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Dieci minuti di recupero [scuola/1]

di Chiara Valerio

(…) se non che arrecava sconforto il doverci allontanare dalle usanze,
le quali tengon luogo di legge, quando vengon fermate dal giro de’ secoli.

N. SANTANGELO, Discorso inaugurale del VII Congresso degli Scienziati Italiani, Napoli, 1845

Gent.mo Signor Ministro della Pubblica Istruzione sono una docente di scuola secondaria superiore e vorrei sottoporle una questione che, se io insegnassi retorica, potrebbe apparire davvero oziosa e un esercizio per studenti brillanti, ma mi creda, non è così, è solo un mercoledì di gennaio in una scuola dove le ore contano, in barba alla comune definizione ma incontro alla necessità degli studenti, cinquanta minuti.

Premetto che la velocità, a meno che uno non sia un centometrista, non è una dote e che per converso nemmeno la lentezza lo è, seppure ci siano da sempre falangi di scrittori e filosofi arrovellate sul concetto. Falangi inteso come quantità e come parte per il tutto. Così quando a metà della scorsa settimana sono entrata in sala professori e trovato un insolito capannello attorno al faldone delle circolari d’istituto mi sono incuriosita e domandato allegra Ragazzi cosa butta?. Proprio con queste parole Signor Ministro che forse non sono parole docenti ma non è che uno insegna ventiquattro ore al giorno. Anche perché se così fosse sarebbe opportuno fornirci di un cercapersone e sottolineare quanto la scuola sia importante per la società tutta e dunque quanto sia necessario avere un corpo insegnanti pronto al subitaneo intervento a ogni ora del giorno e della notte. Secondo turni e disponibilità. Ma non voglio fare un discorso politico, mi creda Signor Ministro, e nemmeno generalista o qualunquista o altri -ista tanto cari e lieti a chi scrive di mestiere. Nè parlare dell’importanza ascrivibile alla curiosità e alla qualità dell’insegnamento, voci non rendicontabili, non certificabili ISOnovemilaerotti e dunque inesistenti nella scuola di oggi. Voglio solo scriverle riguardo al fatto che quando ho chiesto Ragazzi cosa butta?, i miei colleghi, persone degnissime e incredibilmente non rintronate dall’attuale scuola contenitore, mi hanno guardato vacui. Col medesimo sguardo che di solito indossano gli studenti quando cerchi di far loro intendere che i concetti non passano per osmosi ma bisogna sudarci sopra. Ma è un’altra storia.

In ogni modo ero alla considerazione che velocità e lentezza non sono un valore in sé. E infatti, noi che abbiamo studiato a lungo sappiamo di aver incontrato concetti e precetti immediati se non intuitivi e altre faccende bisognose di ruminazioni da fare invidia agli erbivori più scrupolosi del creato. Così mi sono avvicinata al tavolo e, vinta la resistenza della calca attonita, giunta a leggere la circolare quindici del duemilasette. Ho strabuzzato Signor Ministro e lo avrebbe fatto anche lei che è così composto, perché va bene che lentezza e velocità non sono doti in sé ma chiedere a un docente un recupero orario gratuito di dieci minuti dopo che egli ha, con scrupolo o con altro sentimento e modo, rimodulato da settembre la propria lezione sui cinquanta minuti è una vergogna e una pretesa da far scendere i santi dal calendario!. Non sono i docenti a decidere quanto misura un’ora e non dovrebbe essere nemmeno l’istituto! Le ore le portano gli orologi! O, a tal punto, fateci timbrare il cartellino e stabilite un minimo di concetti da impartire in un monte ore, un numero di studenti da interrogare, la quantità di gesso da utilizzare e lasciateci alla guazza nella nostra alienazione da catena di montaggio. Senza che io tiri fuori la profonda incoerenza rispetto ai diffusi diktat in salsa pedagogica del tipo Il programma è rigido meglio il modulo, il nodo concettuale dipende dal linguaggio da iniziati, le scuole di specializzazione in didattica delle singole discipline sono utilissime. Tutto questo e poi il recupero di dieci minuti per giustificare il mancato pagamento delle supplenze o delle ore a disposizione?. Perché i dieci minuti non si recuperano nelle proprie classi, il recupero non è per gli studenti o per la qualità della didattica!. No!. Inventatevene un’altra Signor Ministro, lei e le sue autonomie scolastiche, meno umiliante e, ripeto, fateci timbrare il cartellino! Sarebbe molto meglio e ci identificherebbe come operai specializzati e tecnici dell’insegnamento piuttosto che missionari intenti a diffondere un verbo che non ammette e non cerca infedeli o e non lascia libertà di ateismo. Perché non si boccia più nessuno!. È diventato più difficile essere bocciati che comprendere una nozione qualsivoglia! Mi perdoni se utilizzo un gergo così poco laico ma ogni religione ha i suoi infedeli e quindi possiamo capirci senza fraintendimenti. Così quando è entrata la collega di chimica, che sta sempre sulle barricate vivaddio, e detto Ma perché siete tutti lì?, l’ho guardata vacua come ieri, quando una studentessa ha bussato alla porta della mia aula, interrotto la lezione e chiesto se poteva uscire qualcuno di cui però non conosceva il nome. Io le ho risposto stupita No con fermo garbo e quella si è messa polemizzare. Le ore di cinquanta minuti e la studentessa democraticamente alla deriva che polemizza mi volge le spalle e mi chiama Maleducata a voce sostenuta e tono piccato. Allontanandosi di tre quarti nel corridoio. Io ho guardato vacua la studentessa altrettanto perché gli eccessi mi innervosiscono. E agli eccessi che la scuola clientelare definisce giovanili ardori rabbrividisco doppiamente. Ma questa anche è un’altra storia. Per intanto la collega di chimica mi ha preso sottobraccio e detto facciamo un conto. Facciamo un conto Signor Ministro. Addizioni e sottrazioni, niente che possa allontanarla dalla lettura di poche righe rissose. Come sa, da contratto, le ore di un docente a tempo pieno, le ore di una cattedra, sono in media diciotto. Né mi risulta che le ore siano scomposte e definite in una quantità di minuti diversa dal senso comunque. Mi segue?.

Questo implica che con le ore di cinquanta minuti ogni docente deve recuperare centottanta minuti che sono tre ore a settimana. Sarebbero tre ore normali ma in realtà sono tre ore e mezzo scolastiche. Ciò implica ancora, e per non cadere in difetti di costruzione, che un docente deve recuperare sette ore ogni due settimane. Che significa quasi diciotto ore al mese. Logici e sindacalizzati come siamo, gioiamo tutti del fatto che è coerente ridefinire il mese dopo aver rinominato l’ora, ma assai meno quando la conclusione è che il mese di un docente di scuola secondaria dura circa cinque settimane. Al prezzo di quattro. Che fatti i dovuti distinguo è una immoralità senza precedenti visto che le ore accademiche durano quarantacinque minuti, e i professori universitari espongono concetti quanto noi. Quarantacinque minuti Signor Ministro che mi pare increscioso. Avranno anche loro problemi di tagli all’istruzione e alla ricerca ma almeno è noto che le loro ore sono di quarantacinque minuti e senza recupero! O mi sbaglio?. La collega di chimica mi ha sorriso e io a lei e poi siamo scoppiate a ridere Signor Ministro, che nemmeno è molto docente ma quanto è liberatorio!, perché il provvedimento della circolare è reatroattivo e quindi le ore di supplenza fatte, da settembre a qui, non me le paga nessuno e io, che non ho la tendenza al lucro ma solo al ventisette, penso di aver perso tempo. E mi creda, avere la tendenza al tempo è sano e umano e io di essere un pollo in batteria davanti a ventotto trenta polli in batteria non me la sento proprio. Almeno un bonus di produzione! Almeno un corso di aggiornamento come guardiano diurno delle masse studentesche che bussano alla porta durante le ore di lezione. Almeno! Un pollo in batteria potrebbe corrispondere al soggetto della circolare quindici del duemilasette ma un professore no, un professore non ha uova da covare ma solo immenso sconcerto da inghiottire. E adesso, un’ultima curiosità Signor Ministro. Quanto durano le sue ore?.

Perché forse urge rimodulare il calendario. Ore contenenti differenti quantità di minuti spiegherebbero lo sfasamento tra amministrazione scolastica e corpo docente. Tiriamo un sospiro di sollievo Signor Ministro, è uno sfasamento temporale e non di intenti non di vedute!. Come è lampante! Rimetterci in fase è una soluzione. O metterci in soluzione è una fase. Non so, anagrammi lei, perché qui ci stiamo solo sciogliendo dietro alle definizioni e di cultura non parliamo nemmeno in quei dieci minuti di recupero. E adesso vado, buone cose Signor Ministro e ci pensi.

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30 Commenti

  1. A nulla penserà invece il ministro, perché il ministro non c’è, è un automa programmato al ribasso. In realtà Gelmini (e prima Sacconi e chiunque altro almeno negli ultimi vent’anni) è una calcolatrice meccanica a una sola funzione: sottrarre. Tutta la politica dell’istruzione si riduce a quest’unico verbo coniugato a raffica sul versante pubblico. Di un ministro perciò non c’è bisogno, né di un ragioniere qualsiasi, né di un essere umano. Ed infatti…

  2. io però sono anche stanca di una certa sinistra e di un certo sindacato le cui negazioni a oltranza impediscono qualsiasi seria discussione sulla scuola. ecco, l’ho detto.
    :-)
    chi

  3. Provo a riassumere per vedere se ho capito. In pratica: l’ora, intesa come unità di misura temporale, dura sessanta minuti; l’ora, intesa come lezione agli studenti, dura cinquanta minuti e quindi la Ministra chiede che i dieci minuti non trascorsi ad insegnare siano recuperati come tempo da dedicare alla Scuola. E’ così?

    Blackjack.

  4. E’ così, g.d’a., ma Chiara Valerio ha spiegato come possa un calcolo aritmetico risolversi nella demolizione della dignità della scuola. Aggiungo questa notizia, che mette forse in comunicazione questo post ed il precedente: nel 2005 nell’isola di Cuba erano aperte 98 scuole in zone sottopopolate e poco raggiiungibili, ciascuna delle quali istruiva un solo alunno. I post sono forse comunicabili, i due mondi probabilmente no.

  5. non è una richiesta di questo ministro. è una richiesta dei singoli istituti scolastici. il problema è solo che non è il singolo insegnante a decidere la durata dell’ora di lezione, né a poterne discutere. è una estremizzazione riguardo tutte le questioni di finta lanacaprima che ammazzano la scuola e che poco hanno a che vedere con la dinamica professore-studente. e questo.

  6. lo è. ma è difficile stilare un modello di partita doppia affidabile.
    questo non vuol dire che non ci si debba provare.
    la solita strada gorgo scivolata lastricata di buone intenzioni.
    la scuola.

  7. lo scritto ha qualche momento divertente, ma ha il difetto, se posso dirlo, di trattare in maniera abbastanza confusa l’argomento. e infatti non ho capito. io quando ho insegnato per 18 ore settimanali, facevo 18 ore ‘reali’, alcune di insegnamento, altre di sostituzione, altre di disposizione per eventuali supplenze. se sono pagato per 18 ore di sessanta minuti non capisco perché dovrei farne meno

  8. invero gregorio lei è pagato per diciotto ore di lezione frontale. poi è l’istituto che decide quanto dura la sua ora. bizzarro e divertente, no?. comuqnue mi dispiace che non fosse chiaro. :-) chi

  9. anche io non ho ben capito. tu hai un contratto di diciotto ore? invece fai 900 minuti al posto di 1080? allora di che si lamenta?

  10. non è una lamentazione. è una contraddizione. se esistono già due definizioni di ora, o tre, visto che quelle accademiche durano 45 minuti, come ci si può mettere d’accordo su cos’è un programma ministeriale. o un contenuto minimo? nevvero?

  11. E’ l’istituto che decide ma con delibera del collegio dei docenti.
    Noi facevamo ore di 55 minuti, che non prevedono recupero, poi qualcuno ha proposto ore di 50 minuti con recupero di legge (e non per capriccio ma una scuola con un monte orario, per gli studenti, di 36-38 ore settimanali a volte qualche problema, oggi come oggi, ce l’ha). Abbiamo pensato, discusso, votato, e non in un collegio solo ma più volte nell’arco dello scorso anno. E’ passata l’opzione 50 minuti e abbiamo organizzato un piano per il recupero della novantina di ore perse alle lezioni durante l’anno. Anche chi ha votato contro si adeguerà, siamo ancora in democrazia, dopotutto. Non vedo perchè se ci pagano per un tot di ore stabilite da un contratto non dovremmo farle. Se 18 a settimana sono pagate, che 18 siano. Dov’è il problema?
    Che poi ci paghino poco, come categoria, è un discorso che qui, con questo post, non c’entra.
    E nemmeno c’entra questo discorso qui sulla durata di una lezione con la qualità della scuola. IMHO

  12. Letta ora la risposta di chiara a dino.
    Il programma ministeriale, con la sua prescrittività, non esiste più da anni. C’è la programmazione e non è solo un gioco di parole ma un’impostazione didattica differente, che non prevede solo un discorso sui contenuti ma anche sui metodi, sugli strumenti, sugli obiettivi.
    Che poi tutti questi aspetti che nella scuole si discutono da quando sono entrata (anno scolastico 85/86) siano stati svuotati da milioni di miliardi di parole spese negli anni e da un’applicazione spesso distratta e rassegnata oppure polemica e anche ideologica, è in gran parte imputabile, secondo me, proprio alla miopia della categoria insegnante stessa, fatti salvi gli errori di ministeri, ispettori, dirigenti ecc. ecc.
    Sta di fatto che i contenuti minimi, se è dei contenuti che vogliamo preoccuparci prioritariamente, possono essere trasmessi in un lasso di tempo effettivamente variabile, senza alcuno scandalo.
    Ma sono davvero i contenuti quello che fa di un istituto una “scuola”?

  13. ma il punto è perché avere ore di 55, di 50 o di 45 minuti. e chiamarle ancora ore?
    non è una protesta per lavorare di meno ed essere pagati di più. è solo una estremizzazione nominalistica. come tante ce ne sono a scuola.

  14. Scusami, Valerio, non volevo avere questo tono perentorio, mi è scappato.
    Ma se il punto è davvero solo il nome da dare all’unità, forse parlare della scuola in questi termini è solo un esercizio di scrittura. ed è un peccato, perché i problemi della scuola sono tanti e seri.

  15. nessun problema per il tono perentorio. se però non si riesce a ridere dei miliardi di discussioni che a scuola vengono generati da questioni (comunque un po’) nominalistiche, come quanto dura un’ora, allora non si va da nessuna parte. io credo che i problemi della scuola siano tanti seri e risolvibili. ma basta delibere del collegio dei docenti per capire quanto dura un’ora di lezione frontale.

  16. Una volta la si sarebbe detta una questione tra valore di scambio (il tempo lavorativo cronometrato) e valore d’uso (il valore della lezione in sé). Dal punto di vista del valore di un’unità didattica, 50 o 60 minuti è una questione irrilevante. Controprova: se ho 60 minuti e finisco di spiegare a 5 dalla fine cosa faccio, recupero i 5 minuti? In compenso, quei minuti di recupero finiscono in un’ora di supplenza che non mi viene pagata. Ma se vogliamo restare col cronometro in mano, teniamo presente che negli ultimi anni il mio monte-ore di cattedra è passato da 15+3 (quindici di lezione, tre a disposizione per supplenze) a 18. Il che vuol dire che la scuola le ore di supplenza le paga di tasca propria, sottraendo soldi ai progetti, alla didattica aggiuntiva, ecc. Ma oltre alle ore-cattedra io lavoro anche per preparare quelle ore. Ipotizzando un’ora di studio per ogni ora di lezione, sono passato da 30+3 a 36 di monte-ore. Quanto un operaio, direbbe qualcuno: no. Perché in aggiunta ci sono i monte ore delle riunioni, i consigli di classe, gli scrutini, il tempo delle correzioni (uno studente impiega un’ora per una verifica, ma io ho 25-30 compiti da correggere), gli aggiornamenti… Ecco, davanti a tutto questo recuperare i 5-10 minuti con lavoro non pagato mi è sempre sembrato un’estorsione.

  17. Insomma, che la si valuti di sostanza o di forma (che spesso è la stessa cosa), la questione è: la dignità di un lavoro (e di un lavoratore) che è anche funzione socialmente primaria, può ridursi al computo dei minuti? C’è più di un mero riequilibrio di prestazioni nell’imposizione al recupero (cui, si tranquillizzino i moralizzatori, nessuno vuole sottrarsi); c’è un’imputazione, un’accusa, un insulto al ruolo e alla responsabilità dei docenti. Ovviamente la funzione educativa è così delicata che non può essere pesata in decimali: piegarsi a farlo implica negarne la delicatezza. Probabilmente è proprio ciò a cui si tende.
    p.s. Nel primo commento a questo post ho scritto Sacconi al posto di Fioroni. Mi scuso del lapsus

  18. sapevo che prima o poi si sarebbe arrivati all’obiezione di girolamo: la differenza tra ore frontali e ore per prepararsi. non vorrei sembrare perentorio, ma il paragone con gli operai è simbolico di quanto la classe insegnante di questo Paese si sia meritato il disinteresse verso i problemi della scuola. ringrazio chiara valerio per la questione sollevata in modo ironico che ammetto di non aver colto.

  19. Questioni nominalistiche un tubo! E c’è poco da essere ironici e sottovalutativi rispetto alla durata del tempo-scuola. Continuiamo pure a fare i superiori oppure a fare i conticini sindacalizzati stretti stretti (cosa che magari va anche bene per chi a scuola ci lavora non come insegnante) e vedremo come la Gelmini taglierà con l’accetta la testa al toro e le lancette all’orologio.
    Troppe ore passate a discutere sulla durata delle lezioni e non su questioni di sostanza? Mai venuto in mente che ci sono parecchi punti in cui le due cose sono una sola? Soprattutto se uno non pensa solo al proprio tempo, al proprio “programma” . Io sarei d’accordo pure a timbrare il cartellino, non mi scandalizzerebbe certo. Ma bypassare la questione dell’orario, da un lato non garantirebbe certo che useremmo il tempo, che avremmo il tempo, per lavorare in maniera più sostanziale, dall’altra significherebbe ignorare che il tempo-scuola è tale anche, e soprattutto, per gli studenti.

  20. @ Niki lismo
    non capisco di quale lapsus parli. Davvero, cos’hai scambiato con cosa? Non vedo la differenza, saranno le lenti progressive…

    @ dino

    cos’è che ti disturba del paragone con gli operai? Oggi faccio l’insegnante, ieri ho fatto l’operaio. ed anche il bidello e tanti altri mestieri. Se parlo di insegnanti e operai so di cosa parlo. Io.

    @ il partito del cartellino

    Bene, (ri)datemi il cartellino da timbrare. 38 ore? Ottimo, sono meno di quanto le statistiche calcolano (io avevo un mio calcolo personale più alto, ma si vede che lo scemo che lavora di più sono io). Non 38 ma 40? Fate voi, a me va bene tutto. Quando però suona la sirena, che abbia finito o no di preparare la lezione o correggere la verifica, vado a farmi un giro: se poi gli studenti restano sospesi senza sapere come si conclude l’argomento, o non prendono il voto dopo aver studiato e sostenuto la verifica, cazzi loro. Le famiglie che possono si rivolgeranno a un docente privato, per gli altri non sarà un mio problema, io il cartellino l’ho timbrato e sono a posto.
    O no?

  21. @caracaterina

    Ho fatto polemica, sicuramente: solo che tu l’hai intesa come “discussione sterile, fine a se stessa, fatta per puro spirito di contraddizione”, io al contrario l’ho praticata nel senso (più proprio) di “controversia accesa e prolungata, fatta a voce o per iscritto, spec. su argomenti teorici” (cito dal De Mauro).

  22. @caracaterina: come hai scritto “Troppe ore passate a discutere sulla durata delle lezioni e non su questioni di sostanza?”. questo era lo spirito del raccotno. e lo so che non importa perché tanto grazieaddio le parole diventano altro dalle intenzioni. ma volevo dirlo.

    @girolamo: “Ecco, davanti a tutto questo recuperare i 5-10 minuti con lavoro non pagato mi è sempre sembrato un’estorsione.” … i soliti passeggiatori delle aule scolastiche … ;-). il principio esiste ciò che è misurabile a breve o addirittura nell’immediato, porta, nella scuola, a definizioni di produttività inquietanti. e questo.

    chi

  23. L’unità di misura del (bel) racconto di Chiara Valerio è l’ironia. Quella affilata, sofisticata e insidioisa arma intellettuale e stilistica che squaderna magagne e scudiscia malcostumi in maniera esemplare e senza bisogno di coltellacci di bassa macelleria. Al centro dell’universo educativo dovrebbe stare il merito, da una parte e dall’altra della cattedra, senza privilegi e senza indulgenze. Per nessuno. E il merito non si misura in minuti. E i minuti non sono tutti uguali. Tra tanto blaterare politico-scolastico, uno squarcio illuminato.

  24. “Al centro dell’universo educativo dovrebbe stare il merito, da una parte e dall’altra della cattedra, senza privilegi e senza indulgenze.”
    E’ esattamente quello che affermano la Gelmini e Brunetta.
    E’ tutto molto semplice, no? Come mai non c’avevo mai pensato prima?

  25. @niki
    “Nel 2005 nell’isola di Cuba erano aperte 98 scuole in zone sottopopolate e poco raggiiungibili, ciascuna delle quali istruiva un solo alunno”. Li istruivano ad amare Fidelito, ovviamente. E ce credo che ne servono 98! Perché invece non incalziamo la ministra su autonomia e merito?

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