamento del Premio. Da molto tempo il critico del “Sole 24 ore” va ripetendo che i meccanismi dello Strega rendono il voto non anonimo. In realtà basta leggere all’art. 10 (il regolamento si trova in Internet) per apprendere che “La segretezza del voto essendo un diritto e non un dovere, qualsiasi contrassegno nella scheda stessa non annulla la validità del voto”. Bizzarra formulazione, ma tant’è: se non si accettano le regole del gioco, meglio abbandonare il campo.

    Pacchiano parla spesso con sufficienza dello Strega. Gli è accaduto di recente commentando i risultati del contro-Strega varato on line dal suo giornale, a suo dire molto più interessanti di quelli espressi dall’urna degli “Amici della domenica” (così si chiamano i giurati del premio). Vorrei chiedere all’“Amico” Pacchiano per chi ha votato (per lo Strega autentico, s’intende). Amerei anche che mi spiegasse perché i votanti dello Strega on line non hanno potuto ri-votare i “loro” finalisti. Io per esempio avevo puntato con convinzione su Elena Varvello, prima classificata nella cinquina dello Strega virtuale, e mi sarebbe piaciuto vederla trionfare. Invece il popolo della Rete ha dovuto scegliere il vincitore tra i finalisti dello Strega reale, con risultati sconcertanti. Ha vinto infatti Fortunato (che secondo i votanti del contro-Strega non doveva neppure essere fra i finalisti) su Ammaniti (on line non se l’era cavata male, finendo secondo dietro Varvello). Non so se mi sono spiegato: è come decretare che al ballottaggio vanno Sarko e Segolène e poi ritrovarsi Le Pen presidente! D’accordo, le regole dell’informazione dicono che bisogna stare sulla notizia, non dimostrare che un altro mondo è possibile. Mi è venuto lo stesso un pensiero blasfemo. Che il quotidiano di Confindustria abbia adottato la logica dei Black Bloc: rinuncio ad avanzare le mie proposte perché faccio più rumore se mi limito a oppormi chiassosamente alle tue.

    Sul “Domenicale” del 18 giugno scorso il critico si lascia prendere da un dubbio: “chissà che anche qui, come nello Strega ufficiale, non siano arrivati voti di cordata: meno grave, perché il nostro è solo un gioco”. Caro Pacchiano, dimentica che un gioco è bello quando è anche serio.

  22. Girolamo, il tuo commento sui “bei tempi andati” è bello e vorticoso. Dovresti aprire un blog, oramai è semplicissimo e potresti aggiornarlo quando puoi e vuoi. La blogosfera reclama a gran voce un feed rss e si sente frustrata dal doverti inseguire fra i commenti di altri blog.

  23. Se uno legge Verità e Menzogna di Piovene ci si accorge dell’involuzione della letteratura. Basta e avanza come prova

  24. Non si può provare alcun livore nei confronti di Ammaniti: non si è tanto stupidi da obnubilare la propria intelligenza con un sentimento così, così sprecato, in nome di Dio!

  25. Mi ricordo i bei tempi andati, di quando Sofocle era qualcuno tenuto in palmo di mano e manco Zeus si osava di dirgli contro. Quelli sì ch’erano bei tempi.

    Semplicemente negli ultimi anni, lo Strega è andato a farsi benedire da un Dio vecchio e rimbambito: il culmine è con Ammaniti, un premio proprio buttato via. Sembra quasi una presa per i fondelli allo stesso Niccolò: ma forse, anzi sicuramente lui è contento così.

    Per me quest’anno lo Strega non l’ha vinto nessuno.
    Per me quest’anno lo Strega è stato dato via a prezzo d’inflazione a Niccolò.

  26. @stepan
    il nome di Scurati, il lutero de’ noantri, l’ho trovato in svariati siti e giornali. Perdona loro.

    @lipperì
    rancore. frustrazione. eccetera. Non sarà che la signora fa il bagno a Capalbio?

    @Così&Co.
    Sposti il tiro, ma va bene. In classe sono più attenti se gli leggi “Io non ho paura” e “Gomorra” che non, metti caso, “i limoni” o gli sposi promessi. Resistono Paolo e Francesca, buio pesto su Pascoli, figurarsi il Nievo.

    Preferiscono Ammaniti, più di Saviano, perché con Ammaniti ci sono di mezzo i film, film che naturalmente pretendono di vedere subito. Sul cinema infatti sono ferratissimi, e pure sulle fiction, il che dimostra che i “bozzettisti” impalati da Langone andrebbero salvati dalla Santissima Inquisizione, visto che almeno loro riescono a trasmettere qualcosa ai nostri figli.

    Langone, invece, no, che deve comunicare? Ha la sua nicchia strict di 9327 lettori che lo seguono sul Foglio, e stop. Non gli basterà certo qualche comparsata a Otto e Mezzo per rimontare. Lui e quelli come lui non parlano alle ragazze di oggi, anche se sognano di farlo. E credo proprio che le suddette fanciulle si farebbero grosse risate se lo conoscessero di persona, a uno come Langone.

    Vuoi mettere con il fascino sfighetto di Nicolò, o si scrive Niccolò? Oh mamma mia, che alito noir! Provate a leggere i commenti delle sue groupies su internet. Grondano. Sognano una punizione heffneriana.
    Poi, è ovvio, in classe si legge anche altro. Hannibal the cannibal e Trecento. Quest’anno avevo una ragazza intelligentissima che non studiava un mazza, ma veramente una mazza, eppure divorava Dylan Dog. Più o meno come me alla sua età. Il resto è internet, messenger, comunicazione one to one.

    Ora, che i ragazzi preferiscano i fumetti, i fumettoni romanzeschi, le cronache letterarie savianesche, così come fanno i conti con la boheme coronesca, ci sta tutta. Diciamo che a quell’età sei un’idrovora, mica ci vai tanto per il sottile. Almeno leggono un po’. Si divertono. Pensano agli spappolamenti, ai sequestri, alle camurrie, alle pomiciatine al tramonto. Tutta roba che un appiglio con la realtà ce l’ha, anche se con gradi diversi.

    Ma i giurati? I giurati sono personcine di una certa età, sono i legittimi rappresentanti del sistema editoriale di questo Paese. Proprio oggi il Corriere pubblica in cultura il dialogo di Dacia Maraini con Moravia sull’Africa. E allora? Che mistero buffo è questo per cui una giuria di (media) sessantenni premia autori quarantenni che a loro volta si sono fermati a vent’anni. Ammaniti, oppure Moccia. Gli eterni ragazzi della Roma di quei tempi. I buoni e i cattivi che facevano finta.

    Tu distingui, mi pare, e distingui qualitativamente, generi che appartengono allo stesso ceppo: il pulp sempre più light e i cuoricini soap, che pari sono nella cultura pop. Io dico che su questo mobilio in Giappone hanno costruito l’impero dei manga. E non scaglierò neppure una pietra sul cultural-popolare.

    Dicevo un’altra cosa. Che dietro quella votazione c’è un non so che di pulsantiera politica. Moccia non vince, è ancora troppo berluscones. Almeno per adesso tira più il chilohavisto de’ sinistra dei lucignoli di destra.

  27. @ valter

    legittime le tue opinioni, legittimo non condividerle. Lo stesso per la stroncatura di Jorio, è la quarta volt adi fila che non lo condivido, avremo sensibilità diverse, com’è giusto. Io mi riconosco nella recensione di Mondello che postavo in quella discussione, e che ho riproposto su carmilla, assieme a qualche link pro e contro. Però, se “chissenefrega dello Strega” (giustamente), perché un libro che è uscito a ottobre ed è stato dibattuto pro e contro sia dalla blogosfera che dalla critica su carta viene ri-discusso a senso quasi unico due giorni dopo la vittoria dello Strega?

    @ guido baldoni

    non sento alcun reclamo provenire della blogosfera, dovrà rassegnarsi ad inseguirmi qua e là, e non credo, francamente, che ne abbia una gran voglia. Aprire un blog è l’ultima delle cose che ho voglia di fare: blog non moltiplicanda sunt praeter necessitatem.

  28. @O.C
    “Io dico che su questo mobilio in Giappone hanno costruito l’impero dei manga. E non scaglierò neppure una pietra sul cultural-popolare.”.

    apocalittico ma anche integrato, esimio OC.

    Il fatto è che, come diceva qualcuno, è mancata e manca in Italia la ‘stagione’ del (vero) romanzo popolare.
    oltre a registrare l’esistente (dalla scuola al mercato politico-editoriale), conviene fare un passo in più.
    immaginiamo una cultura popolare che riesce a diventare egemone, unitaria (!), ricca di tensioni ideali, è intrisa di identità plurali, eppure supera il ritmo easy going e la distribuzione frammentaria nella quale oggi si produce (e si consuma): bestseller divorati, icone sfondate, telenovelas ipnotizzanti, musiche e immagini a rincorrersi, tette perfette e occhi celesti, chiavici e cocainoamni, scrittori (in egual misura) personaggi… .

    E magari si ricominci in Italia con il produrre (e promuovere) libri popolari e anche opere ‘d’appendice’ su giganti e finzioni, comiche, nani e carnevali, cazzeggi, amori e inseguimenti, guerre e affetti, viaggi e racconto, tra gramsci e bachtin: ma senza che diventino conseguentemente, e da subito, icone da macinare, ingranaggi industriali. O, all’opposto, operazioni (iper)letterarie. Insomma senza questa ansia di affrancarsi come Scrittori, come Letterati, la mia è Letteratura!!!, oh, è Letteratura!…. Questo è davvero l’aspetto trasversale che unisce la sedicente cultura alta e quella bassa (tanto la parola ‘scrittore’ è un po’ diventata come simmel diceva del denaro, una puttana).

    La cultura popolare è tutto un discorso da fare, anzi è proprio tutta da rifare. attenzione a non restare impigliato nell’analisi obliqua (e divertita) dell’esistente, e a smarrire nel frattempo rabbia e sdegno, caro O.C. L’ideale, in questo caso, sarebbe la sintesi.

  29. O.C. i tuoi colleghi insegnanti tirano giù le tapparelle e mettono su cassette di film ad ogni piè sospinto, così per tutti i loro allievi i personaggi dei libri hanno la stessa faccia di un certo attore. Ma il mio Jean Sorel perchè deve essere uguale al tuo? E’ cosa comoda ma finisce il senso di leggere così.
    Dicono di Ammaniti, che sia un onesto “narratore”, che sa fare il suo “lavoro”, mette tutto quel che ci vuole, tiene la trama nei binari. I suoi personaggi sono organici, prevedibili. B e C con la riga in mezzo sulla lavagna, i buoni d una parte e i cattivi dall’altra. Ma si può dire che per qualcuno sono le ultime cose che interessano in un libro, senza passare per frustrati?
    Sarà che sto leggendo Rigodon di Céline e quando lui dice

    Quando si scrive, il foglio di carta, la pagina se ne fotte… bisogna sedurla

    la sua seduzione è insita nella scrittura non nei colpi di scena ad affetto.
    E quando dice ai lettori

    Io divago, sto per perdervi…

    Capisci che il mestiere di scrivere non sta sempre e per forza nella ricomposizione dei conflitti nei parametri del sentire comune ma nella dispersione, nel non prevedibile.
    Faccio un esempio quando all’inizio di Caos Calmo il tipo salva la tipa e si eccita sfregandosi contro di lei, dici toh che imprevedibile reazione, curiosa, anche se assai letteraria, sarà una metafora della vita che confina con la morte, eros e tanatos e robetta così e pensi che finisca lì, ed invece tutto la trama ti porta al fatto che poi la tipa lui realmente se la… questa non è seduzione letteraria e meretricio a pagamento.

  30. Caro Così&Co.,
    e che non ciai ragione? Come direbbe Plechanov quello che manca è la contraddizione. Ne parlerò al Consiglio d’Istituto.

    Un saluto

  31. io proporrei una moratoria: discutere anche aspramente sul valore di un libro di successo, ma senza tacciare di frustrazione e invidia chi lo critica, e senza accusare chi lo stima di sospettose e utilitaristiche “vicinanze”. gli effetti devastanti di queste emissioni nocive sono sotto gli occhi di tutti: il clima del mondo culturale è surriscaldato, l’ambiente letterario è quasi irrespirabile, le biblioteche e le librerie si stanno desertificando, costringendo grandi masse di persone a proteggersi col telecomando o a rifugiarsi al fresco nei centri commerciali. urge una nuova ecologia della mente, a partire dalla riconversione dei comportamenti individuali meno compatibili con l’intelligenza. non per noi, ma per le generazioni che verranno.

  32. che metafore, e che spirito messianico…
    ma chi predica bene come razzola? – si chiese lui, rotolando giù per le murge spietrate…

  33. Io direi di metterci una bella pietra sopra allo Strega e all’Ammaniti? Che ne dite? Tanto il premio se l’è cuccato e col piffero che lo riporta indietro, quindi discuti discuti, alla fine gliene viene bene solo a lui, che sotto sotto se la ride alla faccia nostra.

    Pensiamo a mangnare, che è meglio. ^___^

  34. @sergio garufi. Non ci trovo nulla di strano nell’invidia, come nelle ” sospettose vicinanze”. A me non piacciono per principio quasi tutti gli autori che non sanno parlare a voce o in pubblico.

  35. Non si capisce bene se ce l’avete col il premio in quanto istituzione o in quanto riconoscimento ad Ammanniti. Nel primo caso se ne può discutere ( io mi limito a leggere ). Ma nel secondo caso state criticando quello che è sicuramente il miglior romanzo del 2006. Il perchè lo fate con tanto livore non è noto, almeno a me.
    “Come Dio comanda” è un grande romanzo perchè è uno di quei libri che si fa chiudere con rammarico e si fa riaprire appena possibile in metro, nella pausa pranzo, la sera dopo cena. E si fa leggere in un paio di giorni, lasciando una sottile malinconia per la sua conclusione. Questo capita solo alle buone opere, che vorresti non finissero mai, come “Io uccido”, di cui condivido gli apprezzamenti. Ma in quest’ultimo libro non vi è una descrizione accurata e plausibile della società della provincia settentrionale italiana, come nel lavoro di Ammanniti. “Io uccido” era puro intrattenimento di qualità, scritto attingendo con sapienza e prudenza a una mezza dozzina di capolavori della narrativa e del cinema thriller di mezzo secolo, da “Psycho” a “Seven” fino a ” Il silenzio degli innocenti” ed a una buona metà dei gialli di Agata Christie. Tra l’altro fra pagina 150 e 155 si capiva con chiarezza chi fosse l’assassino, diluendo di parecchio la tensione del racconto. Due ottime opere ma difficilmente paragonabili, quindi.
    Che in “come Dio comanda” ci possano essere immagini un po’ usate, come il riferimento al kamikaze, è cosa vera e giusta. Ma non stiamo parlando di un capolavoro assoluto della letteratura ma solo di buona, anzi, ottima narrativa che offre agli amanti del tecnicismo, tra l’altro, un finale quadruplo scandito con ritmo straordinario. Un solo rigo in più e quel finale mandava in malora tutto il racconto.
    Parere di un lettore, nulla di più.

  36. grazie Sergio del tuo intervento sulla moratoria. Finalmente un po’ di buon senso. Il romanzo l’ho solo intravisto e certo non mi viene voglia di leggerlo da questo thread. Ma l’intervento di Sergio rimette un po’ di tranquillità in tutto il contesto.

  37. Io penso che quasi sicuramente Il libro di Ammaniti sia tra i più mediocri usciti negli ultimi anni. Il premio rispecchia l’involuzione generale nella concezione della scrittura

  38. “in quanto riconoscimento ad Ammanniti”, perché “Come Dio comanda” è un mucchio di fogli, null’altro. Gliel’hanno dato, non per merito: Ammaniti, per me, è tra i peggiori imbrattacarte di cui il Paese si può vantare, pardon, vergognare. Luminamenti dice “mediocre”: io dico che la scrittura di Ammaniti è proprio schifosa. Non narrativa: parole buttate sulle pagine. Nient’altro. Ricorderemo questa edizione dello Strega come la peggiore, comunque specchio di questi tempi mediocri e “fatti di nulla”.

  39. per quanto mi riguarda vorrei che non esistessero “le rendite di posizione” e gli intoccabili a prescindere.Dispiace che quando uno muove una critica(salvo i casi in cui si capisce che uno vuole solo giocare allo sfascio),subito,come novelli cuginetti di Tom Sawyer,altri invochino a gran voce Zia Polly,affinchè la stessa restauri un ordine precostituito,che non ci porta da nessuna parte

  40. @Giuseppe, bell’angelo caduto.

    1Mi sono appena svegliata di un sonno come la morte, sento la voglia di uscire dalla bara, faccio un giro nellla città, che vedo?
    Una poesia di sangue fresco da Giuseppe!!!
    Sei buono uguale al pane, ti credo, bell’angelo. Perché la sembianza cinica nasconde un cuore puro, dolce, martirizzato.
    Invece una donna di sembianza dolce puo nascondere INFERO.
    Come dice il proverbio francese: “méfie-toi de l’eau qui dort”: Acqua morta è più terribile del fuoco.

    2 Forse Ammaniti non dorme, in ansia, perché lo strega non l’ha meritato, è consapevole di questo.

    3 Assegnerei un premio a Moresco (La cipolla), ad Isabella Santacroce, ad Aldo Nove, Elena Ferrante (I giorni dell’abbandono), Giulia Fazzi, Elsa morante, Ortese…
    Barrico, Moccia, Calvino, mi sono caduti dalle mane!

  41. Lipperini con la “puzza di frustrazione e di rancore” lei si è guadagnata sul campo un premio a sua scelta per la cosa più banale.

    Garufi le discussioni sui libri sono un ininfluente sospiro di grillo nella notte e non hanno alcun nesso con le librerie deserte, le biblioteche vuote, i centri commerciali e i telecomandi. Questo avviene a prescindere. Nei Centri Commerciali poi c’è gia una bella pila alta così di Ammaniti, con fascetta vincitore del premio Strega & cose così, che farà nel carrello della spesa il suo percorso verso la cassa accanto ai pisellini Findus e alla braciole cellofante e tutti si vedranno nella vicina multisala e in DVD il film presto tratto da “Come Dio comanda”, e saranno tanto edificati dal secondo romanzo “del mondo visto dagli occhi dei bambini”, che fanno tanta tanta tenerezza.
    (Il terzo dagli occhi di qualcun altro si spera.)
    Le generazioni future hanno bisogno di buoni libri. Altrimenti ci dovremmo trovare d’accordo con chi è contento dei “tomi” rilegati di Harry Potter “purchè le i ragazzi leggano un libro”.

  42. @ VERONIQUE

    Oh Veronique, ti sei appena destata dalla tua bella bara? ^____^
    A me è accaduto colle prime luci dell’alba: hanno trafitto il mio feretro e son stato costretto ad alzarmi, mettendo tosto gl’occhiali da sole sul naso onde evitare quei tipici fastidi che sono per tutti i vampiri. :-)

    1. Non diciamo sciocchezze, io me sono proprio cinico, non alberga alcuna purezza entro il mio core. Io divoro i cuori altrui. :-D E se c’è un briciolo d’umanità, è meglio che rimanga sepolta là dov’è: meglio assai non portarla alla luce del sole. Credimi che è meglio così.
    Non me lo dire, lo so già: quanti angeli, all’apparenza puri, si son presentati alla mia vista per poi rivelarsi ferali, pronti con lo stiletto in mano da cacciarmi nelle carni, tra scapola e scapola, alle spalle. Da tempo diffido delle belle apparenze: ho visto nascere fiori bellissimi, venuti su da un mare di merda, e ne ho visti altri a un primo sguardo uguali venuti su da terreno ben dissodato. Ma per il diavolo, quale differenza! I secondi non li potevi neanche carezzare collo sguardo che tosto t’inchiodavano alla croce per darti al Golgota. Invece quei fiori nati dalla merda, così dolci e forti: magari non proprio puliti e raffinati, ma quale carattere bello, capace di regalare lo schiaffo e il bacio solo al momento giusto.

    2. Oh, dubito che non dorma: quello sta col capo sul suo origliere a fare sogni più grandi di Alice nel Paese delle Meraviglie. Il rimorso non gli s’addice, come del resto a qualunque uomo che tiene fra le mani un premio, sia esso meritato o meno. E’ nella natura umana aver in spregio coloro che dicono la verità. Conosci quella favola che racconta d’un Re che andava in giro nudo credendo d’indossare sontuose vesti? Ammaniti ha ricevute tante lodi, perlopiù sperticate, che non sa riconoscere più la realtà, neanche se gliela mettono sotto al naso. D’altro canto basta leggere i suoi librettini per rendersi conto che della realtà ignora tutto.

    3. Calvino non m’è mai piaciuto granché. Gli ho sempre di gran lunga preferito Pier Vittorio Tondelli. Anche Emilio Gadda non m’è mai piaciuto, anzi molte volto l’ho trovato odioso, come l’ultimo Pier Paolo Pasolini, quello del “Petrolio” e che sbraitava più che puntare l’indice accusatorio. Aldo Nove, Elena Ferrante, Giulia Fazzi, Elsa morante, Barrico, Moccia: non li ho mai considerati degli scrittori, solo degli scrivani a cui è stata data una penna in mano. Di Baricco salvo i primi due, “Castelli di rabbia” e “Oceano mare”. Moresco in fondo un po’ mi fa pena: se lo coccolano come una mascotte. In che ben triste ruolo l’hanno cacciato: e chissà se ne è consapevole. Dovrei a questo punto dire della Santacroce, ma c’è un post bello sostanzioso sul mio blog, ragion per cui preferisco qui tacere: altrimenti sarei poi costretto a venire su Nazione Indiana a far battaglia per una parola di troppo, senza che N.I. abbia mai ospitato una mia opinione, non seriamente comunque, eccetto per una recensione che sì, fu messa on line, ma solo per lasciare i cani sciolti, anonimi colla bava alla bocca, per darmi addosso e null’altro senza nulla dire, per altro, del libro. Quindi sarebbe tempo sprecato. Ma cara Veronique, se ne vogliamo parlare della Santacroce, vieni pure colle tue opinioni da me: i commenti entreranno in coda di moderazione, ma poi io li sblocco.

    Ora ti saluto e mi oso in un bacio.
    Ho da preparare la pasta. :-) Eh sì, spaghetti pure oggi: d’altro canto sono un cuoco ben modesto.

    Giuseppe

  43. @ VERONIQUE

    Ah, la poesia, Veronique, anche se dici brutte cose di te, se ti piace te la dedicherò poi da me. L’importante è che tu non sia un uomo! ^___^ Ma anche se fosse, be’, non ci troverei poi niente di male. ;-)

  44. che vuol dire preferire Tondelli a Calvino? sono scrittori di periodi diversi, tematiche diverse e stili diversi. entrambi hanno influito nella storia della letteratura.
    scusami veronique ma se dessero premi agli scrittori che hai citato allora il premio ad Ammaniti sarebbe il male minore. Poi non capisco il mettere insieme Calvino e Moccia. è assurdo. è come paragonare Borges con una Melissap. qualunque. Calvino ha scritto libri da leggere come saggi sulla scrittura.
    nel 2005 la Parrella è stata finalista al Premio Strega. lei si che avrebbe meritato di vincere.
    Ammaniti ultimamente è uscito con certe cazzate su Second Life… Credo che una buona parte degli scrittori sia molto confusa, così si confonde anche il lettore sprovveduto.

  45. non saprei Loredana come ci si possa intendere sul “discutere aspramente”,sto imparando.Sono cresciuto in una famiglia vagamente disneyana tra Oggi,Topolino e Sorrisi&canzoni.Quando non eravamo assorti nella contemplazione del medium,interpretavo il silenzio come una tensione(sfioravo l’autismo dal sorriso ebete).In seguito i dibattiti di cui sono stato partecipe erano annacquati dai timori reverenziali figli di una presunzione d’ignoranza,mia o degli interlocutori.Solo recentemente,”sentendo che il campo di battaglia” può appartenermi,ho deciso di dire la mia in ogni occasione ritengo sia utile apportare contributi(“Tutto à Talmud”,cfr Eco)

    p.s. a proposito,fra parentesi,non è che Elena Ferrante sia per caso Umberto Eco?chi ha letto l’isola del giorno prima capirà

  46. Diamonds, su quella “tensione” Ammaniti ci ha costruito “L’ultimo capodanno”. E poi non preoccuparti troppo della “asprezza” della discussione. Almeno nei commenti possiamo scrivere quello che ci pare. Se poi uno non è avvezzo alla rissa, o alle alle provocazioni, ci sono tanti siti educati pieni di recensuri, professuri e criticuni.

  47. Giuseppe, bell’angelo,

    Tu divori i cuori delle donne, davvero?
    Riguardo a Isabella Santacroce, sono una fervente amorosa della sua scrittura diversa da un romanzo all’altro: Revolver, tagliente, fa fuoco; Luminal, scrittura moderna, sessuale, violenta; Zoo, in ansia, incestuoso, odio nella scrittura, e mi pregusto V.M 18, l’ambiente è per me (libertinaggio del XVIII, sessualità sacra e demoniaca).
    Ma lo ripeto Elena Ferrante ha una scrittura che amo perché sfiora la follia familiare: L’amore molesto, il legame tra la figlia e la madre, l’abuso nell’infanzia, argumento che mi sconvolge.
    E soprattutto GIULIA FAZZI, è una donna che va a fondo. Non ho letto un libro che tratta dello stupro con una tale intelligenza.
    @Zanna,
    Calvino mi fa dormire. Scrive saggi sulla scritura e allora?
    Non mi piace Marcovaldo, “le baron perché”, sono libri che non mi inspira nulla, tranne la noia totale.
    PS Giuseppe: sono una donna che ama la gogna e il dolore che si infligge.
    Dimmi la ricetta mi sembra ottima, ma… Che significa galbanino, Hé?

  48. Chiaro che Calvino e Tondelli sono su due piani, anzi su due epoche diverse, e tematiche diverse. Qualcuno dice che la Letteratura sia morta con Calvino e Pasolini. No, per me la Letteratura è morta con Tondelli. Calvino e Gadda, anche loro diversi, non mi piacciono granché, soprattutto il secondo, molto presuntuoso e a mio avviso scipito. Preferisco Pratolini all’inutilità di Gadda. Molto di più Vasco Pratolini. Gli ultimi lavori di Pasolini puzzano di cattolicesimo: la cosa mi fa stomacare. Questione di gusti. E soprattutto amo Alberto Moravia: da leggere in ogni singola parola, almeno a mio avviso. A Calvino preferisco anche Dino Buzzati. Ma Calvino per me è “dimezzato”. E ancora Primo Levi, Carlo Cassola, Mario Soldati, Goffredo Parise e Gesualdo Bufalino. L’ultimo Strega che mi è piaciuto enormemente è stato nel 90, “La chimera” del sempre ottimo Sebastiano Vassallil. Dopo ci sono stati altri Strega, chiaramente, alcuni buoni, non dico di no, come per Ernesto Ferrero… Però l’ultimo grande Strega è per la “Chimera” di Vassalli. Tondelli non ha niente a che vedere con il premio Strega: ha però chiuso gli anni Novanta. Lo ha proprio chiusi, perché la sua morte ha segnato per me la morte della Letteratura: in questi 17 anni solo qualche lucciola, ma niente di esaltante. L’assegnazione di quest’anno non ne tengo neanche conto se non per dire: “Specchio di quel tempo medioevale che fu il 2007”. Aspetto che si esca dal medioevo.

    @ VERONIQUE

    No, io non divoro: poi, bell’angelo a me, ma sei andata dall’oculista? ^___^ Diciamoci la verità: sono un po’ uno scorfano, ma posso piacere. Così è più giusto.

    Il Galbanino è un formaggio, un po’ come il provolone, ma più dolce: puoi mangiarlo così, o utilizzarlo per condire delle pietanze, essendo un formaggio molto tenero. Ottimo nell’insalata di riso, nell’insalata di verdure, oppure sugli spaghetti ben caldi: si scioglie che è una meraviglia. Una volta scolati gli spaghetti, si buttta il sugo nella pentola dove stanno gli spaghetti, e, a secondo dei propri gusti, una generosa dose di galbanino tagliato a fettine. Poi con una bel cucchiaio di legno si girano spaghetti e galbanino affinché sugo, spaghetti e galbanino diventino un tutt’uno, a fuoco basso, altrimenti si brucia tutto. Due minuti e ti ritrovi un bel piatto sostanzioso e appetitoso: spaghetti al sugo con formaggio dolce fuso. Una bontà. Mangiare ben caldi, ogni forchettata fa il filo. ^____^ Madò, m’è venuta fame. ^____* Prova. Non ci vuol niente: è un piatto che si fa in pochi minuti, ci riesco persino io che sono negato ai fornelli. :-)

  49. non discuto i tuoi gusti, assolutamente! mi riferivo al fatto che hai messo insieme due nomi così diversi. tutto qui.
    sulla Santacroce non mi esprimo perchè non leggo autori di quel genere di pseudo-narrativa. se ti piacciono le emozioni forti va bene anche la Tamaro, mi ricordo che a casa di un mio amico, a 12 anni, leggiucchiai un suo libro, “Per voce sola”, c’era sesso, violenza, magari trovi pure qualche blasfemia. Del resto mi rendo conto che alcuni libri di Calvino sono troppo difficili per alcuni. eppure Marcovaldo lo conobbi sul libro di lettura alle elementari….

  50. Il problema non è discutere aspramente o meno. Ma discutere profondamente e con competenza. In senso spaziale e temporale. Se non si domina completamente la storia del romanzo europeo (se vogliamo delimitare, ma potremmo anche non farlo per chi ha la capacità di reggere), o se si esamina sufficientemente il romanzo italiano e l’evoluzione della lingua, allora è inutile scendere in campo e dire nel dettaglio perché un libro va o non va. Se non si ha una prospettiva ampia, una idea chiara sul passato, il presente, il futuro, qualsiasi discussione si limita ad esibire l’abilità di un recensore. Potrei scrivere due recensione fantastiche e opposte di giudizio su Ammanniti, e avrebbero eguale valore in quanto all’effetto pervasivo e persuasivo. Ma non si tratterebbe della verità storica. Se parlo con Michele Mari, Roberto Calasso, Saramago mi accorgo di come loro nei libri dominino la letteratura e allora posso discuterci, ma se parlo con uno che non la conosce, allora il suo spettro di osservazione è limitato alla sua apprensione sensibile. Che ci discuto a fare? Difficile trovare l’umiltà. Dovrei organizzare per lui un percorso di lettura a partire da ciò che ignora e poi riparlarne dopo alcuni anni, almeno.
    Le discussioni letterarie sono molto sterili perché il materiale formativo non è identico, né equivalente.
    Si ha poi sempre questo preconcetto che quello che viene dopo sia meglio di quello che c’era prima. Ma ciò che occorre è esaminare la struttura, la lingua, la capacità di guardare al presente guardandosi alle spalle e proiettandosi nel futuro

  51. “Calvino mi fa dormire”.

    ‘azzzz!!!

    vuoi vedere che finalmente ho capito come mai in italia, oggi, a contendersi il mercato, il supermercato, il marketing e la marketting sono ‘sti robini qui??? dico i mocci, gli ammansiti, i melissi, i tamarri, i parenti, i colombari, i santicroci…

    eccezzziunale!!! e chi se l’avrebbe mai creso!!!

  52. @ ZANNA

    Il mio è un minestrone di nomi, premi Strega e non.
    Allora, mettiamola così: Calvino non mi piace. M’ammoscia. Gli preferisco di gran lunga Dino Buzzati. “Il deserto dei Tartari” me lo fecero leggere in prima media: e non finirò mai di benedire l’insegnante che ce lo diede in lettura.

    Non è il mio genere Susanna Tamaro: però – editing a parte – sì, qualche emozione me la offre, più di Calvino. Con Calvino non mi accade, rimango moscio nell’anima, anche se credo fermamente di non averne una. Sarò libero di non farmi piacere Calvino e Gadda? Poi, guarda, Gadda proprio non lo reggo.
    Ma non starò a spendere un solo secondo di più per azzannarmi con te. Patti chiari inimicizia lunga. Torno volentieri ad Ovidio: ho bisogno d’emozioni forti e genuine.

  53. straquoto liminamenti. ci vuole competenza per parlare di letteratura. ci vogliono anche de benedetti e garavelli per fare un’affermazione come “la letteratura nel 2007 è morta”, non un linguaggio da azzeccagarbugli. tra i giovani, ma anche no, scrittori che hanno esordito in questi anni ci sono bravissimi autori. proprio ieri ho iniziato un altro libro di Pascale, per fare solo un esempio. secondo me è proprio in questi tempi così difficili e confusi che nasce il bisogno di scrivere, perchè è la stessa realtà che chiede di essere analizzata, trascritta, interpretata.
    Tino è un grande.

  54. Ho letto troppo poco di “Come Dio comanda” per poter esprimere un giudizio, ma mi pare di cogliere dei meccanismi che mi lasciano perplessa. Uno scrittore giovane pubblica qualche libro che viene accolto con cosidetto favore sia di pubblico, sia di critica, molto di certa parte di critici. Poi esce un suo racconto lungo che riceve un’ unaminità di consensi, addirittura si grida al capolavoro, e vende uno sproposito di copie. Dopodicché questo scrittore non più tanto giovane non pubblica più niente, come è del resto comprensibile, e finalmente ritorna con un romanzo di ampie dimensioni a cui ha lavorato per anni. E a questo punto cominciano gli storcimenti di naso, eufemisticamente parlando. Ecco, da quel poco (ca. un terzo) che ho letto, a me questo pare ingiusto. Mi pare che gli eventuali limiti di questo romanzo siano esattamente quelli di prima, ivi inclusa la ciambella col buco dal titolo “Io non ho paura” e i pregi idem. Questo romanzo non è affatto più televisivo degli altri.del resto sono stati tratti film, la sua scrittura non mi pare più piatta, anzi semmai un po’ più consapevole nel uso dei registri, e i personaggi sono come sempre non del genere dotato di una psicologia sfumata. Mi riferisco soprattutto all’attacco di Guglielmi (a parte il fatto che fa un po’ specie veder puntare il dito contro la tv qualcuno che per anni ne è stato direttore e che per giunta ha creato programmi determinanti per l’immaginario televisivo di questo paese).
    Se la letteratura deve per forza sempre essere visione e scrittura come postula Jorio, per forza Amanniti non è a norma. Ma non sarebbe più giusto aggiungerci un PER ME, dichiarare, insomma, qual’ è il tipo di poetica che si ritiene più valida e non decretare che tutto ciò che non vi somiglia non possa avere in partenza dignità? Non si può chiedere a una lepre di essere una talpa, ma si può dire: io preferisco le talpe.
    Insomma questi moti collettivi per cui uno prima viene portato alle stelle e poi fatto sprofondare nel fango- con tutto che i i gusti sono gusti e le poetiche poetiche- mi suscitano sempre un leggero mal di pancia. Poi verranno le vacanze e mi riprometto di leggere il resto del romanzo, così poi posso parlare con maggiore legittimità.
    ps. ogni silenzio sullo Strega è perfettamente voluto:-)))))

  55. Vabbé, sarà per il passato, ma io ciò un debole per Helena.

    @luminamenti
    Nei libri di Saramago domina la letteratura.
    Buona questa.

  56. @Giuseppe,

    Non ho bisigno di andare dall’oculista. Sei un’uomo seducente. E…Soprattutto mi piace la tua mente. Anch’io non mi piacciono i lecchini.
    Ti do un baccio dolce come il miele per iniziare la giornata.
    Isabella Santacroce è sublime, ha talento, bellezza, provoca, dice il sesso; allora desta gelosia.
    La sua scrittura è mobile, con scossoni, mette a disagio e nello stesso tempo fa godere, gioca con il lettore, piacere/ sofferenza; agressività/abbandono.

    @Zanna

    Calvino: la sua scrittura mi pare immobile come un mare innanimato, niente accade, tranne un sacco di noia. Mi sembra impantanarmi nella sabbia.
    1 Ero bambina quando ho trovato “Le baron perché” Da mia nonna.
    All’inizio, la storia mi appassiona, il ragazzo che sfida la famiglia, è bene; ma dopo non mi interessa, abbandono.
    2Sono in classe de “première littéraire”, il mio professore di Francese consiglia la lettura di “Si par une nuit un voyageur…”, l’argomento mi esalta, commincio a leggere: sono delusa, non posso terminare la lettura.
    3 Commincio a insegnare a una classe di troisième technologique. Voglio fare studiare Marcovaldo. Risultato: un fiasco totale, tranne l’episodio del supermarket.
    Confirmo :Dino Buzzati funziona con i ragazzi.

  57. l’unico commento che mi convince abbastanza e’ quello di luminamenti (July 9th, 2007 at 18:15).

    Non entro nelle polemiche (sulla Morante, su Calvino!!! Ma andiamo…). Ogni anno inizio in terza liceo (insegno Fisica) con “Lettua di un’onda” di Palomar, continuo con “Il nemico della velocita’” di Cavazzoni (“Storie di celebri idioti”) e con “L’aeroplano” di Voltolini ecc ecc. Poi passo a Primo Levi, Borges, Flaubert (Bouvard e Pechchet), Leopardi (mi stavo dimenticando i suoi dialoghi!), Voltaire, e Flatlandia ecc ecc Quest’estate si leggono “Racconti matematici” e altre cose.

    Bho. sono incerta se fare “submit comment” o no.
    (“L’isola del giorno prima” e’ li’ che aspetta sullo scaffale, la leggero’ entro l’autunno. Ieri sera ho iniziato “Piano Meccanico”)

    baci

    fem
    (devo affrontare la complementarieta’ di Sparzani, continuo a rimandare… c’e’ poi questa spada pendente sul capo dei post “will be closed”… )

    E attenti ad andare sul sito di Iannox senza un buon antivirus.

    Italo Calvino: su di me ha l’effetto di alcuni quadri di Miro’: ininterrotto, senza possibile fine: proprio ieri sera (o era stamattina) pensavo a Palomar e alla sua meditazione su cosa c’e’ fuori dalla finestra (il mondo) e che cosa c’e’ al di qua della finestra (il mondo). Insomma noi siamo il mondo che guarda se stesso. Se qualcuno si e’ addormentato sogni d’oro.

  58. anche Calvino desta gelosia (????), soprattutto in quelli che non hanno capacità di comprenderlo. e non è che ci voglia molto. mica basta essere insegnanti. ho avuto dei professori che erano ciocchi di legno. le pietre erano meno stupide. ma non così ciocchi da trovare sublime del pattume letterario come la santacroce o altro.
    che poi sto discorso della gelosia in letteratura non lo comprendo. è come dire che non ti piace uno scrittore perchè non sai vestirti. che vuol dire? mah.

  59. @ Veronique

    Bene, se mi dici che sono un uomo seducente, questo sì, lo posso accettare. :-) Il fascino è anche un “qualcosa” che è nella mente dell’individuo e che quindi matura senza invecchiare mai.
    Ce ne fossero di persone come te, che pensano con la loro propria testa, ed invece, più si va avanti, più mi rendo conto – non che non lo sapessi da tanto ma manto tempo – che gli uomini sono avidi, adatti solo a darsi via alle convenienze.

    Hai detto bene, molto bene circa la scrittura della Santacroce: la violenza, come il sesso, sono “l’arma” per ascendere al Divino, che di per sé non è buono né cattivo, ma che semmai è ad immagine e somiglianza dell’Uomo. Se io penso che Dio sia buono, allora Dio diventa di bontà; se invece penso che Dio è cattivo, allora Dio diventa di cattiveria. Dio è “Neutro”: è poi l’uomo che gli conferisce bontà o cattiveria, quindi non può che essere ad immagine e somiglianza di chi lo guarda e lo prega. L’animale guarderà a Dio e questi prenderà in sé la fierezza dell’animalità. Arrivare a Dio, riuscire a stare sul suo stesso piano, significa non essere plagiati dalla moralità imperante, che è sempre di ipocrisia, di annichilimento dello spirito libero, che eppure ogni essere vivente ha in sé, perlomeno al momento della nascita. Isabella Santacroce nella sua scrittura trasmette proprio questo spirito libero, di ribellione, nei confronti di chi vorrebbe che ogni essere fosse uniformato alla catena di montaggio, a quella tremenda catena di educazione sentimentale che allatta esseri tutti uguali, senza carattere, senza libertà e soprattutto senza la capacità di pensare e di agire secondo la propria volontà e non secondo quella della società – che è marcia ab imis.

    E un uguale bacio per Te, Veronique. Un bacio che sia di robusta passione selvatica, come quella che è nelle rose belle e fiere e che crescono ai margini dei boschi.

    Giuseppe

  60. @Zanna,

    Non posso rispondere: sono stupida.

    @Francesca,

    Provo a leggere Palomar: “lettura di un’onda”, Cio che tu dici della meditazione mi convince.

  61. Ci sono più epifanie da afferrare per la coda e guardare negli occhi nelle “lezioni americane” di Calvino(di cui ho letto solo questo,per giunta poche settimane fa)che nella restante letteratura italiana degli ultimi 25 anni che mi è scivolata tra le dita

  62. @Vèronique: la meditazione si trova nel racconto “Il mondo guarda il mondo” del libro “Palomar”. Palomar e’ l’ultimo libro scritto da Calvino, mi sembra. Mi viene voglia di rileggerlo tutto, tanto e’ breve.

    Mi scuso se non parlo di Ammaniti ma non ho ancora letto nulla di suo. Ho un sacco di problemi con le doppie quando scrivo il suo nome (Amanniti, Amaniti ??) e devo sempre vedere come si scrive. Retaggio genetico veneto.

    fem

  63. OK iniziero’ da questo libro.

    Per quanto riguarda me, non ho bisogno di un matrimonio per legalizzare la mia passione per la lettura ,-))

    fem

  64. Grazie Francesca,

    Leggero Palomar, per lo sguardo attento alla vita , alle cose. Ritratto interiore.
    Lettura di meditazione.

  65. Sottoscrivendo la recensione, devo però correggervi su un punto: Come Dio Comanda non è stato un grande successo. Ha venduto discretamente bene, ma molto meno di quanto ci si aspettava in Mondadori. Di qui la necessità di pompare le vendite comprando un premio letterario.

  66. Darlene,come sarebbe?da bambino mi piaceva giocare a Petropolis e “colpo grosso a topolinia”.Ma Stregopolis non lo ricordavo proprio(tra gli imprevisti cosa poteva esserci?un giurato prezzolato veniva inesplicabilmente bloccato nella fila di un orologeria,o l’autore confessava tutto.Scherzo)

  67. I dati ufficiali di vendita sono sempre un po’ falsati; in qualche caso molto falsati. Nel caso specifico, ho saputo da due fonti ben distinte e relativamente certe che la Mondadori ha ancora parecchie copie di Come Dio Comanda da sbolognare, per poter raggiungere le vendite preventivate. Non conosco la cifra esatta, ma dovremmo essere nell’ordine delle centinaia di migliaia. A voler essere maligni, o solo concreti, cosa c’è di meglio di una fascetta con scritto “Vincitore del Premio Strega 2007” per far tornare prepotentemente in scena un romanzo già uscito da un po’? Spero che nessuno di voi sia così ingenuo da pensare che i premi letterari vengono assegnati in base a criteri di merito.

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