Ponziopilatismo

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8 Commenti

  1. Banale, scontato, consolante.

    Tutto ciò che evoca – popolo, democrazia, scelta – sorge unicamente per CONFERMARE il senso comune di sinistra, che si tranquillizza la coscienza con frasi del tipo un «ladro di polli al governo»,«il popolo è ignorante», etc..

    In fondo, questo modo di impostare il DISCORSO, è una forma – certo intellettualizzata e di sinistra, oltre che “carina” – di «lavarsi le mani» …

    ng

  2. a me sembra divertente, ben costruito sulla polarità comica fra pulizia e rivoluzione. il mio unico dubbio è per la categoria del popolo bue (che condivido e non condivido), e l’accostamento barabba-berlusconi. Faccio una paradossale grottesca ermeneutica del fatto: la liberazione di barabba potrebbe anche leggersi come solidarietà fra sottomessi, tentativo umano di salvare un povero ladro di polli, un poveraccio che vive di espedienti, come tutto il popolo sottomesso, rispetto a uno ( Uno!!) che ha santi in paradiso, e che come casca… sempre in piedi casca!!! la scelta per barabba potrebbe essere vista come una delle scelte più rivoluzionarie della storia: un woyzeck qualunque vale, per gli altri uomini, più dell’Onnipotenza, più del centro (vittima e fondamento) del potere teocratico.

  3. Ma il popolo non era quello che ‘UNIDO jamás será vencido’?
    secondo la spassossisma allegoria di Celestini, e in ossequio alla vulgata corrente, il popolo ‘bue e unito’ votò per il ladro di polli. Non è assolutamente vero. Allora come ora.
    Nella realtà, stando ad accurate analisi storiografiche, la piazza era affollata unicamente da seguaci di Barabba. Gente in armi, decisa a sopraffare chiunque, appartenente al movimento politico degli zeloti, che aveva intimidito i seguaci di Gesù, tanto da escluderli dall’assemblea. Come si sa fu un plebiscito bulgaro. E i seguaci di Cristo, vale a dire la parte migliore del pueblo? tanto per mantenere il parallelo: divisa, titubante, politicamente illegibile.
    Ora io mi chiedo da tempo come diavolo sia fatto sto cazzio di popolo bue. In genere il pensiero va a scaltri padani, a grandi o mediocri affaristi, a piccola borghesia spaventata, a nostaglici in maschera, a cattolici integralisti, a ipocriti effcientisti dallo Stato come ruota di scorta, eccetera. Io più o meno a questi penso, anzi pensavo, prima che mi accadesse quanto segue.
    Settimana scorsa ero a Roma. Camminavo per le viuzze dietro il Parlamento, spinto da un mare di turisti, quando da un vicolo è spuntato un corteo di auto blu. Causa la ressa gli uomini in grigio della sicurezza faticavano a creare un varco. Sono stato obbligato a rinculare e nel farlo ho visto passare l’auto scortata, ma aveva le tendine abbassate. Capita, qui a Roma, mi sono detto, e ho fatto per andare. Quel tanto per essere investito da uno scoppio di gridolini di ragazze, tipo gli isterici urli che emettono ai concerti di pop star. Mi sono voltato per guardare ma c’era il caos, la gente – tanta, tanta gente – accorreva in direzione di quell’auto, nel frattempo ferma. Vicino a me c’era una donna, che ha colto la mia curiosità . “Sì, è Berlusconi, ha confermato, è il percorso che fa ogni giorno da casa sua a palazzo Chigi, lo vedo sempre”. Epperò lo ha detto con una smorfia di tristezza sulla faccia.
    “Gesù, Berlusconi!”, mi è proprio scappato, come quando da ragazzo vedevo i giocatori spuntare dal sottopassaggio allo stadio, e perciò ho tentato di tornare sui miei passi. Ma il fiume si era gonfiato, adesso circondavano l’auto di mezzo in un vociare d’inferno. Poi le ragazze hanno smesso ea llora si è levato un possente coro giovanile “Silvio Silvio”. Hanno scandito quel nome come allo stadio, manco si trattasse di Totti.
    Se per molti giovani del XXI secolo questo è il mito a cui tendere, se un politico settantenne riscuote tanto successo tra la gente di strada capitata lì per caso (per caso, è bene sottolineare), allora ho assistito ai sintomi premonitori di qualcosa di importante.

  4. Comicità rivoluzionaria, definirei questo monlogo di Celestini. Da tempo penso che lo slogan “una testa, un voto” possa essere stato all’epoca un pilastro della democrazia, ma oggi è un pilastro della reazione, del conservatorismo, della palude che inghiotte ogni tentativo o speranza di vero rinnovamento. In una battuta: una testa, un voto, d’accordo, ma quando la testa è di c…, che voto può corrispondergli, se non un voto del c…? Non si tratta di popolo-bue, ecc., ma dell’oggettività di un processo storico. Con “una testa, un voto” nella storia non è stato cambiato radicalmente nulla. Ma la storia, per fortuna, ha “di riserva” il numero attivo, in contrapposizione a qullo passivo. E prendendo ad esempio l’esempio en passant fatto da Celestini, i francesi del Terzo Stato che hanno attaccato e distrutto la Bastiglia, consegnando alla storia quella scaramuccia a emblema di libertà contro l’assolutismo monarchico, non si sono certo contati e non hanno di certo aspettato di essere il 50% più 1 ella popolazione prima di sferrare l’attacco. Così valga per tutte le grandi rivoluzioni che hanno cambiato la storia. Un amico mio sostiene che dovrebbe votare solo chi tra i cittadini ha un ceto numero di imbri sul passporto. Io aggiungerei solo chi ha letto nel corso ll’anno un ceto numero di libri. Questo è il solo aspetto quantitativo che potrebbe essere anche qualitativo. E, per concludere., il populismo ha sempre attecchito tra i settori più disperati e per questo più manipolabili, più incolti, meno informati, più ignoranti politicamente del paese. Se poi a ciò aggiungiamo che oggi la politica si presenta come amministrazione dell’estistente, senza progettualità…

  5. @ carlo capone (che ho letto in ritardo):
    se avessi contato quella massa starnazzante che circondava l’auto blu dell’Unto dal Signore, se avessi fatto le debite proporzioni e percentuali, ti saresti accorto che ti trovavi davanti all’80% (minimo) della popolazione italiana. Quindi anche tu l’hai visto, il c.d. “popolo-bue”.

  6. @ macondo
    «Comicità rivoluzionaria»? Ohibò, è proprio vero che davanti a un prodotto spettacolare si può dire tutto e il contrario di tutto … Intanto è una “comicità” che non profana alcunché; è dunque un comicità che si adagia sul già saputo e in particolare su ciò che i suoi interlocutori (in questo caso gli spettatori della trasmissione veltroniana “Parla con me”) si aspettano. A meno che non si pensi che dare del «ladro di polli» a Berlusconi sia svelare chissà quale segreto … Il riso, almeno in questo caso, non è propiziatorio.
    Esagerato, poi, l’aggettivo qualificativo aggiunto alla comicità di Celestini. Anzi; proprio per la lettura che ne dai, che coglie bene il senso del monologo, sarei tentato di proporti di sostituire “rivoluzionaria” con “reazionaria”, visto che in fondo una tale idea di democrazia … come dire? … di democrazia della minoranza è la variante “sinistra” delle posizioni di golpisti e tifosi dell’elitarismo. Rilevare che il concetto di «democrazia» è oggi svuotato del suo senso è un conto, farsi paladini del suo strangolamento è un altro …
    Forse, più che dire che il popolo «non è interessato alla libertà e alla democrazia», dovremmo affinare le parole per convincerlo che ci troviamo in una situazione da fascismo che avanza …
    A meno che non ci resti come unica chance quella di «sciogliere questo popolo ed eleggerne un altro» (Brecht) …

    ng

  7. meglio i libri
    perchè anche le valigie viaggiano
    e collezionano adesivi
    (non ricordo più chi fece questa osservazione)

  8. Sì, meglio i libri, anche perché viaggiando con alpitour & C. è come starsene a casa.
    @ ng,
    appunto per il fatto del veltonismo, non sono solito vedere “Parla con me”. Ma il monologo di Celestini perché bollarlo di reazionario? Secondo me, gli elettori veltroniani non pensano affato che il popolo sia bue. Se c’è una élite chic di “sinistra” che lo dice, non credo proprio che le ragioni per cui lo dice siano le stesse mie. Ho capito di nuovo che la nostra democrazia è svuotata e che il processo è irreversibile quando mi sono avvicinato alle esperienze di democrazia partecipativa, soprattutto latinoamericane (diffuse qui da noi da una certa parte di un movimento oggi defunto nel suo complesso, che non poteva far altro che “defungere” viste le premesse su cui era sorto). Ma le ho capite di nuovo soprattutto dall'”esperienza” di lotta e ribellione degli zapatisti.
    Quanto al popolo, e senza andare più in là, ai Balzac o agli Zola ecc., ti “regalo” questo brano del grande Manzoni (che penso avesse in mente il “popolino” scrivendo questa riflessione generale):
    “Ma noi uomini siam in generale fatti così: ci rivoltiamo sdegnati e furiosi contro i mali mezzani, e ci curviamo in silenzio sotto gli estremi; sopportiamo, non rassegnati ma stupiti, il colmo di ciò che da principio avevamo chiamato insopportabile” (I Promessi Sposi, Cap. XXVIII).

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domenico pinto
domenico pintohttps://www.nazioneindiana.com/
Domenico Pinto (1976). È traduttore. Collabora alle pagine di «Alias» e «L'Indice». Si occupa di letteratura tedesca contemporanea. Cura questa collana.
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