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Better


di Chiara Valerio

Scrivete qualcosa. Non vuol essere un suggerimento intimidatorio. Non fa differenza se scrivete cinque paragrafi per un blog, un articolo per una rivista di settore o una poesia per un gruppo di lettura. Ma scrivete. Non c’è bisogno che scriviate qualcosa di perfetto. Serve solo per aggiungere qualche piccola osservazione sul vostro mondo. Il mondo di Atul Gawande è fatto di uomini. Ma non come quello di tutti. Di più. Il mondo di Atul Gawande è Ci sono più cose in terra che stelle nel cielo. Perché è un medico.

Con cura è una raccolta di osservazioni e prestazioni il cui corretto dosaggio consente a chi legge di avvicinarsi a una disciplina che seduce per fascino e missione, allontana per responsabilità e sangue versato, irrigidisce per senso di impotenza e galvanizza per istanti superomistica coscienza di sé. Poi nega tutto, luoghi comuni e credo, e posiziona al centro l’uomo. In piedi, in una corsia di ospedale, intubato o in fin di vita, corretto da protesi o ricucito, adulto o bambino, maschio o femmina in un paradiso terrestre in cui non ci sono più frutti proibiti ma solo possibilità e prove. Le scelte di un medico sono comunque imperfette, ma cambiano la vita delle persone. Perché Gawande è un empirista curioso e capace, forte dei propri limiti di medico e di uomo. Comincia dal chiedersi quanti medici non si lavino le mani e a raccontare con le statistiche alla mano e con le orecchie alla commissione di controllo di un grande ospedale americano, quante malattie ospedaliere potrebbero essere evitate. E quante vite salvate. Fugge dalla città e corre in India, per una campagna di antipolio che somiglia più, per toni e numeri, alla mappatura di un formicaio. Poi prende il taccuino, il ricettario, le competenze e una irriverenza sempre fanciulla, e studia i progressi e le difficoltà della medicina di guerra. Nella chirurgia civile si parla di una Golden Hour, un’ora d’oro durante la quale la maggior parte delle vittime se sottoposte a trattamento possono essere salvate. Ma le ferite di guerra sono talmente più gravi che i soldati feriti hanno sol cinque minuti d’oro.

Nella sua complessità la medicina è una fatica più fisica che intellettuale. E poiché è anche una attività a dettaglio, dal momento che i medici prestano la loro cura a una persona per volta, può stritolarti. Almeno quanto capire come gestire la nudità di un paziente, diagnosticare senza violare l’intimità di nessuno, o riconoscere i propri errori, dichiarare serenamente i propri guadagni senza rispondere alla domanda sugli introiti col tono di chi ha un cracker tra i denti, capire quando curare è sinonimo di accanirsi, e chiedersi se lottare sempre significa necessariamente fare di più, e ancora, riconoscere quando l’esperto uso delle competenze contrasta con l’uso corretto. Capita di sbagliare come a mio avviso hanno fatto i medici e gli infermieri che hanno usato le loro competenze privilegiate per rendere possibili, finora, ottocentosettantasei esecuzioni mediante iniezione letale.

La lingua di Atul Gawande trasmette serenità, coinvolge, inquieta tanto è limpida. Parla di uomini con i numeri e di prestazioni mediche con curve gaussiane senza togliere singolarità a ciascun individuo e senza disperdere il senso di un intervento in un outlier o in una media. Innamora e intristisce, restituisce coscienza e regala, in un modo laico e competente, spensieratezza. Questo è un libro sulle prestazioni in medicina. Si entra nella professione convinti che sia tutta una questione di acume diagnostico, di bravura tecnica, di una qualche capacità di simpatizzare con la gente. Me non è così, e lo si scopre presto. In medicina, come in qualunque professione, bisogna vedersela con i sistemi, le risorse, le circostanze, le persone – e anche i nostri limiti.

A. Gawande, Con cura, diario di un medico deciso a fare meglio, [traduzione di Anna Nadotti] Einaudi (2008), pp. 242, € 18,00.

A latere
Con cura è un libro che ho letto alla fine dello scorso anno. Non so nemmeno perché mi sia capitato in mano. So che non sono riuscita a smettere di leggerlo, fino alla postfazione. Perché è un catalogo di uomini rotti e ricostruiti, morti e sopravvissuti, mutilati o rinnovati. Con cura è scritto con parole umane e imperfette, e riguarda una specie, la mia e la vostra, che ha fatto dell’imperfezione e della approssimazione strumento di seduzione e di conoscenza. Se non recensissi qualsiasi cosa, per me stessa e per esigenze di completezza che sarebbe lungo e assai noioso spiegare, forse non mi sarei azzardata a commentare con le mie parole asciutte e asettiche queste righe di Gawande. Però adesso sono contenta. Perché io che non sono donna da barricate, che sono incapace di ideologie e di segnare scriminature di bene e male, di giusto e sbagliato, di fragola e cioccolato, ho pensato ai medici e agli infermieri che stanno cercando di fare meglio, di fare il possibile nella striscia di Gaza. In mezzo alla guerra, all’odio e alla polvere, al sangue e ai visceri che brillano come pietre preziose e durano molto di meno. Specialmente scoperte come in una ceroplastica. E questo.

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3 Commenti

  1. il titolo, già il titolo credo sia il libro. Per motivi stupidamente personali di esagerata consuetudine con questo mondo non credo che avrò il fegato di leggerlo, potrei sognare di incontrare qualcosa del genere e troppo sognare quando si è coinvolti non è salutare. Come non pensare a tutti i feriti e alla cura che non hanno avuto? E anche a tutti quelli che cura ne hanno tutti i giorni e sempre perché sentono e realizzano quanto sia importante e determinante?

  2. il passato non possono cambiarlo nemmeno i libri. ma chi legge può garantire il presente e agire per un futuro diverso. ma io non sono medico. e non sono nemmeno mai stata troppo tempo in una corsia d’ospedale. dal basso delle mie astrazioni m’è parso un libro utile. e speranzoso. grazie davvero del commento. :-)
    chi

  3. grazie a te, credo davvero sia un libro utile e credo anche prezioso, e probabilmente lo prenderò per regalarlo, e da quello che dici credo sia utile in generale e indipendentemente anche dal contesto specifico.
    lucia

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