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Il nano e la ballerina

berlusconi-tetro

di Andrea Cortellessa

Sembra passato tanto tempo da quando ci s’invitava a non demonizzarlo, a liberarci dalla sua «ossessione». Si ricorderà come il dimissionario segretario del piddì, nella campagna elettorale destinata a sancirne il definitivo trionfo, si spinse sino a censurare il nome del «candidato dello schieramento avverso». Come se ogni censura non fosse in primo luogo una preterizione: presenza tanto più schiacciante quanto più rimossa. Un calco vuoto che s’è rivelato maschera funebre: pietra tombale su ogni residua ipotesi di poterglisi opporre.

La verità è che incredibilmente la «sinistra italiana» – o quanto ci ostiniamo a designare con quest’ossimoro storico – non ha ancora smesso di sottovalutare Berlusconi. Se i suoi fan lo idolatrano acriticamente, nostro compito storico è allora esercitare una critica dell’idolo, del feticcio-Berlusconi. Anzitutto prendendo atto che è la sua l’entità storica più rilevante degli ultimi sessant’anni, in Italia; e tra le più importanti in assoluto. Alla fine dello scorso secolo James G. Ballard ironizzava sul panico di cui erano preda i redattori di un magazine che vedeva trionfare, al referendum fra i lettori su chi fosse stato il più importante personaggio del Novecento, ovviamente Adolf Hitler. È un residuo di moralismo buonista (che sta passando di moda a una tale velocità, peraltro, da minacciare di farcelo presto rimpiangere) quello che sdegna cotali scale di grandezza – non dirò, ovviamente, «di valori».

Ma se alcuni fra i maggiori filosofi del secolo passato non hanno mancato di interrogare la figura demoniaca di Hitler, latita ancora un vero sforzo ermeneutico su cosa significhi (o, piuttosto, su cosa abissalmente si rifiuti di significare) Berlusconi. (Unica rilevante eccezione, poco prima del suicidio del 30 novembre 1994, il Debord dei Commentari.) Pesa ovviamente, in tal senso, la non trascurabile circostanza che Hitler è morto, e Berlusconi no. Il suo potere di intimidazione, tale da soddisfare la più abietta libido serviendi dei veti introiettati, è così evidente da non venir più neppure percepito. Non ci fa indignare neanche che la sola RAI mancasse, giorni fa, tra le reti televisive inviate a documentare il processo Mills. È sin troppo ovvio che sia così. Ma non suona casuale che il sempre antiretorico, mai apocalittico Marco Belpoliti includa fra i ringraziamenti di questo suo libro straordinario, Il corpo del capo, il direttore di Guanda Luigi Brioschi: il quale gli ha consentito di scriverlo, il libro, «con la serenità di sapere d’avere un editore che lo avrebbe stampato, cosa che di questi tempi non è scontata».

La prima cosa da dire è che questo saggio (nel quale hanno un rilievo assolutamente non marginale le ventuno fotografie che, per la sua gran parte, commenta) costituisce un primo importante passo in direzione del suesposto compito storico. Prima condizione per combattere Berlusconi – ossia per scongiurare che la sua figura si perpetui, in futuro, come paradigma politico dominante – è infatti capirlo. Anche se sforzarsi di farlo inevitabilmente ci porta ad avvicinarci, a lui, più di quanto saremmo disposti a fare: come nella topica del detective che s’identifica col serial killer. Solo in questo senso il libro di Belpoliti può assomigliare a quello che più lo ha anticipato – col suo stile, com’è ovvio, fisicamente istintivo quanto quello di Belpoliti è concettualmente analitico -: Il Duca di Mantova di Franco Cordelli (il quale ne ebbe in cambio, ricorda Belpoliti, una causa da Cesare Previti: recentemente vinta dallo scrittore, come egli stesso racconta – riproducendone le carte processuali – nell’Almanacco Guanda sul Romanzo della politica curato da Ranieri Polese). Insieme alle analisi mediologiche della scuola di Alberto Abruzzese e all’acume giornalistico di Filippo Ceccarelli, è del resto proprio il «romanzo-conversazione» di Cordelli a costituire pressoché l’unica fonte italiana di una bibliografia – come sempre, in Belpoliti – d’invidiabile densità interdisciplinare.

Una delle intuizioni del Duca di Mantova di Cordelli (che, sin dalla scelta del titolo verdiano, iscrive questa storia italiana all’insegna del melodramma, quanto allo stile, e della seduzione proterva, quanto al contenuto) è che appunto la seduzione esercitata da Berlusconi sui suoi elettori-sudditi sia di natura fondamentalmente sessuale. Proprio il Berlusconi machista e dongiovanni (in omaggio, del resto, a una sin troppo ovvia vulgata psicanalitica) farebbe leva, in realtà, su una propria segreta componente androgina. Il volto risolutamente glabro, l’ossessione per la capigliatura e in generale per il corpo, la struttura delle pose con le quali ha sempre studiato di proporsi, lo sguardo che rivolge in camera restando, tuttavia, sempre sfuggente (sono, le prime del libro, le pagine più suggestive di Belpoliti: che compie il miracolo di tradurre in acuminata filosofia politica, ma anche in una specie di raggelante satira di costume, tutte le tradizioni di pensiero sull’immagine: da Barthes alla Sontag, da Baudrillard a Morin, passando per le intuizioni di Calvino e Pasolini), mostrano un Berlusconi che con noi, in effetti, non ha mai smesso di civettare. Nella classica analisi di Georg Simmel (il pc si ostina a tradurlo in «Rimmel»…), cioè, «lo sguardo con la coda dell’occhio, il capo voltato a metà […] un allontanarsi che al tempo stesso è collegato a un concedersi furtivamente».

È quanto mostra, con evidenza appunto icastica, l’immagine qui riprodotta. Berlusconi è ritratto mentre raccoglie l’ovazione dei suoi, a una convention di Forza Italia. Il passo nel quale lo scatto di Giorgio Lotti lo ha immobilizzato – punctum della foto, la postura dei piedi – è quello col quale l’étoile del balletto offre il proprio corpo glorioso all’abbraccio della folla entusiasta. «Un ammiccamento, un gesto di una civetteria inusuale, ma anche un chiaro messaggio di natura sessuale». E del resto lo stesso Berlusconi una volta ha osato dichiarare: «subito dopo la partita dello scudetto del 1988, un tifoso vede la mia macchina, mi riconosce, si pianta davanti al cofano e grida: “Silvioooo, Silvioooo: sei una gran bella figa!” […] È stato il complimento più bello della mia vita».

Ma la parte più emozionante del libro è l’ultima. Qui si fa strada – dopo i visual studies e la body history mutuata da Sergio Luzzatto – un’altra costellazione di pensiero. E anche la scrittura di Belpoliti cambia. Da analitica, s’è detto, quasi gelidamente connotativa (la solo apparente indifferenza dei phares Baudrillard e Warhol), s’innerva di torsioni che non gli sono abituali: per spingersi a toccare il vero tabù, il limite indicibile della mirabile e orrorosa ventura che condensiamo nel nome-mana di Berlusconi. La sua morte, cioè. Fantasmatizzata da molti, sempre scongiurata dal diretto interessato. Anche le sue ultime esternazioni, improntate a un ineffabile humour noir surrealista – Eluana Englaro capace di partorire, i desaparecidos in gita -, a ben vedere mirano a un unico scopo: allontanare da sé l’idea della morte. Venuto meno, come ci ha mostrato Zygmunt Bauman, il pensiero della morte individuale come limite (termine che circoscrive l’esistenza e le dà senso), è tramontata di converso l’ipotesi di un’immortalità delle opere (cioè di quanto intendiamo lasciare al futuro) – come evidenzia, fra l’altro, la politica culturale che proprio a Berlusconi fa capo. Ci resta solo, dunque, la pratica di un’indeterminata medicalizzazione dell’esistenza. E infatti, mai come in questo momento, la pratica politica e il progetto individuale di Berlusconi coincidono. L’immortalità, relativa, è solo quella che possiamo acquistare: e in questo campo, certo, lui non conosce rivali.

Ma la nostra immagine rivela di noi, sempre, più di quanto ci studiamo di farle dire. L’ultima fotografia del libro, realizzata l’anno scorso da Alex Majoli, sembra mostrarci un Berlusconi «letterale». Che finalmente somiglia, cioè, a quanto – persino in lui – è reale: «È fermo davanti a una tenda bianca, le mani dietro la schiena, il volto girato verso di noi. Non sorride, e gli occhi appaiono lontani, spenti. I due pesanti tendaggi giallo oro sui lati, tenuti da due cordoni, suggeriscono una messa in scena quasi lugubre». Solo qui il corpo del capo mostra la propria umana fragilità (come Robert Guédiguian, qualche anno fa, ci mostrò quello di François Mitterrand, in visita ai sepolcri reali di Saint-Denis, nel film Le passeggiate al campo di Marte). Ineluttabilmente «il Menzogna» – come lo chiamò nei suoi ultimi versi Giovanni Raboni – si avvicina a quanto per tutta la vita ha fuggito e negato: la verità. La sua e quella di tutti: cioè «l’insondabile intimità con la morte». Perché prima o poi, conclude Belpoliti, «il tempo della verità di sé arriva per tutti, governati e governanti, umili e potenti, gregari e capi».

[L’articolo è apparso su Il Riformista del 22. 2. 2009]

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76 Commenti

  1. Troppo onore, a mio avviso, interpretare le barzellette da cumenda ambrosino che racconta il Presidente del Consiglio come se si trovasse perennemete a un party dopo aver presieduto un consiglio di amministrazione, come tabù del limite del nome-mana.
    E mi lascia anche perplesso il fatto (che desumo dall’articolo, non avendo ancora letto il libro) di analizzare l’individuo (la cui fotogenia certamente “merita” un’analisi iconografica, e magari barthesiana) ma senza contestualizzarlo, ossia si dovrebbe giocare di rimbalzo con l’epoca storica che lo ha prodotto. L’attuale “Capo” viene da lontano; al suo alfabeto politico appartengono termini quali craxismo; libero mercato; neoliberismo; repubblica presidenziale. Dopodiché, ci sono naturalmente anche termini più soggettivi, quali populismo; istrionismo; sotto-cultura; egotismo, ma solo “dopodiché”.

  2. eccellente, direi. ribadirei solo, con macondo, che il problema non è berlusconi, ma gli italiani che egli rappresenta perfettamente… e dunque, dal nostro punto di vista, che tipo di scritture organizzare per offrire loro valide e più radicali alternative erotiche

  3. in effetti questo saggio mi conforta in un mio pensiero, che ho avuto subito quando ho visto lo scandaloso tentativo del CdM su Eluana: Berlusconi è ossessionato dall’eludere la morte. È un esteta, un vanitoso, vaniglorioso ciarlero bluffatore – che però perderà. Insomma, il politico peggiore che mai ci sarebbe potuto essere di fronte al caso istituzionale – legato a una sentenza della Cassazione – era proprio Berlusconi, affetto in modo plateale dalla sindrome della “rimozione della fine”.
    Questa è la cosa impressionante: che un problema psicologico (per quanto diffuso) di Berlusconi abbia rischiato di diventare legge con un decreto.

  4. L’avevo sempre intuita questa cosa. Sono stato sempre convinto che alla base del consenso ci fosse un vero e proprio “innamoramento”. Anche se non sapevo ben definirlo.

  5. mario v
    non penso che il nostro sia programmato per simili rimozioni
    io la chiamerei solo ricerca del consenso
    se “il popolo sovrano” l’avesse pensata diversamente, il sondino gliel’avrebbe staccato lui, a morsi!
    concordo sul politico peggiore che mai ci saremmo dovuti trovare di fronte.

  6. nel ricevere l’oscar, sean penn ha detto di essere felice che sia stato un “uomo elegante” a presidente degli stati uniti d’america.
    l’affermazione mi ha colpito per il signifcato sottile che cela sotto un’apparente futilità.
    sean voleva dire che, dopo bush, sembra che il *pensiero* sia tornato al potere, con la sua capacità di pre-figurare e coinvolgere le grandi masse in un progetto comune.
    “l’eleganza” è questa mescolanza di vigore fisico, intelligenza civile e forza comunicativa che si incarna in obama.
    la volgarità di berlusconi è nel vigore fisico clamorosamente simulato che si mescola al suo peculiare culto dell’egoismo, che è entrato in risonanza perfetta col sempiterno albertosordismo del paese nostro.
    carne morta & pensiero marcio.
    lui possiamo anche considerarlo come un esorcismo di massa della morte, ma è esorcismo farlocco come la formica finto legno.
    il trucco che si porta addosso, i capelli finti, gli stiramenti facciali, sono della stessa natura di quelli che vengono praticati ai cadaveri dalle agenzie funebri californiane: tutti sanno cosa c’è sotto, eppure nessuno ride, nessuno sghignazza come dovrebbe, perché quella è la morte e la morte non fa ridere.
    soprattutto la morte di massa che lui interpreta così bene.

  7. Bellissimo pezzo, Cortellessa è una garanzia. Sul Berlusconi seduttore direi che lo è in quanto tutti i suoi comportamenti e i suoi discorsi intendono “sedurre”, ossia condurre altrove, distrarre, spostare l’attenzione dai veri problemi del paese; non a caso le sue reti televisive sono chiamate “armi di distrazione di massa”. Ma quel che è certo è che non è un Don Giovanni. Don Giovanni non si vanta delle proprie conquiste, non tiene cataloghi, di quello si occupa il servo Leporello, l’incarnazione del “vorrei ma non posso”. Ecco, Berlusconi per me è un Leporello ricco.

  8. Lo sto finendo proprio in queste ore. E’ un libro davvero bello e stimolante, Belpoliti usa una lingua “ordinata”, quasi “indifferente”. Da anatomopatologo. Ma è una bugia: credo sia la più clamorosa satira su Berlusconi che abbia mai letto!

  9. @ Gianni Biondillo
    Infatti. E’ pressoché assente il B. delle barzellette, quello che gli piace telediffondere ai sudditi, quello scollacciato delle bandane e delle corna (e infatti la foto famosa con le corna non l’avrei messa, nel libro).
    Ma tutta la storia della costruzione di un’immagine da “goodbadboy” (come spiega Belpoliti ricorrendo alle ricerche degli psicologi dello spettacolo), insomma da Borsalino da quattro soldi, negli anni aurei del primo Boom Superpalazzinaro, è degna di un Molière che abbia letto Barthes.

  10. “Il tiranno è colui che riesce a far sognare agli altri il proprio sogno.” (Simone Weil, da Venezia salva) Molti, troppi italiani sognano il sogno di Berlusconi.

  11. Quanta ossessione. Il problema non è Berlusconi ma chi vuole “guidare” culturalmente gli italiani e non ci riesce. Perchè non li comprende, perchè li ridicolizza, perchè s’innalza a pontificatore, perchè non fa vera cultura, perchè quando cerca di creare letteratura l’abbatte inserendo una considerazione su Berlusconi. Se chi si definisce intellettuale (in questo blog ce ne sono molti che rivendicano tale ruolo) confonde la pubblicistica politica con l’opera culturale, non potrà mai vedere relizzato un modo di porsi , culturale e sociale, diverso da quello indicato da Berlusconi. L’alternativa ad un certo mondo non si costruisce brucando l’erba del padrone. E’ auspicabile realizzare un altro bel prato.

  12. non per fare il vetero, ma vorrei sottolineare come la seduzione di berlusconi, l’esenzione dal tempo (e dalla morte) che ne è la base, è la stessa della merce, il feticcio che testimonia in silenzio le nostre vite perché ne sembra esente.
    e se se ne ricordano gli inizi, si può notare che l’intero successo del fenomeno mediaset si basa su questa specie di blocco dello scorrere del tempo: alla piccola borghesia italiana (quell’ideale terreno di coltura del fascismo come antropologia) scossa dagli anni ’70, canale 5 ripropose gli eroi di una rai dei tempi dell’abbondanza (mike bongiorno, il quartetto cetra, etc. etc.).
    scappo!

  13. La recensione è seducente e il libro sicuramente merita attenzione. La mia preoccupazione, però, è che anche qui si continui a puntare il faro sul palcoscenico (gli attori) e non sul pubblico (il vero committente dello spettacolo). La sinistra per capire Berlusconi ha fatto anche qualcosa, quanto a intellettuali e censori hanno fatto fin troppo. Pochi però a sinistra di lotta e di governo hanno fatto qualcosa per capire gli elettori dello Psiconano. E’ per questo che continua a vincere a mani basse.

  14. caro valter.
    berlusconi vince perché ha in mano, quasi in toto, i mezzi di comunicazione.
    inutile provare a negare che questa sia la causa del suo successo “politico”, inutile dire che gli elettori di berlusconi vanno “capiti”.
    non c’è niente da capire: lui arriva direttamente al cuore e alla “,mente” della poltiglia sociale che, estinte le classi sociali, costituisce il grosso del nostro paese.
    la colpa della “sinistra” è di non aver avuto il coraggio civile di strappargli quel monopolio quando è stata, sporadicamente, al governo.
    era la prima cosa da fare e non è stata fatta.
    ora è tardi, mi pare, e le conseguenze la paghiamo tutti.
    la cosa interessante è che ancora ci chiedono di votarli.

  15. Se non ricordo male, studi analoghi fino a poco tempo li si faceva su Mussolini (ad es. “Mussolini immaginario”, lettura dei tempi dell’università) e non è affatto un caso: l’ingombro (politico, storico, culturale ecc.) dei due personaggi è sempre più simile. Un’unica mini-critica all’ottimo articolo: perchè sul Riformista, che mi pare un perfetto esemplare di quella disonestà intellettuale che alimenta sempre più il mostro?

  16. “…non c’è niente da capire: lui arriva direttamente al cuore e alla “mente” della poltiglia sociale che, estinte le classi sociali, costituisce il grosso del nostro paese…”

    e questa è la lingua con cui il ducio e la poltiglia comunicano da venticinque anni:

    http://www.youtube.com/watch?v=WWgBxonEsno

  17. “Ma la nostra immagine rivela di noi, sempre, più di quanto ci studiamo di farle dire” (Cortellessa). Verissimo. Ma personalmente continuo a considerare inadeguata, o limitante, l’analisi critica dell’immagine dell’uomo al Potere. Anche se è l’Uomo al Potere per antonomasia, che nelle sue mani concentra il potere politico, mediatico ed industriale, come mai è stato prima, e senza mediazioni (il politico nella c.d. Prima Repubblica era delegato a mediare i rapporti tra capitale e lavoro dipendente, tra capitale e società, ora è il capitale che assume in prima persona le redini politiche di un paese). Perché rischia di essere una analisi critica riduttiva, che spiega il soggetto a livello linguistico, psicologico, erotico (a questo proposito, l’uomo al potere ha sempre mostrato di sé la sua immagine affascinante: il torso nudo di Mussolini, le sue amanti, ecc.), ma separato dall’oggetto. Come diceva Gabel, non va spiegata la Storia con l’Ebreo, ma l’Ebreo con la Storia. L’analisi barthesiana dell’immagine, se non sbaglio, verteva sulla soggettività, e ne mostrava i risvolti, ne rivelava il “di più”, ma era inadeguata, o non pretendeva di spiegare il Potere, bensì la quotidianità. E quella del “nano e la ballerina” è un’immagine extra-ordinaria, che abbisogna di una spiegazione storica, non già emblematica. Poi, naturalmente, ben vangano le analisi iconografiche, ma “a latere”, perché quella immagine è la proiezione del rapporto storico, attuale, tra capitale e lavoro. E tanto il Potere ama l’immagine, che si sta inventando anche gli “scioperi virtuali”.

  18. @pec
    mi esprimo così, alla buona. per “capire” gli elettori di berlusconi non intendevo condividerne le pulsioni (indecifrabili del resto, nell’epoca della morte del sociale, e qui hai ragione tu). però ammettiamo anche che la tesi dello strapotere mediatico non funziona: è proprio raginando così che ueltron ha investito tutto sull’opposizione dell’immagine kennediana a quella peronista, e guarda com’è finita.

  19. A proposito di potere mediatico e opinione pubblica:

    «Quando è scoppiato il “caso Eluana” il 92% degli italiani era col padre, Beppino Englaro. Solo l’8%, una minoranza di fondamentalisti cattolici, era per il mantenimento in vita del corpo di Eluana. Dopo 6 mesi di bombardamento televisivo le percentuali erano cambiate: il 54% era ancora con Beppino, ma il 38% aveva cambiato posizione»

    Alessandro Robecchi citato da Gennaro Carotenuto, qui.

  20. @valter
    ti risponde harzie, qui sopra.

    il discorso su berlusconi è diventato infinito, ma occorre eluderlo, prendere aria, altrimenti, come è accaduto a me, si cade nell’ossessione, nell’odio furibondo.
    ancora oggi quando mi capita di vederlo in tv cambio canale, la sua vista mi è insopportabile, la voce, l’eloquio, l’accento, il colore della faccia, le espressioni, la calottina di capelli finti, gli occhi stirati dal chirurgo, cicchitto…: insomma berlusconi ci assorbe troppa energia emotiva.
    se il paese lo vuole, che se lo tenga.
    deleuze disce che da certi momenti storici non c’è da aspettarsi più di tanto, cioè fanno intrinsecamente schifo e non c’è niente da fare.
    oltre tutto quelli della mia età hanno già dato, diciamo.

  21. credo convenga elevare il livello del discorso con una discreta iniezione di bon ton e di spirito sportivo: BERLUSCONI DA QUANDO è STATO OPERATO ALLA PROSTRATA NON SCOPA PIù E NEMMENO GLI S’ARRIZZA!!!!!!! TUTTE LE MENATE SUL GALLISMO, L’AFFAIRE GARFAGNA E I COMPLICI SFOTTò DI FELTRI SUI SUOI VIZIETTI SONO SOLO UNA MONTATURA, L’UNICA “montatura” CHE SIA ANCORA IN GRADO DI PRATICARE.

  22. Oggi ho letto “Il giornale” dalla prima all’ultima pagina, e ben due erano dedicate alla sorella del B. con foto della stessa e della madre, non entro nei dettagli della lingua degli articoli, che meriterebbe un’analisi attenta, quello che mi ha colpito è l’assoluta mancanza di glamour, lui non è solo, non ha solo ville in Sardegna e palazzi in città, è perfettamente radicato in un paese che è molto diverso da quello che la maggior parte della gente qui, io per prima, conosce e frequenta, di quel paese noi fantasmiamo e lo vediamo solo in certe intervistine stradali di Rete4.
    Lui non gli somiglia, ma si nutre di quello, che a sua volta riconosce in lui il figlio capace e fortunato, bravo e buono, generoso e sentimentale.
    Un terzo del paese, del resto, non tutto e nemmeno la metà, ma di cui lui è capace di essere almeno per ora il collante, la mancanza di snobismo, il pacifico e bonario provincialismo, le opere caritatevoli, il sostegno alla cultura (vedi il link di Buffoni sopra) quando non fa più paura perché le è stato tolto il pungiglione critico ed è assurta a “patrimonio nazionale”, l’assoluzione da ogni peccato pecuniario, l’accoglienza di ogni peccato verso la morale della chiesa purché ci si penta e ci si voglia comuque bene, la positività di queste accoglienze e assoluzioni non sono nuove.
    Che dietro a tutto questo ci sia un disegno autoritario la gente non solo non lo vede, non lo vuol vedere e soprattutto non ne è disturbata, tutto qui è peccato veniale se il fine è il benessere della famiglia e dei familiares.
    Sono certa che non durerà, ma anche certa che durerà abbastanza a lungo, finché non sarà la crisi economica a metterlo nell’angolo.
    Gli do altri tre o quattro anni, dopo di che non avrà più l’energia per tenere a bada le altre leadership della destra.
    Cosa possa fare, fino a quel momento , la sinistra che è implosa non so, forse solo vigilare, come si diceva una volta, e chiarisi le idee, uscendo dal sogno americano degli anni ’60, smettendola di dire we can, parlando franco senza aver sempre quella paura visibile di dire la cosa sbagliata.
    Il parlar franco anche a costo di perdere qualche voto, misurandosi con i propri elettori e non con gli apparati sarebbe già un degno inizio, sono stufa della patetica corsa a piastrellare il vuoto dei nostri cosiddettiu leader, prendano il treno e girino per il paese senza accompagnatori, e se hanno paura si mettano un paio di baffi finti.

  23. @ Francesco

    “ancora oggi quando mi capita di vederlo in tv cambio canale”.

    Io ho persino smesso di guardarla, la televisione. Per non vedermelo comparire davanti inaspettato. Questo merito devo riconoscerglielo.

    Ma, ti prego, non nominare più quell’altro. Al solo sentirne il nome rischio una crisi infartuale. E mi dispiacerebbe, per questo motivo, non leggere più Nazione Indiana.

  24. @ tash socci e soldato
    non voglio chiudermi in una riserva indiana e ritrovarmi attaccata alla bottiglia con voi, e però mi sa che corro questo orribile rischio.

  25. @soldato
    concedimi di citarlo, quell’altro, un’ultima volta: io sono affascinato da due cose, in cicchitto: la lingua e la bocca, la forma della bocca, larga slabbrata, leggermente bagnata, le labbra stranamente colorite, mentre biascica la sua calata romanesca la solita cantilena da leccaculo sommo, qual è.
    lui, lo ricordo a chi forse l’ha dimenticato o non lo sa, viene dalla sinistra socialista, quella di riccardo lombardi, che ai suoi tempi era un sacco rivoluzionaria et proletaria.
    tuttavia cosa possiamo rimproverargli se due, dico due, ex direttori dell’unità, caldarola e foa, scrivono oggi su Il giornale di berlusconi?
    (anzi, caldarola scrive addirittura sul Tempo di roma, che è più a destra del secolo d’italia).
    erano, non molti anni fa, direttori dell’Unità.
    attaccarmi alla bottiglia no, certamente.
    disconnettersi un po’, quello sì.

  26. Sembra davvero la preistoria.

    Vidi, e seppi che esisteva, per la prima volta Craxi, in un servizio di Rai 1. Accompagnava Nenni in una missione politica all’estero, ma quel suo accompagnarsi aveva il valore di un messaggio: il Vecchio lo aveva designato come suo successore.

    Delusi, noi comunisti, puntammo tutto su una dura reazione da parte dei lombardiani. Stremato il vecchio dagli anni, i nostri occhi speranzosi spiavano le mosse di due galletti: Signorile e xxxxxxxxx, l’innominato.

  27. Odiare il Berluska? Criticare i suoi tic, le sue posture, la sua “cultura”, cambiare canale quando appare in tv? Non so se sia questa la prassi giusta.
    Riscrivo qui (per spiegarmi) quanto ho scritto altrove:
    “Brutus is an honourable man”, diceva il Mark Antony scespiriano, e l’effetto trascinatore della sua arringa fu quello di rovesciare retoricamente il concetto dell’onorabilità di Bruto attraverso la sua ripetizione incalzante. Immaginiamoci se Marco Antonio avesse eliminato, per una sorta di scrupolo politically correct, dalla sua frase il nome proprio, il soggetto. Sicuramente l’effetto sulla folla sarebbe stato nullo. Ora, proprio questo ha fatto nell’ultima campagna politica, il candidato della “sinistra”. E gli effetti li abbiamo visti. Ma questo vale nella lotta politica ad personam, che di politico ha poco, perché trasforma il discorso politico in un discorso morale, demonizzando l’avversario. E il Marco Antonio scespiriano poteva usare a suo profitto quell’artificio retorico perché era, come Bruto, un uomo di Potere. La lotta tra di loro era una lotta per il Potere. Ma se non si vuole limitarsi a sostituire al Potere una persona, Brutus, con un’altra, Marco Antonio, ma si vuole mettere in questione la natura e gli effetti perversi del Potere e la sua gestione, allora non basta o è sbagliato demonizzare l’avversario. Trasformarlo nel Male. Perché Brutus è una pedina del Potere, che provvisoriamente gestisce. E se si vuole combattere il Potere in quanto delegittimante la potestà e la sovranità democratiche del cittadino, che sia Brutus o Mark Antony a esercitarlo è irilevante. Per cui una critica al Potere deve andare al di là del soggetto che lo gestisce, e centrarsi sull’oggetto storico Potere, per cui, anziché “prendersela” con il soggetto Berlusconi, è più utile indagare la storia recente, politica, economica, sociale, culturale, che ha reso possibile a un individuo la presa del Potere.

  28. purtroppo berlusconi siamo noi. la banalità di quest’affermazione la sinistra non arriva “all’oltraggio” di comprenderla. lui incarna l’italiano, perfettamente, in tutte le sue forme. è una maschera grottesca che amplifica le nostre peggiori caratteristiche, al punto che uno dice, oddio, ma come si fa ad essere così, e invece lui è solo noi, fatto a nostra forma e misura, solo che le storture in lui divengono talmente enormi da apparire irreali, ma è solo l’elevazione all’ennesima potenza di ognuno di noi.
    o voi vi raffigurate in fassino, per dire?
    siamo tutti furbi, scopatori (a chiacchiere), raccomandiamo e veniamo raccomandati.

    il Bel Paese.

  29. L’articolo è interessante e mi fa venire voglia di dare un’occhiata al libro anche se nel parlare del problema che ha Berlusconi con l’idea di morte ci sarebbe da citare forse l’unica volta in cui Berlusconi si è posto il problema seriamente ovvero ad inizio anni ’90 quando ha iniziato a costruire il suo mausoleo funebre ad Arcore (tra l’altro abusivo ma ovviamente adesso è zona top secret perché ai tempi del post 11 settembre Arcore fu decretata zona d’importanza strategica). L’ha fatto vedere anche ai capi di Stato in visita. E’ la sua creaturina segreta e amata. Ricorda molto l’idea di mausoleo funebre che avevano i faraoni egizi (legata molto all’immortalità quindi ancora ci spera).
    Per quanto riguarda il lato “comunicativo” Berlusconi mi ha sempre ricordato la prima Lilly Gruber. Sarà che ero piccina e mi son rimasti impressi i commenti dei miei genitori quando la “roscia” televisiva iniziò ad essere un fenomeno mediatico rivoluzionario per via della sua posa e delle sue labbra rifatte ma a farci caso la posa “gomito alto-gomito basso-sguardo sbilenco” è la stessa.
    Per tutto il resto: non guardo la televisione da circa 3 anni (mese più mese meno) anche per problemi pratici che non ho mai voluto risolvere (tipo non ho l’antenna, nè vecchio stampo nè parabolica) e mi rendo conto da allora quanto sia distante la mia idea di ciò che accade nel mondo da quella dei miei amici tele-muniti (sopratutto rispetto a quelli poco internauti). La loro unica alternativa è guardare un programma condotto da un giornalista “di parte” (perché una delle opere somme del Berlusca è stata quella di convincere tutti gli italiani che ci sono giornalisti di sinistra e giornalisti “non di parte” quindi non ci sono più “fatti” oggettivi ma solo “opinioni” a cui credere in base ad un credo personale nel giornalista che li tratta. Logicamente quelli “non di parte” sono tipo i Vespa o il TG1…guai a far notare che non è proprio così).
    Le notizie sono scomparse e si affoga nel marasma di opinioni politiche che commentano i fatti facendoli praticamente scomparire. L’italiano medio conosce il suo paese solo in base alla visione dei politici quindi distorta da interessi “altri” sia che siano di sinistra (sinistra si dice anche “manca”…sarà un caso?) o di destra. Praticamente non ci si può fare un’opinione propria, il senso critico non viene nemmeno sviluppato perché non c’è niente su cui riflettere: hanno già riflettuto altri per noi.
    Il senso critico è praticamente morto nella maggior parte degli italiani. Avere le televisioni conta, ma anche distorcere quelle non proprie fa tanto. E’ una dittatura “dolce” ma i primi effetti sono evidenti: se protesti diventi “sovversivo” “estremista” mica ti chiedono di esporre le tue ragioni. La sinistra ha fatto arakiri da quando rincorre il modello berlusconiano sia comunicativo che persino propositivo. Solo Berlusconi può contare su certi meccanismi. L’unica alternativa è creativa, innovativa in tutti i sensi, uscire fuori dagli schemi politici ma ci vogliono menti nuove e giovani per poterla anche solo immaginare e finché le gerontocrazie non se ne vanno a quel paese la vedo dura…

    E’ vero che bisogna conoscere e avvicinarsi a Berlusconi per poterlo almeno capire, ma è anche importante prima avvicinarsi ai tanti che lo hanno votato e lo supportano (le statistiche lo danno ancora a livello di gradimento che in periodo di crisi economica, casini vari, etc…fanno impressione…) e avendolo fatto fa molto male all’intelletto, ma va fatto pure quello…

    Leggevo ieri la storia del “mostro di Roma”, un maniaco uccisore di bambine che imperversava nella Roma pre- delitto Matteotti e che creava grattacapi ma anche “favori” al Duce e il recente imperversare di “violenza sessuale” in tutti i TG e giornali ha delle similitudini inquietanti…

  30. Non sono assolutamente d’accordo con Macondo 00:26

    E questo perché troppo spesso, o quasi sempre, si confonde la razionalità, con cui si analizzano i fatti, con lo strumento necessario per intervenire su quei fatti e imprimere in loro la direzione voluta.

    La situazione generale, che conosciamo per sintesi teorica, è, banalmente, sempre una risultante di una multitudine di singoli comportamenti.

    Io sono convinto che il successo di Berlusconi, in prima istanza, consista in questo: ha capito, e di conseguenza agisce, che a livello di massa il “politico” non si esprime mai “per” qualcosa, ma “contro”.

    Vinci se riesci a individuare le cose giuste con cui mobilitare l’odio della maggior parte delle persone, dando loro la sensazione che lottando con te – votandoti – essi lottino per la loro liberazione.

    Nessuno coglie, o sottolinea, questa caratteristicadetrminante della figura di di Berlusconi: oggi lui è il “Liberatore” per la maggioranza degli italiani.

    Qualcuno potrebbe dire che non è così, che questo carattere è stato colto da molti. Ma è vero soltanto in parte.

    Perché quando questo viene fatto è soltanto per sottolineare la “negatività” di tale liberazione. Ma è negatività solo per noi, non per chi la vive come tale.

    Noi, guardiamo la “liberazione” dalle tasse, dalle leggi, dal rispondere alla giustizia ecc. commettendo l’errore fondamentale di sentirci impegnati, allora, allora a intervenire razionalmente [Veltroni e il buonismo] per spiegare e convincere gli altri delle “aberrazione” di questo modo di fare.

    Ma la ricostituzione “razionale” del paese è proprio la negazione di quella liberazione che Berlusconi ha promesso e che sta portando avanti, e tutto ciò che è progetto, comunicazione e propaganda della sinistra non fa che mobilitare, pro Berlusconi, l’odio della maggioranza degli italiani.

    E dei sardi: vedi Soru.

    Io non ho ricette, altrimenti sarei un politico, ma forse la prima cosa necessaria è proprio questa: rompere questo strabiliante meccanismo per cui, con Berlusconi, qualsiasi cosa faccia o pensi l’avversario, questo non può che lavorare per lui.

    Ed è anche per questo che sono convinto che un processo autoritario, l’attentare alla libertà democratica del paese, conviene ancora a meno a Berlusconi che alla sinistra.

  31. Ma se il nano non ha nemmeno le ali, per non parlare delle piume rosa, nemmeno le quadrelle abbronzate di obama, nemmeno i molto kgbpettorali dell’amico putin. Insomma il nano è davvero un artista medio, allinclusive, da crociera sottocosta.
    quindi le alternative sono d’Artista ( hard-glam crociera) e almeno due
    1.cronemberg + viggo (vig-go! vig-go !vig-go!vig-go!) mortensen e la promessa dell’assassino al governo, promessa glam terminale e sottoscritta, spedita direttamente, come uno spietato giustamente rilevò, dall’obitorio (peccato per il doppiaggio italiano, la “sinistra” dovrà sforzarsi come minimo:) e parecchio) e/o
    2.al governo glam, quell’uccellona marxista di fevvers (notti al circo, angela carter). Qui, a dire il vero, ci si potrebbe anche divertire.

  32. inutile tentare di fuggire dalla banalizzazione. quest’uomo è un genietto che ha saputo conquistare le mediocrità, abbassandole ulteriormente attraverso l’addormentamento della capacità critica, introducendo un nuovo lessico psichico con la sua potenza mediatica. è un eroe in quanto dimostra che non serve nessuna dote superiore alla furbizia, alla seduzione, all’esibizionismo.
    leggesse N I se la riderebbe pensando a quante seghe ci facciamo e ne farebbe parodia al prossimo meeting: “mentre io sto lavorando, stravolgendo in toto le regole civili, questi perdono tempo a parlare male di me: bello avere a che fare con degli idioti”.
    basta pensare ai ministri che abbiamo per provare raccapriccio.
    temo però, che sia quello che ci meritiamo.
    berlusconi, banalità, barzellette.
    concordo con Alcor: prendere atto della situazione e ricominciare a dire come stanno le cose.
    confortandoci nel frattempo con la certezza dell’impermanenza.

  33. per convincere la gente ci vogliono a mio parere tre cose:

    credere in quello che ci dice

    far capire alla gente che ci si crede

    saper cogliere l’attimo

    sul primo punto la sinistra è come un pugile intronato, non sa più in cosa crede e in cosa credere, salvo alcune massime sempre buone e generiche che continua a rotolarsi in bocca, e più reboanti più crede di aver fatto bene

    sul secondo punto l’intronamento derivato dal primo punto è tale che cade da sé

    il terzo punto non dipende da noi, bisogna che l’attimo si manifesti, ma quando si manifesterà i primi due punti dovranno sostenerlo.

    Come vedete non parlo di analisi politiche ed economiche, perché credo che queste analisi siano state fatte e non siano meno buone, e anzi migliori che a destra, quello che manca è il senso di identità, il legame con il paese, il cuore che sente il cuore dell’altro, o anche la pancia – come nelo caso del B. – che sente la pancia.

    Concentrarsi sul berlusconi, @ soldato, è fare come il toro che se la prende con la muleta e intanto il torero gli pianta la lama nel collo, guardiamo l’arena, senza farci distrarre dal nostro buon gusto, e intanto cerchiamo di raccogliere i cocci per quando il momento verrà, e che venga sono assolutamemnte sicura, verrà.

  34. scusate, credere in quello che SI dice, in quello che i politici dicono alla gente, Fassino, per dire, non ci crede, si guarda sempre intorno chiedendosi, avrò detto giusto?

  35. @ Alcor

    “Concentrarsi sul berlusconi, @ soldato, è fare come il toro che se la prende con la muleta e intanto il torero gli pianta la lama nel collo, guardiamo l’arena, senza farci distrarre dal nostro buon gusto, e intanto cerchiamo di raccogliere i cocci per quando il momento verrà, e che venga sono assolutamemnte sicura, verrà.”

    Sarà che non sono minimamente capace di esprimermi, ma mia intenzione era dire ESATTAMENTE IL CONTRARIO di quello che mi attribuisci. Dicevo che bisogna concentrarsi su quello che provano la maggioranza degli italiani – che Berlusconi interpreta a suo modo – e che ciò che provano è odio per chi, a parer loro, impedisce una loro liberazione. La sinistra impedisce la liberazione della maggioranza degli italiani, Berlusconi la rende possibile. Questi sono i fenomeni.
    Che poi “realisticamente” le cose non stiano così, vallo a spiegare a loro.

    Il problema è questo, rispetto a quella che chiami “convinzione”, più i politici di sinistra sono convinti e più sono funzionali a Berlusconi, perché il meglio che viole la sinistra e il peggio che la maggioranza degli italiani odia. Compresi i nostri politici convinti.

    Ma sei davvero convinta che siccome una cosa convince te, debba anche convincere una massa che da te è lontana anni luce?

  36. “Il Riformista che mi pare un perfetto esemplare di quella disonestà intellettuale che alimenta sempre più il mostro”

    @G.

    fanno piacere gli apprezzamenti per l’articolo. puntualizzo su una critica perchè è radicale e perchè se l’articolo è “ottimo”, vuol dire che se qualcuno l’ha proposto, qualcun altro lo ha ricevuto, valutato e messo in pagina che non vuol dire “scaricarlo” tra le pagine come un sacco della mondezza. non è l’unico articolo, non è neanche il primo.

    Se il riformista fosse un perfetto esemplare di disonestà intellettuale, allora dovremmo essere mainstream. e non lo siamo. quindi o siamo fessi, o non siamo disonesti. la seconda di sicuro, sulla prima c’è sempre da imparare, a non esserlo ovviamente.

    L’articolo è uscito su Ombra, il ns inserto della domenica. Che costa fatica e impegno. e di questi tempi, uno spazio in più è da difendere.
    soprattutto se, senza cedere allo strano ma vero, si riesce a parlare di tutto, da McEnroe a un Silvio seduttore androgino. Puntando sulla scrittura e sulle storie.

  37. @ soldato blu,
    secondo me quello di veramente importante che ha capito Berlusconi negli anni ’90 non varia poi molto da quello che avevano capito i dirigenti della DC tra la fine del Quaranta e gli anni Cinquanta. La differenza tra i due è tutta tecnologico-mediatica (e questo ha la sua importanza, ma relativa), ma entrambi avevano capito che gli italiani si possono governare con un mix di: religione, clientelismo, corruzione, panzane (se si va a vedere il terrorismo ideologico che la DC faceva sul comunismo, tutte le sue accuse ai comunisti mangiabambini che volevano privare la gente della sua libertà non è poi diverso dalle esternazioni berlusconiane, con la differenza che prima i due blocchi c’erano, e c’era una cosa che ancora si chiamava PCI, adesso c’è il vuoto), tutto supportato dall’appoggio dei cosidetti “poteri forti” (allora come adesso la stampa ha giocato un forte ruolo). E l’unica grande differenza tra questo oggi berlusconianio e lo ieri democristiano, è che l’altra parte politica della cosiddetta dalettica democratica, l’opposizione, oggi non c’è più. Poi venne il craxismo a rompere gli “equilibri”, a fare l’ago della bilancia chiedendo in cambio sempre più potere, e oggi c’è il berlusconismo. E, a mio avviso, come non andava demonizzato Craxi, oggi non va demonizzato Brlusconi.

  38. @ soldato

    “Ma sei davvero convinta che siccome una cosa convince te, debba anche convincere una massa che da te è lontana anni luce?”

    non so, devo aver dato l’impressione di avere un QI raso terra

  39. Non ho mai letto “Il Riformista” per cui non mi esprimo al riguardo, apprezzo però e molto il fatto che abbia fra i suoi collaboratori Andrea Cortellessa, al quale evidentemente ha dato non solo spazio ma pure libertà di azione (tipo lo splendido articolo su McEnroe).

  40. @ stefano ciavatta
    sicuramente il vostro giornale avrà buone pagine, e ottime firme (Cortellessa!) e leggerei volentieri del grande McEnroe ecc, sul serio, e l’inserto che dici sarà valido: ecco, confesso, non ho mai letto Il Riformista.
    La mia critica – frettolosa, lo ammetto – si basa solo sul fastidio che mi provocano le uscite del direttore Polito (ma forse ex, non so) lui sì poco onesto secondo me, a mio parere un campione del servilismo dei media italiani; e insomma poi, condividere l’editore con Libero non depone a favore dell’autonomia del giornale. Il mio fastidio è per la linea politica, che intuisco solo dalle uscite pubbliche di Poilito e da qualche rassegna stampa. In realtà mai visto dal vero, il Riformista. Ma sicuro le pagine culturali saranno valide, come scopro ora, e lo dico senza ironia.

  41. Credo che Berlusconi non cerchi, non meriti e non sia ben rappresentato da analisi cosi’ sofisticate. Distinguerei il suo operato ventincinquennale in due grandi tronconi:

    – quello dei comportamenti privati, nel quale ogni italiano ha finalmente trovato approvazione ai suoi intimi istinti (nulla di che: robe vanziniane, truffette, pecoreccio e cinismo di facciata in salsa western economy), contro il bastone cattocomunista;

    – quello dei comportamenti pubblici, nel quale a parte qualche episodio repressivo (G8 Genova), abbiamo avuto il quindicennio piu’ tranquillo della Storia repubblicana. Tranquillita’ basata, diremmo, su un’allegra spartizione della torta fra tutti i soggetti interessati, criminali inclusi, che ha notevolmente peggiorato il tenore di vita di chi ha mangiato poco.

    Direi che l’unica parte che ha davvero perso, e’ quella dei cittadini onesti, i quali peraltro non sono mai stati che una sparuta minoranza. E chi non ha proprio alcun santo in paradiso, e’ emigrato da tempo o si e’ tristemente illivorito nell’osservare la sodometta italia, tanto da rinunciare a ruoli pubblici per estenuazione (ed emasculazione).

  42. Purtroppo o per fortuna ogni popolo si merita i capi che ha. È estremamente riduttivo attribuire meriti o demeriti solo ai capi. Un certo tipo di capo è il frutto di un clima politco culturale di un paese. Senza Hitler ci sarebbe stato uno Shmidt o un Müller e senza un Berluscuni ci sarebbe stato un Mario Rossi.
    Perchè ogni capo politico riflette ma crea la politica del suo paese, lo personalizza ad uso delle masse.

    A noi spetta Berlusconi perchè siamo il popolo per eccellenza del melodramma e non del dranmma o della tragedia e, forse, è meglio
    così. Grazie per il’articolo.

  43. a titolo puramente informativo, le ‘corna’, che non solo lui ogni tanto sfoggia, sono simbologia massonica internazionale.

    un abbraccio

  44. “ecco, confesso, non ho mai letto Il Riformista”.

    @ G.

    si potrebbe dire, quel direttore mi sta “antipatico”. eufemismo per dire, non condivido, non mi piace, etc. ma definirlo un “campione” del servilismo dei media quando di quei media, proprio del suo giornale, per tua ammissione, non viene mai letta neanche una pagina mi sembra cosa strana. se è colpevole, come si fa a ignorare il luogo “principe” del fattaccio?

    sulla linea politica, è un discorso ovvio: che si possa condividere o meno.
    è un diritto del lettore, ecco appunto: di un lettore. le pagine di un giornale esistono anche per farsi un’idea migliore di quel diritto, o peggiore. un giornale è cosa complessa: un titolo visto in tv può dirla lunga sul giornale? non ne sono convinto. oltre al fiuto, le cose devono avere fiato, cioè durare. un battutista può permettersi un calembour in due righe massimo, un giornalista no. e neanche un lettore può accontentarsi così.

    così pure quel “sicuramente avrà buone pagine” è fin troppo generoso.
    si passa da un eccesso all’altro. anche perchè le buone pagine le decide in riunione il “campione del servilismo”, quindi anche qui qualcosa continua a non tornare.

    le pagine si costruiscono e costa impegno e fatica, non vengono mai da sole, persino quelle sbagliate, e tutte sono sempre soggette al “potevamo fare meglio e di più”.
    collaborando da anni per più quotidiani e ora approdato a una redazione, ho sempre pensato che un lettore deve rimanere esigente nei confronti dei giornali. ma appunto, un lettore. che dimostri il bisogno di passare in edicola per fare quella scelta, che vorrei sempre meno una scelta di bandiera, e sempre più di contenuti. perchè altrimenti, un’antipatia vale l’altra, così come una bandiera vale l’altra.

  45. @stefano ciavatta
    tra bandiera e consenso politico con la linea di un giornale c’è differenza, immagino.
    perché si dovrebbe comprare un giornale se non si riesce ad essere d’accordo con niente ciò che dice il suo direttore quando compare in tv?
    che giornale è il riformista?
    che tipo di contributo sta dando alla difficile esistenza di uno straccio di opposizione?
    cos’è il riformista? e perché si chiama così, dato che berlusconi e fini e veltroni e bertinotti e tutti dicono di essere appunto, riformisti?
    chi è che afferma apertamente di non volere riforme?
    cos’altro è la politica se non la continua distruzione/costruzione di un processo di riforma?
    in che modo il riformista ci fa vergognare un po’ meno della fase che sta vivendo la sinistra italiana?
    in che modo è fuori dai giochi di potere, in che modo è critico, se il suo direttore entra e esce dal parlamento?
    che modo è di fare i giornalisti, quello di partecipare direttamente al formarsi delle notizie politiche?
    non sarebbe il caso di tenersi fuori dal fare politica per fare solo informazione?
    in che cosa, a giudicare dalle parole del suo direttore, il riformista differisce (dal punto di vista politico) da un giornale governativo?
    se esiste un giornalista oggi in italia che possa dirsi libero, è molto o poco probabile che lo si trovi nella redazione del riformista?

  46. Il questionario di tashtego mi costringe, vieppiù, visto che trattasi in definitiva di una (triste) *conferma*, a specificare che il mio stupore (Azz!!!) non riguardava Cortellessa (ognuno scrive dove cavolo gli pare) ma il fatto che esistesse un giornale che si chiama Il Riformista. E io che credevo a uno scherzo dei soliti buontemponi…

  47. tra bandiera e consenso politico con la linea di un giornale c’è differenza, immagino.
    perché si dovrebbe comprare un giornale se non si riesce ad essere d’accordo con niente ciò che dice il suo direttore quando compare in tv?
    che giornale è il riformista?
    che tipo di contributo sta dando alla difficile esistenza di uno straccio di opposizione?
    cos’è il riformista? e perché si chiama così, dato che berlusconi e fini e veltroni e bertinotti e tutti dicono di essere appunto, riformisti?
    chi è che afferma apertamente di non volere riforme?
    cos’altro è la politica se non la continua distruzione/costruzione di un processo di riforma?
    in che modo il riformista ci fa vergognare un po’ meno della fase che sta vivendo la sinistra italiana?
    in che modo è fuori dai giochi di potere, in che modo è critico, se il suo direttore entra e esce dal parlamento?
    che modo è di fare i giornalisti, quello di partecipare direttamente al formarsi delle notizie politiche?
    non sarebbe il caso di tenersi fuori dal fare politica per fare solo informazione?
    in che cosa, a giudicare dalle parole del suo direttore, il riformista differisce (dal punto di vista politico) da un giornale governativo?
    se esiste un giornalista oggi in italia che possa dirsi libero, è molto o poco probabile che lo si trovi nella redazione del riformista?

    marò, maetro caro
    mi legge nel pensiero! :)
    il contenitore è importante quanto il contenuto
    puoi scrivere tante belle parole, tanti bei pensieri, tanti bei propositi e tante belle balle, la differenza la fa il contenitore che ospita il tutto, se vuoi essere credibile, ai mie, di occhi.
    ai miei nè! e io mi faccio testo.

    volevo anche comunicarle, e so che gioirà, che
    prima che cercassi il suo libro lui ha trovato me
    era bellamente in mostra sullo scaffale delle novità di una biblioteca bergamasca.
    ho pensato: è un segno del destino!
    lei non mi delude mai, le sue sono parole oneste, ma mi pare di averglielo già detto è che mi ha preso un entusiamo leggendo or ora il suo commento sopra, commento che mi accingevo a scrivere io ma lei lo ha fatto molto meglio, lei per me è una consolazione.
    baci
    la funambola

    e smettiamola di nasconderci dietro i ditini!

  48. Azz!!! Ma è incredibile! Esiste davvero! Ho fatto un breve giro in rete e ho letto anche il programma! Fantastico!!! *Tutte le notizie sulla crisi del Pd*!!! E *dall’interno*!!! Che meraviglia!!! Sai che splendida competizione tra i redattori cul-turali a chi arriva per primo a recensire il prossimo libro di Vater Nostro!!! Sono senza parole. E chi se lo avrebbe mai creso! Adesso sì che per la banda degli arcorizzati saranno veramente cazzi amari!!!!!

  49. Ho ammesso che non l’ho mai comprato: scusa, non ce la faccio proprio. Ma ogni tanto capita di sentire stralci di articoli nella rassegna stampa di radio3, e dire che non mi trovo d’accordo è un eufemismo. Questo pezzo di Cortellessa è molto interessante, e allora scopro che anche sul Riformista si trovano cose valide. Da distratto non-lettore del riformista mi sono fatto questa impressione: che sia uno di quei giornali nati per costruire l’opposizione responsabile, quella che è ora di parlare di riforme serie con Lui, soprattutto la giustizia che non funziona, ma chissà perché, che non si può demonizzare, che Berlusconi lo si batte in politica, senza occuparsi delle faccende giudiziarie, come se davvero gli interessasse batterlo (chissà cos’avrà scritto della sentenza Mills, per es., ma qui aveva l’ottimo esempio del campione dell’equilibrio e del disinteresse, il Corriere, che l’ha sbattuto in qualche pagina interna, nella giusta penombra, se non ricordo male, l’ho letto da qualche parte, che anche il Corriere è duro da maneggiare); che il conflitto di interessi è un dato di fatto incontrovertibile e va accettato e non va invece non dico combattuto ma nemmeno nominato, per carità, perché non è affatto il problema numero uno oggi di questo paese sempre più schiavo nell’animo; che sia una di quei fogli che un po’ subdolamente suggeriscono l’agenda politica all’opposizione, e gli fanno continui esami e lezioni di servilismo (che poi non ne hanno alcun bisogno, se la cavano benissimo da soli; e anche qui la cattedra è già occupata dal molto autorevole Corriere, leggetevi gli editoriali del vicedirettore Ostellino, se ce la fate); l’antifascismo, immagino, sarà anche quello uno degli avanzi da riformare, cioè da mettersi alle spalle – alla faccia delle ronde, del razzismo crescente, dell’intollerabile attivismo di forza nuova e di mille altri segnali – se è vero che è stato arruolato anche Pansa (mamma mia: Pansa! Lui si che non lo sbatto, in confronto Polito è Woody Allen), ora che mi viene in mente; ecco, sulla laicità non ne ho idea, se ne sono sentite talmente tante e orribili sulla vicenda Englaro che preferisco non sapere cosa abbiano scritto, e gli concedo (mi auguro) che non volessero riformare anche questo, della Costituzione, e che quindi si siano attenuti alla Cassazione e al testo costituzionale, appunto. Ripeto che si tratta di un’idea tutta mia solo sulla base di impressioni e poco altro, quindi potrete smentirmi clamorosamente. E preciso che non intendo dubitare della professionalità e dell’onestà intellettuale di tutti quelli che ci lavorano: fare giornalismo in Italia è sempre più un’impresa.

  50. la mia è ovviamente una richiesta di chiarimenti sul giornale il riformista.
    i pezzi di andrea, soprattutto quello su McEnroe, sono molto belli e in generale l’inserto curturale quando mi è capitato di leggerlo l’ho trovato interessante.
    il mio è un problema diverso, è solo voglia di vedere di nuovo un po’ di vigoria politica, un po’ di libera critica sui giornali che sembrerebbero collocati a “sinistra” (parola che senza le virgolette non si può scrivere, perché non ha senso…), sempre che il Riformista lo sia, sempre che non sia io ad aver capito male.

  51. La questione posta da Tash, come in genere tutte quelle che Tash propone alla nostra attenzione, non si può prendere sotto gamba. Io mi sono regolato, negli ormai dodici anni di collaborazioni giornalistiche, secondo una regola empirio-criticistica formulata da Fortini (al quale venivano rimproverate le simultanee collaborazioni a Corriere e manifesto, e poi addirittura a Sole 24 ore e manifesto). Se scrivo sul manifesto (et similia) scrivo ai miei compagni e non solo posso ma devo cantargliela chiara, indicando con chiarezza (e, se giornalisticamente serve, con brutalità) dove sbagliano (pratica che, come ognuno sa, era a Fortini particolarmente congeniale…). Se invece scrivo in partibus infidelium (il che politicamente, come si capisce di leggeri, può avere un senso preciso) ho il dovere non solo etico ma prossemico, diciamo, di chiarire sempre “chi” parla (cioè, ideologicamente, “da dove”).
    Dal momento che ho a mia volta, si parva licet ovvio, scritto contemporaneamente sulla Stampa e sul manifesto, ho provato a comportarmi, appunto, secondo questa regola. Il Riformista è però un puzzly case. Perché è “di sinistra”, quanto a collocazione culturale (e, ciò che oggi conta obiettivamente meno, parlamentare) – si veda ad es. la assai condivisibile posizione presa da Mastrantonio nei confronti della non meno che criminosa uscita di Baricco su Repubblica (altro giornale, in tal senso, “di sinistra”: le virgolette nabokoviane di Tash sono non meno che geniali) – ma il più delle volte non mi trova concorde (per usare un eufemismo) quanto a linea politica complessiva. Fra l’altro, proprio in merito alla conduzione di un’opposizione debitamente intransigente. Il pezzo su McEnroe era un gioco, questo non poteva e non voleva esserlo. Infatti il suo argomento, e la posizione da me espressa al riguardo, mi appaiono assai espliciti. Pure troppo, magari. Appunto secondo il teorema di Fortini.

  52. @ Cortellessa

    Scusa,

    “la criminosa uscita” del salatore di tele Baricco è quella sul teatro, o ha fatto qualcosa di peggio?

    Il mio ex.quotidiano l’ho ripudiato da tempo. Anche perchè ho sempre pensato che abbia inventato le più brutte pagine sui libri che si trovino nella galassia.

  53. @tashtego

    salve Francesco
    dalla sua risposta non si “finisce” a parlare di posizioni politiche, ma si comincia fin da subito.
    forse non è a me che si voleva rivolgere.

  54. A me piacerebbe che la coerenza politica e intellettuale venisse richiesta solo da chi la pratica, mentre di solito succede il contrario. Ricordo che, ai tempi del c.d. sciopero dell’autore, vidi nell’elenco nomi di scrittori che in quell’appello dichiaravano solennemente la propria indisponibilità a partecipare a manifestazioni culturali patrocinate da giunte comunali di destra, e al contempo in passato avevano scritto su “Il Giornale” e “il Domenicale”, collaborazioni peraltro interrotte per il rifiuto dell’editore, non dell’autore. In altri casi si trattava di un impegno di scarso valore, riguardando scrittori ai quali non erano stati offerti inviti a parlare o forme di collaborazione giornalistica. In sintesi, ebbi l’impressione che quell’appello somigliasse al voto di castità di un eunuco. Ora, io stimo molto Cortellessa (e Trevi, e Scarpa, e Belpoliti, e molti altri), e mi auguro soltanto che queste voci interessanti si rivolgano al più vasto pubblico possibile, il che per la carta stampata significa “Corriere” e “Repubblica”. Se poi queste tribune non sono esattamente l’espressione del loro pensiero, fa niente. Pasolini scriveva sul Corriere, Manganelli sul Messaggero, e ho furti dubbi che ne condividessero in pieno l’impostazione.

  55. la questione, per me, non risiede nell’essere o meno “coerenti”, nel pubblicare o meno su giornali e/o con editori vicini al governo o addirittura di proprietà del presidente del consiglio…
    (coerenti con cosa, poi?)
    mi limitavo a sollevare la questione dell’identificabilità del giornale Il Riformista, senza criticare nessuno perché ci scrive sopra.
    il problema, poi, non è dove scrivi, ma cosa scrivi e se quello che scrivi non è sottoposto a censura o ad auto-censura.
    però, aggiungo, se solo esistessero, o fossero mai esisistiti luoghi “puri” et limpidamente coerenti e in tutto corrispondenti al nostro essere e sentire, allora la questione della corenza forse si porrebbe…
    ma oggi meno che mai esiste niente del genere: tutto è contaminato da tutto, meglio ammetterlo e regolarsi di conseguenza.

  56. Oltre l’aspetto “politico” (che può portare un collaboratore “scomodo” a ricevere il benservito dal giornale su cui scrive: Fortini docet), c’è anche l’aspetto del tirare il lesso quotidiano. Ricordo che, sotto questo secondo aspetto, Fortini si lamentò non poco per il benservito che gli diede “il Corriere”.

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Domenico Pinto (1976). È traduttore. Collabora alle pagine di «Alias» e «L'Indice». Si occupa di letteratura tedesca contemporanea. Cura questa collana.
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