Editoria tedesca: il Deutscher Buchpreis

[L’immagine è presa dal sito astronomie.nl]

di Christoph Schröder

traduzione di Elisa Perotti

Mercoledì verrà resa nota la longlist del Deutscher Buchpreis – e catturerà l’attenzione del mondo letterario fino alla fiera del libro. Ma perché?

Una volta era tutto molto semplice e alla luce del sole: se sulla lista del “Quartetto letterario” c’era un certo romanzo, le rispettive case editrici potevano iniziare tranquillamente a ristamparlo – che il libro venisse elogiato o stroncato aveva poca importanza: il giorno successivo sarebbe stato comprato. Era una legge a cui ci si doveva attenere. Oggi c’è Elke Heidenreich. Lo smercio si svolge pressoché allo stesso modo, ma è senza dubbio lodevole la sua scelta mirata per le case editrici minori, che concretizza accompagnando le inquadrature dei loro libri con l’esortazione “da leggere!”. E oltre a lei? Chi indirizza gli acquirenti? Chi ancora detiene la supremazia nell’interpretazione ed esercita una qualche influenza? Chi decide quali titoli di narrativa verranno venduti? Una cosa è certa: gli inserti culturali contano ben poco.

All’inizio della sua attività di critico letterario, l’autore di questo testo si illudeva di poter influenzare il mercato col suo lavoro, anche solo in minima parte. Tale era all’incirca il suo ragionamento: un critico consiglia un romanzo su un inserto culturale in lingua tedesca a distribuzione nazionale, quindi i lettori si recano numerosi nelle librerie per acquistarlo. Un caso direi tragico di sopravalutazione. Una recensione ditirambica su un quotidiano può far piacere all’autore, ma porta ben poco alla casa editrice. Lo stesso vale per due recensioni ditirambiche su due quotidiani di rilievo lo stesso giorno. Cinque recensioni osannanti nell’arco di due giorni potrebbero ottenere un certo effetto, se tutto va per il verso giusto. Ma solo se la casa editrice si precipita ad affiancarle con un supporto pubblicitario.

Secondo i dati dell’Associazione del commercio librario tedesco, nel 2007 in Germania si registravano 14056 novità librarie nell’ambito della narrativa. Ci si lamenta di continuo di quella che viene considerata una sovrapproduzione di titoli, ma non cambia nulla perché ciascuno spera di riuscire a mettere a segno un bel colpo. Ma forse questa lamentela è solo il riflesso di un livello culturale basso. Il settore in generale e il commercio librario in particolare attraversarono una crisi profonda nel 2002 e 2003. Quindi nell’Associazione si pensò che in Germania, come in Inghilterra, negli USA e in Francia, si sarebbe dovuto creare un premio per eleggere niente meno che il miglior libro in lingua tedesca dell’anno. Si ideò il Deutscher Buchpreis e si istituì un’accademia incaricata di designare ogni anno una giuria diversa. Fanno parte dell’accademia, ad esempio, il direttore del Goethe-Institut, il presidente dell’Associazione e il direttore della fiera del libro di Francoforte.

E nel 2005, primo anno del Deutscher Buchpreis, accadde qualcosa che nessuno aveva preso in considerazione: il premio ebbe un successo dilagante. Per non parlare della hybris nascosta dietro alle aspettative nei suoi confronti. E del fatto che nell’anno del debutto il vincitore non fu Daniel Kehlmann, ma Arno Geiger (Kehlmann divenne comunque un bestseller). Il potere accumulatosi in questi tre anni attorno al premio è diventato a sorpresa di tutti così vasto che non pochi dei suoi sostenitori potrebbero restarne sbalorditi. Lo scopo di catturare attenzione è stato pienamente raggiunto, ma a che prezzo? Ad agosto la giuria elaborerà una longlist, così è stata definita, che consterà di circa venti titoli. Un mese dopo apparirà la shortlist che comprende sei titoli. Chi non ce la farà a rientrare per lo meno nella longlist, non tornerà più alla ribalta. Allo stesso destino andranno incontro i titoli della longlist che non riusciranno a diventare un bestseller prima dell’annuncio della shortlist. Resteranno quindi tagliati fuori circa 14000 titoli. Un assottigliamento, certo, ma forse eccessivo.

Non solo, tutto questo mette alle strette le case editrici: secondo il bando ciascuna può presentare due titoli di narrativa. Si può immaginare ciò che questo comporti per una casa editrice grande. Come si giustifica ad un autore che il suo romanzo non è stato scelto, ma che si è accordata la preferenza a quello di un collega? In un sistema come questo, incline all’etichettatura e ad un’esteriorità indirizzata all’acquirente, è ovvio che a recitare la parte dei leoni e a decidere il libro dell’autunno sono i membri della giuria del Deutscher Buchpreis. Il potere si è spostato: dalle quinte televisive del “Quartetto letterario” colorate all’insegna dell’arbitrarietà, ad una commissione dalle tonalità non meno soggettive di esperti veri o presunti messi insieme con un tiro di dadi che cambiano ogni anno. E coloro che non hanno ricevuto l’incarico criticano le decisioni dei colleghi: “Perché tizio non è nella lista?”. Oppure: “Cosa ci fa Caio?”. Accade tutti gli anni e fa parte del premio. Il lavoro della giuria, se preso sul serio, è un lavoro oneroso.

I giurati sono per lo più giornalisti, oltre ad un libraio e al direttore di un Literaturhaus. A quanto pare la folle idea di lasciar dire la sua anche ad uno scrittore è stata bocciata. Intanto gli inserti culturali partecipano al gioco che si crea intorno al premio. Ma invece di andare a cercare le lacune aperte dal Deutscher Buchpreis, fanno da musica di accompagnamento. Mercoledì mattina sarà resa nota la longlist del 2008. I titoli scelti faranno parte dei libri più discussi della stagione, questo è certo. Solo a ottobre, quando il premio sarà stato assegnato e la fiera del libro ormai passata, tornerà la calma. E si potrà iniziare a rimpiangere i titoli sepolti sotto la valanga del premio. Ma non resta molto tempo – le prime anticipazioni per la primavera arriveranno in fretta e il premio della fiera di Lipsia sarà alle porte. E tutti noi ci uniremo un’altra volta alle danze.

Questo articolo è apparso sulla tageszeitung il 19.08.2008.

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3 Commenti

  1. Ho letto l’articolo con un sorriso e ho fatto il paragone con lo stato delle cose in Francia.
    Siamo nella “Rentrée Littéraire” tanta aspettata e anche criticata.
    E’ un fenomeno strano, di febbre che concorda con la riapertura delle classe.
    I scrittori partono per la Scuola della pubblicazione, pulite, belli, il cuore pieno di sogni. E’ una valanga di libri, ma solo una ventina sono illuminati dai riflettori. Ci sono molto belli romanzi che arrivano sulla riva di settembre: il nuovo romanzo di Catherine Millet (Jour de souffrance),
    Regis Jauffret (Lacrimosa), Christine Angot.
    Penso che leggero Catherine Millet.
    600 libri pubblicati per la Rentrée Littéraire, una follia.
    Ma questa follia nella sua crudeltà è buona, una marca di passione anche malaticcia.

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domenico pintohttps://www.nazioneindiana.com/
Domenico Pinto (1976). È traduttore. Collabora alle pagine di «Alias» e «L'Indice». Si occupa di letteratura tedesca contemporanea. Cura questa collana.
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