Piazza Navona

una testimonianza diretta, a cura di Antonio Sparzani

piazza Navona

Un camion carico di spranghe e in piazza Navona è stato il caos

La rabbia di una prof: quelli picchiavano e gli agenti zitti.

AVEVA l’aria di una mattina tranquilla nel centro di Roma. Nulla a che vedere con gli anni Settanta. Negozi aperti, comitive di turisti, il mercatino di Campo dè Fiori colmo di gente. Certo, c’era la manifestazione degli studenti a bloccare il traffico. “Ma ormai siamo abituati, va avanti da due settimane” sospira un vigile. Alle 11 si sentono le urla, in pochi minuti un’onda di ragazzini in fuga da Piazza Navona invade le bancarelle di Campo de’ Fiori. Sono piccoli, quattordici anni al massimo, spaventati, paonazzi.

Davanti al Senato è partita la prima carica degli studenti di destra. Sono arrivati con un camion carico di spranghe e bastoni, misteriosamente ignorato dai cordoni di polizia. Si sono messi alla testa del corteo, menando cinghiate e bastonate intorno. Circondano un ragazzino di tredici o quattordici anni e lo riempiono di mazzate. La polizia, a due passi, non si muove.

Sono una sessantina, hanno caschi e passamontagna, lunghi e grossi bastoni, spesso manici di picconi, ricoperti di adesivo nero e avvolti nei tricolori. Urlano “Duce, duce”. “La scuola è bonificata”. Dicono di essere studenti del Blocco Studentesco, un piccolo movimento di destra. Hanno fra i venti e i trent’anni, ma quello che ha l’aria di essere il capo è uno sulla quarantina, con un berretto da baseball. Sono ben organizzati, da gruppo paramilitare, attaccano a ondate. Un’altra carica colpisce un gruppo di liceali del Virgilio, del liceo artistico De Chirico e dell’università di Roma Tre. Un ragazzino di un istituto tecnico, Alessandro, viene colpito alla testa, cade e gli tirano calci. “Basta, basta, andiamo dalla polizia!” dicono le professoresse.

Seguo il drappello che si dirige davanti al Senato e incontra il funzionario capo. “Non potete stare fermi mentre picchiano i miei studenti!” protesta una signora coi capelli bianchi. Una studentessa alza la voce: “E ditelo che li proteggete, che volete gli scontri!”. Il funzionario urla: “Impara l’educazione, bambina!”. La professoressa incalza: “Fate il vostro mestiere, fermate i violenti”. Risposta del funzionario: “Ma quelli che fanno violenza sono quelli di sinistra”. C’è un’insurrezione del drappello: “Di sinistra? Con le svastiche?”. La professoressa coi capelli bianchi esibisce un grande crocifisso che porta al collo: “Io sono cattolica. Insegno da 32 anni e non ho mai visto un’azione di violenza da parte dei miei studenti. C’è gente con le spranghe che picchia ragazzi indifesi. Che c’entra se sono di destra o di sinistra? È un reato e voi dovete intervenire”.

Il funzionario nel frattempo ha adocchiato una telecamera e il taccuino: “Io non ho mai detto: quelli sono di sinistra”. Monica, studentessa di Roma Tre: “Ma l’hanno appena sentito tutti! Chi crede d’essere, Berlusconi?”. “Lo vede come rispondono?” mi dice Laura, di Economia. “Vogliono fare passare l’equazione studenti uguali facinorosi di sinistra”. La professoressa si chiama Rosa Raciti, insegna al liceo artistico De Chirico, è angosciata: “Mi sento responsabile. Non volevo venire, poi gli studenti mi hanno chiesto di accompagnarli. Massì, ho detto scherzando, che voi non sapete nemmeno dov’è il Senato. Mi sembravano una buona cosa, finalmente parlano di problemi seri. Molti non erano mai stati in una manifestazione, mi sembrava un battesimo civile. Altro che civile! Era stato un corteo allegro, pacifico, finché non sono arrivati quelli con i caschi e i bastoni. Sotto gli occhi della polizia. Una cosa da far vomitare. Dovete scriverlo. Anche se, dico la verità, se non l’avessi visto, ma soltanto letto sul giornale, non ci avrei mai creduto”.

Alle undici e tre quarti partono altre urla davanti al Senato. Sta uscendo Francesco Cossiga. “È contento, eh?” gli urla in faccia un anziano professore. Lunedì scorso, il presidente emerito aveva dato la linea, in un intervista al Quotidiano Nazionale: “Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interno (…) Infiltrare il movimento con agenti pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto della polizia. Le forze dell’ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti all’ospedale. Picchiare a sangue, tutti, anche i docenti che li fomentano. Magari non gli anziani, ma le maestre ragazzine sì”.

È quasi mezzogiorno, una ventina di caschi neri rimane isolata dagli altri, negli scontri. Per riunirsi ai camerati compie un’azione singolare, esce dal lato di piazza Navona, attraversa bastoni alla mano il cordone di polizia, indisturbato, e rientra in piazza da via Agonale. Decido di seguirli ma vengo fermato da un poliziotto. “Lei dove va?”. Realizzo di essere sprovvisto di spranga, quindi sospetto. Mentre controlla il tesserino da giornalista, osservo che sono appena passati in venti. La battuta del poliziotto è memorabile: “Non li abbiamo notati”.

Dal gruppo dei funzionari parte un segnale. Un poliziotto fa a un altro: “Arrivano quei pezzi di merda di comunisti!”. L’altro risponde: “Allora si va in piazza a proteggere i nostri?”. “Sì, ma non subito”. Passa il vice questore: “Poche chiacchiere, giù le visiere!”. Calano le visiere e aspettano. Cinque minuti. Cinque minuti in cui in piazza accade il finimondo. Un gruppo di quattrocento di sinistra, misto di studenti della Sapienza e gente dei centri sociali, irrompe in piazza Navona e si dirige contro il manipolo di Blocco Studentesco, concentrato in fondo alla piazza. Nel percorso prendono le sedie e i tavolini dei bar, che abbassano le saracinesche, e li scagliano contro quelli di destra.

Soltanto a questo punto, dopo cinque minuti di botte, e cinque minuti di scontri non sono pochi, s’affaccia la polizia. Fa cordone intorno ai sessanta di Blocco Studentesco, respinge l’assalto degli studenti di sinistra. Alla fine ferma una quindicina di neofascisti, che stavano riprendendo a sprangare i ragazzi a tiro. Un gruppo di studenti s’avvicina ai poliziotti per chiedere ragione dello strano comportamento. Hanno le braccia alzate, non hanno né caschi né bottiglie. Il primo studente, Stefano, uno dell’Onda di scienze politiche, viene colpito con una manganellata alla nuca (finirà in ospedale) e la pacifica protesta si ritrae.

A mezzogiorno e mezzo sul campo di battaglia sono rimasti due ragazzini con la testa fra le mani, sporche di sangue, sedie sfasciate, un tavolino zoppo e un grande Pinocchio di legno senza più una gamba, preso dalla vetrina di un negozio di giocattoli e usato come arma. Duccio, uno studente di Fisica che ho conosciuto all’occupazione, s’aggira teso alla ricerca del fratello più piccolo. “Mi sa che è finita, oggi è finita. E se non oggi, domani. Hai voglia a organizzare proteste pacifiche, a farti venire idee, le lezioni in piazza, le fiaccolate, i sit in da figli dei fiori. Hai voglia a rifiutare le strumentalizzazioni politiche, a voler ragionare sulle cose concrete. Da stasera ai telegiornali si parlerà soltanto degli incidenti, giorno dopo giorno passerà l’idea che comunque gli studenti vogliono il casino. È il metodo Cossiga. Ci stanno fottendo”.

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14 Commenti

  1. Qualche secondo fa il tg1 ha mandato in onda un servizio dello schifoso schifani che ha riferito in parlamento che gli scontri sono stati provocati dagli studenti di sinistra, che il comportamento delle forze dell’ordine è stato ineccepibile, e che non è una novità che un camioncino con altoparlante entri in una piazza durante una manifestazione. E che i giovani – in numero molto esiguo – di blocco studentesco hanno preso i bastoni per difendersi.
    Ecco la cura bastarda di alemanno per tenere l’ordine a roma.

  2. BER LU cc217ae

    …Senza senso e violento era l’episodio della morte. Violento e poco riscrivibile la violenza dei poliziotti perenne, poliziotti ubbidienti e ciechi e senza voglia di cervelli. Lavaggio di panni sporchi in piazze pacifiste martellate dall’idiozia poliziottesca…

    12/01/2008 20.54.45

    …mantenere uno stato di cose, lui come tantissimi altri modum, implementati dalla Polizia neurologica, dopo subdole e invasive procedure avviate già dai primissimi anni di vita, fino alla completa maturazione psicosociale dell’individuo; il modum avrebbe permesso un costante scambio di flusso mentale soprattutto tra Ber Lu e Sebastian, il fratello alcolizzato e psicotico di Andrew. Non avrebbe dovuto distoglierlo dal proposito umanissimo, ma quanto mai azzardato nell’economia chemiopolitica del dittatore elettrico, di intessere relazioni umane a scopo riproduttivo.

    Al rilesse il file2001:

    …eventi improvvisi del genere a tutte le sue stramberie logiche ed emozionali: non ricorda dove, eppure aveva già visto quel volto tirato a festa, sempre anche nei discorsi scroscianti di BER LU, allora capo della polizia anarchica…

    polizia anarchica: il meme personale gli rintronò nel cranio.

    Al rimase impietrito nelle olovisioni di youtube. Ricordò Viktor Badalamenti, si chiamava Olgo nel 2001.

    Intermittenze psicotiche, brani di vita presente senza passato e futuro, come maiuscole non seguite da punti fermi. Era questa la tattica di Ber Lu: disinformare, manipolare e psicotizzare le masse. Fare perdere i contatti con la realtà e disturbare gli antichi, umani contatti sociali. Una distopia incarnata, fin dalla nascita, nel genoma degli individui, una necessità, l’Ineluttabile. Che cosa aveva di speciale Viktor per potervisi sottrarre?

    Si stava realizzando l’incubo che aveva scritto otto anni prima, dopo la laurea. Iniziò a tremare. Gli occhi lucidi di lacrime. Il foglio di carta stagnola gli scivolò via dalle mani. Le pupille come spilli. Una calma confusa s’impadronì di lui.

    (la storia elettrica di Al)

  3. Poco fa a Matrix (quindi su Canale 5, non in un covo di comunisti) hanno mostrato filmati relativi agli scontri in piazza Navona di mercoledì scorso.
    Dai video si deduceva in maniera *inequivocabile* che lo scontro (durato meno di 5 minuti) tra i giovani dei centri sociali e i neofascisti di Blocco Studentesco è arrivato dopo ore (*ore*) in cui quelli di Blocco Studentesco hanno stazionato indisturbati in Piazza Navona, con un camioncino carico di spranghe e mazze, hanno pestato a cinghiate parecchi liceali di 14 o 15 anni, si sono schierati in formazione militare con tanto di capetti che davano gli ordini (“state in riga”, “nessuno si muova”, “avanti”).
    Il tutto davanti a più di 400 tra poliziotti, carabinieri e guardie di finanza, che non hanno fatto assolutamente nulla.
    Però la versione ufficiale del Governo è “scontro tra estremisti di destra e di sinistra”.

  4. Mi permetto di “moderare” la versione di Matrix data da

    @Pasquandrea

    E’ vero che il servizio lasciava intendere senza dubbio che gli scontri minori fossero iniziati già in mattinata per opera dei “cinghiatori” del Blocco studentesco, però poi il servizio diventava incompleto quando descriveva lo scontro vero e proprio di piazza Navona. Iniziava col dire che, una volta girata la voce delle aggressioni fasciste, agli studenti di sinistra si erano uniti quelli dei centri sociali e diceva espressamente che “le intenzioni, da pacifiche erano diventate queste, fin troppo evidenti” (a memoria) e mostrava il corteo degli studenti che aveva in prima fila persone con in mano dei caschi. Il messaggio sottinteso era che il corteo andava in piazza per scontrarsi, vi pare?
    (Come se avere dei caschi fosse un modo per dichiarare guerra e non per difendersi dalle spranghe o dalle cinghie tenute in pugno dalla formazione paramilitare del Blocco, già schierata in piazza. Certo che poi, il casco può essere anche uno strumento di offesa, d’accordo).
    Poi, faceva vedere gli studenti contrattare l’entrata in piazza con quelli della questura, che alla fine li lasciavano passare e andare incontro a quelli del Blocco studentesco che dicevano all’intervistatore di essere lì fermi in postazione – a mo’ di quadrato romano – armati solo per difendersi, per mantenere il loro posto.
    Chissà il perché, quando arriva in piazza il corteo, le immagini, che per gli scontri della mattinata sono state precisissime (così come la loro descrizione verbale), diventano scarse e incomprensibili (per reticenza? Il dubbio è lecito). Non si vede chi aggredisce per prima, non si vede nulla e il servizio a un certo punto dice solo: scoppia un lacrimogeno all’interno del Blocco studentesco – non si sa chi l’ha lanciato -, che la telecamera filma per poi indirizzarsi verso la testa del Blocco, dove si vedono già gli scontri, tra studenti disarmati e fascisti con le spranghe, entrambi aggressivi. Seguono alla fine le due versioni contrapposte del Blocco studentesco e del corteo degli studenti.

    In poche parole: Matrix ha mostrato e detto che i primi tafferugli li han provocati quelli del Blocco studentesco in mattinata, con aggressioni usando cinghie e bastoni; ma non ha né detto né mostrato chi abbia provocato lo scontro vero e proprio, ha anzi lasciato intendere che sia il Blocco studentesco sia il corteo degli studenti si preparavano allo scontro in piazza, nell’indifferenza delle forze dell’ordine.
    Questo, per lo meno, è quel che ho visto e capito io.

  5. Infatti, Lorenzo, ma già il fatto che un programma trasmesso da una televisione berlusconiana lasciasse intendere chiaramente che a provocare e a picchiare per primi erano stati quelli di Blocco Studentesco, e non quelli di sinistra, è significativo. Significa che la cosa era talmente palese che nemmeno lì sono riusciti a mascherarla. Il servizio diceva con chiarezza che per ore i neofascisti avevano aggredito e pestato studenti indifesi nell’indifferenza della polizia.
    Oppure (ci penso adesso) tutto ciò significa soltanto che, come al solito, Mentana ha la funzione di fare da contrappeso a Fede: se Emilio è la caricatura del giornalista fazioso, Chicco interpreta il ruolo dell’ “l’imparziale”. Tanto per fornire una scusa (“vedete? siamo obiettivi anche noi a Mediaset”).
    Chissà.

  6. Concordo, Sergio. In particolare sulla tua considerazione iniziale: che Matrix abbia descritto quanto avvenuto in Piazza Navona e dintorni in modo da poter dare un giudizio netto sui primi tafferugli è davvero notevole. E’ come prendere una posizione politica. Voglio dire: in Italia fare giornalismo, mostrare come sono andati i fatti durante delle manifestazioni è scandaloso, è un atto civile di denuncia politica che viene considerato dal regime di destra al potere come il principale nemico da abbattere. E’ per questo che viene il dubbio sul perché il servizio giornalistico si sia “fermato” sul più bello, al momento di narrare la verità sullo scontro principale di piazza Navona: la sua testimonianza sarebbe forse diventata intollerabile per il regime.

    Sul fatto poi del Mentana giornalista obiettivo, io temo che Berlusconi non abbia più bisogno di vantare giornalisti non faziosi tra i suoi dipendenti. E poi, ormai, Berlusconi può convincere la gente che anche Fede è un giornalista equilibrato e imparziale.
    Peraltro, il tg5 d’adesso è fazioso quasi quanto il tg4, con la differenza di esserlo in modo più larvato ed edulcorato. Mentana può permettersi di non schierarsi finché non contraddice apertamente Berlusconi nella sua propaganda. Il pericolo non c’è, anche senza censure, perché Mentana non interpreta il giornalismo come strumento per affermare delle verità che contraddicano in modo rilevante la propaganda politica: è troppo accondiscendente con i politici di qualsiasi parte. Se per caso critica un provvedimento governativo (ma sempre in punta di piedi), la volta dopo criticherà una reazione dell’opposizione. E, va da sè, tutto questo ha poco a che fare con l’essere obiettivi o imparziali – qualità peraltro che non si addicono al fare giornalismo: nessuno è mai del tutto obiettivo, perché l’obiettività non esiste, ma non per questo si è tutti faziosi.
    E’ una concezione del giornalismo che snatura il giornalismo stesso e lo rende un servizio quasi inutile. Così come è inutile mostrare quel servizio e poi dire, come ha detto Mentana, che forse la polizia doveva intervenire e forse no. Come se non fosse più giornalismo dare dei giudizi sull’operato delle forze dell’ordine dopo averlo documentato, conseguenze comprese.

  7. tutto già visto, e più volte.
    il vecchio sano camioncino pieno di fasci con bastoni, bandiere, che picchiano indisturbati sotto lo sguardo benevolo e commosso della pula.
    accadeva nei cinquanta.
    e poi nei sessanta.
    e poi nei settanta.
    c’è stata poi qualche inspiegabile pausa.
    ma eccoli qui di nuovo, per fortuna.

  8. La mia paura ora è un altra: che si usi lo scarcabarile degli “opposti estremismi” per schiacciare l’intero movimento.
    E’ troppo facile scaricare tutta la responsabilità su poche frange della destra estrema, ignorando il ruolo avuto dalla polizia, e quindi dal Governo stesso (infatti lì Mentana glissava: “sì, sono stati i neofascisti, la polizia avrebbe potuto intervenire, o forse no, chissà…”).
    Mi suona un po’ come le dichiarazioni di antifascismo e di pacificazione nazionale dei vari Fini e La Russa: per anni sono stati in piazza con il manganello in mano e ora, ovviamente, hanno bisogno di darsi una riverniciata. Che gliene frega dei saluti romani, ora che hanno messo saldamente il sedere sulla poltrona?

  9. Intanto: bel ritorno Antonello!
    Vorrei ribadire solo una cosa in appendice al pezzo e alla discussione su Matrix di Sergio e Lorenzo (anch’io ho visto il programma… ). Nel pezzo si dice chiaramente che un poliziotto molto affettuoso chiama i ragazzi del corteo “quei pezzi di merda di comunisti”. A Matrix la cosa si risolve in scontro tra i rossi e i neri, per non parlare di cosa è stato detto al governo. Bene, o ho le visioni, o io ho sentito urlare ai giovani del corteo: SIAMO TUTTI ANTIFASCISTI! E allora io dico, perché la nostra storia è importante e ci si sputa sopra – lo vogliamo ricordare cosa significa essere antifascisti? Che nell’antifascismo confluirono forze liberali, socialiste, comuniste, Giustizia e Libertà, democristiani (pure!) e democratici in genere? Che uno degli ispiratori del Manifesto degli Intellettuali Antifascisti fu Amendola, che era liberale? Perché a sprangate in questo paese non si prende solo i ragazzi, ma la nostra dignità e identità storica. Che non è quella che vuol rivendicare Fini, con le celebrazioni della prima guerra.

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Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, dopo un ottimo liceo classico, una laurea in fisica a Pavia e successivo diploma di perfezionamento in fisica teorica, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Negli ultimi anni il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, raggiunta l’età della pensione, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia (Mimesis 2012). Ha quindi curato il voluminoso carteggio tra Wolfgang Pauli e Carl Gustav Jung (Moretti & Vitali 2016). È anche redattore del blog La poesia e lo spirito. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.
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