“La ragazza arco”. Poesie da Mala Kruna

di Franca Mancinelli

puoi poggiare la testa dove la terra affonda
molle, nella cuna tra i colli dove
si veste d’acqua

insegue la bolla di vita tenue
il sorriso chiuso nella pelle
d’ambra, gli animali nell’inverno
addormentati nella tana.

***

e la ragazza arco
appoggia un piede in aria e congiunge
costellazioni di non generati
al grido che ha rotto ora le acque,
appesa la pelle a un ramo cattura
il vento, è una busta della spesa
di desideri altrui
svaniti in uno sguardo

nel treno del mio sangue
salite

***

qua dove ogni parola è ramo rotto
albero di musica in riva al mare

quale piaga insieme siamo
distanti

solo arsa saliva pesto petto,
ma se gli occhi appoggiassero ai tuoi occhi
ogni nodo al sangue sarebbe fiocco.

***

mentre mi scucio e frano
lui bagna il dito sulla lingua e punta l’ago
nell’aria che mi salda.

Ha fatto uno zaino di me in un giorno
l’amore in petali sul pavimento.
Quand’era fondo il silenzio cantava
goccia caduta dentro le costole

si può respirare dalla sua bocca
come l’annegato e camminare
pestandogli i piedi,
ma le gambe vorrebbero fluttuare
come alghe al suono della sua voce

e lui continua a spingere la culla
il suo corpo come un pollice.

Fors’è annodato alle sue dita questo
gomitolo che srotola e svanisce.

***

vorrei con le parole aprirti
questa vita come una mano
che sul tavolo capovolta
aspetta d’essere riempita
stretta nella tua. Vorrei la lingua
a chiudere ogni foro, a intonaco
di questo intreccio di sterpi bruciati.
Saremo due camicie
appese l’una dentro l’altra
per una stagione intera
dove la penombra ha immerso
l’amo negli inverni.

***

anche quando è la scure che ci abbatte
l’uno sull’altro per la sua catasta
o quando in una piazza ci sfioriamo
le lingue come gambi senza fiore
siamo uniti e intrecciati con pazienza,
un canestro che dondola alle dita.

***

Leggo stesa, il libro sul torace
è il mio terzo polmone
che s’apre e si richiude.

Stavo sognando la mia muta,
avevo lettere tatuate
come un anfibio stavo sulla sponda.

***

il passo sui binari del suicida
svuota le bocche e spezza
le redini di affetti incontrollati.
Ora l’infante potrà camminare
con l’equilibrio che porta le braccia
a sollevarsi inermi dalla terra.
È un giorno strabico, e le persone
s’affacciano sul proprio sangue fermo
chiedendo dove sbuca la corrente
che spinge rossa e perfora gli occhi.
L’obitorio è un lago calmo: le barche
ovali come il seme di una donna,
la carne dove dorme sempre un figlio.

***

ora in te è un rudere la casa
franata in una notte, ora
la betoniera mastica la calce,
il tetto spiovuto, la preghiera
che mantenevi aperta con le mani.
Di tutte le stanze resta
l’incavo intonacato dello stomaco.
Tu pesti le sue pozze d’acqua stagna
e la saliva che discende
per essere inumata.

***

invidierai l’aria che rimane
sospesa oppure immersa
là dentro agli alberi, nella pianura
sarai il battito chiuso di quei polsi
in stagioni di luce elettrica,
lo sguardo che gratta la vernice
e segna la sua nascita e il suo amore;
ma prima che squilli la porta e torni
lo stormire di tv senza canale
formicolando grigia come il mondo
visto dalle astronavi dei non nati
tu decrepita per molta ingenuità
sillabando con fatica
con la mano destra stretta
avrai ancora una parola
calda al ferro della cella.

Nell’immagine:Wynn Bullock, Navigation without numbers (1957)
Le poesie sono tratte da Mala Kruna (Lecce: Manni, 2007)

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34 Commenti

  1. questo è un libro importante, uno di quelli che non si impolverano, perchè ogni tanto senti il bisogno di prenderlo dalla libreria e rileggerlo.

  2. Una lingua pura, dolce, viaggiatrice.
    Entra nel corpo, danzare il mondo che viene nel corpo.
    C’è sangue nel cammino della scrittura.
    Amo il titolo della raccolta, l’acqua della parola.
    L’immagine del libro su torace mi piace, si culla il libro come un bambino,
    la sua vita penetra il cuore.

    L’immagine mi incanta: questo bambino che striscia verso la madre, e tanta distanza, l’amore da raggiungere. AMO!

  3. Una delle più belle raccolte lette nella mia vita. Una poesia che sta aderente all’emozione, ha il ritmo del respiro naturale, non si può rallentare e farne scomparire la lettura.
    Davvero un piccolo capolavoro.
    Brava Franca!

  4. Di Franca apprezzo soprattutto la soluzione naturalissima di certe immagini che usa…uno dei preziosi casi in cui la lingua non fa alcuna fatica. A rivedersi presto! Cristina

  5. Un libro che mi affascinati dall’inizio, con immagini vivi e raffronti meraviglioso!
    un piccolo capolavoro infatti!

  6. ciao a tutti e grazie.
    Penso che Francesca senza parole, scegliendo quella foto di Bullock abbia detto molto della mia poesia; è come se, in un certo senso, me ne abbia mostrato l’immagine, quanto di buio e di luminoso porta con sè, e per questo la ringrazio tanto.
    Quella distanza che c’è tra la donna e il bambino ha qualcosa di magnetico, traccia un campo d’attrazione e repulsione di forze. E’ la stessa distanza che cerco di superare ogni volta che parlo, quel non raggiungere mai qualcuno (me stessa?), mentre a tratti, in certi istanti di luce abbagliante si scopre che è tutto così miracolosamente vicino, proprio come questo bambino che sembra entrato dalla finestra, dalla fessura lasciata aperta dal pensiero nero della donna. Lui è il suo sogno, la sua infanzia, la scia più chiara della sua disperazione. Basterebbe che lei alzi lo sguardo perché il suo corpo macilento divenga quello di una madre.

  7. Cara Franca,il tuo libro non l’ho letto.Ho letto in passato tuoi testi(su Poesia,forse su Atelier), ma non ne ricordo una particolare impressione.Ti leggo ora su NI,e ne resto davvero,molto colpito.Ha ragione la Annino quando parla di “soluzione naturalissima di certe immagini”, consci comunque di una nozione di naturalezza che passa da Leopardi a Luzi. A me ha colpito il ritmo dei tuoi quasi tutti,quasi esclusivamente versi-frasi (rari enjiambements dislocati in posti cruciali)che restituiscono una dimensione ieratica e fatica a una scrittura che vogliamo sempre più eteronoma e contaminata,meticcia.I tuoi versi monorematici vivono in piena autonomia (quasi incredibilmente,quasi volutamente ignorando scritture in corso,anche se poi non è proprio così) reggendosi su una particolare nozione di ‘periodicità'(rinvio a Jean Cohen, Strutture del linguaggio poetico,Il Mulino,Bologna 1974) sostenuta da corrispondenze e disseminazioni foniche e omofoniche (per restare al primo testo:”molle,nella,colli,bolla,nella,pelle,nella)materiali lessicali allitteranti e assillabanti(“ramo rotto, arsa saliva, pesto petto),insistenze timbriche nel ritorno sonoro che sopperiscono a una scansione metrica variata (dall’endecasillabo canonico a una cadenza percussiva,dattilica:” il pàsso sùi binàri dèl suicìda).Trovo ci siano soluzioni molto convincenti, e versi belli,veramente :mi colpisce,perché intuisco che non si tratta di solo gioco né virtuosismo. Penso ad esempio a quell’ “incavo intonacato sullo stomaco”, c’è tanto,c’è molto,c’è quasi tutto :quella catena vocalica in dominanza e alternanza di a ed o, e consonantica di c e t , cavo-tona- cato-maco, che se da un lato conferma la vitalità di una scrittura visceralmente femminile (perché negarlo?),con quell’incavo,e quella catena di suoni che mi pare renda la corporeità di un cordone ombelicale. Scrittura femminile della corporeità e della corporalità:in questo se non ti dispiace, per restare in Italia,penso alle scritture della Insana e della Bettarini ,proprio per la percezione della corporalità del testo,qui da te comunque meno esibita, e per la appercezione estetica : una particolare sintesi di figure e suoni sempre rispondenti e corrispondenti (dicevo del magistero della Insana- “mentre mi scrivo e frano”- e della Bettarini ,corporali,meticce, sperimentali; ma qualche soluzione -nei suoni- richiama pure Anna CascellaCosì, a caldo, mi torna qualcosa dei versi di formazione di LelloNove (allora Satta Centanin) di “Tornando nel mio sangue”,è un parallelismo empatico suggeritomi dal tuo ” nel treno del mio sangue”. La tua è una scrittura dal forte impatto, emotivo,visivo e visionario;una figuralità che qualche volta può attardarsi su valenze un po’ abusate (“la scure che ci abbatte”) e che per certi versi richiama la scrittura della Anedda (lei,comunque,più rarefatta,tu cerchi la correlazione con le cose,gli oggetti, e una maggiore corporeità).Ti faccio un mare di complimenti,lieto di averti letta.

    p.s. Non ci siamo mai incontrati,credo,proprio quando tu ti avvicinavi a Urbino, io me ne allontanavo (per sempre?). Di te mi hanno parlato amici comuni ( specie u.p.) sempre con termini positivi. Spero che ci saranno occasioni per stringerci le mani. Saluti e shalom,manuel.

  8. ..Che turbinìo di commenti..e io che pensavo di farti un piacere scrivendo qualcosa..Qua c’è da stare zitti e basta, guardando il dito che si salda nell’aria.
    E poi sai che quando si parla di frana e di smottamenti, radici, caduco etc io ci vado sotto! Sotto, franando insomma..
    Una composta slavina semantica, ecco.

    :)
    Francesco

  9. Mi confermo maitre gaffeur! chiedo scusa pe la svista (o lapsus),cara Cristina. Un saluto caro.

  10. mh, vero, lingua amniotica, ma non feticisticamente ossessionata dagli oggetti – le forme, sì, ma qui sembrano importanti anche le misure, le direzioni delle cose (inseguire, salire, spingere, camminare, affacciarsi, discendere…) a dimostrazione (io credo) della grande cifra etica nascosta dietro la voce intima di questa poesia.
    sexton scriveva “some women marry houses”, ma qui la casa non è affatto una galera, quanto, forse, qualcosa di isomorfico, di armoniosamente organico alla persona – potenziale luogo di trasformazione.
    mi piace molto.
    e penso che migliorerà.

    un saluto caro,
    r

  11. Vorrei fare una domanda: con la sintassi e la semantica e la “lingua amniotica” che cosa ci racconta di bello? Personalmente faccio sogni più decifrabili nella banalissima notte. Un saluto.

  12. P.s. (a Franca): Credo che Cohen aneli ad un rendez-vous talare tra il suo e il tuo “corporale”, ma stai in guardia: mi sembra di quelli per i quali “letteratura femminile” equivale all’arte tutta femminile di disporre i fiori in soggiorno, non so se mi spiego…
    Un abbraccio Cara.

  13. Evafutura ma che basse insinuazioni, qui son tutti amici e si lodano fra loro inneggiando al capolavoro, sono puri spiriti e si sfiorano le lingue come gambi senza fiore. La poeta essa si culla sui colli, insegue la bolla di vita tenue, si scuce, frana, diventa zaino, congiunge costellazioni, lo sguardo le gratta la vernice… vien proprio da dire “i poeti che brutte creature ogni volta che parlano è una truffa”.

  14. @Caro Manuel,
    grazie per l’orecchio appoggiato sui miei versi. Resto un po’ senza parole. Non credo di riuscire a riponderti in tutto, qui, ora, come vorrei. Chiederò magari agli amici comuni il tuo indirizzo e ti scriverò.
    Tra le cose che mi accendono le tue parole c’è questa: che io non voglio, non vorrei “tornare nel mio sangue”, ma, semmai, attraversarlo, oppure forse, di più, renderlo appunto un treno, uno di quegli eterni e lentissimi regionali che attraversano l’Italia giorno e notte (soprattutto di notte, con i vetri accesi e i vagoni semivuoti), accogliendo persone e voci; persone che pensano di lasciarsi qualcosa alle spalle e altre che stanche non vedono l’ora di tornare a casa. In questi regionali ho viaggiato molto negli ultimi due anni, da pendolare, e in quel rullio ho cullato alcuni versi.

    @ Cristina
    Paradossalmente, quella che appare naturalezza, lingua che “non fa fatica”, molte volte viene da uno sforzo estremo, al limite dell’afasia…

    @E qui mi riallaccio alla “passione” della frana che condivido con Francesco. Diverse poesie sono nate da un ritorno continuo su frammenti, su parole e pezzi di frasi che si sbriciolavano, si fermavano lì, non andavano oltre… poi qualche luce miracolosa da una finestra ha portato, a volte, il filo che lega, la cucitura.

    @Renata
    Forse la cifra etica di cui parli è la strada in cui vorrei continuare (mentre l’aspetto intimo e connaturato un po’ alla mia voce, fortissimo nelle prime prove, è qualcosa che vorrei lasciare alle spalle). Certo non sono cose che si decidono così, discutendo, né aspetti che, credo, alla fin fine, siano mai divisi.
    E’ vero quello che dici: la casa di cui parlo spesso è anche sempre un po’ il corpo; però, nonostante questo (o anche proprio per questo) la sento anche come una prigione, un limite. Abito più nelle frane, in ciò che cede, che scorre.

    un sorriso e un grazie a tutti

    franca


  15. p.s
    @Eva
    Un po’ di amnio alla lingua può anche farle del bene: origine della vita e di tutto, ci sarebbe molto di inenarrabile da raccontare… Ma se si ferma lì finisce per assomigliare ad una di quelle povere vipere che galleggiano nei barattoli con lo spirito…

  16. “Mala kruna” – ‘piccola corona di spine’ – di Franca Mancinelli, è uno di quei libri di poesia lì, di quelli che durante la lettura alzi assai spesso il volto – e ha il ritmo che gli chiede la lettura questo alzarsi -, e pensi e ti rinfranchi, e allora accade che lo metti nella tasca della giacca e lo porti con te, e magarì sei in un posto pieno di rumore che ti avvilisce, e allora lo apri, e leggi alcune poesie, e un poco quel rumore e quell’avvilimento scompaiono.
    A me è accaduto così, perché “Mala kruna” è un libro di parole “scandite”, di parole che aprono alla vita “come una mano / che sul tavolo capovolta / aspetta d’essere riempita / stretta nella tua.”
    Dopo un po’ di giorni lo riponi, ma “Mala kruna” – ‘piccola corona di spine’ – è uno di quei libri di poesia che poi ritorna di nuovo in giro per casa, e non poteva essere diversamente per un libro come questo: delicato e lucido e notevole; un libro fatto di parole come “sguardo, foglia, ago, porta, ruga, ricordo, schianto, sale, linea, zaino, petali, culla, pollice, radice, traccia, scure, piazza, pazienza, croce, vetta”, un libro fatto di “terra / morbida e pestata molte volte.”

    Un caro saluto
    Adelelmo

  17. @renatamorresi: sono d’accordo con te,pienamente: riferendomi alla sintonia tra ritmo e immagini,ho forse tralasciato(pensando che per me fosse comunque connaturata,per me,evidentemente non per chi legge)la sintonia che colgo(e cogli tu) tra ‘direzioni'(bella questa cosa che hai notato) e cifra etica. Anche,come dire,rispondenza tra cifra stilistica e cifra etica,appunto.ciao.

    @Atopos: non preoccuparti.Sono quarant’anni che rovino…

    @Franca: ciao.anni fa,mi incontrai con Lello Baldini a Santarcangelo,dopo l’uscita di Intercity.Riaccompagnandomi verso la stazione,mi disse qualcosa di analogo a quella che scrivi tu,a proposito dei treni…
    comunque,in barba alle eve passate e future: manco_roma@yahoo.it

  18. Gli Amici: sarebbe bene che oltre a lodarsi ogni tanto si ricordassero di lordarsi, per non affievolire il ricordo dei tempi in cui il re era semplicemente nudo…
    Se tutto è splendido e meraviglioso, se tutto è un “capolavoro” mi dite come facciamo a distinguere dov’è l’errore? Perché un errore è sempre presente, in noi. O non più?…
    Ogni narcisismo è un gioco con la morte e qui mi sembra si stia giocando un pò troppo alla roulette russa.
    Un proverbio marocchino dice di allontanarsi da chi perennemente “approva”, e di seguire invece chi “sa far piangere”. Perché poi scomodare un proverbio? Un cuore splendido non ha bisogno di adulatori, un cuore splendido invoca raccoglimento, solitudine, e tace mille anni prima di Dire.
    A volte occorre una vita intera per dire una parola; ma La Parola enorme, quella importante. Appunto, La Parola.
    Talvolta può anche solo essere una sillaba, ma ancora più, perché essa è La Sillaba. La Sillaba espressa. La Parola eterna.
    Più pace ai Poeti di ieri e a quelli di oggi, ai poeti che osservano e tacciono, che modellano, immersi in un silenzio di bottega, la Parola, che non dicono, ma che sistemano con umiltà negli scaffali.
    E lì lasciano che riposi e non la sottopongono ad una temperie sonora di giudizi. Un pò perché è la loro e un pò perché è preziosa, lavorata, incerta, fragile, argilla morbida, che tante parole possono deformare, sconvolgere prima che sia pronta. I Poeti di oggi vogliono dimenticare almeno finché la rovina del proprio mondo lirico non si sarà compiuta, perché loro sono “il nulla” e son nati già con la saggezza che un giorno passerà quella fissazione per le belle immagini senza alcuna realtà.
    Aspettano dunque il momento di essere veri e di essere Urgenti, il momento in cui la lirica tempesta avrà finito di turbinare e creare scompiglio negli animi.
    Aspettano che dalle rovine di un intimo mondo si aprano scaffali pieni di Parole intatte, non ascoltate: Parole d’artigiano che sa il lavoro del tempo, dello schivo che non consuma la Prima Parola sulle orecchie di Chi non conosce. I poeti non cercano adulatori e nessuno deve adorare un poeta come un divo.
    Come posso scegliere di dire qualcosa all’Umanità se non so che cosa in realtà sia l’Umanità? E soprattutto: ho qualcosa di Vero da dire all’Umanità? Posso essere portavoce di una Verità, riesco davvero a vedere la nudità del re?…
    La Poesia in origine era preghiera, e quindi collettiva… Perché la vogliamo ridurre a una fiorita manifestazione dell’io?
    Cosa vi hanno insegnato a scuola? L’arroganza?
    Stimo Franca, e molto, per un sacco di motivi che non pubblico qui.
    Domando scusa a lei e agli amici se ho offeso.
    E mi defilo.
    Non vogliatemi troppo male.
    Di voi ho paura.

    Silvia Milani

  19. mamma mia che polemica!?!
    squallido come le donne siano sempre pronte ad attaccarsi uscendo gli artigli o limando le lingue, non dovrebbe essere così.
    riconoscere merito alla bravura altrui è segno di intelligenza.

    io qui non conosco praticamente nessuno, è la prima volta che leggo versi di questa donna e li ho trovati splendidi.

    poi, che io “re sia nudo”, l’ho sempre sostenuto anche io, ma certi commenti sanno più d’invidia e sangue acido che altro…

  20. Ciao Silvia, un po’ credo di capire (e, tra l’altro, ho molta simpatia per il buon Viliers), ma a me sembra che la tua posizione confini pericolosamente con il reazionario.

    Tutte quelle maiuscole per dire alla fin fine che la poesia è ineffabile e non se ne può discutere? E che non si può spiegare perché una cosa ci piace e come, ché già questo ti sa di combriccola mafiosa? Quindi dovremmo stare tutti in religioso silenzio in attesa della comparsa del Capolavoro? Più che un invito al dibattito critico questa mi sembra un’apologia del potere, che di certo non è quello della parola.

    Io credo di capire la tua stanchezza di fronte all’eterna chiacchiera del web, ma non è necessario parteciparvi, essa non ci rende importanti, né protagonisti di nulla, né immortali, né futuri. Personalmente questo non essere un bel niente mi dà un grande senso di sollievo, così come poter dire a una persona che ho amato i suoi versi. Senza gli inciuci cui alludi tu (a meno che tu non giudichi inciucio pure la ricerca di consonanza, di condivisione).

    Le accuse di narcisismo o fiorita manifestazione dell’io proprio qui mi fanno un po’ sorridere, visto che la poesia di Franca Mancinelli mi pare (a me: o è narcisistico pure questo??) piena di grande integrità, per niente compiaciuta, e tesa all’ascolto degli altri.

    Non capisco perché le espressioni di stima e di affetto siano prese come “adulazione”, non mi risulta che Franca sia diventata editor di Einaudi e si debba quindi lavorarsela per ottenere chissà che.

    Non so perché metti tutti insieme in uno stesso gran calderone e alla fine ci dai pure degli arroganti. Spiegami dov’è l’arroganza di Adelelmo, di Cristina o di Manuel o degli altri. Forse perché si è detto “sintassi” o “amniotico”? A me è l’anti-intellettualismo a sembrare arrogante, e pure un po’ pretesco nella sua pretesa che occorra credere e basta, senza esplorare, discutere o interrogarsi.

    Non è certo che la poesia nasca (solo) come preghiera.

    Forse mi è sfuggito qualcosa dell’intenzione con cui scivevi, ma posso parlare solamente di quel che vedo qui. Magari se ti va scrivimi, io potrò ricollegarmi solo lunedì.

    un saluto,

    r

    renatamorresi@hotmail.com

  21. @Silvia
    mi fa piacere che tu abbia firmato il tuo commento e sia uscita dalla “eva futura” (che sorpresa!).
    In quello che scrivi trovo molta confusione, esaltazione, e maiuscole certezze che mi suonano assurde. Se, invece di questo turbinio che sì, ha a che fare forse con un io che aveva bisogno di manifestarsi, trovassi la calma per dire, che so: credo in un certo modo di scrivere, nella necessità di usare certe forme, di parlare di certe cose, oppure, che so, quel tuo verso non mi suona, quella immagine non funziona, ti assicuro che ti ringrazierei. Ma nel terreno folle in cui sei corsa a precipizio non c’è traccia di polemica, né tanto meno di offesa (come forse avresti voluto). E’ come se, per certi versi, tu abbia parlato a te stessa, sfogando un qualche spirito. (Spero abbia trovato pace). Nessuno ti vuole del male…! (forse lo avresti voluto, a volte fa un po’ piacere anche questo). Io ti ricordo sorridente a Urbino, negli anni dell’università. Se vuoi, con calma, scrivimi –la mia mail la hai-.

  22. un bel libro, che lascia sperare molto per il futuro. non vorrei caricare Franca di troppe responsabilità, le ‘consiglierei’ di stare attenta e curare i passi, le decisioni, i percorsi avvicinabili e quelli da attraversare in fretta. parlo di scrittura ovviamente! Franca, oltre a essere una brava poeta è persona intelligente, ci attendiamo una poesia che superi certe paure e allora sarà un forte, fruttuoso piacevole volare.

    un abbraccio

    alessandro ghignoli

  23. Ciao a tutti i commentatori e a Franca che ringrazio per la sua poesia e per la disponibilità al dialogo.
    Vorrei dire qualcosa sul comportamento nei commenti a cui si riferisce Evafutura – Silvia Milani (e grazie prima di tutto per non essere rimasta nell’anonimato).
    Silvia, non so se comprendo il tuo disagio, considerando che il web è fonte di fraintendimenti, però volevo dirti che il malessere di cui tu parli nei confronti di un certo ambiente letterario/poetico italiano dove spesso al sospetto ch sussista un gruppo (o gruppi) di affini che si spalleggia si affianca quello di una fondamentale mancanza di forza della parola, di urgenza – è una cosa che molti proviamo. E ogni tanto ci fa sbroccare. Però non credo sia questo il caso così come non penso che se oltre che scrivere poesia si è anche amici, ci si stima e si interviene per far sentire all’altro non solo il nostro parere critico, ma il nostro calore, sia una brutta cosa. Anzi. Renata ti ha risposto in modo esauriente – su Manuel, ti posso dire che lo conosco solo come commentatore sempre molto generoso e attento alla poesia, ce ne fossero di commentatori come lui! Ti invito a non tacere affatto, anzi a tornare e a dire la tua, tranquillamente.
    a Nuxvomica, dico che quella canzone di De Gregori è una delle mie preferite del cantautore romano. Ma gli ricordo anche che mentre in campi affini alla poesia (certa letteratura, la canzone d’autore) si trova sia da pubblicare presso buoni/ottimi editori che da essere prodotti da case discografiche, in poesia italica tutto questo è più o meno pari a fantascienza. E che quindi se sul web si dà visibilità a ciò che ci sembra meritevole e qualcuno osa anche commentarlo positivamente di non scandalizzasi tanto. Di intervenire un po’ a tema, magari, pure per stroncare, invece che fare la comare di turno.

  24. Ringrazio molto Francesca che, accogliendo i contenuti del mio intervento, ha risposto con un suo preciso pensiero, discutendone. Per il resto non vedo perché alla provocatoria messa in discussione (senza calore certo, ma il web proprio non mi ispira calore umano), di un atteggiamento intellettuale, la non risposta debba corrispondere a una severa scansione emotiva delle righe, anziché una pronta risposta sui contenuti.
    Ho chiesto scusa a Manuel per la battuta pretestuosa, ma lo credo abbastanza intelligente da capire che non ce l’ho con lui, solo un piccolo disaccordo polemico con un certo modo di intendere la letteratura, separando il quartiere “femminile” da quello “maschile”. Tutto qua. Buon lavoro. A tutti.
    Silvia

  25. Silvia, che dire, ho dato il mio indirizzo email, una più chiara offerta di conversazione e\o discussione umana da qui non saprei come farla.
    Se i contenuti a cui ti riferisci sono le allusioni alle piccole cupole di interessi “poetici” mi pare di averti risposto: qui il teorema non regge, almeno non per la sottoscritta, che conta come il due di picche quando comanda spade.
    Se i contenuti riguardano le tue domande sull’Umanità, la Verità, ecc., mi pare di aver anche risposto: non condivido le maiuscole e le astrazioni, mi sanno di massimalismo. Potrei argomentare meglio, tu potresti spiegarmi meglio e alla fine forse ci capiremmo meglio. Però magari a farlo qui finiremmo per infestare questo bel post con i nostri fioriti io e mi sembrerebbe una cafonata.
    “Intellettuale” non equivale necessariamente a “puzzetta sotto il naso”, non credo che l’unico modo di commentare le poesie debba essere “emotivo”, anzi. Siccome delle poesie in questo paese non gliene frega una mazza a nessuno penso che parlarne con serietà e cognizione di causa (con i miei limiti, per carità) non sia proprio-sempre-per forza una scelta da barbuti incardinati babbioni.
    Vabbé, sù, chiudo qui, peace&love ecc., ecc.

    un saluto caro a tutti,
    r

  26. @ Francesca Matteoni: ti ringrazio per la stima, indubbiamente reciproca. E’ vero,non ci conosciamo. In qualche misura mi occupo da vari anni (spesso con adozione di eteronimi,allonimi,pseudonimi -una fuga nevrotica-) di letteratura,con varie pubblicazioni all’attivo…non appartengo a circoli,gruppi, consorterie o lobby di alcun tipo.Semplicemente,come molti,ho qualche amico,e/ o raro estimatore.un saluto caro.

    @ Evafutura : accolgo volentieri le tue scuse. Non preoccuparti,non mi ero offeso né risentito. Posso ben capire il background da dove partiva il tuo risentimento. Comunque,a scanso di equivoci, sappi che detesto paletti,muri, ghetti di ogni tipo. Shalom e bacioni (innocentissimi!).

  27. Manuel, di grazia, le spiacerebbe darmi delucidazioni su tale “background”? Così per curiosità. Inoltre, preciso, nessun “risentimento” nei confronti delle sue impostazioni d’origine, bensì questioni, che saltano in mente. Su cui mi piacerebbe riflettere, discutere. Mi dispiace, ho il vizio di non lasciar mai perdere.

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francesca matteoni
francesca matteonihttp://orso-polare.blogspot.com
Sono nata nel 1975. Curo laboratori di tarocchi intuitivi e poesia e racconto fiabe. Fra i miei libri di poesia: Artico (Crocetti 2005), Tam Lin e altre poesie (Transeuropa 2010), Acquabuia (Aragno 2014). Ho pubblicato un romanzo, Tutti gli altri (Tunué, 2014). Come ricercatrice in storia ho pubblicato questi libri: Il famiglio della strega. Sangue e stregoneria nell’Inghilterra moderna (Aras 2014) e, con il professor Owen Davies, Executing Magic in the Modern Era: Criminal Bodies and the Gallows in Popular Medicine (Palgrave, 2017). I miei ultimi libri sono il saggio Dal Matto al Mondo. Viaggio poetico nei tarocchi (effequ, 2019), il testo di poesia Libro di Hor con immagini di Ginevra Ballati (Vydia, 2019), e un mio saggio nel libro La scommessa psichedelica (Quodlibet 2020) a cura di Federico di Vita. Il mio ripostiglio si trova qui: http://orso-polare.blogspot.com/
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