Succede che l’Italia

di Christian Raimo

Succede che l’Italia, come dicono i manifesti elettorali, sta cambiando, è vero. Se come cerca di illustrare la famosa teoria di Girard sul meccanismo vittimario, una società si costruisce su un modello di persecuzione, è vero che la nostra società sta cambiando. Emergono nuovi capri espiatori, emergono nuove categorie di vittime, emerge un nuovo bisogno di regole fondanti. L’altro giorno per dire ero in metropolitana a Roma e un’inedita security si è avvicinata un po’ minacciosa a un vecchio suonatore di fisarmonica e l’ha invitato a smettere e a scendere. Nuove e precise regole, ho pensato. Ma l’altro giorno, tanto per essere chiari, era lo stesso della notizia che ha campeggiato in testa al sito di repubblica.it per almeno mezza giornata: quella di Friedrich Vernarelli, pilota ubriaco che aveva investito due donne irlandesi, era scappato, ed era soltanto agli arresti domiciliari.

Non si trattava di un incidente tremendo, tragico, individuale, sulla cui dinamica non c’era nulla da accertare – questo chiariva subito in modo esplicito ed implicito il posto d’onore su repubblica.it (sempre nello stesso giorno per cui, giusto per dire, il governo cinese massacrava un centinaio di persone e dichiarava guerra culturale al Tibet). Ma era, quest’episodio, la pietra angolare su cui rielaborare la nostra coesione sociale; se – citiamo testualmente Il capro espiatorio – “i persecutori finiscono sempre per convincersi che un piccolo numero di individui, persino uno solo, possa rendersi estremamente nocivo all’intero corpo sociale”. Per cui, determinato in un lampo l’individuo estremamente nocivo e concessagli la prima pagina, si è continuato un passo alla volta.

1) Il padre di Vernarelli, è venuto subito fuori, era un ex-dipendente della polizia municipale, ed ex-presidente del diciassettesimo municipio. Leggi: non è la generazione degli adulti, anzi, che ha educato male questo figlio. Non ci può essere una spiegazione famigliare. Il ragazzo è cresciuto in un ambiente sanissimo. “Mio figlio”, dice il padre – “è un classico bamboccione che sta a casa in famiglia, quello che esce una volta ogni morte di Papa… Coincidenza è uscito proprio ieri da qualche parte con qualcuno, non lo so…”. Anche il padre non si lamenta della gogna mediatica, non dice: È una tragedia anche per noi, non dice Pagherà quello che deve pagare però lasciateci in pace. No, accetta subito l’affiliazione alla parte sana della società e, pensando di salvarlo (“È un bamboccione”), scarica il figlio, privandolo di una capacità di fare il bene e il male e quindi di una responsabilità sociale.

2) In neanche un’ora è comparso a corredo del notizione da prima pagina un video ripreso da myspace in cui c’è Vernarelli che fa il coglione al volante della sua macchina (faccette, mossette di danza… vabbé l’avete visto). Non si capisce perché questo video – del 2006 – vada ripreso e ritrasmesso, fatto sta che finisce nei titoli dei telegiornali. Come accade ormai per qualsiasi arrestato sotto i quarant’anni per cui il profilo psicologico viene subito apparecchiato facendo un copia e incolla di qualche foto in maschera e di qualche filmato da ubriaco in campeggio. In un meccanismo di interpretazione ancora più semplificato e immediato di quello che Michel Foucault mette in luce rispetto all’uso dei diari in Io, Pierre Rivière, avendo sgozzato mia madre, mia sorella e mio fratello…

In un niente, Vernarelli – sulla cui colpevolezza, flagrante appunto, non c’era mai stato il minimo dubbio – diventa l’esempio perfetto di questa nuova categoria di capri espiatori che si profila all’orizzonte della nuova Italia: i piloti ubriachi. Masse di rumeni senza patente o giovani cazzari che stanno minando dall’interno il nostro equilibrio sociale: una vera emergenza. Perfetta – in quanto razzista in modo selettivo (rumeni e non africani, per capirci) e anagrafica (i bamboccioni irresponsabili) – per il bisogno di regole del modello sociale di centro-sinistra. Perfetta quanto lo era per la destra l’emergenza di qualche anno fa dei rapinatori di case, razzista a tutto campo. 3) L’ultimo passaggio lo fa Vernarelli stesso che – introiettato il meccanismo vittimario sociale – decide di incarnarlo, e immolarsi, e dice: “Arrestatemi, arrestatemi subito”. E uno si chiede: perché? È una presa di responsabilità? Non si direbbe. C’è pericolo che in preda a un nuovo raptus, si ubriachi, si rimetta al volante e falcidii altra gente? No, però, anche Friedrich stesso ormai si è reso conto che solo autoespellendosi dal corpo sociale, potrà salvare quello straccio di senso comune, di coesione civile che tiene unita questa società.

Postilla: con tutto questo non si vuole dire che quello del grosso numero degli incidenti stradali, del consumo di alcol, del risarcimento delle vittime della strada, non sia un problema. Siamo giovani, ma – mi spiace – non tutti cazzari.

(pubblicato su Liberazione, 25-3-2008)

Print Friendly, PDF & Email

24 Commenti

  1. poi non si capisce come mai appena appare una notizia di un certo tipo nei giorni successivi c’è sempre un rinascere di casi simili, una demonizzazione mediatica programmata sembra.

  2. Sul “caso” Vernarelli tu Christian dici: non ci può essere una spiegazione famigliare. E il padre lo dipinge come un povero e innocuo “bamboccione”.
    No. Bamboccione un corno! Friedrich Vernarelli è il capolavoro biologico dei propri genitori. Non un ragazzo che gira con gli autobus, che ha problemi a pagarsi un alloggio, che ha un lavoro precario e un futuro incerto magari. Ma “solo” un bamboccione che va in giro con un modesto Mercedes e che tra un’ubriacatura e forse anche un po’ di droga va allegramente a ammazzare delle giovani turiste per le strade del centro di Roma. Poi scappa anche, in preda al panico. Un ragazzo che erediterà dai genitori case e valanghe di soldi senza avere mai fatto un cazzo per esserselo meritato. Uno di quelli che hanno la vita in discesa, la pelle liscia da generazioni, che vestono sempre alla moda, parlano tutto pe-pe-pe, eccetera.
    Ma tutto ciò potrebbe rientrare anche nell’ordine delle cose di una società diseguale come è la nostra. Quello però che ha indignato un po’ la famosa “opinione pubblica” è stato il fatto che poiché era il figlio di un ex ufficale dei vigili urbani e quant’altro, non ci si è pensato un attimo a metterlo agli arresti domiciliari. Poi, a causa della gogna mediatica, è stato sbattuto dentro. Ma per quanto?
    Non sono un giustizialista, aborro i processi sommari, soprattutto se vengono fatti con mezzi inappropriati e illegittimi. Quello che mi dà fastidio però è proprio l’incertezza del diritto che regola l’Italia di questi anni. Non mi interessa che Vernarelli attenda il processo a casa o in gattabuia. Quello che non accetto è che in un caso analogo avvenuto un po’ di tempo prima, e che aveva per protagonista un nomade, il reo era stato subito sbattuto in carcere e quasi si voleva – per dirla alla Di Pietro – buttare via la chiave. Due pesi e due misure appunto.
    Questo ci insegna il caso Vernarelli: se sei un potente, se appartieni a una delle tante caste che dominano la nostra società, te la puoi cavare con poco, anche se fai delle enormi cazzate.
    Il padre ovviamente, fedele al suo credo politico (si presenta per la Destra alle elezioni se non sbaglio) fa il duro (ha dichiarato che gli darebbe “dieci anni di lavori forzati”… inventandosi pene che non esistono e ergendosi a giudice) ma sicuramente gli pagherà i migliori avvocati sulla piazza. E, quasi sicuramente, la vicenda giudiziaria finirà come al solito a tarallucci e vino.
    Lasciamo pure libero Vernarelli, e tutti coloro che commettono reati colposi, fino all’erogazione della giusta pena (se non costituiscono un pericolo per la società, ma ricordiamoci sempre dell’aberrante e mostruoso Angelo Izzo e riflettiamo dunque sul pentimento e la redenzione se possibile), ma ci si dia una certezza del diritto e si applichino maniacalmente delle regole uguali per tutti. Altrimenti dietro delle legittime istanze libertarie si possono celare furbizie, privilegi e diseguaglianze di trattamento inaccettabili. L’Italia è la patria del diritto… e del rovescio – diceva Emilio Lussu.

  3. “Vietare i rave party, come ha fatto la Francia, è un atto di civiltà e di tutela della salute”, così Volontè su corriere.it, direttamente dagli anni novanta al 2008 senza passare dal Via. a me dispiace per Vernarelli ma non c’è storia: nella playlist dei capri espiatori primavera estate il giovane-automobilista-ubriaco viene schiacciato dal giovane-sottocassa-che-prende-pastiglie-di-acido-invece-di-diplomarsi, il quale resta un evergreen nonostante la concorrenza agguerritissima dei bulgari-schiavisti, delle veline-troie-e-oche, e dei tronisti di maria de filippi. volontè è un grande, veramente, io lo apprezzo perchè sono anni che porta avanti la sua battaglia. un pò come quel signore di Udine che ha dedicato la vita a una riproduzione del duomo di milano in mollica di pane.

  4. Ho letto un terribile articolo su un noto quotidiano al riguardo; ebbene il ragazzo veniva dipinto come un povero inetto perso nelle correnti degli eventi, che si ubriaca con due “stranieri” incontrati per caso e di cui non ricorda nulla, che poverino iveste le due incaute turiste e che poi con un ultimo singulto di virtù si redime invocando la sua carcerazione, come se questo fosse il discriminante rispetto agli altri casi simili italiani. Ecco, chi ha letto quell’articolo può avere l’impressione che Vernarelli sia “meritevole” perche si è fatto arrestare, e che i giudici non abbiano fatto altro che convalidare la sua decisione, a differenza del solito quando i giudici “troppo buoni” non vogliono arrestare gli indagati anche in presenza di prove serie per una qualche oscura cospirazione che muove le toghe “rosse” contro la sicurezza italiana.
    Evviva quindi Vernarelli padre che è riuscito, con l’educazione che ha impartito al figlio a evitare un ulteriore errore degli incompetenti giudici italiani.

    8avio

  5. ricordo un libro di uno psichiatra dell’antipsichiatria che diceva appunto che si vive in una società dove un esercito uccide migliaia di persone e nessuno ci fa caso ma appena si becca un pedofilo – o chi per esso- tutti pronti all’indignazione consolatoria di massa.
    talvolta ‘sti intellettuali- ancora una minoranza ahinoi- smentiscono loro stessi e ci aiutano a capire l’esistente e l’inesistente.

  6. io penso che il problema stia nell’utilizzo indiscriminato della parola giovane. sostantivi, aggettivi e derivati. penso che ogni volta che qualcuno scrive giovane sottointende che la giovinezza è un valore. e che come tale può definire, per converso, per complemento, un dis-valore. v.g. lo spreco.

    Il Cincinnatus di Nabokov suggeriva che il senso dello spreco, la tragedia dello spreco, è il sintomo primo ed evidente dell’essere in un regime di tirannide.

    vogliamo dirlo che, nell’italia di oggi che sta NOMINATIVAMENTE cambiando, la giovinezza è una responsabilità? vogliamo prenderci questi cinquanta anni a(v)venire per pianificare una ricostruzione non fondata sulle fasce anagrafiche?

  7. Non avete considerato la nuova variante tecnologizzata dei mostri da emergenza sociale: quelli-che usano-internet-e-mettono-video-su-youtube. Attenti alle foto che mettete su flickr o ai racconti che postate in giro. Un giorno potranno essere usati contro di voi.

  8. “Supergiovane supergiovane e adesso faccio un rutto bevendo spuma.”

    Vi ricordate? Maccabei, 4, 45, 378: tombola!

  9. D’accordo con Cristiano aggiungo che quello che non ho mai capito è perché la gente comune proietta su questi poveri cristi – vittime o esercenti il ruolo del “carnefice” che siano – tutto il proprio interesse. Mi chiedo se le hanno, delle vite. Piangono per il tifoso ammazzato dal proiettile volante, scendono in campo per il campo nomadi che non va spostato, per la TAV che non va costruita, per la monnezza che va regolamentata, esercitano esegesi d’accatto psicanalitiche e sociologiche e sociofamiliari e perfino filosofiche o d’ascendenza letteraria nel tempo di uno schiocco di dita, il “piccolo Tommy” diventa il piccolo Tommy di tutti, “Ciccio e Tore” diventano i Ciccio e Tore di tutti, tutti sanno la verità su persone o situazioni dalle quali sono lontanissimi e la scoprono guardando l’impressione di un volto su una fotografia, su una ripresa, esercitando analisi che nemmeno Cesare Lombroso, emeriti sconosciuti prenotano posti per assistere al processo della strage di Erba e altrettanti aspettano che la macchina che riporta a casa dal carcere Alberto Stasi esca per urlargli contro “Assassino” come se fossero tutti apparentati alla famiglia Poggi: la parola “privacy” potrebbe essere benissimo cancellata dal vocabolario poiché riferentesi a qualcosa che non esiste più. Al rapido consumo mediatico di questi poveri cristi che poi vivono da soli le vere cause e i veri effetti di ciascuna tragedia di cui sono diventati loro malgrado protagonisti sussegue il consumo spettatoriale che rivendica giustizia. Come se giustiziare arrestando riportasse in vita i morti. Come se fossero fratelli o figli di chi pretende giustizia, i morti. Come se non potessero essere fratelli o figli di chi pretende giustizia, i colpevoli. Personalmente trovo tutto questo più volgare e disgustoso di un omicidio intenzionale. E non mi si dica che si tratta di compartecipazione sociale perché non mi risulta che questi commentatori, professionisti (la classe dei giornalisti d’informazione) o meno che siano (la gente) eiaculato il commento, l’analisi, la condanna, facciano altro per avvicinarsi in maniera fattiva, anche semplicemente nell’ottica di cercare di comprendere davvero e di più, alla situazione criminale che di volta è in volta è in programma alla tv. Si condanna la fiction perché posticcia, oggi, si ricerca soltanto “verità”, il “documento” reale, poi si vive attaccati con le zampe alla nuova fiction a puntate che è diventata l’informazione sgomitando per dire la propria, per manifestare la propria.
    C’è un solo grande male a mio avviso ed è la spettacolarizzazione manipolata di un privato che non ci appartiene. Perché nemmeno chi ci si ritrova dentro una tragedia sa dire perché, vittima morta o sopravvissuto “carnefice” che sia. E tanti che si sgolano ad urlare li vorrei vedere al posto di chi condannano perché sono certa del fatto che in quel caso ne farebbero eccome di silenzio.
    L’Italia è il paese del fumo senza arrosto. Uno dei maggiori giustizialisti di questo paese, il citato Di Pietro, non mi risulta che abbia continuato a fare il Robin Hood sul campo, e non mi pare un caso. Chi lo fece, Falcone, Borsellino, è morto stecchito. E può sembrare non entrarci niente quest’ultima riflessione, ma c’entra eccome se si vuol veramente capire cos’è l’apparenza e cos’è la verità. Quant’è facile da affermare la prima è difficile da afferrare l’ultima.

  10. Ora sterzo, definitivamente a destra. Non servirebbero, queste ‘vittime’ predestinate (che nel frattempo però, hanno ammazzato qualcun altro; forse un dettaglio, per chi è ancora vivo) se, come succede in altri paesi civili, quando ti beccano al volante ubriaco ti sospendessero la patente e ti buttassero in galera, a scontare la giusta pena, senza tanti complimenti.
    Esattamente come succede per chi evade le tasse: lo si butta in galera nei paesi civili.
    Esattamente come succede quando trovano un livello eccessivo di diossina nelle mozzarelle: bloccano la vendita nei paesi civili.

    Da noi no. Non succede mai nulla e, se ti svuotano la casa, fracassano il computer del figlio, ti cagano sul tavolo della cucina, ti pisciano sul letto, in Italia il colpevole sei tu e diventi il razzista che “han fatto bene a rapinare che da me, che non ho niente non vengono sicuramente”.

    Qui il problema non sono questi fatti e le reazioni, giuste, delle persone che subiscono queste angherie e questi delitti, ma l’inesistenza di una sana, normale reciprocità. Semplicissima: se commetti un reato finisci in galera, se vai a rubare corri il rischio che qualcuno ti spari.

    Mai, questo non succede mai e ci arrampichiamo sul termine ‘bamboccione’ per costruire teorie che, dopo tante parole, non spostano nulla, non modificano nulla, lasciano tutto come prima.

    Mi chiederei, piuttosto, come mai abbiamo una stampa, una pletora di giornalisti (tutti o quasi) che preferiscono scrivere ed enfatizzare queste cazzate, piuttosto che fare il loro lavoro: informare.
    Mi chiederai com’è possibile che le mozzarelle contengano diossina per Giappone e Corea del Sud, che ne bloccano l’import come deve essere, e da noi i caseifici e gli allevamenti inquinati: non sono noti, nessuna merce è stata sequestrata, si continua a mangiare mozzarella alla diossina, il responsabile del laboratorio dichiara pubblicamente (Radio 24) …che non esiste nessun problema (questo è il concetto che ha espresso)… e tutto tace.

    Poi mi ritrovo i post di Raimo che, in chiusura, senza avere nessuna idea della portata del fenomeno, di chi lo gestiva, delle modalità, senza sapere, in pratica, di cosa sta parlando e delle conseguenze che ha creato quel fenomeno (non ancora sradicato del tutto) si permette di dare del razzista a chi si lamentava perché – caso personale ma è successo di peggio – su 73 (settantre) abitazioni del comprensorio ne erano state rapinate 71 (settantuno) in due anni, senza nessun colpevole e senza che nulla cambiasse.I risultato? Gente obbligata a vivere barricata in casa e con l paura aggrappata alla pelle: 24 ore al giorno.

    Ti auguro solo una cosa, Raimo, che nessuno sia mai dentro casa tua, a rapinartela e distruggerla, mentre la tua compagna e il figlio piccolo, rientrano in macchina e non si accorgono di nulla. Per il resto VF tu e tutti quelli che scrivono, in una direzione o nell’altra, senza sapere di cosa stanno parlando e solo per muovere la penna.

    Blackjack.

  11. Quoto Blackjack. Sono le leggi groviera, e ancor di più l’incertezza della pena che creano allarme sociale e quindi mostri da gettare in pasto all’opinione pubblica. La quale sta sempre con la bava alla bocca alla ricerca del capro espiatorio: vero per metà. L’altra metà è che il tutti innocenti-tutti colpevoli attizza il mimetismo, che non è proprio una santa ispirazione, ma uno sfogo dell’angoscia diffusa. Ma come si fa a punire severamente la guida in stato di ubriachezza quando culturalmente si esalta il dionisismo in sedicesimo dei rave party? E’ il problema di una sinistra imbecille.

  12. Però l’analisi di Raimo è più articolata e meno scontata. Quando conclude:

    «L’ultimo passaggio lo fa Vernarelli stesso che – introiettato il meccanismo vittimario sociale – decide di incarnarlo, e immolarsi, e dice: “Arrestatemi, arrestatemi subito”. E uno si chiede: perché? È una presa di responsabilità? Non si direbbe. C’è pericolo che in preda a un nuovo raptus, si ubriachi, si rimetta al volante e falcidii altra gente? No, però, anche Friedrich stesso ormai si è reso conto che solo autoespellendosi dal corpo sociale, potrà salvare quello straccio di senso comune, di coesione civile che tiene unita questa società».

    La tesi secondo cui il capro espiatorio decida di autoespellersi dal corpo sociale per salvare il senso comune è intellettualisticamente affascinante ma inverosimile. Non è affatto detto. Crediamo veramente che il “bamboccione” Vernarelli sia stato capace di un così sottile ragionamento? e, di conseguenza, di un gesto salvifico nei confronti della società civile attraverso il proprio sacrificio? Dicono che qualcuno lo abbia fatto circa duemila anni fa, ma con ben altre ambizioni e soprattutto senza aver torto un capello a nessuno.
    L’autoespulsione dalla società non ne salva il senso civile, contribuisce solo a perpetuarne le paure. Avevo citato il caso limite del “mostro” Angelo Izzo, dopo aver assistito con orrore ad alcune fasi del processo per il delitto di moglie e figlia di un boss dopo che era stato scarcerato per “buona condotta” o qualcosa di simile. La naturalezza e la sicurezza con cui descriveva i particolari dell’atroce delitto facevano spavento credetemi. E facevano spavento proprio perché Izzo a modo suo si era autoespulso dalla società. Sembrava dirci: io sono fatto così, e sono consapevole di essere un mostro cattivo che merita il carcere e la pena, ma se mi mettete fuori io ammazzo ancora. Insomma l’idea che ci sia un Hannibal Lechter che è consapevole di essere diverso dalla società e che sia in carcere finché non… non è tanto tranquillizzante. Sembra un buon inizio di un romanzo di Stephen King.
    Ora, il caso di Vernarelli è ovviamente completamente diverso. Vernarelli non è un mostro (almeno lo speriamo), è solo un uomo che in condizioni di ubriachezza ha causato un incidente mortale in cui sono morte due giovani ragazze. Non credo che ci fosse premeditazione in questo, soprattutto lo spero. E tuttavia la sua reazione – sbattetemi in carcere – o quella del padre – i lavori forzati – mi sembrano non cogliere il nocciolo della questione. E cioè che il senso della società civile si salva solo operando una critica radicale alle cause del proliferare dei casi Vernarelli jr. Avrei preferito che al Vernarelli jr. fossero stati garantiti i diritti civili come a tutti – ma proprio tutti – coloro che incappano nello stesso tipo di tragedia (ivi compresi gli arresti domiciliari in attesa del processo), ma che il padre avesse avuto la faccia di dire: ho sbagliato io, mettetemi ai lavori forzati. Non è avvenuto ovviamente, la colpa è del bamboccione.

  13. Non m’interessa discuterne, ma trovando assurdo il modo in cui un discorso viene porto e quello in cui viene recepito torno a scrivere. A me pare che il punto che Christian volesse focalizzare fosse ben altro, ovvero la strumentalizzazione politica pre-elettorale dell’allarme delinquenza:

    Succede che l’Italia, come dicono i manifesti elettorali, sta cambiando, è vero. Se come cerca di illustrare la famosa teoria di Girard sul meccanismo vittimario, una società si costruisce su un modello di persecuzione, è vero che la nostra società sta cambiando. Emergono nuovi capri espiatori, emergono nuove categorie di vittime, emerge un nuovo bisogno di regole fondanti. (…) In un niente, Vernarelli – sulla cui colpevolezza, flagrante appunto, non c’era mai stato il minimo dubbio – diventa l’esempio perfetto di questa nuova categoria di capri espiatori che si profila all’orizzonte della nuova Italia: i piloti ubriachi. Masse di rumeni senza patente o giovani cazzari che stanno minando dall’interno il nostro equilibrio sociale: una vera emergenza. Perfetta – in quanto razzista in modo selettivo (rumeni e non africani, per capirci) e anagrafica (i bamboccioni irresponsabili) – per il bisogno di regole del modello sociale di centro-sinistra. Perfetta quanto lo era per la destra l’emergenza di qualche anno fa dei rapinatori di case, razzista a tutto campo. L’ultimo passaggio lo fa Vernarelli stesso che – introiettato il meccanismo vittimario sociale – decide di incarnarlo, e immolarsi, e dice: “Arrestatemi, arrestatemi subito”. E uno si chiede: perché? È una presa di responsabilità?

    Inoltre mi pare che, affrontando la questione in generale, negli Stati del mondo in cui esista la pena di morte non si registrino diminuzioni di reati. La società civile nella quale gli esseri che la compongono si scambiano fiori e sorrisi e null’altro è un’utopia perché è un’utopia la stessa società, prova ne è il fatto banale che molte parole che leggo in questi commenti non mi paiono proferiti da bocche che abbiano messo fiorellini nei propri fucili orali (nel senso di bocche). Non capisco per esempio a che titolo il Sig. Vernarelli avrebbe dovuto fare mea culpa e andare ai lavori forzati: perché aveva comperato una Mercedes al figlio? Stiamo delirando?
    Il male si manifesta come squarcio momentaneo d’una mente, come ultima soluzione di chi non possiede e non coltiva faticosamente altre possibilità (ho fame, non ho un lavoro, non ho speranze e mi sono rotto il cazzo di coltivarle o chiedere aiuto in giro e sapete che c’è?, prendo in mano tutta la mia rabbia e più dignitosamente vado a rubare), come puro caso (sono ubriaco eppure guido e investo due ragazze come potrei investire un gatto ma non era un gatto), come cosciente progetto (la rivoluzione, il terrorismo). Non può esistere prevenzione del male, può esisterne soltanto cura e presa in carico a posteriori e contraccolpo. E di certo partecipare alle gogne mediatiche come spettatori senzienti e parlanti non contribuisce ad una ipotetica prevenzione sociale del male, è casomai il contrario: se non fosse esistita la tv (non parliamo nemmeno dei giornali) e la possibilità di manipolare un’opinione pubblica attraverso di quella creando il gruppetto degli innocentisti la Franzoni, probabile assassina di suo figlio, sarebbe in carcere da un pezzo. E TUTTAVIA questo non avrebbe eliminato il male. L’assassino è un malato, di certo un malato comportamentale. E il carcere non è di certo un’esperienza capace di sanare una mente o un comportamento sociale non retto proprio perché strutturato in maniera punitiva e violenta, è piuttosto vero il contrario e basta farci un giro dentro per, meravigliosamente, molto poco intellettualisticamente, scoprirlo.
    Notando come certi commenti sembrino provenire dalle dita della Santanchè o della Mussolini, che non mi risulta siano delle pezzenti da un punto di vista meramente economico né delle missionarie, mi permetto di chiedervi di riflettere su questo, su quanto siete di destra voi che reclamate giustizia in nome di una presunta società, però, della pace e della civiltà.
    Personalmente sono stata derubata più volte ma ogni volta mi sarebbe bastato riavere indietro le mie cose, se erano importanti, e nient’altro. E lo dico non essendo di certo Gandhi ma una che se ha una borsa sulla spalla, seppure vuota, ha forse qualcosa di più di chi non ha nient’altro, nemmeno in termini di possibilità.

  14. GG, scusami la schiettezza, ma sono riuscito a leggere si e no 10 righe del tuo commento. Sono terra terra, lo so, ma l’impressione che mi si è appiccicata addosso, leggendo l’inizio del tuo commento, mi ha ricordato i discorsi politici (inutili e vacui) che si spalmano durante le campagne elettorali.

    Ma chissenefrega se Vernarelli si sente in colpa o meno per aver regalato la Mercedes al figlio e chissenefrega della definizione di male: ha ammazzato due persone, che finisca in galera. Non vedo cosa ci sia da discutere su un fatto talmente tragico, nella sua banalità, dal diventare persino lapalissiano.

    Parole sprecate, esattamente come quelle di Raimo quando distribuisce del razzista, scrivendo di argomenti che nemmeno conosce e per il semplice motivo che, in un certo ambiente, distribuire del razzista va sempre bene.

    Blackjack.

  15. Mi domando perché si senta sempre il bisogno di applicare dei modelli filosofici o sociologici ai fatti della vita reale.

    Quello che trovo “delirante” è che il papà del Vernarelli senta il bisogno di dichiarare alla televisione, e cioè pubblicamente, che suo figlio è un bamboccione e che meriterebbe i lavori forzati. Questo lo ha detto lui, non io. (Se proprio vogliamo trovare una speculazione politica questa non lo è forse?) E allora io mi sento in diritto di rispondergli, e gli dico di guardarsi allo specchio e che suo figlio forse è vittima anche di questo suo atteggiamento. Poi provo compassione anche per lui, e intuisco che poteva trattarsi solo di un comprensibile sfogo. I morti sono morti e i vivi coinvolti stanno vivendo una tragedia gigantesca. “Let us sleep now” cantano nel duetto finale le anime dei due nemici che si sono uccisi in battaglia nel War Requiem di Benjamin Britten. Dormiamo, plachiamo le nostre ire ora e abbassiamo lo sguardo di fronte alla sofferenza e al dolore.

    La strumentalizzazione politica pre-elettorale, il meccanismo vittimario sociale, la sinistra, la destra… Ma di che stiamo parlando?, di esplorazioni spaziali?

    Sull’esistenza del male nel mondo non prendo posizione perché non sono interessato alla filosofia.

  16. Rispondere a chi nemmeno legge quanto scrivi è molto poco sensato soprattutto se sai di non scrivere come, e cose che, i politici sventolano durante le campagne elettorali. Io, più terra terra di te, Blackjack, ti auguro di finirci tu in galera e vedere da lì la gente che urla “In galera, in galera” e continuare a sentirti un essere umano. Così forse capirai cosa intendevo dire. Sul resto tuo e altrui neanche rispondo. Ciascuno è condannato a tenersi le proprie idee, a inciampare nelle stronzate che a volte dice, per quanto spesso io legga, in queste colonne di commenti, frasi e pensieri che se stampassimo su magliette il mondo riderebbe di più, si sganascerebbe dalle risate.

  17. Unicuique suum.
    Per quanto riguarda le stronzate che posso aver detto, chiedo scusa a tutti coloro che ne sono rimasti disturbati.
    E dunque introietto anch’io il meccanismo vittimario sociale e mi autoespello.
    Plop!

  18. GG, a memoria per i posteri copio e incollo le tue prime dieci righe:

    “Non m’interessa discuterne, ma trovando assurdo il modo in cui un discorso viene porto e quello in cui viene recepito torno a scrivere. A me pare che il punto che Christian volesse focalizzare fosse ben altro, ovvero la strumentalizzazione politica pre-elettorale dell’allarme delinquenza:
    ……
    Inoltre mi pare che, affrontando la questione in generale, negli Stati del mondo in cui esista la pena di morte non si registrino diminuzioni di reati. La società civile nella quale gli esseri che la compongono si scambiano fiori e sorrisi e null’altro è un’utopia perché è un’utopia la stessa società, prova ne è il fatto banale che molte parole che leggo in questi commenti non mi paiono proferiti da bocche che abbiano messo fiorellini nei propri fucili orali (nel senso di bocche). Non capisco per esempio a che”

    Posso ri-dire la mia ora? Grazie per l’assenso. Vado.

    Esordisci con un favoloso “Non m’interessa discuterne…” e poi parti, dritto e deciso come un Eurostar allo stato brado, nel tentativo, da vero contorsionista, di spiegare l’intimo pensiero di Raimo. Che fai di mestiere? L’indovino?
    Mi sono sempre chiesto perché, in Italia, qualunque cosa tu dica, c’è sempre qualcuno che si sente in dovere di chiarire il tuo pensiero. I famosi chiarificatori; che a dirla così, paiono i figli minori, quelli di scarto, degli Illuminati. E anche gli Illuminati, non si capisce bene cosa intendano illuminare, visto che discutono sempre fra di loro. Ti parrà strano, ma un giorno mi è capitato, in un Casinò, durante una pausa seduto ai tavoli del bar interno, di ascoltare un Signore mentre spiegava, a un crocchio di poco attenti spettatori, perché avessi vinto quella mano. Quando, umilmente, sono intervenuto sostenendo che, probabilmente, la motivazione alla base di quella scelta avrebbe potuto essere diversa, mi ha zittito. Io ero giovane, senza giacca, persino senza cravatta, tolte per la pausa, e non potevo capire il gioco come lui.
    Non è che era un tuo parente per caso?

    Raimo parla di strumentalizzazione pre elettorale della delinquenza? Ma sai che novità. E quella di Alitalia allora dove la mettiamo? E l’operaio della Thyssen? E i mille Euro al mese per tutti?

    E “Il meccanismo vittimario”, che riprendi riportando un pezzo del post di Raimo, è favoloso. Mi lascia però un dubbio irrisolto: perché ‘vittimario’ e non vittivincenzo o vittigiuseppe? Ma alla fine la sostanza emerge, orgogliosa: è un termine chiarificatore, oserei dire addirittura edulcorante. La suppostina sociologica in versione terzo millennio, che tutto spiega e tutto cura.

    Continuo? Con il tuo commento o con il copincolla che fai da Raimo? Prima il copincolla: “Emergono nuovi capri espiatori”. Bellissima! A me paiono sempre gli stessi; di nuovo all’orizzonte non vedo nulla se non una piccola, lieve differenza: qualche anno fa una notizia come quella del Vernarelli sarebbe finita sulle pagine interne della cronaca nera e morta lì, ora ci si fanno pure i post in internet. Sorridi.

    Ora una tua frase storica: “Inoltre mi pare che, affrontando la questione in generale, negli Stati del mondo in cui esista la pena di morte non si registrino diminuzioni di reati.” Oltre che chiarificatore pure indovino? E dei numeri che ne fai? Li giochi al lotto? Statistica creativa?

    Ma il seguito è ancora meglio: “La società civile nella quale gli esseri che la compongono si scambiano fiori e sorrisi e null’altro è un’utopia perché è un’utopia la stessa società,”. Qui arrivi a dare quasi il tuo meglio, quasi. La fantasia al potere: da fare tenerezza che serva un post per capire che la società è crudele, ma cavolo, non ascolti la radio? Mai? Ci ha fatto una canzoncina anche Carotone: “E’ un mondo difficile, vita intensa, felicità a momenti…”; e ti risparmio il resto.

    E l’apice? Dimenticarlo? Non sia mai e allora apicizziamo senza remissione alcuna, ce lo impone la correttezza. Eccolo: “prova ne è il fatto banale che molte parole che leggo in questi commenti non mi paiono proferiti da bocche che abbiano messo fiorellini nei propri fucili orali”. Qui siamo all’estasi, alla poetica assoluta, alla summa del pensiero psico-socio-politic-logistico e ci salviamo, solo e unicamente, perché i fucili sono orali e non anali. Non oso pensare e nemmeno immaginare cosa potrebbe mai succedere nella seconda, nefasta e mefitica ipotesi. Mucche volanti?

    Mi fermo, respiro profondamente, assumo la posizione – pacifista – del fiore di loto, notoriamente soporifero, e ti chiedo: dopo dieci righe così intense tu avresti continuato a leggere?

    Però devo ammettere, caro GG, che quando ti ci metti sai essere tagliente.
    Non so quanto ti possa interessare, ma in galera, anche se solo per qualche giorno, ci sono finito. Non era l’Italia, purtroppo, quindi non posso raccontarti di esperienze dirette relative a carceri casalinghe: niente libri o analisi fulminanti (pericolose assai). Era un Paese poco democratico, io ero giovane, ma pirla come ora, e avevo sconfinato senza visto e, zacchete, mi han beccato e messo dentro fino a quando il nostro Ambasciatore, da me poco amato all’epoca, si degnò di venirmi a recuperare. Non subito, che nessuno aveva fatto articoli sui giornali e nemmeno su internet; mica c’era ancora a quel tempo e i militari se la tenevano stretta.

    Comunque dammi retta, io mi sono sistemato giocando a carte, ma tu hai una carriera davanti a te, quasi infinita, come battutista da magliette estive; quelle sgangherate, con la sintassi fuori posto. Hai presente? Oppure da chiarificatore, ma anche da indovino, tanto per non dimenticare nulla e nessuno.

    Ossequi.

    Blackjack.

  19. La Santanché aveva presentato un disegno di legge per chiudere prima le discoteche e per vietare la vendita di alcol dopo una certa ora della sera. Ha senso? Inizialmente uno pensarebbe di sì, ma poi ragionando si dice: meglio che questi zombie se ne stiano “dentro” (locali, dance-club, bordelli, rave o fave) il più a lungo possibile, invece di vagare “all the night” in cerca di alcol (e droga) falciando poveri pedoni da mezzanotte alle sei del mattino. Insomma proporrei un campo di concentramento dello sballo, in cui se entri il venerdì sera poi non esci più fino al lunedì mattina…

  20. Veramente Blackjack le frasi dalla logica, e non dalla sintassi sgangherata, non erano le mie.
    Mi pigli per il culo e fallo pure, ma chi se ne frega. Però mi costringi a riassumerti il discorso perché i sofismi e le manipolazioni di parole altrui poco mi piacciono: state facendo tanto i moralisti e i puritani, reclamate giustizia per i delinquenti che avrebbero già commesso il reato morale, secondo voi, d’essere figli di ricchi, ma la vostra violenza verbale non mi pare per niente lontana dalla violenza che esercita uno ubriaco oppure sobrio che investa una persona uccidendola, e della quale, diti puntati, lo accusate strappandovi le vesti reclamando giustizia. Tutto ciò vi sembra coerente? Chiedetevi perché v’accorate tanto. Chiedetevi quanto siete reattivi anche voi alla carota che è UN FATTO d’una vita altrui sventolato alla gogna, mediatica o meno che sia, tesi che sottintendeva ed esplicitava ogni parola scritta da Raimo. E chiedetevi se nel caso in cui capitasse a voi di commettere non volendo un reato vi sentireste esseri umani avendo di fronte gente che giudica e null’altro come voi. Io so che la società civile non esiste che come utopia, e che il male fa parte della natura dell’essere umano e a volte non ha spiegazione ed inutile è la condanna del singolo che lo compie, voi parlate come papi e insieme come il giudice di De André. Tutto qua, se vuoi riderne ridine pure: a me stronzate non sembrano.
    Personalmente ritengo che la nuova democrazia che sembra essere Internet e che fornisce a tutti la possibilità e perfino la sensazione del “diritto” di dire la propria sia una grande stronzata. Perché tutto si risolve in un inutile, sterile e autoerotico opinionismo. Su questo, Blackjack, io sono più a destra di te, altro che fantasia al potere.
    E per finire tu che ne sai che Raimo scriva solo per muovere la penna? E parimenti cosa ne sanno altri che Vernarelli jr sia X o Y o che il padre sia Z o A? Ma che cosa ne sanno? Ma il punto è che non interessa capire: interessa dire la propria, dire la propria e nient’altro.
    E con questo salutandoti concludo e finalmente assecondo la mia predisposizione naturale e insieme ragionata alla negazione di qualsiasi possibilità di dialogo.

  21. GG, mica ho capito cosa volevi dire, ma è un limite mio. Questo è certo.
    Rimane il fatto che quando Raimo scrive degli ‘istinti razzisti’, reazione delle rapine nelle case, al nord, non sa di cosa parla. Non ne ha assolutamente idea e questo basta. Non serve altro.

    Amen.

    Blackjack.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

L’incredibile vicenda di Baye Lahat. Storie di un paese incivile.

di Marco Rovelli (Ho rintracciato questa vicenda in rete. Per adesso non è ancora uscita dal perimetro sardo. Grazie alla rete...

Il mago dell’Esselunga e il laboratorio della produzione

di Marco Rovelli Quando vai a fare la spesa all'Esselunga ti danno un film in regalo. Grazie, dici. Poi, se...

12 dicembre

Le nostre vite gettate sul tavolo verde della finanza – Per un audit del debito pubblico

di Marco Rovelli Stiamo soffocando di debito pubblico. Ma che cos'è davvero questo debito sovrano? E' da poco uscito, per...

Severino Di Giovanni

di Marco Rovelli Ha scritto Alberto Prunetti sul suo profilo facebook: “La storia dell’anarchico Severino Di Giovanni di Osvaldo Bayer,...

Un altro sogno di Madeleine

di Marco Rovelli Madeleine si guardava intorno, non c'erano più né alto né basso. Il sogno ruotava su se stesso,...
marco rovelli
marco rovelli
Marco Rovelli nasce nel 1969 a Massa. Scrive e canta. Come scrittore, dopo il libro di poesie Corpo esposto, pubblicato nel 2004, ha pubblicato Lager italiani, un "reportage narrativo" interamente dedicato ai centri di permanenza temporanea (CPT), raccontati attraverso le storie di coloro che vi sono stati reclusi e analizzati dal punto di vista politico e filosofico. Nel 2008 ha pubblicato Lavorare uccide, un nuovo reportage narrativo dedicato ad un'analisi critica del fenomeno delle morti sul lavoro in Italia. Nel 2009 ha pubblicato Servi, il racconto di un viaggio nei luoghi e nelle storie dei clandestini al lavoro. Sempre nel 2009 ha pubblicato il secondo libro di poesie, L'inappartenenza. Suoi racconti e reportage sono apparsi su diverse riviste, tra cui Nuovi Argomenti. Collabora con il manifesto e l'Unità, sulla quale tiene una rubrica settimanale. Fa parte della redazione della rivista online Nazione Indiana. Collabora con Transeuropa Edizioni, per cui cura la collana "Margini a fuoco" insieme a Marco Revelli. Come musicista, dopo l'esperienza col gruppo degli Swan Crash, dal 2001 al 2006 fa parte (come cantante e autore di canzoni) dei Les Anarchistes, gruppo vincitore, fra le altre cose, del premio Ciampi 2002 per il miglior album d'esordio, gruppo che spesso ha rivisitato antichi canti della tradizione anarchica e popolare italiana. Nel 2007 ha lasciato il vecchio gruppo e ha iniziato un percorso come solista. Nel 2009 ha pubblicato il primo cd, libertAria, nel quale ci sono canzoni scritte insieme a Erri De Luca, Maurizio Maggiani e Wu Ming 2, e al quale hanno collaborato Yo Yo Mundi e Daniele Sepe. A Rovelli è stato assegnato il Premio Fuori dal controllo 2009 nell'ambito del Meeting Etichette Indipendenti. In campo teatrale, dal libro Servi Marco Rovelli ha tratto, nel 2009, un omonimo "racconto teatrale e musicale" che lo ha visto in scena insieme a Mohamed Ba, per la regia di Renato Sarti del Teatro della Cooperativa. Nel 2011 ha scritto un nuovo racconto teatrale e musicale, Homo Migrans, diretto ancora da Renato Sarti: in scena, insieme a Rovelli, Moni Ovadia, Mohamed Ba, il maestro di fisarmonica cromatica rom serbo Jovica Jovic e Camilla Barone.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: