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La passeggiata improvvisa (e congedo)

di Franz Kafka

Quando la sera sembra ci si sia definitivamente risolti a restare a casa, si è indossata la veste da camera, dopo cena si siede al tavolo illuminato e si è iniziato un qualche lavoro o gioco, concluso il quale d’abitudine si va a dormire, quando fuori c’è un tempo ostile che rende naturale il rimanere a casa, quando ormai si è rimasti fermi così a lungo accanto al tavolo che l’andarsene non potrebbe che suscitare la sorpresa generale, quando le scale sono già buie e il portone sbarrato, quando ora, nonostante tutto, ci si alza presi da un disagio improvviso, ci si cambia la giacca, si ricompare subito vestiti per uscire, si dichiara di dovere andare, e lo si fa senz’altro dopo essersi brevemente accomiatati, si pensa, giudicando dalla rapidità con cui la porta è stata sbattuta, di essersi lasciati alle spalle più o meno contrarietà, quando ci si ritrova in strada, con membra che rispondono con particolare mobilità alla libertà inattesa che si è loro procurata, quando per quest’unica decisione si sente raccolta in sé ogni capacità di decisione, quando con evidenza maggiore del solito si comprende che, più che il bisogno, si ha la forza di operare e sopportare facilmente il cambiamento più repentino, e quando si cammina così per le lunghe vie – allora, per quella sera, si è usciti del tutto dalla propria famiglia, che s’allontana nel nulla, mentre noi, saldissimi, neri per l’assoluta nettezza dei nostri contorni, battendo con le mani dietro le cosce, ci si innalza alla nostra vera figura.
Tutto si rafforza se, a quell’ora di notte, si va a trovare un amico, per vedere come sta.

[con questo post prendo congedo dai lettori di Nazione Indiana ringraziando per questi quattro anni di letture e scritture. A loro, e chiaramente a Nazione Indiana, un saluto e arrivederci.]

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11 Commenti

  1. Il posto vacante di redattore potrebbe occuparlo Iannozzi, il quale saprebbe benissimo partire da qui, ritraducendo

    Wenn man sich am Abend endgültig entschlossen zu haben scheint, zu Hause zu bleiben, den Hausrock angezogen hat, nach dem Nachtmahl beim beleuchteten Tische sitzt und jene Arbeit oder jenes Spiel vorgenommen hat, nach dessen Beendigung man gewohnheitsgemäß schlafen geht, wenn draußen ein unfreundliches Wetter ist, welches das Zuhausebleiben selbstverständlich macht, wenn man jetzt auch schon so lange bei Tisch stillgehalten hat, daß das Weggehen allgemeines Erstaunen hervorrufen müßte, wenn nun auch schon das Treppenhaus dunkel und das Haustor gesperrt ist, und wenn man nun trotz alledem in einem plötzlichen Unbehagen aufsteht, den Rock wechselt, sofort straßenmäßig angezogen erscheint, weggehen zu müssen erklärt, es nach kurzem Abschied auch tut, je nach der Schnelligkeit, mit der man die Wohnungstür zuschlägt, mehr oder weniger Ärger zu hinterlassen glaubt, wenn man sich auf der Gasse wiederfindet, mit Gliedern, die diese schon unerwartete Freiheit, die man ihnen verschafft hat, mit besonderer Beweglichkeit beantworten, wenn man durch diesen einen Entschluß alle Entschlußfähigkeit in sich gesammelt fühlt, wenn man mit größerer als der gewöhnlichen Bedeutung erkennt, daß man ja mehr Kraft als Bedürfnis hat, die schnellste Veränderung leicht zu bewirken und zu ertragen, und wenn man so die langen Gassen hinläuft, — dann ist man für diesen Abend gänzlich aus seiner Familie ausgetreten, die ins Wesenlose abschwenkt, während man selbst, ganz fest, schwarz vor Umrissenheit, hinten die Schenkel schlagend, sich zu seiner wahren Gestalt erhebt. Verstärkt wird alles noch, wenn man zu dieser späten Abendzeit einen Freund aufsucht, um nachzusehen, wie es ihm geht.

  2. “… nonostante tutto, ci si alza presi da un disagio improvviso … quando per quest’unica decisione si sente raccolta in sé ogni capacità di decisione, … e … ci si innalza alla nostra vera figura…”

    ogni augurio possibile! :)

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