Articolo precedente
Articolo successivo

Lectures: Ade Zeno legge Matteo De Simone

caracteristiques-guitare.png

“… la scimmia uscì dalla capanna e saltò sulla testa dell’elefante. Ci appoggiò l’orecchio, la colpì con un sasso, la strofinò con le zampe. Quindi disse: «Elefante, mi dispiace, uno scoiattolo folle è entrato nella tua testa. Ora cercheremo di mandarlo via». Un essere alieno e disturbante che si insinua nelle zone più nascoste e irraggiungibili dell’anima, entra dentro, tocca il fondo, trova un luogo fertile per iniziare le operazioni di sbranaggio infido. Si cela dietro la maschera edulcorata di una favola per bambini il mostro deciso a intaccare gli abissi inquieti della donna che attraverso la voce precisa di Matteo De Simone ci racconta la sua storia: una favola che parte da lontano, dai giardini sognanti e insicuri dell’infanzia, per raggiungere con lo stesso sguardo bambino – solo più lacerato, più sofferente – i drammi di un’età adulta che malgrado il passare degli anni non è riuscita ancora a sconfiggere i suoi spettri privati, piccoli sconfinati terrori covati in silenzio, pronti a scaraventarsi fuori da un momento all’altro, votati alla distruzione completa della vittima.

Helen è giovane, forse bella, ha un marito sposato troppo presto e due figlie da crescere e da amare. Il suo passato è fatto di cose normali, germogliato in un microcosmo familiare piccolo borghese pronto a svilupparsi in una sequenza di avvenimenti non straordinari, addirittura sbiaditi, neutri, amministrati dalle tiepide prodezze della noia. Ma il mostro c’è, continua a pulsare da sotto, si vede appena perché è subdolo e scaltro, eppure di tanto in tanto salta fuori assumendo le forme più disparate – una crisi di pianto, una pulsione maniacale, il desiderio improvviso di mandare all’aria tutto e tutti, scappare via, andarsene, non tornare più – per poi sedarsi all’improvviso lasciando il posto a un vuoto assoluto, scuro, pesante come piombo, forte come un farmaco velenoso e ipnotico.

E’ il corpo semi-putrefatto di un drago insoddisfatto, l’occhio allucinato di uno sguardo che vorrebbe andare oltre senza riuscire a farlo, lo scheletro stanco il cui fiato è ormai ridotto a un balbettio incerto, soffocato. Il respiro di Helen trema, incespica, non sa da che parte andare, soprattutto è incapace di scegliere, la sua volontà è nulla, il mondo intero – forse gestito da un complotto bene organizzato – decide in sua vece; un mondo che è fatto di piccoli doveri quotidiani che non ammettono derive, sbandatine, fughe, il mondo della famiglia, dei cordoni ombelicali impossibili da recidere, insomma il mondo più difficile e ostile del mondo. A sconvolgere, a mettere in discussione ogni dettaglio di questo universo stabile ci pensa il caso, appuntamento assurdo con il destino, o meglio la forza delle cose che distribuisce scudisciate e carezze all’universo in ordine sparso: un incidente rocambolesco e feroce – che l’autore gestisce narrativamente con grande potenza immaginando una indimenticabile rapina in autogrill – rende finalmente la donna protagonista di se stessa.

Risucchiata da un momento all’altro in un lutto tanto violento quanto surreale, Helen può paradossalmente partire da qui per capire fino in fondo la natura del mostro e per guardarlo finalmente in faccia una volta per tutte. Matteo De Simone esordisce così, con un libro intimo, scuro e profondo, costruendo una storia che non è narrazione pura, intrattenimento fine a se stesso, ma pretesto per scavare a fondo dentro drammi ossessivi che si trasformano in sguardo straniato. E lo fa con prudente attenzione, ben sapendo che passare in rassegna le impalpabilità della paranoia è esperimento arduo, rischioso (soprattutto per un esordiente), e che orchestrare quasi duecento pagine di introspezione può portare a ottuse farraginosità anche per il lettore più allenato. Esperimento che tuttavia riesce a superare con classe, anche concedendosi momenti di divertentissima – etimologicamente parlando – azione, proprio come nella sanguinosa sequenza a mano armata di cui sopra, che vive quasi di vita propria sprigionando tensione allo stato puro.

Classe 1981, torinese, frontman dell’energica e attivissima rock-band Nadar Solo, De Simone ha già nel suo curriculum diverse apparizioni in antologie collettive (ultima, la fortunata I persecutori di Transeuropa), e con le mille copie in edizione numerata di Tasca di pietra si prepara a entrare di diritto tra i più interessanti esordi narrativi di ultima generazione. Menzione d’onore a Zandegù, piccolo, quasi neonato e intraprendente editore, che con questo titolo inaugura una nuova collana battezzata Fuori classe, forte di una veste grafica molto curata, sulla cui lungimiranza proveremmo a riporre la speranza di imbatterci in promesse degne di essere mantenute e, ovviamente, attese.

Ade Zeno per, Matteo De Simone, Tasca di pietra, pp.178
€ 13, Zandegù, Torino, 2007
recensione pubblicata su Liberazione il 23/9/2007

Print Friendly, PDF & Email

21 Commenti

  1. Pezzo che sveglia il meraviglioso dentro noi. La favola colora il dolore malattia della donna, fa sentire la parola magica dell’inconscio.
    La favola è la chieve della compresione del nostro mondo troppo moderno, alienato, negando il sogno, la possibilità di credere a la magia e a la purezza animale.

    Adoro i scimmiotini.

  2. Matteo De Simone è un giovane artista davvero talentuoso.
    Questo suo romanzo d’esordio merita tutte le attenzioni possibili.

  3. il pericolo- il mostro – si insidia ovunque, bisogna abituarsi a guardare nel buio…
    l’attenzione è fondamentale per debellarlo

    -E lo fa con prudente attenzione, ben sapendo che passare in rassegna le impalpabilità della paranoia è esperimento arduo, rischioso…-

    imparando a conoscerlo intimamente.

    Intigante lettura!
    Complimenti a Matteo
    e a Francesco naturalmente

    @Vèro, io adoro i draghi verdi morbidissimi!
    Chapuce

  4. ma no, io l’ho solo postato. L’autore è Zeno, straordinario e giovane scrittore (se gli si dice critico si incazza).
    besos et abrasos
    effeffe

  5. Chapuce,

    Buona giornata a te. Scopro ora il messaggio. Amo unicorni, diavoletti, angeli e… scimmioti.
    Amo il meraviglioso e l’universo incantato dei bambini.
    Draghi sono i custodi delle favole, custodi di fuoco, e verde, verde come lo dici.
    Morbidissimi superbi.
    Allora ho sorelle di anima su NI! Bene, mi sentivo un po’ isolata di recente.
    E’ vero pezzo interessante da effeffe.

  6. Mi piaceva questa anatomia della nota (del suo strumento) ed era un omaggio al grande chitarrista che è Matteo De Simone
    effeffe
    ps
    ho risposto bene?

  7. Per effeffe
    Carissimo Francesco, a te posso farle queste due domande, mi vuoi e ti voglio bene:
    1) sto leggendo (per la quinta volta) “Aracoeli” di Elsa Morante. Elsa pubblica nel 1948 “Menzogna e sortilegio”, dopo 9 anni “L’isola di Arturo”. Addirittura trascorrono 17 anni per il successivo, “La storia” e 8 per l’ultimo. 4 romanzi (di notevole spessore) in una vita abbastanza lunga. Oggi, l’ultimo imbrattacarte o scalzacane 4 “romanzini”, come direbbe il grandissimo Alberto Arbasino, li pubblica in 4 anni…

    2) In Italia vivono all’incirca centomila (ma sarano molti di più) poetessi, poetesse, peti, scriventi versi, versicoli, testi, testicoli, etc e anche qualche poeta, ultima notevole scoperta, FRANCESCO MAROTTA. Sarei curioso di sapere quali libri acquistano e leggono i poetessi e le poetesse nostrani, visto che , tanto per non fare nomi, un poeta tra i più importanti, Amelia Rosselli, nel 1992, pubblica da Garzanti, “Sleep”, tiratura: 2500 copie! alcune delle quali, oggi, 2007, sono ancora reperibili in libreria… Veramente avrei ancora una terza domanda da sottoporti, ma non vorrei strafare.
    Sarei felice di ricevere una tua risposta…
    gdc

  8. GdC
    appena ho un attimo ti rispondo.
    effeffe
    xAna
    a volte il senso non è unico. Per fortuna ci sono i sensi (a fare il resto).

    effeffe

  9. se mi è concesso, benché le domande di di costanzo siano rivolte ad effeffe, vorrei fare alcune riflessioni sulla prima questione proposta. certamente di costanzo conosce simenon e la sua prolificità stupefacente (della quale, peraltro, lo ringrazio sentitamente); a volte impiegava anche solo due settimane per scrivere un romanzo (non un giallo di maigret), ma non credo che possa essere definito per questo un imbrattacarte o uno scalzacane, anche se in quattro anni riusciva a creare ben più di quattro “romanzini”. questo per dire che non penso che la letteratura vada giudicata con un sisistema numerico: quanti libri, in quanti anni, quante pagine, a che età e via dicendo. bufalino ha scritto il suo primo romanzo a sessant’anni, mentre moravia (che la morante ben conosceva) a diciassette.
    attendo con curiosità la risposta di effeffe a di costanzo e spero di non essere stata invadente o inopportuna,

    silvia

  10. mia cara Vèro,
    adoro anche i rospi, tutti verdi…
    e gli orsetti, e l’alce di peluche gigante che troneggia sul mio letto!;-)
    baci
    Chapuce

  11. X Di Costanzo
    Anzitutto il tono dispregiativo con il quale parla dei “centomila e più” non
    meriterebbe una risposta. Perchè non lo chiede a ciascuno di quei centomila cosa leggono? forse potrebbe avere qualche sorpresa.
    E poi è veramente convinto che per essere “poetessi,poetesse,peti,scriventi” sia necessario e obbligatorio leggere di tutto e di più? non tutti aspirano al nobel e poi che fastidio le danno? sarà il tempo a stabilire cosa leggerà la gente fra cinquanta o cento o mille anni sempre che l’Uomo nel frattempo non si sia estinto.
    I miei rispetti
    jolanda

  12. scusatemi…, ma qui si parla di letteratura o di peluche e marziani? siamo a NI o a bancarel e chi l’ha visto? mi sembra delirante la presenza in questo blog, prettamente letterario e, credo, importante, di qualcuno, che usa il mezzo per propi scopi, come fosse una chat qualsiasi. magari telefonatevi, ci risparmiate tempo e voglia.

  13. Nell’attesa che il suo inchiostro nero
    voli fino a qui sulle sue ali bianche
    (del caleidoscopico Matteo De Simone),
    GRAZIE
    a Zeno per il sapiente pezzo
    e a Francesco per averlo postato.
    Vi penso, vi leggo, vi abbraccio,

    Paola

  14. nessuno ha pensato a un’antologia di peti contemporanei?
    potrebbe sgombrare il campo dalle imitazioni.

  15. Chapuce;

    Lo sai, rospo diventa forse il principe azzurro!
    Nella mia camera mi piacerebbe che un rospo diventi bel principe.

    Baci!

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Deus ex Makina: Maniak

di Francesco Forlani
Da un po'sto collaborando con Limina Rivista, con delle autotraduzioni dal francese di piccoli assaggi ( essais) letterari pubblicati in oltre vent’anni sulla rivista parigina l’Atelier du Roman diretta da Lakis Proguidis. Dopo Philip K Dick, Franz Kafka, Anna Maria Ortese, Charles Dickens è stata la volta di Boris Vian. Qui una nota a un libro indispensabile.

Overbooking: Eugenio Manzato

Alberto Pavan
Il romanzo narra la vita di Antonio Romani, vissuto tra la campagna trevigiana, Padova e Venezia, tra il 1757 e il 1797, l’anno in cui nella notte del 12 maggio, con Bonaparte alle porte, la narrazione si interrompe con un finale aperto che alimenta nel lettore il desiderio di un sequel.

Les nouveaux réalistes: Pierangelo Consoli

di Pierangelo Consoli
Per questo, quando mia madre divenne Alberta, tramutandosi in qualcosa di più collettivo, io non soffrii tanti cambiamenti, almeno per quello che riguardava la gestione delle faccende, perché erano già molti anni che me ne occupavo. Usciva pochissimo, come ho detto, eppure il giorno dei morti restava, nel suo calendario, un rito al quale non poteva rinunciare.

Colonna (sonora) 2024

di Claudio Loi
15 album in rigoroso ordine alfabetico per ricordare il 2023 e affrontare le insidie del quotidiano con il piglio giusto. Perché la musica, quella giusta, è la migliore medicina che si possa trovare sul mercato. Buon ascolto!

Les nouveaux réalistes: Annalisa Lombardi

di Annalisa Lombardi
Per questa nuova puntata dei nouveaux réalistes, un polittico di esistenze minime perdute tra i massimi sistemi della vita e della storia. Come nei Racconti con colonna sonora di Sergio Atzeni, la voce dei personaggi è incisa sulla musica di fondo delle cose. (effeffe)

Cose da Paz

di Massimo Rizzante
Partiamo da qui: la poesia, l’arte in genere, non ama ripetersi. Ciò non significa che non possa ripetersi. Ecco la mia teoria: quando la poesia non si accorge che si sta ripetendo, la Storia inevitabilmente si ripete. Ciò se si crede, come io mi ostino a credere che, a differenza della poesia di Omero, nessuno studio storico potrà mai dirci qualcosa di essenziale su chi sono stati gli antichi Greci.
francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: