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Variazioni su un omicidio

di Helena Janeczek

1) Adul Salam Guibre e i suoi amici John e Samir entrano all’alba al bar “Shining” di Via Zuretti, zona Stazione Centrale di Milano, e rubano una scatola di biscotti. I gestori, padre e figlio, se ne accorgono e li rincorrono urlando cose tipo “ladri, negri di merda”. Pensano a inseguirli col loro furgone bar, ma poi uno dice all’altro, ”lasciamo perdere, chiudiamo la baracca che è meglio, andiamo a dormire”.
2) Adul Salam Guibre e i suoi amici John e Samir entrano all’alba al bar “Shining” di Via Zuretti, che sta per chiudere, e rubano una scatola di biscotti. I gestori del bar li rincorrono al grido di “ladri, ladri”, prendono il furgone bar, li raggiungono e tirano fuori una spranga e un bastone. Anche i ragazzi di colore hanno un bastone, scoppia una rissa. Samir e John, quando capiscono che quelli del bar menano di brutto, si danno alla fuga, mentre “Abba” non ce la fa e rimane a terra, colpito più volte alla testa. Muore all’ospedale “Fatebenefratelli” qualche ora dopo.

I gestori della prima variante ripetono insulti razzisti. I secondi no, ma uccidono un ragazzo. Nella realtà dei fatti, com’è stata fin qui ricostruita (ma è ancora molto da vedere), le due cose si combinano. Sul sito del Corriere, però, si legge:
“Secondo quanto spiegato dagli agenti della Squadra Mobile, il giovane sarebbe stato aggredito nell’ambito di una lite in quanto, con due suoi amici, avrebbe rubato dei biscotti dal furgone bar di cui sono proprietari i due fermati. Non si sarebbe quindi trattato di un episodio a sfondo razzista (nonostante le ingiurie rivolte dagli aggressori ad Abdul come «ladro, negro di merda, etc»), ma di una lite per futili motivi poi degenerata.”

La domanda è: come lo individuiamo il razzismo? È più razzista colui che dice cose razziste o chi quelle cose le fa senza premeditazione e intenzionalità deliberata? In un clima culturale dove il razzismo sembra ubiquo e inafferrabile perché nessuno, tranne qualche ultrafascista marginale, dichiara più di essere razzista. “Io non sono razzista però…”è il refrain dei giorni nostri.
Mi viene da pensare questo: i gestori di un bar che urlano “negri di merda” oltreché “ladri” potrebbero essere razzisti come molti; abitati da un pregiudizio che non ha troppa importanza finché non arriva l’occasione che te lo tira fuori. Sono stanchi e arrabbiati e i ragazzi che hanno rubato i biscotti sono di colore, quindi a loro quell’ingiuria esce spontanea.
E se avessero fatto quel che hanno fatto senza nemmeno una volta lasciarsi sfuggire un epiteto razzista, noi potremmo essere davvero certi che si trattasse solo di una “lite per futili motivi poi degenerata”? E questo – vale la pena di metterlo in chiaro – non secondo i principi sanciti dalla legge che riscontrano i “futili motivi” nella reazione spropositata a un piccolo furto, mentre su che cosa costitusca “l’aggravante dell’odio razziale” le sentenze, ovvero le interpretazioni del diritto, presentano divergenze considerevoli.
Ma qui non serve la conoscenza del codice penale e delle sue possibili applicazioni. Proprio perché anch’esso è un testo aperto all’interpretazione, possiamo rivolgere a quell’omicidio una domanda di altro genere, ipotetica, e di natura culturale. Quegli uomini avrebbero cominciato un inseguimento con il furgone, armati di bastone e spranga, per una scatola di biscotti, se i ladri non avessero avuto tutti e tre la pelle scura? Avrebbero poi ingaggiato una rissa di quel genere? E soprattutto: avrebbero colpito un ragazzo alla testa con una spranga, ripetutamente, fino ad ucciderlo, se quel ragazzo non fosse stato nero?
Ovviamente non abbiamo prova del contrario. Sarebbe interessante sapere, ad esempio, se i gestori del Bar “Shining” (il nome non evoca sonni tranquilli) fossero noti come persone che passano facilmente alle mani. Ma anche questo non risolverebbe molto. Il primo essere umano che gli è capitato di uccidere rimane un ragazzo di colore.
Il razzismo non è un opinione. Non è neanche innanzitutto un codice linguistico odioso e scorretto. Il razzismo è qualcosa che ti agisce dentro. E che, eventualmente, come temo sia avvenuto in questo caso, ti abbassa la soglia di inibizione. Per cui un ragazzo dalla pelle scura va a finire che lo ammazzi. Sfugge l’insulto razzista e sfugge il controllo della spranga che non si ferma in tempo. Il razzismo è un veleno che circola nell’aria e nel metabolismo.

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28 Commenti

  1. Ed è il veleno che circola nell’aria e nel metabolismo.

    Nello stesso telegiornale che trasmetteva questa notizia e i commenti spaesati di alcuni abitanti della via, mi hanno colpito queste parole del discorso conclusivo di Veltroni alla scuola di Cortona:

    “E’ anche così che può cominciare l’autunno della democrazia e della libertà.”

    Soffiando sugli istinti peggiori della gente non puo che tutto peggiorare.
    Storicamente dimostrato.

    Chi ruba cibo inoltre dovrebbe avere una franchigia universale.
    E sono davvero molti nei supermercati, anziani e nuovi “poveri” italianissimi.
    Sempre più spesso le confezioni di merendine per bambini le trovi aperte con pezzi mancanti.
    I vigilantes di norma chiudono un occhio. Lì.

    ,\\’

  2. Alemanno voleva multare chi rovista nei cassonetti dell’immondizia a Roma: credeva forse di punire solo i rom? Invece avrebbe punito anche molti pensionati e italiani, gente definita “normale”, non discriminata per la sua etnia. L’eguaglianza negata tra gli uomini viene ristabilita dalle leggi della giungla metropolitana, in cui cresce sempre più il divario tra ricchi- sfacciatamente e schifosamente miliardari- e poveri, la vecchia classe media è sparita.
    Il massacro Milanese mi sconcerta, ma è l’ennesima testimonianza di un’invalsa xenofobia alimentata anche, e soprattutto, dall’allarmismo mediatico.
    1984=2008?
    Credo proprio di sì…

  3. […] [finalmente leggo qualcosa, e di molto sensato, su questo fatto, dopo gli nmila post sul Carrefour di Assago. non per sminuire quello che e’ accaduto li’, anzi, che hanno la stessa matrice ideologica razzista. pero’ passare sotto silenzio l’omicidio a sprangate di un 19enne mi sembra eccessivo. a me qualcosa non torna.] – Variazioni su un omicidio -Nazione Indiana. […]

  4. helena, grazie.

    Il razzismo è qualcosa che ti agisce dentro. E che eventualmente, come temo sia avvenuto in questo caso, ti abbassa la soglia di inibizione. Per cui un ragazzo dalla pelle scura, va a finire che lo ammazzi

    oppure va a finire che non lo ammazzi, ma che la vita d’un uomo vale talmente poco che ammazzarlo o meno fa veramente poca differenza. oppure va a finire che non lo ammazzi, stavolta, ma per tanto così, e la prossima dio ci pensa…

    io li ho i visti i razzisti all’opera, in una scena analoga, a Milano, una cosa che non dimenticherò mai più.
    tutto si è svolto esattamente come descritto, tranne il finale.
    all’uscita della stazione, 2 uomini rincorrevano un giovane ragazzo di colore gridando “sporco negro, vieni qua! te la facciamo passare noi la voglia di venire in Italia!”.
    brandivano le cinghie.
    mi sono passati davanti con una tale furia, una violenza non solo verbale, ma appunto fisica, una cosa spaventosa, che non avevo mai visto.
    come me, un’intera folla di passanti, increduli, in pieno pomeriggio, con gli occhi fissi, immobili.
    agghiacciante.
    di tutto quanto mi è passato per la testa di fare in quel momento: da mettermi a gridare, raccogliere un sasso e mirare alla testa degli inseguitori, afferrare le cinghie e strappargliele di mano, sbattere i piedi a terra, piangere, urlare, piangere, urlare, urlare…non un fiato, non una parola, come negli incubi peggiori, e come me, NESSUNO, vi dico, NESSUNO che abbia avuto la forza, il coraggio di alzare un dito, articolare una sillaba, aiutare quel cristo che stava per essere linciato sotto i nostri occhi. NESSUNO.
    immobile, così, a seguire la scena fin dove potevo spingere lo sguardo finché ho visto una pattuglia, il ragazzo che si dirigeva lì, quelli dietro che rallentavano la corsa…quel tanto che mi bastasse a riprendere fiato, a pensarlo in salvo, la prima volta che ho pensato grazie a dio la polizia. mi sono seduta a terra, sul marciapiede a riprendere fiato. una scena cui non avevo mai assistito in vita mia, una violenza che non avevo mai visto in vita mia, una furia contro cui senti tutta intera, completa, la tua IMPOTENZA. un uomo stava per essere ammazzato in diretta sotto i miei occhi e io non ho saputo fare niente per evitarlo. nessuno ha saputo fare niente per impedirlo.
    non lo dimenticherò mai più.

  5. buon problema sollevi, Helena. La mia opinione su quello che chiedi potrebbe essere riassunta dicendo che il “razzismo” si sta estendendo: ovvero, dall’ostilità verso persone col colore della pelle diverso dal nostro a persone anche italianissime ma di tipo diverso dal nostro, poveri, drogati, emarginati in genere, purché diversi per qualche aspetto, per qualche motivo fuori dalla norma socialmente accettata (che naturalmente può avere piccole variazioni locali). Il colore della pelle è certo ancora molto importante, per cui forse i gestori del bar non avrebbero infierito nello stesso modo su un ladruncolo bianco, ma mi sentirei di dire che comunque l’avrebbero preso a sprangate in modo sproporzionato al danno subìto.

    Questo è un danno etico in via di espansione, quello che sfocia nel farsi giustizia da soli, nella sfiducia nello stato e nella “piccola illegalità diffusa” che sempre più è stata avallata dai vari governi, e suggerimenti espliciti, del nostro Illegale nazionale per antonomasia.

  6. Se razzismo è essere guidati da una pulsione viscerale, incontrollabile di avversità nei confronti di qualcuno appartenente (e solo perché appartenente) a una determinata etnia, o a una determinata cultura o a un determinato popolo, vorrei qui (per quel poco che può interessare) fare outing e dichiararmi istintivamente, profondamente razzista. Appena vedo un italiano mi viene subito pregiudizialmente da pensare a quanto possa (o potrebbe) essere meschino, incolto, egoista, avido, indifferente e immorale. Mi scuso di questo mio modo di essere, e mi scuso per la sequela di aggettivi: l’uno e l’altra non riesco, purtroppo, a sostituirli con altri.

  7. Allora: il padre Cristofoli risulta più volte pregiudicato. Ha alle spalle anche una rapina a mano armata contro un furgone che trasportava sigarette del Monopolio e si è fatto un bel po’ di carcere. Cosa di cui si trova notizia quasi solo nelle pagine locali dei quotidiani

  8. E per compleare il quadro, c’è anche questa:

    Casa Cristofoli non si pente
    “Eravamo già stati rapinati”
    di Davide Carlucci
    È infuriata la signora Cristofoli, moglie di Fausto e madre di Daniele, i due fermati con l´accusa di aver ucciso Abdoul. E dice di aver già pronta una querela contro tutti i testimoni che hanno parlato in tivù. «Sono tutti extracomunitari. Quel romeno del garage, per esempio. Oppure quello dello Sri Lanka che si è affacciato dal balcone. Forse vuol prendere un premio, come quel ragazzo di colore (Eddy) che predicava contro lo spaccio… Ora si sono fatti furbi». E se non è chiaro, lo dice lei: «Sono razzista al cento per cento. Mio marito e mio figlio no, gliel´assicuro. Ma io sì. Lo sono diventata dopo tutti gli insulti subiti dagli arabi e dai romeni che frequentano il nostro bar, che chiedono una sigaretta e se non gliela dai ti offendono, ti chiamano “italiano di m…”». Eppure, ricorda, «il razzismo l´ho dovuto subire io, quando sono arrivata ragazzina dalla Puglia. Sui teloni scrivevano: “Non si affitta ai terroni”. Ma noi venivano qui per lavorare, non per stuprare e rubare».

    Quanto all´omicidio del ragazzo, la sua ricostruzione è tutt´altra da quella degli investigatori. «Non è vero che quei ragazzi hanno rubato solo merendine, non siamo miserabili, hanno portato via anche dei soldi. Mio marito stava pulendo il furgone e mio figlio era nel bar a preparare le brioche per la colazione. Questi sono arrivati hanno rubato e sono andati via. Mio marito, che aveva subito una rapina appena un mese e mezzo fa, li ha lasciati andare, ma loro sono tornati con una Tigra. Avevano una mazza da baseball e un sacchetto con alcuni cocci di vetro. Hanno cominciato a insultarli, li hanno provocati dicendo “Avete paura?”. Mio marito ha tirato fuori il ferro che utilizza per tirar giù la saracinesca e gliel´ha buttato contro… Mio figlio non si è reso conto che quel ragazzo stava morendo, lo aveva visto rialzarsi… Poi quando hanno sentito al tigì che era in coma, si sono rivestiti per andare a costituirsi. Poi però sono arrivati i poliziotti e li hanno portati via

    da Repubblica Milano

  9. sarebbe stato bello se un uomo adulto vedendo tre ragazzi che rubano una scatola di biscotti, avesse pensato, in questa nostra bella lingua di metafore che avevano beccato qualcuno con le mani nella marmellata.

    che una semplice eccezione linguistica da pane a companatico li avesse fatti sorridere e pensare sì all’euro e cinquanta perduto ma pure all’allegrezza furba e guascona chiusa nel gesto.

    non soldi per la vita ma dolci.
    non fiori per il funerale ma opere di bene.

    ha ragione helena janeczek che, nella sua prosa asciutta e accesa sulle asimmetrie più o meno nascoste del mondo, scrive “Il razzismo è qualcosa che ti agisce dentro. E che eventualmente, come temo sia avvenuto in questo caso, ti abbassa la soglia di inibizione.”

    e questo. lunedì nero.
    qualcuno si affannerà per batterlo?

    chiara valerio

  10. A proposito di razzismo serpeggiante e le sue insospettabili connessioni col movimento ambientalista italiano.
    Il razzismo viene da lontano ed è stato traghettato nel mondo moderno dai seguaci dell’ambientalismo radicale. Ecco come.
    Alessandro Ghigi (1875-1970) è considerato il padre dell’ecologismo italiano. Il presidente onorario del Wwf Fulco Pratesi ha definito Ghigi come “l’antesignano di ogni organizzazione della natura nel nostro paese”. Si tratta perciò di un padre dell’ideologia ambientalistica italiana. Pochi sanno però che Alessandro Ghigi è stato anche un razzista caparbio, vicepresidente della Società Italiana di Genetica ed Eugenetica (SIGE), che ha partecipato ai congressi internazionali delle società eugenetiche, che ha scritto libri disprezzando ebrei, neri ed altre etnie, che ha firmato il Manifesto della Razza del fascismo nel 1938 con cui ebbe inizio la discriminazione degli ebrei in Italia. Basta scavare un po’ dietro la facciata rispettabile di Ghigi per trovare notizie inquietanti, talvolta rimosse dalle biografie ufficiali. Nel suo libro “Problemi biologici della razza e del meticciato” (Zanichelli, Bologna, 1939), Ghigi descrive il tema delle degenerazioni causato dall’incrocio con razze nere che sarebbero “evolutivamente inferiori e geneticamente incompatibili”. Nel 1959, dopo alcune esperienze di carattere locale, Ghigi diede vita alla Federazione Nazionale Pro Natura. Nella Carta di Forlì (1973-1981) Pro Natura precisa tutti i fondamenti di quello che negli anni che seguirono è stato il programma di tutte le associazioni ambientalistiche italiane. In pratica vi si sostiene che un aumento dei livelli di vita (soprattutto nei paesi poveri) è da evitare perchè danneggia la natura.
    Approfondimenti nel mio blog
    Ambientalismo di Razza

  11. E se aspettassimo prima di sapere cos’è successo? E, solo dopo, sapendo con chi e con cosa abbiamo avuto a che fare, discuterne? Siamo talmente sommersi dalle notizie e dalla fretta di prendere posizione, che dimentichiamo di conoscere e pensare, prima.

  12. @capitan feedos: io su questa cosa ci vorrei infatti tornare, quando sarà stato chiarito a sufficienza come sono andate le cose veramnete. Del resto, ho scritto “Nella realtà dei fatti, com’è stata fin qui ricostruita (ma è ancora molto da vedere)”, proprio cercando di mettere le mani avanti.
    L’elemento nuovo certo emerso ieri è che Roberta Brera, il pm incaricato, ha escluso l’aggravante per motivi di odio razziale. Il che dal suo punto di vista- quello giuridico- mi pare giusto. La giustizia non deve o non può imputare qualcuno di qualcosa che non sia verificabile in modo lampante e positivo. Quindi l’aggravante se la meritano gli autori del raid punitivo al Carrefour o chi compie azioni analogamente univoche, non gli uccisori di Abdul.
    Ma questo non significa che chi non è un magistrato o un poliziotto possa riflettere su dinamiche più oscure.
    Io continuo a temere che qui il clima di razzismo c’entri qualcosa, eccome. Che abbia caricato di un in più di violenza l’aria, magari da ENTRAMBE LE PARTI.
    Ma davvero a questo punto vorrei portare avanti il mio ragionamento con dati più completi.

  13. leggo più su varie testate più o meno questo:
    “Abdul, 19 anni ragazzo, italiano e di colore ucciso a sprangate a Milano”…
    Mi chiedo, il fatto che sia di colore ma “italiano”, il fatto che fosse di colore, o solo italiano e bianco cosa cambia nell’esposizione di un episodio di disumanità e bassezza come questo?
    Fosse stato di colore e del Burundi senza permesso di soggiorno, cosa avrebbe “attenuato”?
    questo mi chiedo e credo non sia una sottigliezza da poco, perchè chiunque scrive e/o lavora nel campo dell’editoria e del giornalismo sa bene a cosa e chi mirare e l’importanza dell’impatto “giocato” da un titolo.

  14. Scusate ma al tg3 hanno detto che i due gestori sono corsi dietro ai ragazzi pensando che avessero rubato parte dell’incasso. Questo non rende meno grave il fatto di sangue, però almeno intacca in parte la “retorica del biscotto”. Che poi oggi è un biscotto, ma chissà quante altre volte gestori di questi bar hanno subito piccoli furti di vario genere e si sono sentiti dire dalle forze dell’ordine: “ma suvvia, per un biscotto…”.
    Inoltre la testimonianza della donna che lavorava al bar sembra piuttosto chiara, oppure non vale nulla solo perché si è dichiarata “razzista al cento per cento”?? Queste sono tutte cose ovvie, è ovvio che i due fatti (il furto e l’omicidio) sono incommensurabili, ma come io non giustifico in alcun modo chi usa la violenza non giustifico nemmeno chi insulta e deruba per sfregio…

  15. Se quel risultato finale è il finale di un tragico equivoco (i tre scappavano con una merendina cadauno e non con la cassa), secondo me vale la pena di chiedersi fino a che punto in quella dinamica abbia giocato un ruolo il pregiudizio. E a quel punto il fatto che i gestori possano aver gridato non solo “ladri”, ma anche “sporchi negri”, potrebbe fare una bella differenza. Perché a quel punto i ladri di ovetti kinder che o i soldi non li hanno visti proprio o non li hanno toccati, potrebbero essersi sentiti trattati con quell’eccesso di aggressività che loro si sono spiegati come l’ennesima manifestazione di razzismo…Ma voglio, a sto punto, informazioni più precise e più tempo per mettere insieme il tutto.

  16. Preciso: non mi interessa fare il gioco dei buoni e dei cattivi alla rovescia. Voglio solo riflettere e capire.

  17. Ci sono due aspetti da sottolineare, in questa vicenda. Uno è, come giustamente dici, quello di interrogarci su chi siamo, e mi sembra che la teoria che noi italiani fossimo impermeabili al razzismo ne esce fuori in pessime condizioni. D’altronde, qualche osservatore illuminato se lo chiedeva già qualche anno fa, se la mancanza di episodi di razzismo in Italia dipendesse dalla mancanza della pressione, che doveva ancora arrivare. Adesso lo sappiamo.
    L’altro aspetto è squisitamente di ordine mediatico: un morto ammazzato a Milano in quell’ambiente non sarebbe stato una notizia. Probabilmente sarebbe rimasta circoscritta ai quotidiani locali. Invece questo tam tam razzismo-non razzismo è stato una bomba.

  18. TG1 di pochi minuti fa: la congiunta (moglie, madre) dei due assassini giura piangendo che “volevano solo difendere l’incasso di una giornata di lavoro”, che se fosse stato loro spiegato che si trattava solo di biscotti non avrebbero massacrato i ladri. La giornalista (?) la asseconda, quasi la consola. Poi passa all’avvocato dei due, secondo cui c’è stata (solo) una rissa fra gruppi contrapposti. A consolare la madre del morto non c’è andato nessuno. Il TG1 sembra suggerire che il fatto è sì increscioso, ma che insomma… erano (o si poteva ritenere che fossero) soldi, era (o si poteva ritenere che fosse) il sacro profitto aziendale, la cui tutela si impone al di là di tutto e di tutti. Ecco così intaccata la “retorica del biscotto”, con buona pace del peloso commentatore Romiti. Personalmente (vedi commento n. 7) mi sento sempre più razzista, e dispero di aver motivi per cambiare.

  19. L’ho visto anch’io, niky. E’ vergognoso. Ma sul tg5 – che è lo stesso. Come poi il servizio sulle prostitute che guadagnano da morire, e vai con il biasimo da suscitare (sotto cui giace un’oscena invidia). Come ieri sera la gogna a un ragazzino che aveva bevuto qualche bicchiere in più.
    L’unica espressione adatta è fascismo mediatico.

  20. non ho visto la tv, mi baso solo sui quotidiani (che comunque bastano e avanzano).

    la cosa che davvero gli rode a questi, secondo la mia impressione, è che il ragazzo assassinato fosse italiano: nei giornali (soprattutto quelli di destra ovviamente) è palpabile un vistoso imbarazzo in merito a questo.

    se fosse stato in situazione irregolare (come pare fosse uno dei suoi due amici), allora sì… e il trattamento mediatico sarebbe stato del tutto diverso. mi sconforta ammetterlo, ma ne sono praticamente certo.

  21. Il dramma è che in questo paese sta soffiando, pericolosissimo, un vento che è cominciato come una brezzolina anni fa e che nel tempo, tanti, troppi, hanno contribuito a rafforzare e pochi, troppo pochi, hanno vanamente cercato di smorzare. Un vento che, avanti di questo passo, diventerà bufera, perchè a seminare appunto vento, non si può fare altro che raccogliere tempesta.
    JP Rossano
    http://www.jprossano.com

  22. Non abbiamo una cultura della prevenzione della discriminazione razziale/sociale. Il nero lo ammazzi se trovi il banale pretesto dei ringo rubati, non se diventa un partner commerciale. Da rivedere il film di fassbinder, credo del 1976, LA paura mangia l’anima. Ed a parlare di paura e di sicurezza ( quindi di trasformazione delle questioni sociali in questioni penali) sono anche i cofferati e i veltroni. Quando la lega dice che ce ne sono troppi cita come esempio i rom e i senegalesi, non i giapponesi o gli svizzeri. Non sappiamo, ancora non la’bbiamo capito, che le parole sono sangue, che il mein kampf è sterminio, che i comizi della lega sono le spranghe sugli stranieri, che i tg5 e gli studio aperto sono il tramonto dell’articolo 3 della nostra costituzione. E allora non ci dobbiamo svegliare ora che abdul è morto. I miei colleghi insegnanti presentano alcuni alunni dicendo “Questo qui è egiziano, PERò è gestibile”. Sono gli innocenti pregiudizi a tenere in grembo la violenza.

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Helena Janeczek è nata na Monaco di Baviera in una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da trentacinque anni. Dopo aver esordito con un libro di poesie edito da Suhrkamp, ha scelto l’italiano come lingua letteraria per opere di narrativa che spesso indagano il rapporto con la memoria storica del secolo passato. È autrice di Lezioni di tenebra (Mondadori, 1997, Guanda, 2011), Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), che hanno vinto numerosi premi come il Premio Bagutta Opera Prima e il Premio Napoli. Co-organizza il festival letterario “SI-Scrittrici Insieme” a Somma Lombardo (VA). Il suo ultimo romanzo, La ragazza con la Leica (2017, Guanda) è stato finalista al Premio Campiello e ha vinto il Premio Bagutta e il Premio Strega 2018. Sin dalla nascita del blog, fa parte di Nazione Indiana.
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