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lettera alla madre

di Ingrid Betancourt

(resa pubblica il 1° dicembre 2007)

È un momento molto difficile per me. Chiedono le prove che sono viva e ti apro l’animo in questo scritto. Fisicamente sto male. Non mangio, non ho fame, mi cadono molti capelli. Non ho voglia di niente. Credo che sia la cosa migliore che possa capitare, non aver voglia di niente, perché qui, in questa giungla, l’unica risposta a qualunque richiesta è “no”. Dunque, è meglio non avere voglia di nulla ed essere almeno libera dai desideri.
Sono ormai tre anni che chiedo un dizionario enciclopedico per poter leggere qualcosa, per imparare qualcosa, per mantenere viva la curiosità intellettuale. Continuo a sperare che, almeno per compassione, me ne procurino uno, ma è meglio non pensarci. Ogni cosa è un miracolo, anche ascoltarti ogni mattina, dato che la radio che ho è vecchia e mal funzionante. Voglio chiederti, mamma cara, di dire ai ragazzi di mandarmi tre messaggi alla settimana. Niente di speciale, se questo è anche il loro desiderio e se avranno voglia di farlo. Non ho bisogno d’altro se non di essere in contatto con loro. È la sola informazione vitale, essenziale, indispensabile, il resto non mi interessa più.
Come ti dicevo, la vita qui non è vita, è un lugubre spreco di tempo. Vivo, o meglio, sopravvivo in un’amaca tesa tra due pioli, ricoperta da una zanzariera e con sopra una tenda che funge da tetto e che mi consente di pensare di avere una casa. Possiedo una mensola dove appoggio le mie cose, vale a dire lo zaino che contiene i miei abiti e la Bibbia, che rappresenta il mio unico lusso. È tutto pronto per una partenza improvvisa. Qui nulla è certo, nulla è duraturo, l’incertezza e la precarietà sono la sola costante. In ogni momento possono dare l’ordine di prepararsi a partire, e ciascuno deve dormire in una buca qualsiasi, sdraiato non importa dove, come un animale. Ho le mani sudate e la mente annebbiata, finisco per fare le cose molto più lentamente del normale. Le marce sono per me un calvario perché il mio equipaggiamento è molto pesante e non riesco a sostenerlo. Ma tutto è stressante, perdo le cose o me le sottraggono, come i jeans che Mélanie mi aveva regalato a Natale e che avevo addosso quando mi hanno preso. L’ unica cosa che sono riuscita a conservare è la giacca e questa è stata davvero una benedizione, poiché le notti sono gelide e non ho altro per coprirmi. Prima, approfittavo di ogni occasione per fare un bagno nel fiume. Dato che sono la sola donna del gruppo, lo devo fare quasi completamente vestita: pantaloncini, camicia e stivali. Prima mi piaceva nuotare nel fiume, ma adesso non ne ho più neppure la forza. Sono debole, sembro un gatto davanti all’ acqua. Io che amavo tanto l’acqua, non mi riconosco più. Ma da quando hanno separato i gruppi, non ho più avuto né l’interesse né l’energia di fare nulla. Faccio soltanto qualche esercizio di stiramento, dato che lo stress mi blocca il collo, che mi fa molto male. Grazie a questi esercizi, riesco a muoverlo un po’. Preferisco restare in silenzio, parlo il meno possibile per evitare problemi. La presenza di una donna in mezzo a tanti prigionieri maschi che si trovano in questa situazione da otto o dieci anni, è un problema.
Durante le ispezioni, ci sottraggono le cose che ci sono più care. Una tua lettera mi è stata sottratta dopo l’ultima prova di sopravvivenza, nel 2003. I disegni di Anastasia e di Stanislas, le fotografie di Mélanie e Lorenzo, una medaglietta di mio padre, un programma di governo in 190 punti, mi hanno preso tutto. Ogni giorno perdo qualcosa di me stessa. Certi particolari ti sono stati raccontati da Pinchao. Tutto è difficile. È importante che io dedichi queste righe alle persone che rappresentano il mio ossigeno, la mia vita. A quelli che mi tengono viva, che non mi lasciano affondare nell’oblio, nel nulla e nella disperazione. Tu, i miei figli, Astrid e i bambini, Fab, Tata, Nancy e Janqui.
Ogni giorno, sono in contatto con Dio, con Gesù e con la Vergine. Qui tutto ha due volti, la gioia segue ogni volta il dolore. La gioia è triste. L’amore cura e allo stesso tempo apre nuove ferite, è come vivere e morire di nuovo ogni volta. Nel corso degli anni non ho potuto pensare ai ragazzi e il dolore per la morte di papà ha assorbito tutta la mia capacità di resistenza. Piangevo pensando a loro, mi sentivo soffocare, incapace di respirare. Dentro di me, dicevo: «Fab è là, vede tutto, non è necessario preoccuparsene e nemmeno pensarci». Sono quasi impazzita a causa della morte di mio padre. Non ho mai saputo come sia accaduto, chi c’era, se mi ha lasciato un messaggio, una lettera, una benedizione. Ma ciò che ha dato sollievo al mio tormento è stato il pensiero che egli è morto nella fede in Dio e che lo ritroverò lassù e lo prenderò tra le braccia. Sono certa di questo.
Ascoltarti è stata la mia forza. Tengo a mente l’età di ciascuno dei miei figli. Ad ogni compleanno canto loro Happy Birthday. Chiedo ogni anno di poter preparare un dolce. Ma da tre anni a questa parte, ogni volta che lo chiedo, la risposta è “no”. È lo stesso: che mi diano un biscotto o un piatto di riso e fagioli, come succede di solito, immagino che sia una torta e, nel mio cuore, festeggio il loro compleanno. Alla mia Melelinga, Mélanie, mio sole di primavera, mia principessa della costellazione del cigno, a lei che amo tanto, desidero dire che sono la madre più orgogliosa di questa terra. E se dovessi morire oggi stesso, me ne andrei soddisfatta della vita, ringraziando Dio per i miei figli. Mélanie, ti ho sempre detto che sei la migliore, molto migliore di me, una specie di versione perfezionata di ciò che io avrei voluto essere. è per questo, con l’ esperienza che ho accumulato nella vita e nella prospettiva che mi offre il mondo visto a distanza, che ti chiedo, amore mio, di prepararti per raggiungere le mete più alte.
Al mio Lorenzo, al mio Loli Pop, il mio angelo della luce, il mio re dagli occhi azzurri, il mio musicista che canta e mi incanta, al signore del mio cuore, voglio dire che dal giorno in cui è nato e fino ad oggi è stato la fonte delle mie gioie. L’altro giorno, ho ritagliato una fotografia da un giornale arrivato per caso. È una pubblicità di un profumo di Carolina Herrera, “212 Sexy Men”. Si vede un uomo giovane e mi sono detta: il mio Lorenzo deve essere così. E l’ho conservato. Mamita, ci sono tante persone che voglio ringraziare per il fatto che si ricordano di noi, per non averci abbandonato. Per un lungo periodo, siamo stati come i lebbrosi che rovinano la festa. Noi, i sequestrati, non siamo un tema “politicamente corretto”, suona meglio dire che bisogna affrontare con fermezza la guerriglia, anche se dovesse costare il sacrificio di vite umane. Di fronte a ciò, il silenzio. Solo il tempo può aprire le coscienze ed elevare gli spiriti.
Io penso alla grandezza degli Stati Uniti, per esempio. Questa grandezza non è il frutto della ricchezza di territori, di materie prime, ecc., ma piuttosto il frutto della grandezza d’animo dei leader che hanno plasmato la nazione. Quando Lincoln ha difeso il diritto alla vita e alla libertà degli schiavi neri in America, ha anche affrontato molti interessi economici e politici considerati superiori alla vita e alla libertà di un pugno di neri. Ma Lincoln ha vinto e resta impresso nell’immaginario collettivo della nazione la priorità della vita dell’essere umano sopra qualunque interesse di altra natura. In Colombia, dobbiamo ancora riflettere sulla nostra origine, su ciò che siamo e su dove vogliamo andare.
Per quanto mi riguarda, ciò a cui aspiro è che un giorno possiamo provare la sete di grandezza che fece elevare dal nulla i popoli per raggiungere il sole. Mamita, ahimé, vengono a prendere le lettere. Non ho potuto scrivere tutto ciò che avrei voluto. A Piedad e a Chávez, tutto, tutto il mio affetto e la mia ammirazione. Le nostre vite sono lì, nel loro cuore, che so essere grande e generoso.
Il mio cuore appartiene anche alla Francia. Quando la notte calava più buia, la Francia è stata il faro. Quando chiedere la nostra libertà era una iniziativa mal vista, la Francia non si è tirata indietro.
Quando hanno accusato le nostre famiglie di nuocere alla Colombia, la Francia le ha sostenute e consolate. Non potrei credere che un giorno riuscirò ad abbandonare questo luogo se non conoscessi la storia della Francia e quella del suo popolo. Ho chiesto a Dio che mi conceda la stessa forza che ha avuto la Francia nel fronteggiare le difficoltà, per sentirmi più degna di essere annoverata tra i suoi figli.
Amo la Francia con tutto il cuore, tutto il mio essere cerca di nutrirsi delle qualità del suo carattere nazionale, un paese che cerca sempre di farsi guidare dai principi e non dagli interessi.
Amo la Francia di tutto cuore, giacché ammiro la capacità di mobilitarsi di un popolo che, come diceva Camus, sa che vivere significa impegnarsi. Tutti questi anni sono stati terribili ma non credo che sarei ancora viva senza l’impegno che è stato offerto a tutti noi, qui, che viviamo come dei morti. Per molti anni ho pensato che, finché fossi stata viva, finché avessi continuato a respirare, avrei dovuto continuare a coltivare la speranza.
Oggi non ho più le stesse forze, mi riesce estremamente difficile continuare a crederlo, ma vorrei che sapessero che ciò che fanno per noi, fa la differenza. Ci siamo sentiti esseri umani. Mamita, avrei altre cose da dirti. È ormai parecchio tempo che non ho notizie di Clara e del suo bambino
Bene,
Mamita, che Dio ci aiuti, ci guidi, ci dia la pazienza e ci protegga per sempre, e addio.

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17 Commenti

  1. Mille grazie, Orsola: è una notizia che rallegra tutti, un sollievo.
    La lettera è bella: il ricordo dei figli è trasfigurato dall’amore, come sospeso nell’aria con grazia. L’accenno alla Francia anche mi ha commossa, perché sottolinea una qualità umana: l’impegno.
    Cio che colpisce è la dolcezza che ha resistito nella peggiore situazione,
    la volontà di restare in accordo con il pensiero intellettuale, nostante il dolore del corpo, le privazioni, lo stremo.

  2. mi vengono le lacrime…

    scusami orsola… se segnalo un articolo che postai io su absolute, se qualcuno volesse aggiungere qualche frammento, io riporto nell’articolo non solo un video scioccante girato da un giovane, coraggioso videoartista colombiano,
    ma anche la puntata di “La storia siamo noi” per avere una visione più ampia della vicenda.

    http://lellovoce.altervista.org/spip.php?article1337

  3. la categoria di questo post è vasicomunicanti

    niente scuse, quindi, Maria
    anzi
    ti ringrazio del link

    ,\\’

  4. Grazie a Maria di avere postato il link: la poesia, la video molto dura che affronta la realtà del paese, i bambini restano nella mente. Conservo l’immagine della bambina che è la paura stessa, con le mani verso la bocca, gli occhi, il corpo un po’ rannicchiato.

  5. “Il mio sogno è che un giorno la Colombia possa diventare una vera democrazia. Mi si ripete continuamente che è un sogno irrealizzabile. Spero che si capisca perché ho invece bisogno di crederlo possibile.”
    Ingrid Betancourt lascia senza fiato, rimane nel cuore e nella mente.
    Hanno provato a fermarla in ogni modo: cercando di assassinarla, costringendola a separarsi per lunghi periodi dai suoi figli per proteggerli dai sicari, sabotando la sua attività di senatrice con finti scandali ed espulsioni dall’aula.
    Ma, nonostante gli attentati subiti e le minacce di morte ai suoi figli, ha continuato a lottare per i suoi ideali.

    Dan hai proprio ragione, questa è una bellissima giornata….

  6. Non sappiamo se la storia della liberazione (un blitz indolore durato 5 minuti, meno dell’estrazione di un molare) divulgata dalle autorità colombiane sia vera. Sappiamo però che la lettera di Betancourt del dicembre 2007 è manipolata. Manipolata in patria e manipolata all’estero, e segnatamente in Italia nella pubblicazione che ne fece La Repubblica. La dimostrazione è dovuta ad Annalisa Melandri e si può leggere qui: http://www.carmillaonline.com/archives/2007/12/002479.html
    Nonostante gli entusiasmi e la commozione del momento, Betancourt resta un politico di primo piano, e la Colombia resta un paese disperato.

  7. [ Non è che qualcuno ha intenzione di dimostrare che Ingrid ha trascorso sette anni di vacanza in un villagggio turistico… e che il blitz è stato condotto da comparse di Hollywood e poi… si sa… il fatto che abbia pregato è recitato il rosario non piace troppo a qualcun’altro ]

    Nell’articolo citato da niki lismo, un coacervo di sinistrese e di luoghi suoi comuni tipici come non ne leggevo da anni lontani, tralasciando l’incipit davvero orribile che la dice tutta sul tono, sull’ironia “fine” e “sottile”

    “Meno male che Ingrid Betancourt è un po’ francese, meno male che è elegante e che è pure bella.”

    la “dimostrazione” della manipolazione mi pare debole e confusa nel primo punto:

    la frase riportata da Melandri

    “hay un ser fuerte frente a la guerrilla, aún si se sacrifican algunas vidas humanas. Ante eso el silencio”

    tradotta da lei
    “c’è un uomo forte, un potere forte di fronte alla guerriglia, anche se si sacrificano alcune vite umane e di fronte a questo solo il silenzio.”

    nell’originale spagnolo

    sarebbe così:

    suena mejor decir que hay que ser fuertes frente a la guerrilla aún sin sacrificar algunas vidas humanas.

    cioè

    suona meglio dire che bisogna affrontare con fermezza (essere forti di fronte a)la guerriglia, anche se dovesse costare il sacrificio di vite umane.

    L’uomo forte dove sarebbe?

    Il “ser forte” forse? in ispano inglese maccheronico? invece che ser voce del verbo essere?

    invece di

    ser fortes=essere forti cioè affrontare con fermezza

    il riferimento a Floridas et Praderas in effetti invece non c’è nella traduzione italiana.

    ma del resto il testo è pieno di (…), omissis, bisognerebbe confrontare le fonti per tutto il testo.

    E questo non inficia il valore della testimonianza che non si apprezza certo per “quel gusto sottile e morboso che abbiamo per le tragedie altrui” come dice Melandri, con psicologismo da quattro soldi, ma per il suo valore umano e politico generale.

    E oggi gioire ed emozionarsi non vuol certo dire dimenticare la situazione colombiana.

    ,\\’

  8. Il problema non è (non mi sembra) di traduzione letterale o forzata, ma squisitamente politico. Sicuramente Betancourt nella sua lettera lamentava l’intransigenza dell’amministrazione Uribe, a fronte di vite umane in pericolo (che dovrebbero anteporsi a ogni altro valore), esortando (a ragione, secondo me) che sulla fermezza statuale prevalessero concrete ragioni umanitarie. Analogamente alle lettere di Moro, quello scritto accusava il Governo di anteporre a tutto interessi politici di parte. In Italia prevalse la fermezza, e sappiamo come andò a finire. Anche in Colombia è prevalsa la fermezza, ed è finita bene con sollievo di tutti. Merito del Governo? Di un esercito più efficiente? Del caso? Per Uribe di certo è una vittoria, che legittima all’interno e all’esterno la mitologia dell’”uomo forte”, che governa con pugno di ferro e che riscuote consensi anche da noi. Da questa impostazione, al di là della gioia per la liberazione, insisto a dissentire.

  9. sinistrorsa cervice.
    e voilà. uno dissente ed è subito di sinistra.
    magari si èpreso la dissenteria stando al centro.
    o chissà dove e non aveva a portata d m’ ano
    l’ imodium.
    ma no. dai
    dissento anch’io, tra poco.
    un saluto

    paola

  10. niky, concordo con orsola a proposito dei luoghi comuni insopportabili dell’articolo in questione, e questo, secondo me perché qui da noi, che non viviamo la tragedia, c’è sempre il rischio di avere una visione distorta da un’ideologia che prosegue dritta contro l’evidenza.

    dopo di che, a volte secondo me, anche troppo nikylismo acceca… è un gran giorno sì, e non perché sia stata liberata una donna a fronte di un popolo che era e rimane in agonia, ma perchè è stata liberata l’unica persona al di fuori di ogni interesse che non sia il bene del popolo, e che può davvero fare qualcosa perché abbia termine l’agonia.

  11. “Certa gente” non perché prenda ordini da chicchessia, ma perché l’ambiente si è rivelato inospitale per una discussione vera, accetta a questo punto di tacere, senza riuscire peraltro ad arrossire. Chi è abituato a vedersi sempre dar ragione dovrà farsene (appunto…) una ragione. Orsola perdonerà sicuramente non la polemica (che è stimolante e sincera) bensì una scelta che pare di rinuncia ma è invece di coerenza: col rispetto per gli altri, con la passione per le idee, con l’amore per la libertà. Se l’insulto è anche su N.I. il modo per farsi largo ed emergere, “certa gente” sceglierà di restare nell’ombra. Buona continuazione ai vincitori.

  12. Mah… caro niky per me la polemica, per un certo tipo di frequentazione giovanile con la politica, altra da questa minestrina mediatica che ci tocca oggi, è sempre qualcosa di irrinunciabile.
    Non vedo insulti e nemmeno vincitori rispetto al tuo dissenso.
    Anzi.
    Il dubbio di aver pubblicato qualcosa di “falso” e manipolato mi ha stimolato ad approfondire la questione.

    Dalle ultime notizie sul blitz, un’operazione complessa, non certo un assalto alla Entebbe, si ripronogono le eterne domande sulla questione liberazione ostaggi, da Sgrena. alle due Simone ecc…
    qui pare ci siano infiltrazioni, operazioni di intelligence, una rete di fattori per cui mi cui mi pare prematuro adesso un giudizio politico preciso.
    Le FARC stesse negli anni si sono talmente trasformate da non corrispondere quasi più alla romantica etichetta dei “guerriglieri marxisti”.

    Quel che tu dicevi e da cui “dissenti”:

    “Per Uribe di certo è una vittoria, che legittima all’interno e all’esterno la mitologia dell’”uomo forte”, che governa con pugno di ferro e che riscuote consensi anche da noi”

    Credo sia una preoccupazione superflua in questa discussione.
    Credo che da questo si “dissenta” tutti.

    Non so chi Franz vorrebbe arossente ed in silenzio come un’educanda d’antan.

    Nella vis polemica di una discussione vis a vis la sua sarebbe un espressione pronta a scivolar via senza offensa e danno.
    Le cose scritte come al solito finiscono per avere un peso diverso.

    IB e la sua visiblità mediatica mettono una lente d’ingrandimento sulla Colombia in questo momento come mai è stato, e questo mi sembra solo positivo.

    Questa donna, e scusatemi ma questo davvero mi commuove e mi inorgoglisce come donna, smagrita e provata porterà dappertutto la sua voce forte politica ma anche umana con i valori positivi di questa lettera, la forza e la debolezza che diventa forza. La tenerezza che è essa stessa visione politica alta.
    Per me.

    Questo mi fa felice: ma è una felicità ad occhi aperti, quella delle donne, che si porta dentro anche tutto il dolore e la tenacia per resistervi e trasformarlo.

    ,\\’

  13. mah, francamente la segnalazione del nickilista mi sembrava tendente al riequilibrio : di una situazione drammatica che come spesso accade e del tutto seriamente, quanto a serissimi presupposti e serissime conseguenze, sfonda, molto semplicemente, il ridicolo. assurda quindi, e nel contempo preoccupante e nel contempo ridicola, la liquidazione del pezzo di carmilla in quanto coacervo di sinistroserie , almeno per chi è abituato a muoversi con un minimo di disincanto attraverso LE diverse narrazioni. così l’etimo dell’ostaggio (compreso quello mediatico), alla quale nessuno di noi imho dovrebbe sottrarsi : pegno che si da al nemico o anche agli alleati per l’esecuzione di qualche promessa, consegnando nelle loro mani una o più persone.

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orsola puecherhttps://www.nazioneindiana.com/author/orsola-puecher/
,\\' Nasce [ in un giorno di rose e bandiere ] Scrive. [ con molta calma ] Nulla ha maggior fascino dei documenti antichi sepolti per centinaia d’anni negli archivi. Nella corrispondenza epistolare, negli scritti vergati tanto tempo addietro, forse, sono le sole voci che da evi lontani possono tornare a farsi vive, a parlare, più di ogni altra cosa, più di ogni racconto. Perché ciò ch’era in loro, la sostanza segreta e cristallina dell’umano è anche e ancora profondamente sepolta in noi nell’oggi. E nulla più della verità agogna alla finzione dell’immaginazione, all’intuizione, che ne estragga frammenti di visioni. Il pensiero cammina a ritroso lungo le parole scritte nel momento in cui i fatti avvenivano, accendendosi di supposizioni, di scene probabilmente accadute. Le immagini traboccano di suggestioni sempre diverse, di particolari inquieti che accendono percorsi non lineari, come se nel passato ci fossero scordati sprazzi di futuro anteriore ancora da decodificare, ansiosi di essere narrati. Cosa avrà provato… che cosa avrà detto… avrà sofferto… pensato. Si affollano fatti ancora in cerca di un palcoscenico, di dialoghi, luoghi e personaggi che tornano in rilievo dalla carta muta, miracolosamente, per piccoli indizi e molliche di Pollicino nel bosco.
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