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che lega, ancora

vito-carta-face.jpg 

di Serena Granatelli

Si siede il doppio
riporto la toppa
di un’anticamera
[disidratata]
e scanzo allo scoperto
un sogno di vergogna;
ho tradito il dato
bruto al confronto
diretto ti ho dato
di petto il mio buco
telato, svelato sul ciglio
da un fanatico compositore.

Mi affiori a lividi
e insidi liquidi
densi e polveri,
è fiato di parentesi e
richiami, di rifiuti
acustici vinci
i chiasmi le voci
maschie e medaglie
modeste artiste
gesti da tovaglie
sulle gambe tra
le pose aperte
rischi scoperti
per amanti.

Dove riscalda il sole
è la curva di confine
il dito orientato
che segna il minimo
aggancio il punto
dei nostri amori
che non sono sicuri;
l’unico contatto che diverge
è nelle ore da genitore,
ti sono confessore chiassoso
e ascolto di lato, ti raccolgo
nell’ultimo orgasmo rantolo
prolunghiamo il destino mitico.

Matrice
Sarà la sera che ripara
la nostra cronaca coperta
qui dove i sapori colorano
e il legno è carico chiediamo
la redenzione delle scale
nel punto che la casa preme,
mescoliamo insieme
la difesa l’attesa
altrimenti la resa.

che lega
verrai da me
e avrai un fiore
sfiorito tra i denti
e pochi capelli,
avrai riunito gli anelli
della catena che nasce
la sera e che tira
ancora

(Immagine: Vito Carta – Face, 2006)

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3 Commenti

  1. Sono versi musicali ed incisivi, da leggere più d’una volta per coglierne allusioni e sfumature.
    Cristina

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