Articolo precedente
Articolo successivo

RADIOBAHIA: racconti per canzoni [004]

di Marco Ciriello

Radio News 1948

RADIOBAHIA: suona

“Grace Kelly Blues” degli Eels

4.
Monsieur Olivier Dupont crede solo a quello che incontra. Si muove per cercare e catalogare, raccontandolo nella sua rubrica “il costume di mio padre”. «So che non è molto di moda, ma io non ho radici, dove mi mettono sto. Sono un uomo misterioso e molto lento», questo ha scritto di sé. E quando, incontrando al capolinea la donna della sua vita, ha capito che tutto quell’andare su e giù era perchè cercava l’amore, si sarebbe messo a piangere. Poi, con l’aiuto della fisica quantistica, si è convinto, che esistano universi uguali a quelli che viviamo per ogni variabile di un avvenimento, consolandosi del tempo perduto: dicendosi che negli altri, lui già l’amava, già l’aveva amata. E che la maledetta piega della sua vita lo aveva relegato nell’unica parte di tempo dove era dispari. Il giorno dopo, ha scritto: ora datemi solo la luce.

Radiobahia suona ogni venerdi all’alba sul quotidiano IL MATTINO

[ da Eels, “Grace Kelly Blues”, Track 01 da Daisies of the Galaxy, DreamWorks, 14 marzo 2000 ]

[ immagine da: http://www.antiqueradio.org
©1995-2008 Philip I. Nelson, all rights reserved ]

RADIOBAHIA: [ 001 ] [ 002 ] [ 003 ]

Print Friendly, PDF & Email

5 Commenti

  1. Ma la luce a Monsieur Dupont non fu data. Su un quotidiano che la donna della sua vita comprava per conoscere in lingua originale le storie dei rifiuti, trovò sei righi in cui si riconobbe. Così capì di dovere tutto ai rifiuti. Quando lesse che stavano per trasferirli in Germania gli venne ancora da piangere. Prese il treno per Amburgo, e si perse in un altro universo. La donna ogni venerdì all’alba compra un giornale che non è mai lo stesso, per vedere se Olivier scrive ancora. Pensa a lui ancora come a un tipo dispari.

  2. Vigliaccamente, perché sapeva, Olivier non usò più il suo vero nome, per gli articoli che non avrebbe mai più scritto. Infatti, portatosi avventatamente nei pressi di Casoria, per un’inchiesta sulle bufale [lette o non lette?], venne investito da una balla euroecografica. Incidente che determinò l’intervento dell’art director del giornale. Che in questo modo l’apostrofò, licenziandolo:
    “Quoque tu O.T.!”.
    L’Innominato vive ora, e per sempre, in un tubolare vonnegutiano, di cui approfitta, ogni tanto, per dare una sbirciata alle tette della Littizzeto, quando il tempo è buono e le nuvole non impediscono la vista

  3. Smise di cercarlo alla fermata dell’autobus, troppi ricordi per chi ancora li ha. Smise di studiare la fisica quantistica, davvero troppo distante dalla razionalità del cuore.
    Si affacciò ad un balcone ed aspettò. Era l’alba, la luce arrivò.

  4. Fu allora che Ochwia Biano (Lago di Montagna), un capo dei Pueblos Tao, disse: “Non è forse egli che si muove là, il padre nostro? Chi potrebbe dire diversamente? Come potrebbe esserci un altro dio? Nulla può esistere senza il Sole!”
    Mentre, tra gli Elgonnyi, un altro vecchio spiegava a un frastornato occidentale, capitato per caso nel territorio della sua tribù: “Di mattina, quando spunta il sole, usciamo dalle nostre capanne, ci sputiamo sulle mani, e le alziamo rivolgendole verso il sole.”

    Il vecchio disse che questa era la vera religione di tutti i popoli, che tutti i Kevirondos, i Buyanda, tutte le tribù che abitavano le regioni che si scorgono dalla montagna, e anche molto più in là, adoravano Adhista, e cioè il sole al momento del suo sorgere. Solo allora il sole era mungu, Dio.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

“Vittime senza giustizia, almeno la memoria” di Anna Paola Moretti

di Orsola Puecher
Anna Paola Moretti, storica della memoria e della deportazione femminile, in questa nuova indagine ricostruisce con la consueta accuratezza, fra documenti, archivi e ricerca di testimonianze sul campo, la vicenda di due giovani donne martiri del nazifascismo nel pesarese...

Colfiorito

di Nadia Agustoni

Colfiorito
(qualcosa di bianco)
Sera a Colfiorito
nel garrire di rondini
in un’amnesia di cielo
e penombra
sull’ascia dei temporali
portammo radici di voci
e alveari.

V. Ė. Mejerchol’d UN BALLO IN MASCHERA

di Anna Tellini
«A noi, compagni, sia a me, che a Šostakovič, che a S. Ejzenštejn, è data la pie­na possibilità di continuare il nostro lavoro e solo nel lavoro correggere i nostri errori. (Applausi). Compagni, dite: dove, in quale altro paese dell’or­be terraqueo è possibile un simile fenomeno?» Queste parole precedono solo di poche ore la firma dell’ordine di arresto di Mejerchol’d.

Manuela Ormea IL BARONE RAMPANTE

di Manuela Ormea
Razionalità ed invenzione fantastica costituiscono il nucleo del romanzo. In quest’opera è richiesta la capacità di guardare la realtà contemporanea ponendosi ad una giusta distanza.

Ricominciamo dalle rose

di Nadia Agustoni
mastica duro il cane della ricchezza
le ossa bianche del paese
le nostre ossa
spolpate

in memoria – per Cristina Annino per dopo

di Nadia Agustoni
è un minuto l’universo sulla città dei vivi
ma cresce a ogni uomo la terra
l’osso si fa parola
non si abbassa la grandezza
della morte.
orsola puecher
orsola puecherhttps://www.nazioneindiana.com/author/orsola-puecher/
,\\' Nasce [ in un giorno di rose e bandiere ] Scrive. [ con molta calma ] Nulla ha maggior fascino dei documenti antichi sepolti per centinaia d’anni negli archivi. Nella corrispondenza epistolare, negli scritti vergati tanto tempo addietro, forse, sono le sole voci che da evi lontani possono tornare a farsi vive, a parlare, più di ogni altra cosa, più di ogni racconto. Perché ciò ch’era in loro, la sostanza segreta e cristallina dell’umano è anche e ancora profondamente sepolta in noi nell’oggi. E nulla più della verità agogna alla finzione dell’immaginazione, all’intuizione, che ne estragga frammenti di visioni. Il pensiero cammina a ritroso lungo le parole scritte nel momento in cui i fatti avvenivano, accendendosi di supposizioni, di scene probabilmente accadute. Le immagini traboccano di suggestioni sempre diverse, di particolari inquieti che accendono percorsi non lineari, come se nel passato ci fossero scordati sprazzi di futuro anteriore ancora da decodificare, ansiosi di essere narrati. Cosa avrà provato… che cosa avrà detto… avrà sofferto… pensato. Si affollano fatti ancora in cerca di un palcoscenico, di dialoghi, luoghi e personaggi che tornano in rilievo dalla carta muta, miracolosamente, per piccoli indizi e molliche di Pollicino nel bosco.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: