A partire dalla munnezza


di Helena Janeczek

Domenica Maurizio Braucci mi ha portato a Chiaiano. Ci eravamo visti l’altro giorno e lui cominciò subito a parlare di quel che stava succedendo, metà incazzato metà affranto.
“Ma hai visto quel che vanno scrivendo sui giornali? Secondo “la Repubblica” ci stavano i camorristi fra i manifestanti che distribuivano in giro dosi di cocaina. Ti rendi conto che strunzate? Quelli ammazzano i parenti piuttosto che darti la roba gratis. Ma qua’ camorristi, qua’ cocaina…la verità è che cca ci stanno criminalizzando a tutti quanti!”
Per questo voleva che ci venissi anch’io, a Chiaiano. Per farmi vedere quel che stavolta pure tutti i media hanno visto e riportato: una manifestazione tranquilla, pacifica, normale. Frequentata dalla gente del luogo e da chi partecipa, a livello locale e non, alle varie forme e aggregazioni del “movimento”, come sarebbe accaduto anche altrove. Non credo che i camorristi si travestano coi dreadlocks per infiltrarsi fra i no global e nemmeno che le anziane signore sedute con me vicino al palco fossero le madri di qualche boss..

Il problema non è solo raccontare e spiegare in modo più aderente al vero quel che sta succedendo a Chiaiano in particolare e in generale in Campania. Perché Maurizio ha ragione. Ormai di quel che avviene a Napoli viene fatta una rappresentazione deformante e dopata che nel diventare unanime acquista toni sinistri. Sembra sia lecito attribuire a quel territorio mostrificato qualsiasi assurdità. Come quando Roberto Castelli davanti ai leghisti radunati a Pontida pare aver sostenuto che i 25 funzionari arrestati pochi giorni prima a Napoli – fra cui Marta di Gennaro, la vice di Bertolaso appena rinominato dal governo in cui lo stesso Castelli ricopre la carica di sottosegretario alle infrastrutture – non fossero tanto imputabili di corruzione e gestione interessata dei rifiuti, quanto di aver maturato il piano di raccogliere la munnezza napoletana per scaricarla al Nord.

Quando un territorio, per quanto pieno di problemi enormi, diventa il capro espiatorio di un intero paese in crisi; quando un nuovo governo, privo di ricette magiche per venirne fuori, pensa che la prima cosa da fare sia quella di lanciare un segnale forte su alcune questioni simbolo quali l’immigrazione o, appunto, i rifiuti in Campania; quando, contemporaneamente, i responsabili politici di tutto quello scempio, pur appartenendo ormai ai partiti d’opposizione, non vengono sfiorati con un dito e siedono sui loro scranni praticamente dimenticati da Dio, uomini e media, credo sia il caso di cominciare a preoccuparsi.
E quanto tutto questo sia incredibile ben oltre alla presenza di Bassolino, quanto le grida altissime sommergano le più clamorose e al tempo stesso basilari informazioni che riguardano quell’aspetto e quegli intrecci ridotti all’invisibilità, lo mostra per esempio il fatto che oltre a Marta di Gennaro, un altro vice di Bertolaso, Claudio de Biasio, è stato in precedenza incriminato di aver fatto gli interessi della camorra ricevendo tangenti anche da Michele Orsi, l’imprenditore ucciso sempre domenica nel casertano. Oppure- altro esempio clamoroso- l’ignoranza generale che per la discarica di Chiaiano, così come per tutte le altre che il governo vuole aprire in Campania- è previsto ufficialmente lo sversamento indiscriminato di rifiuti ordinari e speciali, ossia tossici, in infrazione plateale della normativa UE.

Per questo vorremmo chiedere spazio per una serie di interventi di informazione e approfondimento sulla situazione campana e chiedere al tempo stesso che vengano recepiti con uno sguardo che tenga d’occhio un orizzonte più vasto e più lontano.

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12 Commenti

  1. purtroppo è invalsa l’abitudine nei media e in certi giornali di gonfiare le notizie tanto da allontanarsi molto dalla realtà, e coprire i fatti più importati ma certamente più scomodi. anche repubblica ha fatto una scelta di campo, di allineamento ai voleri della politica, dimenticano, come spesso accade, che dovrebbe essere al servizio di tutti i lettori non solo dei soliti 1500…l’altro giorno ero all’università la Sapienza, facoltà di lettere, presso la quale ho conseguito la laurea; era tutto tranquillo, pochi ragazzi del collettivo(avrete sentito dagli scontri tra i ragazzi del collettivo di sinistra e i ragazzi di Forza Nuova) che parlavano con i professori e mille giornalisti. E cosa c’era scritto su Repubblica online nel pomeriggio? “atmosfera incandescente questa mattina alla facoltà di Lettere della Sapienza”….due sono le ipotesi o io ero altrove o loro hanno lavorato di fantasia. E questo vale anche per Napoli, con conseguenze molto più gravi.

  2. Vorrei sapere dagli esperti, non vivendo più a Napoli da tanti anni, perchè la discarica di Chiaiano è inadatta. E inoltre vorrei che mi si spiegasse quale sito in Campania invece lo è.
    E poi. Ritengo legittima l’attenuazione delle garanzie costituzionali di fronte al disastro Campania. E’ venuto, ahimè, il momento di agire. E dico ahimè perchè so che non si andrà per il sottile, ma così è nel caso di amputazione per cancrena.

  3. Sono nata e vissuta in questa terra campana. Dopo anni di attente riflessioni, vi posso assicurare che il nostro problema non è la camorra o la malapolitica. Il problema siamo noi. Ed è arrivato il momento di avere il coraggio di ammetterlo. Siamo noi che abbiamo permesso a chiunque di abusare della nostra terra.La camorra è solo il contrario della civiltà. E’ l’interesse privato al di sopra di tutto. Quei pochi che hanno una mentalità veramente diversa possono fare solo una scelta: barricarsi in casa o fare le valige.

    http://www.graziellamazzoni2.blogspot.com

    Nella mia terra non ho mai visto nessuno protestare. Nessuno, in Campania,ha mai detto una sola parola per le scuole fatiscenti, le palestre inesistenti, gli uffici pubblici inefficienti, le strade rotte, per i parcheggiatori abusivi e minacciosi, e per il verde soffocato dal cemento. Questa è la protesta della rabbia, dell’impotenza, di una terra senza Stato, senza leggi. Ed è, forse, la protesta del pentimento, del mea culpa per non essersi svegliati prima.

  4. Francamente non ho trovato attendibile una sola delle voci della protesta. La madre che si lamentava che suo figlio piccolo non potrà uscire a giocare perchè passeranno i camion della spazzatura, il tizio che parlava di falda inquinata senza specificare se e dove si trova ‘sta falda, un altro che parlava di discarica vicino alla zona ospedaliera senza tenere conto che tutto il rione è invaso dall’immondizia che arriva fino al secondo piano dei palazzi, un altro ancora che parlava di rischi per la salute in una città sull’orlo di un’epidemia da dimensioni bibliche. Infine il buzzurro che suggeriva di scaricare l’immondizia in una qualunque delle montagne del Sannio e dell’Irpina, ma non vicino casa sua.
    Insomma, non una voce che mi convincesse che a Chiaiano la discarica non la si deve fare. Mi è sembrata una protesta egoistica, miope, insensata. Una protesta in cui, non ho capito a quale titolo, si è infilato anche Oreste Scalzone e, a seguire, il comitato del No-Tav e quello del No-Dal Molin.
    A tutti dispiace trovarsi una discarica a qualche centinaio di metri da casa ma a tutti dispiace ancora più vivere con le strade, tutte, di qualunque angolo della città, invase dai rifiuti maleodoranti in piena estate.
    Chiaiano è un sito idoneo per la discarica, le analisi del territorio lo confermeranno e la capienza sarà tale da poter permettere di tenere la città pulita fino al termine dei lavori di costruzione dell’inceneritore di Acerra e, speriamo, anche dei prossimi due già progettati.
    Poi venga pure una sana e intelligente protesta affinchè, passata l’emergenza, si provveda alla bonifica. E che sia una protesta civile ma dura, ferma, ininiterrotta. E se i cittadini di Chiaiano amano davvero così tanto il loro territorio, alla protesta per l’ambiene uniscano anche quella contro i clan dominanti: i Lorusso, i Polverino, i Licciardi. Contro costoro da Chiaiano e territori limitrofi, non ho mai sentito una sola parola di protesta. L’unica frase che sento ripetere da quelle parti è “la camorra? No, qui da noi non c’è”.

  5. Sono consigliere comunale a Marano di Napoli, un grosso comune (60mila abitanti) che comincia dove finisce Chiaiano e che, con questo municipio napoletano, ormai ha costruito un corpo unico. Come quando, qualche decennio fa, i confini di Marano inglobavano da un lato Chiaiano, Marianella e si distendevano fino al Garittone e Capodimonte, e dall’altro Quarto, Monterusciello e lambivano il cratere flegreo di Pozzuoli e Bacoli.
    Il “Titanic” – una rotonda a forma di barca battezzata rosa dei venti dai progettisti e ribattezzata titanic dai ragazzi del posto, che vorrebbero affondarla perchè brutta e scomoda – si trova a Marano ed è il luogo degli scontri con la polizia, delle due cariche, delle tante riprese televisive e oggi di un presidio attrezzato che è animato tutti i giorni da decine di ragazzi che dicono no alla paventata discarica.
    La cava nella quale si vogliono scaricare 700mila tonnellate di rifiuti si trova geograficamente nel Comune di Napoli (quartiere Chiaiano) ma è a venti metri dal confine con Marano. La mobilitazione popolare, quindi, ha unito queste due realtà territoriali per certi versi anche molto differenti tra loro.
    Non mi dilungo sulla paradossale questione di bombe, bombole e bombolette che hanno fatto, mediaticamente, della mobilitazione di Marano e Chiaiano una sorta di guerra civile immaginaria contro lo Stato e la Polizia laddove invece ci sono state, semplicemente, due cariche delle forze dell’ordine su duecento cittadini stesi a terra, sgomberati più o meno in dieci minuti.
    Mi interessa invece ragionare, con voi, se volete, sulle ragioni del nostro no.
    Intanto si può dire no?
    Sembra quasi che tutti i no siano uguali e che nella logica dell’emergenza non si possa che dire sì a qualunque cosa.
    Noi diciamo no.
    No a che cosa?
    Intanto no ad una megadiscarica che si trova nel cuore di un centro abitato di 200mila persone. La zona ospedaliera di Napoli, infatti, si trova a 650 metri in linea d’aria dalla cava. L’ospedale Cotugno è stato costruito nel Novecento per i malati infettivi; ai degenti con malattie respiratorie si assegnava la stanza con la finestra che dava sulla selva di Chiaiano. La zona era stata scelta perchè era quella che aveva l’aria buona di Napoli. La paventata discarica nascerebbe sotto le finestre dell’ospedale Cotugno. A poche centinaia di metri dalle finestre dell’ospedale Carderelli, del Policlino universitario, del Pascale. A circa mille metri in linea d’aria c’è Santacroce, e poco distante il rione alto. Quartieri densamente abitati. Verso nord ci sono i Camaldoli, mille metri dalla cava e 100mila abitanti. A sud ci sono Chiaiano e Marano: le case più vicine alla cava sono a 87 metri in linea d’aria, i centri abitati a 380 metri in linea d’aria. Altri 100mila abitanti.
    Si può dire no ad una discarica che sorge al centro di una città di centinaia di migliaia di abitanti e sotto le finestre degli ospedali napoletani?
    La cava dove vogliono fare la discarica è di tufo; il tufo, notoriamente, è un assorbente. I rifiuti producono percolato, un liquido tossico che può viene assorbito dal tufo e penetra nel sottosuolo. Sotto le cave, scorre un fiume naturale e c’è una falda acquifera che alimenta un serbatoio dell’acquedotto napoletano poco distante. I tecnici dicono che basta impermeabilizzare il tufo con strati di argilla e teli. Il problema è che il dipartimento di Geologia dell’Università di Napoli sostiene che la forza di contenimento dei teli e dell’argilla è testata sui 20 anni. La discarica, com’è noto, è per sempre. Che succede alle falde tra vent’anni?
    Inoltre la cava di Chiaiano-Marano è a fossa e ha un lato aperto; questo vuol dire che l’invaso di rifiuti avrà sempre un lato a cielo. Ovviamente, i tecnici contano di costruire una sorta di parete artificiale, che però lascia molti dubbi sulla resistenza nel tempo.
    Le pareti di tufo della cava sono a rischio idrogeologico, come tutta la collina dei Camaldoli. C’è rischio di crolli e di infiltrazioni laterali. Anche qui i tecnici rassicurano. faranno tutto quello che c’è da fare.
    Le strade di accesso alla cava scorrono per chilometri in una selva millenaria come canyon: ci passa un solo camion per volta. La discarica dovrebbe servire tutta Napoli e quindi vi andrebbero a scaricare circa 200 camion al giorno, che comincerebbero alle quattro del mattino e finirebbero alle undici, percorrendo il solo tratturo disponibile e paralizzando il traffico del Titanic, una via di accesso alle cave e unica strada di collegamento tra la provincia e Napoli.
    Anche qui i tecnici rassicurano: costruiremo strade, ponti, cavalcavia, gallerie, tunnel.
    Di tutto.
    La discarica nella cava costerà quindici milioni di euro.
    A questo punto, scatta la domanda di rito: vabbè, avete le vostre ragioni ma la monnezza dove la mettiamo?
    E io vorrei dire: a noi lo chiedete?

  6. Il problema non sta nella idoneità o meno della discarica di Chiaiano ma nel cosa si sverserà in questa discarica: di tutto! E solo perché alcuni comuni non hanno ancora varato i piani per l’attuazione della raccolta differenziata, di politiche credibili e solide che portino all’abbattimento dei consumi. Continuare ad aprire discariche significa continuare a nascondere le porcherie che produciamo, continuare a non occuparci di deporre in sacchetti diversi la plastica, il vetro, la carta, l’umido, il secco, continuare a depositare sotto le nostre case e quindi nelle discariche i materiali edili di scarto, i materassi, i mobili, i lavandini, i tubi, l’eternit, la plastica, le batterie, i telefonini, vecchi, i televisori… Varare un piano per l’attuazione della raccolta differenziata significa promuovere un piano d’educazione collettiva, di alfabetizzazione civile, di riconoscimento del bene comune che purtroppo, a noi napoletani non c’appartiene più. A questo proposito mi ricordo di un racconto molto bello di Antonio Pascale, credo su Lo Straniero, ma non ci giurerei, in cui si parla delle case dei napoletani e dei periferici linde e pinte a discapito delle strade che ad esse conducono: sporche, piene di buche, di spazzatura, di carogne abbandonate. Una volta nell’interno invece il panorama cambia e le narici si impregnano di varechina, disinfettanti vari, lisoform, aiax, e pronto. Risolvere il problema della spazzatura ci aiuterebbe a rinascere, a superare un gap, a riconoscerci cittadini di una comunità.
    A questo proposito segnalo una battaglia che sta portando avanti in Alta Irpinia la Comunità Provvidoria -www.comunitaprovvisoria.wordpress.com- un gruppo di cittadini dell’Irpinia d’Oriente che si sono stretti attorno a un’idea in difesa del Formicoso. Un’altra delle zone che si sta tentando di trasformare in discarica: un territorio incontaminato e meraviglioso che presto verrà ferito a morte. Di questa battaglia però non si parla, neanche i giornali locali ne accennano eppure sono stati già organizzati incontri, assemblee e marce… Ma forse non interessa perché anche ai napoletani sta troppo stretto il fatto di avere la spazzatura sotto i balconi e sono impazienti di farla sparire, farla ingoiare a un nuovo mostro. Sarebbe però il caso che altre persone sappiano di questo e di una lettera scritta da Franco Arminio al Presidente della Repubblica Napolitano che su quel sito ha mosso e scosso persone e opinioni. Possono essere discutibili i modi, gli approcci, ma è importante che ci siano iniziative sane che chiariscano l’estraneità a questi movimenti della malavita organizzata che in questi contesti non può entrarci perché sono troppo lontani dal suo modo di essere e ragionare.
    Domattina o nei prossimi giorni sarà pubblicata una lettera sul Corriere del Mezzogiorno scritta da Marinella Pomarici (Associazione A Voce Alta) e sottoscritta da 44 associazioni e persone che in un modo o nell’altro si stanno prodigando per mettere un punto alla parola emergenza spazzatura. Questa lettera io la riporto a voi stasera, in versione integrale. Io la condivido per certi aspetti e spero che sia anche per voi una voce valida.
    Gentile Direttore,
    sicuramente la questione napoletana è ormai venuta a noia e molti vorrebbero sbarazzarsene, eppure la nostra vicenda parla anche dell’Italia intera: alla questione rifiuti i governi non hanno mai dedicato adeguata attenzione e troppo poco ancora si è fatto sul fronte della riduzione dei consumi.
    Tuttavia la questione, come al solito, assume a Napoli toni paradossali e straordinari.
    Purtroppo, sui giornali, i commentatori sembrano, di fronte alla tragedia dei rifiuti, vederci divisi in due: gli indifferenti e coloro che si oppongono a tutto. Ma le cose non sono così semplici: gli indifferenti al collasso amministrativo ci sono e sono la nostra croce, e fra questi una bella fetta di borghesia napoletana ammaliata dalle consulenze, ma accanto a questi c’è un variegato mondo, delle Associazioni, delle scuole, delle Parrocchie che sta chiedendo, non da ora, una buona amministrazione e soprattutto l’inizio di una raccolta differenziata dei rifiuti che ancora non riesce a decollare non per la cattiva volontà dei cittadini, molti dei quali, perfino in quartieri popolari come la Sanità o Bagnoli, s’industriano in mille modi per differenziare i rifiuti con davvero scarse risposte da parte della Pubblica Amministrazione.
    Questi ultimi sono stretti tra una protesta massimalista che può essere strumentalizzata da interessi anche criminali e un’amministrazione locale ben felice di subire le decisioni governative, sottraendosi ancora una volta alle proprie responsabilità. Né la camorra può essere considerata la causa di questo disastro : come ci ha ben spiegato Saviano essa viene sempre dopo le inefficienze dello Stato . Sentiamo sulla nostra testa una tremenda richiesta: “siate finalmente dei cittadini degni di questo nome, accettate la trasformazione di qualsiasi buco in discarica, qualsiasi tipo di inceneritore”. Eppure nelle manifestazioni che si susseguono, nelle pagine del web, si è costituito un fronte del si: sì alla raccolta differenziata, sì agli impianti di compostaggio, sì alla costruzione di piccoli impianti di smaltimento di nuova generazione e poco inquinanti, sì a discariche sicure.
    Prova della nostra capacità di saper anche gestire in modo virtuoso la questione rifiuti sono i tanti comuni campani dove la raccolta differenziata supera il 50%.
    Pessima informazione sulle pagine nazionali dei giornali che non rappresentano la realtà di una cittadinanza attiva, che pure esiste ed è fin troppo responsabile, la cui voce non riesce a raggiungere tutti gli altri italiani.[ Come si vede anche in queste ore: nessun politico o giornalista si è meravigliato del fatto che il Commissariato in 14 anni solo ora faccia carotaggi nella cava di Chiaiano, dopo averla individuata e data per sicura ! E la storia si ripete!

  7. @Carlo Capone

    E’ inutile parlare soltanto di discariche, va da se che occorre
    articolare il ciclo di raccolta differenziata, riciclaggio, riuso del
    materiale di scarto… inertizzazione, trattamento a freddo, ecc.
    Cosa fondamentale è non utilizzare discariche senza aver prima
    selezionato e trattato il rifiuto.
    In ogni caso, il geologo De’ Medici è da oltre un anno che afferma di avere individuato delle aree idonee perché argillose e lontane dai centri abitati. Si tratta, come efferma il geologo, delle aree attorno a Vallesaccarda, Vallata, Macedonia, Bisaccia.
    Qui si può trovare parte della sua relazione in cui racconta anche le reazioni di membri della struttura commissariale alle sue proposte:
    http://www.pressante.com/index.php?option=com_content&task=view&id=797&Itemid=34

    Su Chiaiano si trova materiale facilmente anche in rete. Avendo tempo
    e pazienza si può almeno scorrere la relazione del Professore Franco
    Ortolani al seguente link:
    http://napoli.indymedia.org/sites/napoli.indymedia.org/uploads//relazione%20ortolani.pdf

    Ovviamente non rispondo da esperto, infatti ho semplicemente segnalato delle fonti… spero utilmente.

    Marcello

  8. su google earth si può osservare con una certa chiarezza il sito di chiaiano – le cave di tufo – dove si intenderebbe installare la discarica: è completamente circondato, molto d’appresso, da centri abitati.
    la rete stradale di accesso non pare adeguata ad un via vai sostenuto dei mezzi carichi di rifiuti.
    alcuni edifici sono praticamente sul bordo del buco.
    non è secondario il fatto che il sito, benché ancora occupato da un paio di cave in attività, costituisce un’area verde piuttosto estesa e soprattutto piuttosto rara, in zona.
    insomma, se fossi di chiaiano, scenderei in piazza, anche se in questi casi la logica Nimby (non in my back yard) può risultare devastante per tutti.

  9. Intanto cominciamo col dire che non stiamo parlando di una città “normale”. Il commento del sig. Menna mi sembra provenire da un altro pianeta. La discarica vicino agli ospedali? Giammai!
    Sig. Menna, si faccia un giro nella zona ospedaliera. Troverà, con sua grande sorpresa, un discarica a cielo aperto spalmata su una supeficie abitativa di gran lunga superiore alla quadratura delle cave di Chiaiano. Si scandalizza che si faccia una discarica accanto al Cotugno, ospedale per le malattie infettive? Ma si rende conto che se non si fa subito, ora, immediatamente qualcosa l’ospedale Cotugno non riuscirà a contenere gli ammalati di epatite, tifo, colera? Si rende conto che portata avrebbe un’epidemia infettiva in una città come Napoli, non lontana dalla sua Marano? Lei parla di un fiume che fornisce acqua potabile. Ma quale fiume? Come si chiama? Da quando in qua le falde acquifere confluiscono nell’acquedotto? Ha parlato con l’Arin ( l’acquedotto di Napoli ), le hanno fornito dei dati, è certo di quello che scrive o sta solo alimentando con al disinformazione la leggenda della falda sottostante le cave? E secondo lei, i rilievi della commissione tecnica mista ( che comprende periti di tutte le parti ) non sarà in grado di fornire una rassicurazione adeguata? Secondo lei alcune decine di metri di pareti di tufo non bastano per imperdire che il percolato si formi al di fuori delle cave?
    Egregio sig. Menna, qui stiamo parlando di misure d’emergenza per un malato in fase terminale e a me pare che lei disquisisca della nocività del farmaco salvavita. La monnezza non si cura con l’omeopatia, o ci si muove subito con una cura da cavallo o presto rimpiangeremo la difesa a oltranza del proprio orticello.
    Dopo, solo dopo aver ripulito la mia e la sua città, potremo parlare di come riparare al problema che l’emergenza sta causando. E su questo, stia pur certo, troverà d’accordo tutti, anche coloro che, come me, pensano che al momento non vi è altra soluzione.

  10. Caro Bruno, se lei pensa che io dica cose false, allora che le dico a fare? Mi ha sgamato.
    Intanto per togliere la spazzatura dalla strada la mettiamo in un buco qualsiasi. Ogni pertuso è puorto, dicevano i marinai.
    La logica della catastrofe. Ecco come ci siamo arrivati.
    Io continuo a pensare che in Campania ci possano essere terreni argillosi, lontani dai centri abitati e dagli ospedali, più facilmente accessibili dove è più agevole fare una piccola discarica, di dimensioni ridotte con pronto un piano di bonifica e collegata ad un sistema diverso costruito sulla riduzione dei rifiuti, sul riciclaggio, sul trattamento della parte secca in modo da evitare di mandare in discarica il tal quale (che a Napoli significa pile, farmaci, amianto, vernici, calcinacci, elettrodomestici, pneumatici).
    Se poi le pesa così tanto l’angoscia del cumulo sotto casa, allora la tranquillizzo. Chiaiano, prima che sia pronta, a cominciare da oggi, avrebbe bisogno di almeno due mesi di lavori intensi. Quindi la monnezza che ha sotto il balcone bisognerà comunque metterla altrove. Scelga lei dove, purchè in periferia sia chiaro.

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Helena Janeczek è nata na Monaco di Baviera in una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da trentacinque anni. Dopo aver esordito con un libro di poesie edito da Suhrkamp, ha scelto l’italiano come lingua letteraria per opere di narrativa che spesso indagano il rapporto con la memoria storica del secolo passato. È autrice di Lezioni di tenebra (Mondadori, 1997, Guanda, 2011), Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), che hanno vinto numerosi premi come il Premio Bagutta Opera Prima e il Premio Napoli. Co-organizza il festival letterario “SI-Scrittrici Insieme” a Somma Lombardo (VA). Il suo ultimo romanzo, La ragazza con la Leica (2017, Guanda) è stato finalista al Premio Campiello e ha vinto il Premio Bagutta e il Premio Strega 2018. Sin dalla nascita del blog, fa parte di Nazione Indiana.
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