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Su V.M. 18 di Isabella Santacroce

di Massimo Sannelli

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Qui non c’è nulla di naturale, a partire dal linguaggio: iperbati, anafore, ripetizioni, epiteti, nomi greci. Soprattutto l’iperbato viola l’Ordine: ma anche l’iperbato è una sostanza della Cultura – dunque ciò che viene aggredito non è la Cultura (la Cultura non divora la Cultura): ma il mondo (controllare l’etimologia di mundus e di kósmos, e le loro implicazioni; ricordarle, perché costruiscono le nostre bellissime menti).

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Qui non c’è nulla di veloce: le ripetizioni formulari di interi capoversi e la scrittura dis-Ordinata rallentano la lettura.

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Qui non c’è nulla di imitabile, perché qui non c’è nulla di naturale. L’idea popolare dell’emulazione di Desdemona e delle Spietate Ninfette è un’idea piccola. L’emulazione, oggi, è fomentata da media più sottili di un libro di 491 pagine che costa € 17,50. Solo chi parlasse quella lingua, chi frequentasse l’antirealtà – in cui si imbalsamano giraffe e ci si pettina con un osso di tonno, e si viaggia in carrozza – potrebbe emulare Desdemona. Dunque: nessuna fobia (c’è chi ucciderebbe Isabella Santacroce).

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Qui tutto è scandito da un calendario, perché il romanzo è il diario di un anno nel Collegio delle Fanciulle. La numerologia vi gioca una parte seria ed esplicita, come in Kafka. (tutti i poeti sono Ebrei). Il riferimento è Sade, forse; e forse non Salò di Pasolini; forse, più di tutto, Dante (che per Pasolini fu una fonte chiara di Sade): Dante come maestro di geografia, di organizzazione del tempo e dello spazio, di linguaggio e di invenzione. Infatti Dante poté immaginare Dante che vede Dio: e significa scrivere un poema in cui il poeta è visto da Dio. Più tardi (secoli): «sono apparso alla Madonna».

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L’innaturalità, la lentezza, l’inimitabilità, la serialità non sono i canoni delle Lezioni americane. Non sono neanche i canoni del linguaggio comune, né della maggior parte della poesia contemporanea (che, a confronto con i testi più belli di Santacroce, sembra quello che è: passiva; non brutta, ma inerte; e sbaglio se cerco di vedere nella poesia, qui, oggi, quello che la poesia non ha – e nello stesso tempo: non sbaglio, perché parlo anche di me, di cose che ho fatto e che non ho fatto).

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C’è chi ucciderebbe Santacroce. Ma chi ucciderebbe, oggi, un poeta, in Italia? e perché? Lo ucciderebbe per caso, non perché è poeta. Il poeta è immunizzato perché non ha nessun popolo intorno – o contro; dunque nessun lettore – e nessun assassino delle sue penne sbigottite.

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Desdemona agisce come un Cristo capovolto. Il male che provoca o che fa è missionario e non ludico: lo sterminio preciso e brillante dell’imperfetto, dell’ambiguo, dell’incoerente, dell’untuoso, del brutto. In una parola: dell’umano (il corpo umano e la humanitas: qui non è più vero che «umana cosa è avere compassione degli afflitti»). Desdemona – perfetta e curatissima, «veementemente» – può amare, riamata, solo Dio e i cani (e solo, per qualche minuto, un Feto di sette mesi, strappato dall’utero; baciato con la lingua sulla lingua – l’unico gesto d’amore o di «lirismo» di Desdemona per un essere umano – e poi divorato da un cane: simile su simile, simile dentro il simile). (l’Eucaristia? ma qui senza carità e parodiando: si di-spera solennemente di tutto).

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Dio, i cani e il feto sono comunicatori che non comunicano. Sono l’esterno gratuito – che penetra Desdemona – alternativo alla proliferazione umana. Dio stesso è intaccato come Onnipotente o Dio-Amore, e adorato solo come grande Artista e Sua Magnificenza: il creatore imperiale di ciò che è splendido, non il difensore delle creature, abbandonate nel Mondo (il cui nome non è omen e significa Ordine). Desdemona dice: «[…] mi raccapricciava enormemente la mancanza di grandezza» (p. 281). Il Male appare più puro del Bene, che è sociale e umano: dunque il Male è più artistico, e degno di essere realizzato con una precisione da artista (vedere le pagine sulle torture inflitte alle due sorelle).

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Scrivere su Isabella Santacroce è dannoso, se vivi nell’«ambiente poetico»: non sarai perdonato. Avrai scritto qualcosa su qualcosa che è considerato pop – mentre è complicatissimo -: perciò avrai peccato. Ma qui penso ad altro: V.M. 18 è un romanzo che non costruisce nulla, sul piano della continuità della «Contemporanea. Italiana letteratura» e della «Contemporanea. Italiana. Poesia». Le stragi di Desdemona avvengono in un Collegio, che è l’allegoria di tutte le Scuole dell’Occidente; le insegnanti e le Fanciulle vengono massacrate allo stesso modo (ma sulle Fanciulle si infierisce di più: perché sono, in teoria, le più simili a Desdemona – dunque le prime da rendere dissimili, umiliandole o eliminandole); e nessuna Cultura può legittimamente orientarsi al Bene ed esserLo: perché i rappresentanti del Bene non credono fino in fondo e sono «solo all’apparenza irreprensibili» (p. 283) (perciò Desdemona adora Gesù Cristo Sofferto: per la coerenza e per la sua bellezza di Esposto; e disprezza i brutti Benefattori, che cedono). Non credono fino in fondo – e pèrdono tutto: non sono perdonabili.

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Quindi nessuna costruzione di continuità, nessuna proposta per il futuro, e nessun mondo. Ora l’idea dell’Animale amante/divoratore (il Gratuito) penetra anche la «Contemporanea. Italiana letteratura». Tutti, maggiori e minori di anni 18, e tutti gli scrittori scriventi, possono essere macellati dalle Ninfette. Soprattutto, chi ha amato male (e parlato peggio) morirà male, per mano di un essere che rappresenta Cielo e Inferno, insieme. «Non avevo mai conosciuto persone capaci d’amare pazientemente, benevolmente, senza invidia, non vantandosi, non gonfiandosi, non comportandosi in modo sconveniente, non cercando il proprio interesse…» (p. 441). Dunque il cane Alastor è benedetto, perché non è «una creatura d’umana razza». Amarlo è dis-umano, ma non insensato. Il diavolo ha nostalgia del bene, e lo ricostruisce nelle forme carnevalesche e serpentinate che gli sono proprie.

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Una nuova Barbarie è prossima? Sì e no; letteralmente e non letteralmente. Parlo oscuro, così come la vecchia mente – una parlante della vecchia lingua – vede ora. Explicit vita nova? Chi crede al Bene, e lo crede parte di Dio, e crede che Dio non sia l’amico coessenziale di Satana – è chiamato, ora, ad essere molto virile. Anche per questo, il libro dovrebbe essere letto soprattutto da chi crede che il Bene è Bene e che il Male è Male: per mettersi alla prova, se ama Dio (come se stesso, e il prossimo come se stesso; e dunque se tollera, del suo prossimo, la «mancanza di grandezza»).

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26 Commenti

  1. Prima di tutto, vorrei ringraziare Andrea per avere postato la critica a proposito di Isabella Santacroce. Ammiro molto questa scrittrice e sigue il suo lavoro con curiosità. Ho letto tutti i suoi libri con passione, ammiro lo stile moderno destroy. aspetto l’ultimo che ho ordinato (Sono un po nervosa perché non ho trovato il libro in giugno a Parigi, l’ho ordinato subito e aspetto!)
    La lingua di Isabella Santacroce è poetica, tenebrosa, bella, rischiosa;
    Invito a leggere il Blog de GIUSEPPE IANNOZZI per conoscere meglio questa scrittrice di talento! Invece credo che Isabelle Santacroce sconvolge la litterature italiana!

  2. Vorrei ringraziare Andrea Raos per il post. Per iniziare, vorrei sottolineare che Isabella Santacroce è una scrittrice talentuosa che ammiro molto. Ho letto tutti i suoi libri con passione. Possiede uno stile libero, rischioso, magnifico, moderno. Invece penso che la sua scrittura sconvolge la litterature italiana. E’ un libro da leggere: VM 18! Aspetto il libro che ho ordinato in giugno a Parigi! Tre mesi a aspettare!
    Signalo e consiglio il Blog di Giuseppe Iannozzi che propone articoli interessanti a proposito di Isabella Santacroce.

  3. sulla santacroce c’è molto da dire, una parte è questa, ineccepibile.
    a volte mi chiedo quale sia il male minore.
    in fondo uno scrittore, un buon Scrittore, non dovrebbe essere altro che un Signor Sconosciuto. tutto il resto è marketing, business e menate per far dare aria ai denti.

  4. Questa tela ap puntata in 11 punti spazza via tanta retorica.

    Siamo un po’ tutti in attesa che accada qualcosa di irreparabile.

    Siamo al tramonto o sta sorgendo una nuova alba?

    Stiamo godendo o soffrendo?

    In fondo se non c’è un sentire personale nessuno potrebbe accorgersene.

  5. Ho sempre apprezzato i paradigmi critici di Sannelli,la cui opera seguo con interesse-mi riesce però difficile accettare il passaggio dall’atteggiamento etico al sermone moraleggiante e finanche censorio,nei confronti di un testo
    peraltro già ora difficile a reperirsi.E’ poi il caso di lanciarsi in progetti secentestesco controriformistici di moralizzazione della retorica , che altro non paiono le annotazioni dell’iperbato?Quanto alle richiamate lezioni calviniane sono forse un ricettario di scrittura da seguire alla lettera o non piuttosto un piano possibile-fra altri di ricerca?Si vuole reinstaurare forse,come di capiva benissimo dai commenti negativi di Bartolomeo di Monaco alle liste di Solmi quel criterio di letteratura educativa o diseducativa che già suscitava l’ilarità fra gli altri di un Manganelli?Il catalogo omerico delle navi e tutto Euripide contro il libro Cuore?Riprocessare Flaubert,Baudelaire et,va sans dire Sade?Quanto a Santacroce dopo un harmony titolato Lovers
    quest’ultima piazzata potrebbe essere un notevole gesto di recupero e di riscatto-forse.

  6. caro Riccardo, in realtà questa pagina di aforismi non è vera critica. è anche scritta in una lingua da poème en prose. non è scienza (neanche le Lezioni americane, a dire il vero: ma le ho citate come paradigma solido – intorno al quale si può girare, e santacroce lo fa). che cosa importa a Isabella S. della “contemporanea. italiana letteratura” (e della poesia, peggio che mai)? NULLA. veramente NULLA. così come in Nudo di madre Aldo Busi devasta la *possibilità* stessa della poesia. naturalmente la prima reazione può essere: chi è Busi, chi è Santacroce per dire questo?, ecc.

    Ma il ragionamento di Busi contro la poesia (contro certi poeti, in realtà: non contro Rimbaud e Shakespeare e Dante) ha dignità – e personalmente mi colpisce. santacroce è meno teorica, non le importa nulla della teoria. probabilmente la poesia le appare qualcosa di non-vissuto, di solo-scritto, di banale, di non-eroico, senza-sangue, ecc.

    ora, Vm18 è una bella pietra petrosa, e pietra d’inciampo. che piaccia o meno, ecc. – Santacroce *c’è*, come autrice. il fatto *vero* che I.S. sia oggetto di un linciaggio, che ci sia gente che la vuole morta – le lettere sono pubblicate nel blog isabella-santacroce.splinder.com – mi interessa (mi interessano le vittime dello spazio letterario: sempre). perché è stata minacciata? che cosa bisogna scrivere per *non* essere minacciati? a chi e a che cosa è rivolta la minaccia? a ciò che fa/è/ha PRESENZA, a ciò che non è DONNA edulcorata, a ciò che devasta la morale moralista. non è questione di odio per i contenuti, perché la violenza di vm18 non è meno mostruosa di quella di Bastogne di Brizzi o di Dylan Dog. chi protesta contro dylan dog?

    allora ho fatto la mia boutade alla buona: chi ucciderebbe un poeta? ecc. Il poeta non ha nemici: il poeta è solo. ma sia detto senza enfasi. nessuna pratica resistenziale, nessuna cronaca del dopobomba; il poeta è solo perché è solo. non c’è popolo intorno a lui, ecc.

    ma questa non è critica. sono solo i capitoletti di un delirio che abbozzo… a presto!
    m

  7. Il fatto è che la Santacroce è soprattutto figa.
    è lei il suo stesso catalogo di pose e autoreggenti
    senz’occorra il prezzo e l’ISBN stampigliato.

    Nell’uomo maschio che la recensisce tra le righe si sente
    sempre un desiderio di possederla.

    Sempre.

    Fosse cozza
    (o traspante, come la Ferrante)
    tutt’altro sarebbe il tenore delle recensioni.
    Fosse, anche forse non ci fossero,
    fosse, fors’anche “nn” ci fossero.

  8. Scusa Binaghi, a te questa sembra una “recensione”?

    *

    Massimo, se hai voglia ti chiederei di spiegarmi meglio cosa intendi con “nuova Barbarie”. Sento istintivamente di non essere d’accordo, ma prima vorrei essere sicuro di aver capito bene (e forse sovrappongo con altre affermazioni che fai in Philologia Pauli [Fara Editore], il tuo saggio su Pasolini che con l’occasione vivamente consiglio agli snob di andata e di ritorno).

    Grazie, ciao,

    Andr.

  9. caro Andrea, nuova barbarie: come al solito, eufemismo e metafora, da non intendere letteralmente – ma anche letteralmente.

    vm18 mostra la violenza contro l’abnormità estetica, il falso bene, l’ipocrisia, le famiglie che uccidono, la scuola, la religione untuosa e non magnifica, ecc. Se la falsa civiltà e il falso bene – che è vero solo se non è ipocrita – venissero demoliti, il nuovo mondo sarebbe ‘barbaro’. è una parola imperfetta, ma non trovo un termine migliore.

    poi mi riferivo anche allo stile. è evidente che tutta l’opera di Isabella Santacroce è uno schiaffo alla Noia di *questa* e *nostra* letteratura. io non sono un narratore, ma ogni volta che leggo una storia-storia, al passato remoto, con detti e fatti in ordine – mi sento solo e mi chiedo come sia ancora possibile. è una sensazione personale, ma è così.

    e poi vorrei essere più preciso. parlavo di violenza e ho citato Dylan Dog e brizzi. ecco, vorrei dire che si trattava solo di esempi, che banalizzano il discorso. volevo dire cose chiare a tutti (non credo che tutti abbiano letto The Painted Bird, ad esempio, e questo è un sito per tutti). la storia artistica di Santacroce porta all’esterno delle piccole patrie… tutto qui. e chiedo scusa all’autrice e ai lettori, se ogni tanto banalizzo: le cose non sono tutte uguali, le cose non sono tutte allo stesso livello, e lo so bene…

  10. Non riesco a prendere sul serio Isabella Santacroce tanto quanto non riesco a prendere sul serio Marylin Manson.
    Vedo soltanto una macchina mediatica programmata per la seduzione degli adolescenti, niente di più.
    Non mi scandalizza più di un catalogo postalmarket. E dopo un po’ mi annoia…

  11. Renato Barilli ha definito V.M.18 un capolavoro….perché parlare di Marylin Manson? Forse è preferibile parlare di Charles Manson.

  12. ho trovato questo su wikipedia, come vi sembra?

    « Io voglio distruggere la tediosissima letteratura italiana: gli imperterriti scribacchini, i valorosi imbrattacarte, la loro ignominia. L’ambientino letterario (da sempre) mi disapprova: le mie maschere, le mie stravaganze, quale oltraggio alla grandezza della letteratura italiana. Mi vorrebbe mansueta, docile cagnetta sobriamente abbigliata, dispensatrice di quieti romanzi grondanti dialoghi e misericordia. S’infuria, spettegola, critica, volentieri sputerebbe sul volto di quella scostumata che osa non esser scimunita come i suoi esangui componenti. »
    (Isabella Santacroce)

  13. Che fine hanno fatto le femministe? Non ne ho sentita una, se Isabella fosse stata un uomo avrebbe avuto una vita più tranquilla.
    Le chiamo: FEMMINISTE? SE CI SIETE BATTETE UN COLPO!

    A me non piace la sua operazione, non la condivido, ma lei è libera di farla e io libera di non condividerla. La mia libertà non è quella di negarle la voce e su questo equivoco si struttura un’idea di unicità del pensiero che non piacerebbe nemmeno a chi lo inneggia.

    Saluti da Martina

  14. ciao massimo, non capisco diverse cose del tuo scritto:

    (1) Dici che qui non c’è nulla di naturale. Cosa intendi per “naturale”? Che concetto di “natura” usi? Cosa è o sarebbe “naturale” nel linguaggio naturale? Dici che nulla è replicabile perché nulla è naturale. Ma perché, solo ciò che è naturale è replicabile? Da quale concetto di natura desumi questa massima?

    (2) Sembri dire due cose: che, da una parte, al libro va riconosciuta una gran dignità perché è letteratura (complessità, artificio, contenuto morale etc.), dall’altra dici che non se ne può giudicare secondo canoni letterari. E questo perché? In vista del *contenuto* o *argomento* del libro? O perché – come prodotto artistico – questo libro travalica la possibilità di un discorso critico intorno ad esso, come l’oggetto nero in mano ai primati in Odissea nello Spazio? Entrambe le ipotesi non mi sembrano sostenibili.

    (3) Ritorni sul tuo “caro tema” dell’ammazzamento: Isabella Santacroce *pesa* (anche) perché è stata minacciata di morte. Invece, nessun poeta attuale viene minacciato di morte in quanto poeta. Ma è così importante? Io capisco che se un uomo minaccia di morte un altro è in qualche modo un sintomo del fatto che quest’uomo giudica la questione una questione di vita e di morte. E che il fatto che un individuo giudichi una questione come di vita e di morte dia a questa questione una certa dignità. Ma sembra una gran semplificazione: è questo l’unico modo di “testare” la dignità o la rilevanza d’una attività umana? e quali sono le persone che hanno minacciato di morte, in questo caso? conta un pochino? e per quale questione è scattata una minaccia di morte, in questo caso? e questa minaccia di morte è stata pubblica? non proprio, mi pare, perché è stata resa pubblica dalla Santacroce. è proprio in quanto scrittrice che la Santacroce è stata minacciata di morte?

    (4) qualcuno ha detto che il caso s’è creato perché la Santacroce è una gnocca, qualcuno ha detto perché la Santacroce è una donna. l’osservazione è goffa, ma ci si può per esempio chiedere perché nessuno abbia minacciato di morte Massimiliano Parente, dopo che ha scritto “incantata o no che fosse” (ES) e poi “mamma” (CASTELVECCHI), libri iperletterari ma molto chiari e leggibili e che contengono storie altrettanto efferate e nette di quelle di VM18, solo un po’ meno rococò, un po’ più asciutto lo stile: feti schiacciati, neonati impalati, animali schiacciati, bambine stuprate, etc. etc. all’epoca andai alla presentazione di “mamma”, al palazzo delle esposizioni a roma: a presentare c’erano sgarbi e mughini e un altro che non ricordo. quattro gatti a sentire. sgarbi e mughini alla fine cedettero: eh qua pensavamo di sollevare un polverone, che qualcuno gridasse allo scandalo, invece ci stanno studentesse di filosofia che prendono appunti. su un libro in cui la madre fa di tutto al figlio, e col figlio.
    massimo, cos’è cambiato tra là e qui?

    (…) altre perplessità plus tard…

    a presto,
    lorenzo

  15. Bello, per quello che ho capito e non capito.
    So che l’autore non vuole spiegare tutto quel che scrive, se usa questa forma, perchè vuole fare arte e lasciare alla suggestione personale, ma credo che qualche riferimento in più, qualche ermetismo in meno, avrebbero reso il pezzo più fruibile.
    Lorenz

  16. caro Lorenzo C., intervengo di corsa, poi basta. la risposta è data da Isabella Santacroce, e dice tutto. lo dice a partire da una vita che è *arrischiata*, non secondo la metaforologia di Rilke (che non mentiva) e di Heidegger (che studiava comodo) – ma *veramente*:

    « Io voglio distruggere la tediosissima letteratura italiana: gli imperterriti scribacchini, i valorosi imbrattacarte, la loro ignominia. L’ambientino letterario (da sempre) mi disapprova: le mie maschere, le mie stravaganze, quale oltraggio alla grandezza della letteratura italiana. Mi vorrebbe mansueta, docile cagnetta sobriamente abbigliata, dispensatrice di quieti romanzi grondanti dialoghi e misericordia. S’infuria, spettegola, critica, volentieri sputerebbe sul volto di quella scostumata che osa non esser scimunita come i suoi esangui componenti. »

    Ho letto Santacroce, quindi ho letto Letteratura. Piero Cudini, che hai consociuto anche tu, scrisse che la nostra lett. novecentesca è ricca di opere e povera di grandi opere – ha ragione. Per tutto il resto, morte e sangue e poesia (mortissima), sai come la penso e che cosa ne ho scritto. fine dei commenti, per quanto mi riguarda. è ora di lèggere e di lavorare, e io non voglio più stare tanto nella rete, ho già chiuso tutto…

  17. Ciao Massimo,
    grazie di essere passato e delle tue esaurienti risposte.
    Io non ho un’opinione molto precisa sul lavoro della Santacroce (se ho postato il tuo pezzo è perché mi interessava quello che dici tu, il libro in questione non l’ho nemmeno letto), ma da quello che conosco trovo in effetti – sono d’accordo con te – che sia strapieno di soluzioni formali molto interessanti, e senza dubbio controcorrente: la pratica della ripetizione mi colpisce e mi interessa parecchio, come anche certe sue descrizioni sintatticamente deragliate (e traboccanti di endecasillabi peraltro, chissà perché).
    Poi posso anche capire il senso di noia di Stefano (Calosso) riguardo al contenuto; mentre io non so, quello di cui parla non è il mio mondo, questo è certo, ma non crocifiggo nessuno – la violenza e la follia (vere, non letterarie) di certi messaggi che ho letto sul blog dell’autrice mi hanno davvero sconcertato…
    E comunque diffido per principio da chi identifica il “Bene” con l’ordine morale corrente e – di conseguenza! – la “vera” letteratura con le strutture formali acquisite.

  18. “… diffido per principio da chi identifica… la “vera” letteratura con le strutture formali acquisite”.

    Anch’io, grande A. R.

    fm

  19. Minacce di morte: la Santacroce si specchia nel suo stesso sangue, mi pare compiacendosi, come mostra la sfilza di email ricevute che pubblica sul suo blog. Del resto, il fatto che ci sia un fenomeno come la Santacroce e non un corrispondente al maschile, la dice lunga -secondo me- sul peso che ha la componente sessuale in questo “fenomeno”.
    Ho letto il libro, prendendolo in biblioteca e l’ho trovato noioso. Certo, ci sono alcune soluzioni interessanti, ma è un po’ poco per attraversare quel marasma convulso e un po’ confuso di sesso e violenza.
    Stupisce leggere la benedizione di Sannelli sul blog della Santacroce, sotto le invocazioni di stupro e incesto, questo sì. Ma la violenza, il sesso, la provocazione, il martirio fanno audience e molti iniziano ad accorgersene…

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andrea raos ha pubblicato discendere il fiume calmo, nel quinto quaderno italiano (milano, crocetti, 1996, a c. di franco buffoni), aspettami, dice. poesie 1992-2002 (roma, pieraldo, 2003), luna velata (marsiglia, cipM – les comptoirs de la nouvelle b.s., 2003), le api migratori (salerno, oèdipus – collana liquid, 2007), AAVV, prosa in prosa (firenze, le lettere, 2009), AAVV, la fisica delle cose. dieci riscritture da lucrezio (roma, giulio perrone editore, 2010), i cani dello chott el-jerid (milano, arcipelago, 2010), lettere nere (milano, effigie, 2013), le avventure dell'allegro leprotto e altre storie inospitali (osimo - an, arcipelago itaca, 2017) e o!h (pavia, blonk, 2020). è presente nel volume àkusma. forme della poesia contemporanea (metauro, 2000). ha curato le antologie chijô no utagoe – il coro temporaneo (tokyo, shichôsha, 2001) e contemporary italian poetry (freeverse editions, 2013). con andrea inglese ha curato le antologie azioni poetiche. nouveaux poètes italiens, in «action poétique», (sett. 2004) e le macchine liriche. sei poeti francesi della contemporaneità, in «nuovi argomenti» (ott.-dic. 2005). sue poesie sono apparse in traduzione francese sulle riviste «le cahier du réfuge» (2002), «if» (2003), «action poétique» (2005), «exit» (2005) e "nioques" (2015); altre, in traduzioni inglese, in "the new review of literature" (vol. 5 no. 2 / spring 2008), "aufgabe" (no. 7, 2008), poetry international, free verse e la rubrica "in translation" della rivista "brooklyn rail". in volume ha tradotto joe ross, strati (con marco giovenale, la camera verde, 2007), ryoko sekiguchi, apparizione (la camera verde, 2009), giuliano mesa (con eric suchere, action poetique, 2010), stephen rodefer, dormendo con la luce accesa (nazione indiana / murene, 2010) e charles reznikoff, olocausto (benway series, 2014). in rivista ha tradotto, tra gli altri, yoshioka minoru, gherasim luca, liliane giraudon, valere novarina, danielle collobert, nanni balestrini, kathleen fraser, robert lax, peter gizzi, bob perelman, antoine volodine, franco fortini e murasaki shikibu.
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