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Via dalla pazza folla

di Franz Krauspenhaar

Cristina Annino è una poetessa dalla lunga strada percorsa ma con tanti chilometri ancora da fare. Una donna-poeta che debutta nel ’68 con Non me lo dire, non posso crederci, già con una sua voce distinguibile. In breve, la sua poesia fuori da ogni “poetichese” viene molto apprezzata da Franco Fortini e da Vittorio Sgarbi, tra le varie pubblicazioni in poesia e prosa, appare nell’antologia Einaudi L’udito cronico, nei Nuovi poeti italiani n.3 (1984); ma la poetessa toscana non arriverà mai, nonostante la sua bravura e originalità a pubblicare con un grande editore. Troppo via dalla pazza folla dei questuanti, troppo indipendente, troppo stella solitaria. Nessuna inclinazione e voglia per girare attorno alle poltrone e ai potericchi; e dunque la Annino s’è prestata soltanto alla sua arte, con la svagata asciuttezza del suo stile letterario che è emanazione naturale di un modo tutto particolare e inimitabile di esserci, qui e ora. Era dal 2001, con il corposo Gemello carnivoro, che la poetessa faceva tacere le rotative. E’ comunque sua abitudine esprimersi quando ha davvero urgenza, come ogni artista che si rispetti. Passati sette anni dalla silloge dedicata alla memoria dell’amato marito, il “gemello carnivoro” del titolo, l’Annino finalmente dà alle stampe Casa d’aquila– Levante Editori, Bari, 2008 pp. 94 euro 10,00. Una raccolta breve e affilatissima, come un ricomporre tanti pezzi passati di vita e sensazioni in una summa che non vuole essere definitiva; io la vedo piuttosto come un giusto omaggio a se stessa, agli affetti e, nella sezione chiamata Canti d’aceto a ciò che inevitabilmente urta, si frappone tra il sè e quel grano di felicità che dovrebbe sempre competerci. Ma non è così, e allora la poesia graffia,a volte deride ma senza abbassare il coltello. Ferisce ma non per fare del male, bensì per dire che non si è della partita, che la partita proprio non la si riconosce tra i dannati giochi obbligati della vita.

(Pubblicato su Il domenicale – 14.06.2008)
QUI alcune poesie della raccolta già pubblicate in anteprima su Nazione Indiana.

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24 Commenti

  1. “Troppo via dalla pazza folla dei questuanti, troppo indipendente, troppo stella solitaria. Nessuna inclinazione e voglia per girare attorno alle poltrone e ai potericchi; e dunque la Annino s’è prestata soltanto alla sua arte, con la svagata asciuttezza del suo stile letterario che è emanazione naturale di un modo tutto particolare e inimitabile di esserci, qui e ora”.

    La capisco. Anch’io sono di quella pasta.
    E non per presunzione. Semplicemente per dignità.

    Corsa ad ostacoli. 12 anni 12 per arrivare a tre giovani di talento, i miei editori, attraversando la breve, splendente vita della rivista Hortus Musicus di Roberto De Caro. E, nonostante la benedizione di scrittori affermati, il mio lavoro non ha meritato nemmeno una breve recensione. Due letture critiche in rete, e niente altro. (Ringrazio le autrici).
    Ma non me ne dolgo.
    Io che scrivo contro la prostituzione dilagante a chi e per che cosa dovrei andarmi a prostituire? Non voglio morire schizofrenico, scisso tra la realtà, violenta, che mi tocca sopportare e la mia indole, e lo scrivere e l’agire contro il mercimonio di sé. Il genere umano si associa per cosche. La cultura dell’individuo, a cominciare dal nostro paese, non esiste. Per avere una qualche visibilità, bisogna “appartenere”. Ed ossequiare il potente (leggi: mafiosetto) di turno.
    Un esempio. Se Arthur Rimbaud non fosse stato l’amante di Paul Verlaine, avrebbe pubblicato? E sarebbe diventato RIMBAUD? Inoltre, cosa lo ha portato ad abbandonare la poesia? Forse il disgusto che provava per gli ambienti letterari, perfettamente simili, come dinamiche, ad altri ambienti meno “elevati”?

    “André Breton amava come un cuore batte. Era amante dell’amore in un mondo che crede alla prostituzione. Egli ha incarnato per me il più bel sogno di gioventù di un momento del mondo”, Marcel Duchamp (1966).

    “Non sarò mai un politico. Sono un rivoluzionario. Perché non esiste vero poeta che non sia rivoluzionario”, Federico Garcia Lorca.

    (sergio falcone,
    Fuggir lontano da dove,
    Le Nubi edizioni, Roma 2006)

  2. Grazie a Franz per il suo omaggio niente affatto “modesto” e a Nadia per il commento. Personalmente non credo alla sensibilità della sinistra per l’arte del nostro paese. Se storicamente si è più occupata di cultura rispetto alla destra, lo ha fatto solo per strategia politica e così si è ritrovata, suo malgrado, tra le braccia il maggior numero di artisti. I quali sarebbero stati ugualmente felicissimi di essere oggetto di analisi da parte della destra. Ben vengano dunque giornali, quotidiani, blog di destra! La letteratura e altre forme artistiche non hanno “sesso” politico. Basterebbe che la macchina, qualunque sia, cominciassa a funzionare come si deve. Per fortuna di noi autori poeti ci sono alcuni blog, tra cui NI, molto attenti, intelligenti e quindi promozionali, che aiutano il nostro lavoro. Basterebbe inoltre pensare che alcuni dei più grandi autori di letteratura, mondiali, avevano ed hanno idee politiche non certo di sinistra.

  3. Cara Cristina,

    mi permetto di non essere d’accordo. Che, da parte della Sinistra, ci sia e ci sia stato dell’opportunismo politico, è fuor di dubbio. Nella società delle corporazioni, ognuno tira l’acqua al proprio mulino. Chi parla è stato protagonista di episodi di rifiuto della propria opera basati, spesso, sugli umori e sulle convenienze ideologiche, e spicciole, del momento. E sull’idiozia.
    L’unica vera, grande, imperdonabile eresia è essere se stessi.
    Non mi butto tra le braccia di nessuno. Men che mai tra quelle della Destra.
    L’autoritarismo è il male assoluto. A cominciare da quello nazifascista.

  4. mi piace la ritrosia selvatica dell’annino, è vero questo stride con i meccanismi strategici del marketing, ma tra le due optioni preferisco una scelta in sintonia con la propria indole. per fortuna c’è “el franzo”( anzi felice di sapere che non è l’unico) che ha riscontrato, e sottolineato, questa mancanza di attenzione da parte della stampa vero una autrice “fuori dal coro” anche in senso poetico. al giorno d’oggi parlare ancora di ideologia politica mi fa sorridere, basta accendere la tv (che peraltro non possiedo) per capire quanto siamo caduti in basso. i quotidiani (vittime a loro volta di un share di vendita, dato l'”ampio” numero di lettori in Italia) testimoniano questo decadimento d’interessi e predilicono recensire autori del momento. tutto questo non deve giustificare la scarsa attenzione verso un’autrice la cui riservatzza tende a coincidere con uno stato di concentrazione max per raggiungere versi desiderati-ricercati-agognati, senza ansie di protagonismo.

    “Vivo della poesia come le vene vivono del sangue. La poesia è una catarsi del dolore, come l’immensità della morte è una catarsi della vita…. Per chi ai suoi giorni non vede più che un colore di tramonto e sente, attraverso il suo cielo, salire l’estremo pallore; per chi ancora beve, con occhi allucinati, l’incanto delle cose, ma non sa, non può…tradurlo più in parole, è come rivivere trovare un’anima giovane che sprigiona il nostro stesso canto inespresso…”

    Antonia Pozzi, da “lettera (immaginaria)” scritta al caro-severo padre

  5. Ma la poesia non abbisogna della retorica delle destre o delle sinistre, signori, abbisogna solo di lettori e poi essere veramente “fuori dal coro” significa viaggiare in beata solitudine. ;-)

    Visibilità

    Le parole sono come il vino,

    decantano quando è buono,

    pronte a essere stappate

    da una bottiglia impolverata

    nella rilettura dell’etichetta.

    Non ho mai incontrato

    quel contadino.

    Né oggi né ieri

    ho mai pigiato l’uva

    in fosforescenti fiere della vanità,

    si sente ancora l’odore del mosto,

    fermentando deposita,

    talvolta, il gusto

    tra vigneti in fiore

    e il tempo, improvvisamente,

    ritorna a far capolino.

    Marco

  6. Caro Sergio, non era mia intenzine contraddirti. Parlo per me stessa e potendosi definire-sotto un profilo ortodosso- apolitica, la mia poesia, credo che resterei sempre me stessa, in qualunque atmosfera (perchè oggi solo di atmosfere si può parlare) ideologica. La libertà di essere se stessi non dipende mai da chi comanda, ma la libertà di essere visibili dipende sempre da Qualcuno. Questi non è obbligatoriamente di una delle due tendenze, è semplicemente ignorante e, visto storicamente, un masochista. Rifiuti importanti io ne ho avuti da entrambi gli schieramenti, non perché non fossi, almeno una delle due volte, in “linea”, ma per la profonda ignoranza e limitatezza della proiezione storicistica che hanno entrambe le ideologie perlomeno europee. Il discorso comunque, detto così brevemente, viene quasi ridicolizzato, ma tant’è!

  7. purtroppo o per fortuna, però, la cultura è di sinistra
    Si diceva una volta e si dovrebbe ripensare…

    b!

    Nunzio Festa

    p.s. e ovviamente poetesse e poeti comunque contro, fuori dalle righe fatte pure male

  8. Festa, abbi pazienza, sarà il caldo, ma chi ti capisce è bravo! Che c’entrano le righe? E, poi! “poeti e poetesse”, ma dove siamo in collegio di suore, coi maschietti e le femminicce separate?
    Viva comunque Sgarbi!

  9. gentile Frau,

    infatti, più giusto e come faccio sempre
    sarebbe stato dire poetesse e poeti – che fino a prova contraria i sessi son sempre due o cose simili…
    e con righe: intendevo evidentemente stare NON ALLINEATI (solamente ciò) e farlo nonostante tutto

    b!

    Nunzio Festa

  10. Cara Cristina,

    il mio scrivere spesso è dichiaratamente politico. Ma non riesce a trovare una sua collocazione nel panorama asfittico e mafioso delle organizzazione odierne.
    Come Elsa Morante, sono con gli ultimi. E, come mi avvertiva saggiamente mia madre Rosa, a furia di essere accanto ai diseredati, sto finendo anch’io col diventarlo, un diseredato.
    Sono passati,… ahimé!, i tempi di Piero Gobetti, di Antonio Gramsci, di Giacomo Matteotti, di Camillo Berneri, dei fratelli Carlo e Nello Rosselli… E la politica non è altro che l’arte della medietà, della mediazione e dell’intrallazzo. Spesso a bassissimo livello. Quando, invece, il povero Cesare Pavese parlava della politica come della cultura che diventa azione… Oggi è proprio chi agisce in ambito pubblico ad ucciderla, la cultura. Ma Pavese, come me, non era che un inguaribile ingenuo.
    Mi tornano alla mente alcuni episodi significativi. Terribili. Specchio dell’epoca che siamo costretti a vivere. Di quando i Comuni di Roma e di Milano respinsero le ottanta casse che raccoglievano l’archivio privato di Fernanda Pivano. Una vita, splendida, di lavoro e di emozioni. E di quando Arturo Schwarz trasferì in Israele buona parte delle opere di artisti d’avanguardia in suo possesso, perché nessuna istituzione italiana le voleva.
    Purtroppo, viviamo nell’epoca della falsificazione e della falsità totali.
    E, come diceva Theodor W. Adorno, “Il vero non è che una parte del falso”.
    Oramai, abbandonati gli ambienti rumorosi d’un tempo, vivo in una condizione di quasi solitudine. In attesa di tempi e di persone migliori…

    Esisterà mai sulla terra un luogo dove è possibile respirare un po’ d’aria pulita? Dove “buon*giorno” significa davvero “buon*giorno”? (Vittorio De Sica, Miracolo a Milano).

    I miei complimenti più sinceri per il tuo versificare.
    Scrivo, ma preferisco non chiamarmi “poeta”.
    Non è falsa modestia la mia. E’ puro e semplice rispetto.
    Preferisco che siano gli altri a farlo, se lo merito.
    Un abbraccio affettuoso e, consentimi, una carezza.

    Continuerò sempre a ritenere che la politica debba discendere dall’etica e che il fine non giustifichi mai i mezzi.

    “Troppo radicale per i letterati, troppo artista per i militanti”, Benjamin Péret.

  11. Caro Sergio, non posso che concordare in pieno con quel che dici. Io, al contrario di te, non so parlare correttamente di politica o storia politica, il mio discorso era perciò molto semplice e può aver dato luogo a spiacevoli equivoci. Credo invece che noi due siamo molto simili, ma come spiegarlo? Rinuncio e ti ringrazio per la lezione che mi hai dato. Anch’io ti abbraccio affettuosamente.

  12. Non penso che rispetto alla “politica”, destra e sinistra, si possa fare un discorso “se non… allora”.
    Il discorso è semplicemente questo: “fuori”, anche se la propria poesia può contenere cose in sintonia con i mistificanti manifesti acchiappavoti di una delle parti.
    Scrivo dal 1978, quando ero immerso totalmente in una militanza a cui ho sacrificato gli anni migliori.
    Per quanto mi preoccupassi di farne circolare copie, nessun “compagno” si è mai interessato di ciò che facevo.
    Eppure, a rivederle ora, seppure datate, non erano neppure malvage. Solo che non servivano all'”ideologia”.

    Questa storia – ogni tanto serve anche la storia autobiografica – è durata trent’anni, e solo ora un meritevole “piccolo editore” si è accorto di me.

    Fortunatamente, questa storia, non è riuscita a distruggermi. Mentre, negli anni, ho visto distruggersi le “sinistre” in cui, sbagliando, di volta in volta, mi pareva “giusto” identificarmi.

    Mentre la sola identità che valeva era l’altra, anche se misconosciuta.
    E, sempre, senza che nessuno ti accompagnasse.

    La Cristina Annino ho avuto possibilità di conoscerla attraverso NI, ed ora Franz ci indica ancora una volta dove bisogna guardare per non sentirsi soli.

    Grazie Franz. Grazie Cristina.

  13. Ho mentito. Non è vero che nessun compagno si accorse allora della poesia.

    [Ora, rileggendo che la Annino venne pubblicata in “Nuovi poeti italiani n. 3]

    Venni sapere che uno dei compagni a cui ero più affezionato, Gianfranco Ciabatti, era un poeta, soltanto quando vidi stampato il suo nome su “Nuovi poeti italiani n. 1”.

    Gli diedi i miei manoscritti, parlai, finalmente, di poesia, con un compagno che mi aveva letto, dopo averlo letto.

    Gianfranco non è più con noi, ma io mi azzardo a rubare un piccolo spazio di ospitalità a Franz e Cristina, per ricordarlo, per ricordare il mio primo “noi”, con una sua poesia:

    Consiglio a un compagno.

    Quando ti accori dell’offesa ingiusta
    e cedendo a languori consolanti di compiangi
    per cercare sollievo,
    sbrìgati a tornare al tuo costume
    di tranquilla freddezza,
    perché le offese fatte a chi si batte
    sono le giuste offese del nemico.

    1977.

  14. ringrazio Franz per l’attenzione dedicata alla Annino, e chiedo scusa a quest’ultima se , pretestuosamente, approfitto di quest’occasione per ricordare che sono molti, e molte, i poeti trascurati dall’editoria. Per restare nel solo ambito fiorentino, ricordo che Margherita guidacci(cattolica),è dimenticatissima; e che una grande poetessa che ha esordito anche lei nel fiume in piena del ’68, è relegata in una marginalità senza riparo.Mi riferisco a Mariella Bettarini(antagonista,di sinistra), vera voce della dissidenza e della diversità che ha pagato lo scotto di una sovraesposizione ideologica,sessuale, sperimentale.Il suo sperimentalismo infatti non è mai stato accettato dai ‘parnassiani’ o tardoermetici toscani, né, d’altro canto ha potuto godere della solidarietà
    dei materialisti tout-cour. Si è così ritrovata splendidamente sola a dirci in una lingua corporale e meticcia tutto lo scempio di questi ultimi cinquant’anni di vita irrepubblicana. Ricevo proprio ora una ponderosa autoantologia di Mariella, “A parole, in immagini”, editata da Gazebo,la piccola editrice fatta in casa con l’amorosa complicità di Gabriella Maleti.Un volume che testimonia quanto di meglio, e ben al di là di certe trovate “innamorate”, di certe boutades da “pubblico della poesia”,sia stato scritto negli anni ’60 e ’70, ma anche negli anni ’80, mentre trionfavano manierismi della letterarietà più bieca e algide retine strutturaliste.Caro Franz, e cara Nazione Indiana, mi auguro che vogliate aprire una finestra su questa bella personalità poetica.

  15. @manuel cohen: sottocrivo ogni tua parola. a giorni dovrebbe uscire su NI un testo dall’antologia di Mariella Bettarini, di cui secondo me è bene ricordare non solo il talento poetico, ma anche l’attenzione e l’amore per la poesia degli altri.
    Sulla Guidacci ti consiglio, oltre all’opera omnia curata da Maura del Serra per Le lettere, il volume uscito per Le lettere qualche anno fa dove sono raccolti gli atti del convegno: http://www.lelettere.it/site/e_Product.asp?IdCategoria=&TS02_ID=844, naturalmente se già non lo hai!
    E ringrazio Franz per questa recensione ad un libro bellissimo.

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