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Togliere parole

Ho sempre pensato che, in un certo senso, il lavoro del poeta non sia aggiungere parole al mondo, ma toglierne; strappare brani di silenzio e di contemplazione al frastuono e all’orrore che del mondo sono il codice genetico. Anche ora non intendo aggiungere urla alle urla, del resto non saprei nemmeno calcolare i secoli di silenzio necessarî per cancellare le quattro frasi di Marco Travaglio che riporto qui sotto e che riprendo dal blog di Beppe Grillo.

“Allora come si risolvono questi problemi? [gli immigrati clandestini, se ho capito bene] Facendo fatica, facendo politica, facendo delle norme che servano, delle politiche sull’immigrazione di integrazione o anche di repressione nei confronti dei clandestini, identificarli, prendere le impronte. Se è razzismo prendere le impronte a loro, prenderle anche agli italiani, anche a tutti noi e anche il DNA, così ciascuno avrà il suo nome e non potrà dare false generalità. Questo lo si fa investendo soldi e non finendo sui giornali.”

Tuttavia, pur diffidando delle lapidi, voglio qui erigerne una, caduca e telematica, alle voragini di puro, ghignante odio che in questi giorni, semplicemente con più chiarezza del solito, vedo spalancarsi in ogni luogo dell’umano. Mi vergogno, penso che davvero dovremmo vergognarci tutti.

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29 Commenti

  1. scusa Andrea ma così estrapolato secondo me sconvolgi il significato.
    Travaglio faceva due esempi, uno quello da te riportato, l’altro di una politica di integrazione. Il (senso del) suo discorso intero era ben diverso da quello che tu in queste poche righe fai intedere.
    Per i curiosi ecco il link:
    il video:
    http://it.youtube.com/watch?v=R6c_nnUaj2Q

    dal grillo blog
    http://www.beppegrillo.it/2007/10/travaglio_minis.html

    la frase per intero (che cmq nel discorso intero risluta diversa):
    Allora come si risolvono questi problemi? Facendo fatica, facendo politica, facendo delle norme che servano, delle politiche sull’immigrazione di integrazione o anche di repressione nei confronti dei clandestini, identificarli, prendere le impronte. Se è razzismo prendere le impronte a loro, prenderle anche agli italiani, anche a tuti noi e anche il DNA, così ciascuno avrà il suo nome e non potrà dare false generalità. Questo lo si fa investendo soldi e non finendo sui giornali. Oppure politiche di integrazione: perfino Gianfranco Fini aveva fatto una proposta, cioè il diritto di voto agli immigrati, anche se non sono cittadini, alle elezioni comunali. La Russa, spaventato dalle proteste della Lega Nord e della stessa base di AN, ha precisato che l’importante è che l’extracomunitario non abbia condanne e nemmeno processi in corso. Che è, in un Paese come la Norvegia una norma perfetta. Ma in Italia in quale lingua spieghi a un extracomunitario che per poter eleggere un pregiudicato deve essere incensurato?

  2. Capito Andrea? Tocchi il mozzaorecchi e subito scatta il manetta che è in noi. La cosa più straordinaria di Travaglio è la sua ironia. Ride lui e solo lui. Mai che si vergogni un po’ delle sue battute. Sempre dalla parte della Ragione, come il Maestro Indro. Stamattina ho visto la nuova collezione travaillesca in edicola e mi veniva il vomito a pensare a ‘sta sinistra ergastolana e antilibertaria. Firmata “Unità”.

    A proposito di Manetta Grillo, vorrei ricordare al signor Pelo, che mi sembra così attento alle fonti, le ultime dichiarazioni del boia Grillo a proposito di Romi e Rumeni. Quel vaffanculo (sottinteso) ad Ahmetovic e a tutti i dannati Romi che ammazzano ragazzini sulle strade: “un vulcano, una bomba a tempo che va disinnescata”.

    Parola di San Beppe Grillo. Uno che nel 1980 ha mandato al creatore i tre passeggeri che viaggiavano in macchina con lui, compreso un bambino di nove anni. Condanna per omicidio colposo. Un anno e tre mesi, pena sospesa.

    Per la stessa colpa, il giovame ubriacone Ahmetovic s’è preso 6 anni e 6 mesi. Più di quanto è previsto dalla legge. Con una pena esemplare come questa, perfino quegli assetati di Tonino e Travaglio sarebbero soddisfatti.

  3. Caro Leonardo,

    il senso globale del discorso di Travaglio beato te che l’hai capito, perché io l’ho trovato un pastone indecifrabile (o forse anche troppo chiaro, non so).

    Non ho travisato nulla, le frasi sono quelle.

    Che di fronte ad affermazioni del genere tu (come altri) trovi la forza e la voglia di contestualizzare, di spiegare, di soppesare è per me un’aggravante. Che in uno stesso discorso possano convivere “fare politica”, “integrazione”, “prendere le impronte”, “dna” e “invest[ire] soldi”, in un bel mix di buon senso, razzismo, robusto spirito imprenditoriale, sano provincialismo (splendido l’accenno alla Norvegia, che fa sempre colpo), condivisibile sdegno civile…

    Leonardo, tu sei uno scrittore, un uomo di cultura, giusto? Come fai a non trovare rivoltante questo modo di usare le parole, di rendere tutto orizzontale, indifferente, questo far sì che una scampolo di puro NAZISMO passi attraverso i discorsi comuni, fra i soliti insulti a quei ladri dei politici e (più tardi, al bar, dopo essersi finalmente allentati la cravatta) il rigore negato di domenica scorsa?

    Guarda che non ce l’ho con Travaglio, che stimo per altre battaglie da lui condotte in passato, né tantomeno con te.

    Sarà che vivo in un paese (la Francia) dove di questa cosa del DNA si è discusso nei giorni scorsi con la massima serietà (sempre per aiutare gli stranieri “buoni”, ci mancherebbe), sarà che sono stufo di vedere i rom sbattuti costantemente in prima pagina a farsi epitome di tutti i mali del mondo (quest’estate erano più di moda i lavavetri, fino a un paio di anni fa erano gli albanesi, prima ancora i marocchini, una cinquantina di anni fa… lasciamo perdere…) sarà che non ne posso più di questa Italia (di questa Europa, e potrei allargare ancora) ormai ridotta a un branco di ragazzini spaventati, istericamente incollati a stantii, ripetitivi bisogni identitarî…

    Per favore non dirmi che la posizione di Travaglio non è questa; il pezzo l’ho letto, so che si esprime anche, fra le altre cose, a favore del voto agli immigrati. Ti prego di non dirmelo perché è proprio la compresenza di affermazioni così diverse in uno stesso discorso che mi sconcerta: non siamo di fronte ad un esaltato naziskin, ma ad un germe “buono” (che brividi…) della cosiddetta società civile.

    Infine, mi ha anche sfiorato il dubbio che volesse essere ironico; nel qual caso, sono felice di non avere il suo stesso senso dell’umorismo.

    Grazie del tuo intervento, un saluto,

    Andrea

  4. Leggo solo ora l’intervento di The O.C. (ma mi spieghi perché usi un nick?).

    A prescindere da tutto il resto (vado di fretta), cosa diavolo c’entra quel fatto di Grillo del 1980? La voglia di far casino non è mai abbastanza, a quanto vedo.

    Buonanotte a tutti.

  5. Sempre a O.C.

    Ah, ho riletto e ho capito meglio il nesso (andavo di fretta, appunto). Non sono sicuro di essere d’accordo ma vabbé, a domani.

  6. NON ho parlato di Grillo e francamante non volevo neanche difendere Travaglio. Mi sono spiegato male. Desideravo solo inquadrare il fatto.
    Quelle parole non le condivido. Detto questo “isolate” sono molto diverse.
    Credo che il contesto sia sempre importante e inserite nella cornice (comizio nella follo) e nel discorso (tutto per intero) hanno un valore differente.
    E penso che una volta “inquadrate” si possa ragionare evitando l’emotività che troppo spesso porta alla violenza.
    Ma ripeto lungi da me la polemica. Amo il compromesso ;-)

  7. Sono francese e trovo che prendere impronte è un’offesa alla libertà, al rispetto! Non siamo ogetti da osservare! La deriva l’ho sentita.
    Peccato non sono una donna nell’impegno, ma ho a volte vergogna della Francia.

  8. O.C.
    Trovo davvero poco corretto replicare a Leonardo, che parlava delle parole di Travaglio, sventolandogli in faccia quelle di Grillo.

  9. Gentilissimo Gianni,
    l’importante è che tutti prendano le distanze dai manettari. Se ho sventolato, me ne scuso assai.
    Salutiamo.

  10. In una società che funziona e sopravvive attraverso la lotta di tutti contro tutti non esiste possibilità di una posizione giusta, tranne che per diseredati, i martiri e i morti. Chiunque altro deve aver aggredito, ingannato, corrotto, in misura direttamente proporzionale al suo status economico e sociale. Gli intellettuali e gli scrittori non fanno eccezione: anche quelli che capiscono e denunciano questa situazione lo possono fare perché godono di qualche privilegio accordato in base al loro adeguamento al male universale.

  11. Andrea, sui Romi, e sull’isteria che da Veltroni sfocia in Dominici, invito a riconsiderare i legami tra questa sinistra governativa e la Securitate dei bei tempi rumeni. Innanzitutto la legge e l’ordine, come no? Voglio dire, non c’è mica bisogno di scomodare il rudolfismo. Non è che per forza il modello è quello oltreoceano. Ce ne sono stati tanti, per smantellare una minoranza. Comunque sempre forza Yade.

  12. “Mi vergogno, penso davvero che dovremmo vergognarci tutti.” Certo, perché non si dà vera vita nella falsa.

  13. a s, che scrive
    “In una società che funziona e sopravvive attraverso la lotta di tutti contro tutti non esiste possibilità di una posizione giusta, tranne che per diseredati, i martiri e i morti. Chiunque altro deve aver aggredito, ingannato, corrotto, in misura direttamente proporzionale al suo status economico e sociale.” ecc.

    Di questo ragionamento, che è in gran parte conforme al vero, è inaccettabile la conseguenza implicita, taciuta: “tutti colpevoli, tutti innocenti, ossia nessuno si permetta di criticare alcunché o chichessia”.

    Ma tale ragionamente è anche conforme al vero, in ogni tempo e spazio. Nonostante cio’, in tempi di segregazione razziale, Africa anni Sessanta per esempio, certi bianchi (privilegiati) appoggiavano la lotta dei “puri” diseredati, che erano pero’ pronti ad acciuffare privilegi e a servirsene nella loro lotta di emancipazione. Ed è cosi che i regimi razzisti e segregazionisti sono venuti meno. Stesso discorso per la lotta delle donne. Alcune privilegiate hanno aperto la strada alle diseredate. E oggi le donne votano.

    Alla soglia del XXI secolo, molti fanno fatica ad accettare che la storia non sia una favola con buoni e cattivi, ma una vicenda disordinata e densa di contraddizioni. E allora decidono che siccome le contraddizioni sono ovunque diffuse, l’unica soluzione è fare il corpo morto, lasciarsi trasportare, inerti, dall’onda impersonale degli eventi.

  14. Il rigore giustizialista contro i ladri che non rispettano le leggi è ideologico, perché si ferma dinanzi ai ladri che le rispettano, che sono la stragrande maggioranza.
    Ma c’è qualcosa di più profondamente maligno nell’idea giustizialista. Ed è l’infame stereotipo dell’homo homini lupus, la misera saggezza che la innata malvagità dell’uomo può esser tenuta a bada solo con la violenza: col tintinnio delle manette, la minaccia della galera, giù giù fino al controllo generale del DNA, alla tortura e magari alla lobotomia e al thought reform.

  15. @ andrea inglese

    che ha scritto: – Di questo ragionamento, che è in gran parte conforme al vero, è inaccettabile la conseguenza implicita, taciuta: “tutti colpevoli, tutti innocenti, ossia nessuno si permetta di criticare alcunché o chichessia” –

    Caro Andrea,
    capire la reale situazione, materiale e spirituale, di ognuno di noi, oggi, in quest’Italia, in questo mondo, è il presupposto indispensabile per poter agire consapevolmente per cambiarla. Altrimenti si rischia di peggiorare la situazione. Ora, io ho solo cercato di esporre qual è la situazione, e non ho azzardato né implicitamente né esplicitamente alcuna risposta, tantomeno quella che tu deduci irriflessivamente dalle mie parole, che mi è particolarmente lontana ed odiosa. Riconoscere che qualità come l’umanità, il rispetto, la solidarietà, l’amicizia, la sincerità, l’onestà, la pietà, l’accordo leale, non siano più funzionali alla vita dei singoli, perché sono costretti a guadagnarsi la vita (quando gli è consentito) trasgredendole, – riconoscere questo non significa esser contro quelle qualità, ma al contrario, mostrare quanto sia diventato complicato e difficile adottarle, visto che sono contrarie al nostro stesso agire per la sopravvivenza. Al di là della loro inattualità – che farebbe un eroe di chiunque riuscisse a conformarcisi – rimane la loro assoluta validità per un ordinamento diverso e più giusto del mondo.
    E’ chiaro allora che ognuno – nonostante il contesto complessivo di colpa (la società è fatta dagli uomini) – può e deve criticare il male, avendo cura di riconoscerlo in sé e negli altri, perché questa è la sua reale dislocazione.

  16. caro s,
    leggendo il commento che hai fatto subito dopo il mio, ho capito che non potevano essere tue le conclusioni implicite che ti attribuivo. Ti chiedo scusa. Ormai, visti i tempi che corrono, fiuto cinismo ad ogni alito di vento.

  17. bisogna ragionare a partire dall’ammissione di esistenza del Grande Ripieno (GR), come larga maggioranza di centro destra capace ormai di imporre la sua cultura e la sua visione ideologico-onirica della realtà a tutto il corpo sociale, oltre che naturalmente alla politica professionale: Grillo è puro GR, come lo è Travaglio, come lo è Veltroni e Berlusconi, eccetera.
    il Grande Ripieno è ossessionato da due cose: le tasse che gli sottraggono l’unica cosa che conta, i soldi; la sicurezza, che attenta (teoricamente, perché il nostro è uno dei paesi più sicuri del mondo) all’integrità del loro fortilizio di internità covaticcia e famigliare, luogo tiepido carico di sopraffazione e ricatto, infetto di umori e odori, fonte di ogni deformazione e successivo tormento mentale del fanciullo, teatro di orrendi e ripetuti fatti di sangue.
    la sicurezza è minacciata innanzi tutto da dentro, cioè tra unte e fetide mura domestiche.

  18. Resta il fatto che se mi apro la mia fabbrichetta, e magari sono padrone solo di me stesso, cago il 40% e oltre del fatturato. E in effetti conta eccome.

  19. Eh, Fresi, cosa vuoi, cose che capitano… Comunque, se tu avessi voglia di andare al di là del grugnito e di articolare il tuo pensiero, io sono qui.
    Ciao,
    A

    ps: grazie anche a tutti gli altri, ovviamente.

  20. @ Andrea Raos
    @ Andrea Inglese

    E’ difficile dire parole degne di essere dette nell’attuale contesto sociale – parole di cui non ci si debba vergognare l’attimo dopo averle scritte o pronunciate. Difficile o addirittura impossibile. Non c’è ragione dove il torto è il tutto. Solo il pensiero che guarda al di là di esso trova il bandolo dell’intricata matassa.

  21. Mah… io non lo vedo ‘sto gran problema delle impronte, fuor di letteratura il grande fratello non ha bisogno delle impronte per affermarsi, e il limite dell’inciviltà odierna personalmente lo vedo passare per altre vie. E non si è mai vista società capace di esistere senza apparati di polizia, tranne forse in qualche giungla, ma non ne sono sicuro, e internet nelle giungle è poco diffuso. Senza arrivare a citazioni fuori luogo di torture e lobotomie, un equilibrio tra diverse esigenze va trovato, la società è troppo complessa per potersi permettere di essere solo superbuoni o solo supercattivi, il grosso limite dei libertarismi e degli anarchismi no limits consiste nel non saperci spiegare chi va a raccogliere i pomodori nei mondi perfetti, oppure chi punisce e in quale modo un delinquente (diciamo un nazista che compie rapine per sovvenzionare attività naziste, così forse siamo tutti d’accordo nel considerarlo un delinquente da punire), a prescindere da passaporto, religione e livello d’abbronzatura. Ragionare senza accollarsi responsabilità è legittimo, ma può anche venire in mente che è facile essere a favore della sodomia, quando il didietro lo forniscono gli altri (magari controvoglia, che nella cosa in sé non c’è niente di male se c’è consenso, ovviamente).

  22. Come se tu l’avessi argomentata, questa dilettantesca indignazione. Continua con le tue innocue poesiole Raos, e lascia stare le riflessioni intellettuali, che non sono cosa tua.

  23. @montecristo

    lo stato d’emergenza perenne in cui tutti viviamo, e che giustifica indubbiamente le impronte e le galera, non ci deve impedire di pensare a qualcosa che trascenda tale stato, e che renderebbe superflue le impronte e la galera.
    Cosa impedisce che tutti, italiani e stranieri, abbiano un lavoro garantito che gli permetta di vivere decentemente? Per quale forma di follia si consente che delle forze lavorative giovani e valide non vengano utilizzate per accrescere il benessere degli altri uomini e della società, ma sono condannate a marcire e a prendere la via della devianza sociale?
    Simili considerazioni, benché razionali, sono immediatamente inibite e rimosse a causa della potenza ormai assoluta e planetaria dell’attuale convivenza sociale – ma devono esser fatte ugualmente, perché altrimenti questa l’avrebbe vinta non solo nella realtà, ma anche nel pensiero.

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andrea raos ha pubblicato discendere il fiume calmo, nel quinto quaderno italiano (milano, crocetti, 1996, a c. di franco buffoni), aspettami, dice. poesie 1992-2002 (roma, pieraldo, 2003), luna velata (marsiglia, cipM – les comptoirs de la nouvelle b.s., 2003), le api migratori (salerno, oèdipus – collana liquid, 2007), AAVV, prosa in prosa (firenze, le lettere, 2009), AAVV, la fisica delle cose. dieci riscritture da lucrezio (roma, giulio perrone editore, 2010), i cani dello chott el-jerid (milano, arcipelago, 2010), lettere nere (milano, effigie, 2013), le avventure dell'allegro leprotto e altre storie inospitali (osimo - an, arcipelago itaca, 2017) e o!h (pavia, blonk, 2020). è presente nel volume àkusma. forme della poesia contemporanea (metauro, 2000). ha curato le antologie chijô no utagoe – il coro temporaneo (tokyo, shichôsha, 2001) e contemporary italian poetry (freeverse editions, 2013). con andrea inglese ha curato le antologie azioni poetiche. nouveaux poètes italiens, in «action poétique», (sett. 2004) e le macchine liriche. sei poeti francesi della contemporaneità, in «nuovi argomenti» (ott.-dic. 2005). sue poesie sono apparse in traduzione francese sulle riviste «le cahier du réfuge» (2002), «if» (2003), «action poétique» (2005), «exit» (2005) e "nioques" (2015); altre, in traduzioni inglese, in "the new review of literature" (vol. 5 no. 2 / spring 2008), "aufgabe" (no. 7, 2008), poetry international, free verse e la rubrica "in translation" della rivista "brooklyn rail". in volume ha tradotto joe ross, strati (con marco giovenale, la camera verde, 2007), ryoko sekiguchi, apparizione (la camera verde, 2009), giuliano mesa (con eric suchere, action poetique, 2010), stephen rodefer, dormendo con la luce accesa (nazione indiana / murene, 2010) e charles reznikoff, olocausto (benway series, 2014). in rivista ha tradotto, tra gli altri, yoshioka minoru, gherasim luca, liliane giraudon, valere novarina, danielle collobert, nanni balestrini, kathleen fraser, robert lax, peter gizzi, bob perelman, antoine volodine, franco fortini e murasaki shikibu.
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