Sette inediti

150_sekretaerin.jpg

di Giovanni Nuscis

Una muta di occhi
ti segue
nella notte vascolare
nell’intrico di rivoli
e fiumane di rubini
bilie d’ossigeno in corsa
dentro confini di carne.
 
Colpi di tosse
brevi
e vai avanti.
Attendi per fermarti il fiato caldo
sulla nuca
l’ala sulla scapola.

La mano nel buio
nell’altra
invisibile di brina
e ben venuto sei
nell’ascendenza infinita.
*

Dal muro bucato la notte
ti vedi andare via leggero.
Ritrovi all’alba sul tuo letto
un ubriaco che ti legge la vita;
gli ruotano gli occhi e la testa 
nella veglia allucinata
nel ludo di parole
zitelle in sella
ad un ronzare di cellule.

*

Ti scorpori
a poco a poco
e ogni incontro è più breve.
Cominci a vedere
la città che non era
e che sarà
quel delirio d’aria
che ti avvicina di un morso
ogni giorno
all’osso del tramonto.

Il tempo è appeso alla tua gola
le lancette dal quadrante
vi si figgono e cola
dell’ora più ferita
sulla carta una parola.

Il passato lo si trova ormai 
pressato in pochi bytes
lo apri e da un chicco
di grano ti esplode
una nube di talco
sugli occhi.
 

*

Cade in una nicchia
e tace. Dalla parete
vitrea d’una nursery
se non tu, altri
lo attendono nuovo
lo sconosciuto che
dopo un poco
a qualcuno somiglia.

*

File di parole
sulla soglia del timpano
le une sulle altre
nervose
urlando sulle punte.
Nulla scuote
il dormiente gli cambia
la bocca amara o dolciastra
al risveglio, il sorriso di Priapo
che si guarda torvo in giro.

*

Nei giorni di festa ci si conta
ridenti carri armati
    che ogni lasciata è persa
forzati della ricorrenza
    che così è, e pazienza
i sofferenti e gli ammalati.

Restano gli appartati per scelta
nell’ombra ad osservare
dal maxi schermo ombelicale
lo spettacolo che scorre:
in apparenza senza loro
-immersi da altra sponda-
paganti, senza sconto.

*

Volo nell’oceano d’erba secca
del Campidano verso
le città fenicie dei migranti 
che si son fermati, lo sguardo
lento nel viso di carrubo
la testa d’orcio facile
a riempirsi di racconti
ed assenze tra agavi e pietre.

Rivedo le tombe degli avi
nell’ora più calda di agosto
il vento che arriva dal Sinis
trafigge il cuore in ombra delle case
tra ingresso e cortile.
Polvere e odore di legna arsa
impasto di verde marino
e trachite in un tempo che sta
sospeso come nube di ossa
che inspiriamo con forza
di passaggio senza saperlo.

(2007. Immagine: Gerhard Richter, Sekretaerin – 1964)

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12 Commenti

  1. Sono ammirato da queste che definirei istantanee, gesti sospesi nello spazio e nel tempo e a loro, letteralmente appeso, come frutti, un senso ultimo e definitivo di precarietà.

    Il passato lo si trova ormai
    pressato in pochi bytes
    lo apri e da un chicco
    di grano ti esplode
    una nube di talco
    sugli occhi.

    Chi non vorrebbe aver scritto questi versi?

  2. Ritrovi all’alba sul tuo letto
    un ubriaco che ti legge la vita;

    la vita letta sulla linea di confine tracimante i nostri più profondi sgomenti.

    belle davvero giovanni

  3. Giovanni,
    sono incantata di fronte a tanta levità…

    riesci a mescolare sapientemente un malessere come può essere quello dell’esistenza, le solitudini, con l’abbraccio dell’ignoto, che di speranza nutre la notte.

    Grazie
    Chapuce

  4. “Dalla parete
    vitrea d’una nursery
    se non tu, altri
    lo attendono nuovo
    lo sconosciuto che
    dopo un poco
    a qualcuno somiglia”(colonna sonora:la gazza ladra,Overture,of course)

    Ecco un conterraneo che non “fa il verso alla nostalgia”.Decisamente,da prendere in considerazione

  5. il piccino sospiro dell’illuminazione, senza immagini a sferzare le parole

    complimenti

    b!

    Nunzio Festa

  6. Sono appesi ai sogni, al colore del sognare, queste poesie di Giovanni, i cui incipit, in particolare, se riletti di fila, segnano un tempo interno segreto, scandiscono una narrazione che si s corpora però in oggetti e pensieri, dalll’impersonale al vocativo, all’io soggetto nelle varie campiture strofiche (tali ho “visto” vissuto io, le sue poesie);
    ma anche le cose sono in quanto vanno verso una perdita di peso specifico, di immateriale felicità dell’ex-sistere: c’è un dormiente, un appena nato sulla terra, ci sono “le tombe degli avi” etc, uno sfaldarsi di suoni che giungono ai timpani in silenziosi bit in visione che chiede una grande limpidezza (e distacco) dell’occhio.

    Maria Pia Quintavalla

    e benvenuto sei/nell’ascendenza infinita”

  7. complimenti gianni
    trovo queste tuoi ultimi inediti di una grande forza e pacatezza che si avvicinano a qualcosa che somiglia sempre di più alla saggezza.
    e ancora…sulla nascita hai fatto unpiccolo capolavoro di poesia:

    “…lo attendono nuovo
    lo sconosciuto che
    dopo un poco
    a qualcuno somiglia.”

    saluti cari

  8. Complimenti a Giovanni per la sua poesia che già avevo avuto il piacere di leggere; trovo questi ultimi sette inediti di una forza oracolare davvero notevole…
    Avanti così e AD MAIORA

  9. “Lo sconosciuto che/ dopo un poco/ a qualcuno somiglia”: autore e lettore, due sconosciuti che si riconoscono pian piano uno nell’altro, che invertono i ruoli, che somigliano alla stessa persona. Sono poesie notturne, che ci porgono ogni tanto il ritrovato bandolo del pensiero e della speranza.
    Grazie
    Antonio

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