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Classifiche Pordenonelegge-Stephen Dedalus, aprile 2009

[Si pubblicano le classifiche estese del Pordenonelegge-Stephen Dedalus]

Narrativa

1. Giorgio Vasta, Il tempo materiale (minimum fax) 54

2. Daniele Del Giudice, Orizzonte mobile (Einaudi) 27

3. Tommaso Pincio, Cinacittà (Einaudi) 26

4. Tiziano Scarpa, Stabat Mater (Einaudi) 24

5. Vitaliano Trevisan, Grotteschi e arabeschi (Einaudi) 21

6. Francesco Piccolo, La separazione del maschio (Einaudi) 19

7. Gabriele Frasca, Dai cancelli d’acciaio (Sossella) 16

8. Gabriele Pedullà, Lo spagnolo senza sforzo (Einaudi) 15

9. Antonio Moresco, Canti del Caos (Mondadori) 12

10. Eugenio Baroncelli, Libro di candele (Sellerio) 9

Davide Brullo, Il lupo (Marietti) 9

Ade Zeno, Argomenti per l’inferno (No Reply) 9

13. Mario Desiati, Il paese delle spose infelici (Mondadori) 7

Giuseppe Genna, Italia De Profundis (minimum fax) 7

15. Dario Arkel, Fedele alla terra (Alta tensione) 6

Vladimiro Bottone, Gli immortali (Avagliano) 6

Emidio Clementi, Matilde e i suoi tre padri (Rizzoli) 6

Ugo Cornia, Le storie di mia zia (Feltrinelli) 6

Erri De Luca, Il giorno prima della felicità (Feltrinelli) 6

Francesco Forlani, Autoreverse (l’ancora del mediterraneo) 6

Fabio Genovesi, Versilia Rock City (Transeuropa) 6

Anna Negri, Con un piede impigliato nella storia (Feltrinelli) 6

23. Marco Missiroli, Bianco (Guanda) 5

Piersandro Pallavicini, African Inferno (Feltrinelli) 5

Antonio Scurati, Il bambino che sognava la fine del mondo (Bompiani) 5

26. Andrea Camilleri, Il sonaglio (Sellerio) 4

Elena Loewenthal, Conta le stelle se puoi (Einaudi) 4

Sandro Lombardi, Le mani sull’amore (Feltrinelli) 4

Giorgio Nisini, La demolizione del mammuth (Perrone) 4

30. Ignazio Apolloni, Lady Macbeth (Coppola) 3

Davide Barilli, Le cere di Baracoa (Mursia) 3

Antonella Cilento, Isole senza mare (Guanda) 3

Peppe Fiore, Cagnanza e padronanza (Gaffi) 3

Graziano Graziani, Esperia (Gaffi) 3

Nicola Lecca, Il corpo odiato (Mondadori) 3

Giorgio Mascitelli, Piove sempre sul bagnato (Coniglio) 3

Gloria Origgi, La figlia della gallina nera (Nottetempo) 3

Renzo Paris, La vita personale (Hacca) 3

Gianluca Polastri, In viaggio con Martha (Ananke) 3

Evelina Santangelo, Senza terra (Einaudi) 3

Igiaba Scego, Oltre Babilonia (Donzelli) 3

Flavio Soriga, L’amore a Londra e in altri luoghi (Bompiani) 3

Alessandro Zaccuri, Infinita notte (Mondadori) 3

44. Michela Franco Celani, La casa dei giorni dispersi (Salani) 2

Giovanni Cossu, Turritani (Lavieri) 2

Marco Mancassola, La vita erotica dei superuomini (Rizzoli) 2

Gaia Manzini, Nudo di famiglia (Fandango) 2

Maurizio Torchio, Piccoli animali (Einaudi) 2

Andrea Vitali, Almeno il cappello (Garzanti) 2

50. Nada Malanima, Il mio cuore umano (Fazi) 1


Poesia

1. Mario Benedetti, Pitture nere su carta (Mondadori) 71

2. Andrea Inglese, La distrazione (Sossella) 51

3. Franca Grisoni, Poesie (Morcelliana) 39

4. Roberto Roversi, Tre poesie e alcune prose (Sossella) 37

5. Cesare Viviani, Credere all’invisibile (Einaudi) 31

6. Vincenzo Frungillo, Ogni cinque bracciate (Le Lettere) 25

7. Riccardo Held, La Paura (Scheiwiller) 18

8. Jolanda Insana, Satura di cartuscelle (Perrone) 12

9. Guido Ceronetti, Trafitture di tenerezza (Einaudi) 10

Bruno Galluccio, Verticali (Einaudi) 10

Lello Voce, L’esercizio della lingua (Le Lettere) 10

12. Roberto Carifi, Nel ferro dei balocchi (Crocetti) 9

Luigi Di Ruscio, L’Iddio ridente (Zona) 9

14. Vanni Bianconi, Ora prima (Casagrande) 8

15. Biagio Guerrera, Cori Niuru, Spacca cielu (Mesogea) 6

Salvatore Ritrovato, Come chi non torna (Raffaelli) 6

Gabriella Sica, Le lacrime delle cose (Moretti & Vitali) 6

18. Roberto Bugliani, Di quand’ero poeta (e non lo sapevo) (puntoeacapo) 5

Umberto Piersanti, Tra alberi e vicende (Archinto) 5

Il miele del silenzio, a cura di Giancarlo Pontiggia (Moretti & Vitali) 5

21. Gilda Policastro, Stagioni (La Luna) 4

Nicola Vitale, Condominio delle sorprese (Mondadori) 4

Barbara Pumhösel, Prugni (Iannone) 4

24. Roberto Amato, Il disegnatore di alberi (Elliot) 3

Alessandro Polcri, Bruciare l’acqua (Meridiana) 3

Achille Abramo Saporiti, La notte del cireneo (Interlinea) 3

Luigi Trucillo, Darwin (Quodlibet) 3

28. Marco Giovenale, Soluzione della materia (La Camera Verde) 2

Luigi Nacci, Madrigale Odessa (d’If) 2

Lidia Riviello, Neon 80 (Zona) 2

31. Alda Merini, Mistica d’amore (Frassinelli) 1

Fabio Scotto, Bocca segreta (Passigli) 1


Saggistica e altre scritture

1. Marco Belpoliti, Il corpo del capo (Guanda) 29

2. Valerio Magrelli, La vicevita (Laterza) 27

3. Giorgio Agamben, Nudità (Nottetempo) 20

4. Eraldo Affinati, Berlin (Rizzoli) 18

Raffaele Manica, Qualcosa del passato (Gaffi) 18

6. Paolo Nori, Pubblici discorsi (Quodlibet) 16

Andrea Zanzotto con Marzio Breda, In questo progresso scorsoio (Garzanti) 16

8. Alessandro Leogrande, Uomini e caporali (Mondadori) 14

9. Antonio Pascale, Scienza e sentimento (Einaudi) 12

Wu Ming, New Italian Epic (Einaudi) 12

11. Carlo Bordini, Non è un gioco (Sossella) 11

Roberto Calasso, La folie Baudelaire (Adelphi) 11

Marco Belpoliti, Diario dell’occhio (Le Lettere) 11

14. Stefano Rodotà, Perché laico (Laterza) 9

15. Alberto Arbasino, La vita bassa (Adelphi) 8

Anna Masecchia, Al cinema con Proust (Marsilio) 8

Adriano Prosperi, Giustizia bendata (Einaudi) 8

Corrado Stajano, La città degli untori (Garzanti) 8

19. Marco Belpoliti, Il tramezzino del dinosauro (Guanda) 6

Le unioni tra persone dello stesso sesso, a cura di Francesco Bilotta (Mimesis) 6

Marco Cassini, Refusi (Laterza) 6

Federico Francucci, La carne degli spettri (OMP) 6

Milena Gabanelli, Ecofollie (Rizzoli) 6

Paolo Jedlowski, Il racconto come dimora (Bollati Boringhieri) 6

Antonio Moresco, Lettere a nessuno (Einaudi) 6

Franco Nasi, La malinconia del traduttore (Medusa) 6

Antonio Pennacchi, Fascio e martello (Laterza) 6

Marcello Pezzetti, Il libro della Shoah italiana (Einaudi) 6

P. Scandaletti-G.Variola, Le crocerossine nella grande guerra (Gaspari) 6

Adriano Sofri, La notte che Pinelli (Sellerio) 6

Enrico Testa, Eroi e figuranti (Einaudi) 6

Marco Tonelli, La statuta impossibile (Marinotti) 6

33. Giorgio Agamben, Il sacramento del linguaggio (Laterza) 5

Stefano Jossa, Ariosto (il Mulino) 5

Massimo Oldoni, Gerberto e il suo fantasma (Liguori) 5

Maurizio Pistelli, Carlo Michelstaedter (Donzelli) 5

37. Nicola Gatteri-Antonio Nicaso, Fratelli di sangue (Mondadori) 4

Luca Lenzini, Stile tardo (Quodlibet) 4

Mario Livio, Dio è matematico (Rizzoli) 4

Paolo Morando, Dancing days (Laterza) 4

Francesco Pecoraro, Questa e altre preistorie (Le Lettere) 4

Francesco Durante, Scuorno (Mondadori) 4

Edoardo Sanguineti, Ritratto del Novecento (Piero Manni) 4

Andrea Zanzotto con Paolo Cattelan, Viaggio musicale (Marsilio) 4

45. Giuliana Benvenuti, Il viaggiatore come autore (il Mulino) 3

Carlo Bonini, ACAB (Einaudi) 3

Alessandro Broggi, Nuovo paesaggio italiano (Arcipelago) 3

Gilberto Corbellini, Perché gli scienziati non sono pericolosi (Longanesi) 3

Eleonora Danco, Ero purissima (minimum fax) 3

Massimo De Carolis, Il paradosso antropologico (Quodlibet) 3

Giancarlo Gaeta, Le cose come sono (Scheiwiller) 3

Gipi, La mia vita disegnata male (Coconino Press) 3

Giulio Iacoli, La percezione visiva dello spazio (Carocci) 3

Sergio Luzzatto, Il sangue d’Italia (manifestolibri) 3

Carlo Melograni, Architettura italiana sotto il fascismo (Bollati Boringhieri) 3

Margherita Oggero, Orgoglio di classe (Mondadori) 3

Massimo Onofri, Recensire (Donzelli) 3

Riccardo Panattoni-Gianluca Solla, Il corpo delle immagini (Marietti) 3

Paolo Rossi, Speranze (il Mulino) 3

Rodolfo Zucco, Teatro del perdono. Per Giudici (Agorà) 3

61. Andrea Bajani, Domani niente scuola (Einaudi) 2

Davide Bregola, Lettere agli amici sulla bellezza (Liberamente) 2

Carlo Ginzburg, Paura, reverenza, terrore: Hobbes oggi (MUP) 2

Salvatore Lupo, Quando la mafia trovò l’America (Einaudi) 2

Michele Monina, Ultimo stadio 2

Simona Vinci, Nel bianco (Rizzoli) 2

67. Silvia Giacomoni, Alessandro Manzoni (Guanda) 1

Paolo Nori-Daniele Benati, Baltica 9 (Laterza) 1

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195 Commenti

  1. Quindi i libri di Nada Malanima, Alda Merini, Fabio Scotto, Silvia Giacomoni e del duo Nori-Benati NON devo leggerli?

    Scheeerz:-)

  2. lodevole iniziativa che offre spunti di dibattito, però scorrendo l’elenco dei giurati, si scopre che nei primi 21 posti, cioè nei primi sette di ogni categoria, ci sono 8 giurati, due dei quali, belpoliti e benedetti, al primo posto, di saggistica e poesia. visto che nello statuto si parla di escludere capi pagina e direttore editoriali per evitare conflitti di interesse, andrebbe trovato un dispostivo per evitare che i premiati siano i giurati.
    http://www.ilriformista.it/stories/Prima%20pagina/61586/

  3. Mastra, ti faccio una proposta, tagliamo la testa al toro e creiamo un premio per il miglior commento su NI assegnato dai commentatori di NI ai commentatori di NI.
    Penso che siano i migliori giudici dei loro colleghi, se non altro conoscono le meccaniche della rete.

    Scusate, alzate gli occhi dall’anomalia italiana, la dietrologia, la nostra poubelle preferita, quando si deve votare il capoclasse si fanno uscire gli scolari e si fanno entrare gli scolari di un altra classe?

    Non ne posso più di questa attenzione spasmodica alla possibilità dell’inghippo, cosa c’è in palio?

  4. Quello che non ho capito, forse perché non ho letto bene l’intera “faccenda”, è se tutti i 100 lettori avevano a disposizione tutti i libri che adesso concorrono a formare l’attuale graduatoria, o se ciascun lettore segnalava il libro o i libri che aveva già letto per suo conto, autonomamente.

  5. @alcor
    io sono sicuro che berlusconi voti se stesso, ma il punto non è tanto votare se stessi, è che una classe voti come rappresentanti d’istituto quasi esclusivamente i suoi compagni di banco
    per la narrativa direi che l’esperimento è riuscito, mentre per la saggistica e la poesia no, l’accusa di conventicola è difficile da dribblare se i premiati sono giurati
    per il premio vota il commento che proponevi, conoscendo come mi muovo male e peggio vengo bastonato sui siti, penso che non entrerei neanche in graduatoria

  6. @mastra

    se li trova migliori degli altri non vedo scandalo,

    l’unica vera alternativa a una giuria di scrittori critici ecc in cui tutti conoscono tutti e possono votare tutti è la giuria popolare, cioè il premio Campiello, vedi tu

    la vera discriminante sarà, in una giuria come questa, la varietà e qualità dei libri, solo questo mi aspetto che mi diano

    e adesso scusate, ma mi devo disconnettere

  7. Allora, ringraziando Scarpa per la risposta, un’altra domanda: adesso che i cento lettori hanno votato per la prima volta i libri entrati in classifica, il loro prossimo voto riguarderà solo i libri in uscita nei prossimi mesi, o potranno rivotare per quelli già in classifica?

  8. L’idea di un premio che intercetti una comunità di lettori di qualità è lodevole. Che poi questi lettori di qualità siano professionisti della cultura, non vedo come potrebbe essere diversamente. La notevole presenza in questo senso di Marco Belpoliti per dire, giurato e tre libri in classifica, a me sembra un buon segno rispetto al valore intellettuale del lavoro. Nelle classifiche di saggistica in genere sono iperpresenti Odifreddi o Augias, che interpretano in altro modo il ruolo dell’intellettuale.
    Fanno riflettere in qualche modo altre caratteristiche quantitative. La quasi assenza di donne. Nella narrativa la prima è Anna Negri con un libro che è al 15 posto, e non lo definirei un romanzo. La giuria di qualità è forse un po’ miope rispetto al discorso di genere?
    Come mi colpisce la quasi assenza di saggistica d’inchiesta o politica, che la fa da padrona nelle classifiche dei giornali. La preminenza qui è per libri di cultural studies, verrebbe da definirli, praticamente un fantasma nelle vendite dei libri in Italia. Anche qui è la provenienza dei giurati (letteraria/accademica) che genera questo scarto?

  9. @ Macondo
    Io ho capito questo: si votano ogni volta i libri usciti negli ultimi 6 mesi, quindi all’inizio di maggio uscirà una classifica che si riferisce ai libri pubblicati fra novembre 2008 e aprile 2009.

  10. Approfitto, allora, per altri chiarimenti: Se uno dei 100 lettori, dopo aver votato i suoi preferiti, vede in classifica un libro che non conosceva e di cui inizialmente non disponeva, e vuole farsene un’idea, l’organizzazione gli mette a disposizione una copia in lettura o, se proprio vuole leggerlo, deve procurarselo per i fatti suoi?

  11. io stracciai come da video indicato da falcone. la cosa interessante è capire cosa stia mangiando il ragazzo sullo sfondo mentre il professore sta per dire “escrementi”, e ordinare di strappare l’introduzione. mentre il ragazzo che legge viene inquadrato di profilo, cosa smangiucchia, una torta? del pane? sembra una cosa che si sbricioli.

  12. Macondo,
    “l’organizzazione” non esiste, è roba di 4 amici amanti della lettura che hanno contattato altri 100 idioti che al posto di spendere soldi per andare (legittimamente) allo stadio li spendono in carta da libreria.
    I libri, insomma, me li procuro per fatti miei.

  13. @ Macondo
    Non so che cosa abbia intenzione di fare l’organizzazione, ma fin qui mi risulta che ognuno dei 100 lettori si arrangia da sé. Per quanto ho capito io, si vota soprattutto rappresentando la propria vita di lettore: faccio un esempio: non è un caso se io ho sentito l’impulso di comprare “Trafitture di tenerezza” di Guido Ceronetti, unico dei libri di poesia italiana che ho acquistato negli ultimi 6 mesi fra quelli di autore vivente, pur avendone sfogliati non pochi in libreria; di conseguenza, quello è il libro che ho votato, non in quanto “miglior libro” di un’astratta totalità, ma in quanto è l’unico che veramente mi ha attratto e mi convinto a farsi acquistare, a entrare nella mia vita, nella mia casa, e a farsi leggere. Quell’acquisto e quella lettura fanno parte della mia vita di lettore, non del mio ruolo di giurato. Credo che sia rappresentativo anche questo, l’esperienza concreta, vitale della lettura. Guardacaso, i libri che sono finiti ai primi posti della saggistica, invece, li ho letti quasi tutti (5 su 7).

  14. Un rapido intervento, solo per chiarire alcuni punti.

    Avevo gia’ scritto un messaggio nel precedente post per far capire che qui non c’è una giuria in senso stesso: se si usa la parola giurati è perché non ce ne sono magari di migliori, ma si tratta di una comunità o di un gruppo di lettori che vogliono individuare libri significativi fra tutti quelli usciti negli ultimi sei mesi.

    Non si tratta quindi di aver letto tutto tutti, si tratta di raggiungere una convergenza che va al di là del parere del singolo o anche di una consorteria effettiva: quando moltissimi hanno votato per Mario Benedetti, le appartenenze ‘di gruppo’ sono saltate, perché in tanti hanno riconosciuto in quel libro un valore condivisibile.

    Sarebbe quindi ora di guardare un po’ più avanti e di chiudere la tiritera: quello è amico di, quelli scrivono tutti per lo stesso giornale ecc. Vorrei qualcuno che dicesse: dei 21 libri che avete messo ai primi posti, o degli oltre 150 che sono stati votati, solo e soltanto quelli dei membri del gruppo sono brutti e non andavano votati.

    Se qualcuno sostiene questo, si contrappone alla nostra posizione di fondo in maniera corretta, cioè oppone altri valori a quelli da noi individuati. Ma devo sostenere altri valori in maniera ampia e condivisa, come avviene per i nostri primi classificati, e deve anche dimostrare che i libri dei Cento da noi votati sono assolutamente peggiori di molti altri che avremmo potuto votare.

    Fondiamo le nostre discussioni sulla ricerca di libri importanti, e forse faremo un passo in avanti, e magari daremo spunto per la prossima classifica (non ‘giudizio finale’).

    Un saluto a tutti da

    Alberto Casadei

  15. Perche’ mi rivolgo a voi? mi direte. “Cosa c’entriamo noi? Cosa possiamo fare noi? Ci limitiamo a cellophanare libri di cui non sappiamo niente, di cui non ce ne frega niente, come viene viene, ogni tanto cambiamo il rullo della pellicola di cellophane trasparente, nelle tipografie, in quei bugigattoli delle case editrici, nei retro delle librerie, dei magazzini dei distributori. Nessuno ci ha mai detto niente, ci ha mai chiesto niente.”
    Oh, no, vi sbagliate! Voi siete l’anello piu’ importante della catena, il piu’ decisivo. Io seguo il vostro lavoro, conosco il movimento che effettuate con la mano, col polso, facendo passare un libro dopo l’altro, in piedi, di fronte alla macchina, prestando attenzione che lo spigolo non sfori, soprattutto se si tratta di uno di quei libri rilegati dagli angoli appuntiti, perche’ poi non si laceri sempre piu’ la cellophanatura, e tutto il libro non venga pian piano fuori, si scappelli, sul banco del libraio, nello scaffale dei best seller di un supermercato, quelli che mettono appena entrati a destra, con lo sconto del venti per cento, e qualcuna va sempre a sbirciarli, a palpeggiarli, magari dopo aver soppesato con la mano un cabaret di fegato, al banco delle carni, e le e’ rimasta sulle dita dalle unghie smaltate un po’ di quell’acquetta che cola sempre fuori dalla confezione, preparata nel reparto macelleria dai vostri colleghi cellophanatori in grembiule bianco tutto ditato di sangue, oppure dopo avere palpeggiato un tubetto di maionese confezione paghi due prendi tre, e magari averlo assaggiato non vista, sbirciando a destra e a sinistra nel corridoio dopo averlo forato col retro del tappo furtivamente svitato, dandogli una tirata con le labbra dipinte, e averlo riposto vicino agli altri con le guance improvvisamente ingrassate, e passandosi poi le dita sulle labbra, fulmineamente, per sicurezza, nel caso fosse rimasta un po’ di maionese sopra il rossetto, mentre li’ vicino sta magari passando come se niente fosse quell’eiaculatore intento a fare provviste nella pausa tra un set e l’altro, e ha il carrello pieno di confezioni di uova e scatolette e liquori, mentre altri cellophanatori stanno arrivando con i carrelli pieni di cabaret di cavolfiori di dimensioni abnormi sotto quella pellicina tirata, trasognata. Rimane sopra lo spigolo scappellato uno sbuffo di maionese, dopo che ha staccato le dita dalle labbra per palpeggiare un po’ il libro.
    Vedete bene quant’e’ decisivo il vostro lavoro! Solo poco tempo fa, pochi anni fa (ma qualche volta capita ancora di vederli, di tanto in tanto), si trovavano sui banchi delle librerie quei libri dai bordi impolverati, in stato di avanzata putrefazione, quasi neri, si potevano distinguere una per una le fisionomie dei microrganismi che sguazzavano dentro la polvere, ingigantiti e sfrenati, si staccava dalle loro superfici come una specie di lebbra dentata, sguinzagliata. Oppure, anche adesso, capita ancora di vedere qualche libro cellophanato eppure sbrecciato. Si crea un punto o una bolla qua e la’, dove la cellophanatura si e’ aperta, e’ scoppiata, vicino al punto di sutura, a quella cucitura gommata, vaginata, si vede quella macchia di polvere nera, isolata, quando qualcuno magari compera il libro e poi lacera la cellophanatura penetrando col dito in quella lesione, mentre scende con la scala mobile in una stazione della metropolitana. Svolazzano certe volte quelle cellophanature annerite e tagliate, impolverate. Per forza che poi i libri invecchiano presto! Che ci sono in giro tutti questi libri datati, oltrepassati! La ragione e’ questa. Cosa credete?

  16. Gianni, ma da quando sei entrato nell’Organizzazione, mi han detto che al ristorante non ti fanno più pagare il conto… Io chiedero’ invece che mi sia messo a disposizione quel bilocale a Rio…

    :)

    non prendertela macondo… ma mi ha divertito il termine, molto “American Tabloid”…

  17. @ db
    Mi risulta che “Né il giorno né l’ora” di Nelo Risi sia stato pubblicato nel febbraio del 2008, quindi non era fra i libri usciti negli ultimi 6 mesi. Questi erano i termini temporali (da ottobre 2008 a marzo 2009) fissati dagli organizzatori. Se nel frattempo Nelo Risi ha pubblicato qualcos’altro, personalmente a me è sfuggito, mea culpa.

  18. io credo che la classifica di pordenonelègge (o poredenonelégge?) è sbagliata perché al mio libro danno solo quattro punti e non può essere. rifate i conti.

  19. @ andrea inglese,
    ah, adesso ho capito, anziché parlare di “organizzazione” avrei dovuto dire “quattro amici al bar” (do you remember gino?)

    … (mi è venuto da pensarlo, dopo aver letto il commento di biondillo)…

  20. Stavo pensando che ogni volta mi accorgo di venire preventivamente escluso dalle iniziative che non mi piacciono e di finire sempre in quelle che trovo invece assolutamente lodevoli.

  21. con tutti i “se” e gli inevitabili “ma” L’INIZIATIVA MI SEMBRA LODEVOLE. tirate dritto e tenete duro magnifici cento !

  22. T. Scarpa dice: *Questi erano i termini temporali (da ottobre 2008 a marzo 2009) fissati dagli organizzatori.*

    M. Gezzi [“anche segretario”] dice: *La prima Classifica prende in esame i libri arrivati in libreria tra il settembre 2008 e il marzo 2009.*

    A me la questione temporale sembra un po’ confusa. Sarà un problema di comunicazione più che d’intenti. Fatto sta che nei commenti ai 2 post dedicati qui su NI, da parte di utenti e di organizzatori&giurati si sente dire che l’attenzione era rivolta ai libri usciti negli ultimi 6 mesi.

    Su http://dedalus.pordenonelegge.it si legge: *Sono stati individuati 100 ‘Grandi Lettori’ che, professionalmente o meno, seguono la letteratura contemporanea. A scadenze regolari, questa giuria valuterà i libri di letteratura italiana usciti negli ultimi mesi; la somma dei voti comporrà una classifica.*

  23. lasciamoli lavorare questi cento lettori forti… siamo decisamente in un paese strano: se la critica o chi per essa non fa nulla la si accusa di non fare una mazza, se fa un’iniziativa allora è una riunione massonica e/o mafiosa. eccheppalle. vediamo quali saranno gli esiti: magari argomentati, io ho piacere se sui giornali appaiono nomi che si sa essere ottimi ma che ai più sono sconosciuti, ma nei luoghi come NI dove spazio ce n’è per chi vuole approfondire mi piacerebbe sapere il motivo per cui un lettore forte spende tutti i suoi “punti” per un autore piuttosto che per un altro, o spezzetta il punteggio ecc. insomma al di là del fattore di promozione della letteratura meno “da classifica” sarebbe buona cosa discutere sulla sostanza. poi l’italia è (ribadisco) un paese strano. per raggiungere corsera o repubblica o uscire dalla nicchia dei 2 min al giorno di poesia su radio3 ci vuole la “polemica” che brucia e si spegne nel giro di pochi giorni. non so sinceramente che frutto possa dare la polemicozza in sé e per sé, se si riuscissero a fare sui grandi media delle analisi concrete delle motivazioni per cui leggere (o meno) held o frungillo, viviani o benedetti, o dell’importanza per tutti noi del lavoro di roversi, ecco lì farebbe bingo.

  24. @ aditus

    Preciso i termini dell’intervallo e confermo che, per questa prima votazione, sono stati presi in esame i libri andati in libreria da settembre 2008 (non ottobre) in avanti: in pratica tutti i libri usciti dopo l’estate.

    Con la prossima votazione si cercherà di avviare un meccanismo di rotazione automatica: ogni mese si potrà votare per i libri usciti nei 6 mesi precedenti quello di votazione (incluso). Ad aprile, dunque, si potranno segnalare libri usciti da novembre 2008 ad aprile 2009; a maggio quelli usciti da dicembre 2008 a maggio 2009, e così via. Inoltre il “gioco” è senz’altro perfettibile, e le critiche serviranno anche a mettere a punto aggiustamenti e migliorie.

  25. Secondo me si stanno profilando due generi di critiche: quelle assolute e quelle riformiste.
    Quelle assolute:
    1) non è possibile esprimere una valutazione di qualità con un numero
    2) a maggior ragione, non ha alcun significato qualitativo una sommatoria di valutazioni numeriche
    3) l’incontro con l’opera letteraria è individuale e articolato, e va argomentato
    Quelle riformiste:
    1) c’è conflitto di interessi: i votanti sono anche votati
    2) c’è conflitto di interessi: troppi votanti sono consulenti di case editrici o responsabili di collane editoriali
    3) sono tutti di area progressista
    Ho fatto una primissima sintesi delle obiezioni più ricorrenti, fra tutto quello che ho visto in rete, sui giornali e ascoltato alla radio.

  26. Apprezzo moltissimo quest’ultima sintesi di Tiziano, che riassume i punti effettivamente importanti dell’ampia discussione sulla nostra iniziativa. Posso segnalare a tutti che stiamo raccogliendo i suggerimenti e le critiche costruttive, per proporre un regolamento che tenga conto di alcuni correttivi. Non certo quello di impedire di votare per un ottimo libro, solo perché fra i 100 Grandi Lettori c’è anche l’autore del medesimo. L’importante è che il libro raggiunga un consenso ampio, esplicito e motivato (sui siti di pordenonelegge e di dedalus, ma anche su Nazione Indiana o su altri blog). Dopodiché il Grande Recensore Solitario che non deve giustificarsi mai potrà opporsi al parere dei Cento Grandi Lettori che discutono le loro scelte: e chi vuole comprare un libro deciderà come meglio crede. Ma intanto, non sarebbe una gran bella cosa se finalmente i nostri libri migliori di poesia raggiungessero almeno le mille copie vendute, cifra che pare un sogno e che invece sarebbe il minimo indispensabile per un Paese culturalmente civile?

    Un saluto da

    Alberto Casadei

  27. caro alberto (casadei) una domanda da Lettore, che ti rivolgo qui invece che per e-mail: possiamo indicare solo libri di scrittori ialiani VIVENTI, senza eccezione, e solo in senso biologico? nemmeno qualcuno che sia morto da poco, lasciando inediti ecc., è indicabile? (non uso nemmeno le parole votare e votabile). e se è così, perché questa restrizione del senso (della vita) della scrittura? ciao, beppe

  28. ho un’altra domanda: non ho capito perché La notte che Pinelli di Adriano Sofri sta nella sezione “altre scritture”, e invece Con un piede impigliato nella storia di Anna Negri sta nella narrativa. Urge un aggiornamento delle forme narrative: che la narrativa accolga entrambi gli ibridi (e tutte le forme ibride; così come il cinema accoglie il documentario, che NON è un saggio).

  29. A quelle assolute potreste rimediare con un forum dei lettori, se non tutti i cento hanno voglia di scrivere dieci righe sui libri che hanno scelto. Io per esempio non vorrei scriverle, dieci righe ogni mese su ogni libro che trovo buono, al massimo un appunto sconnesso per me stessa.

    Quelle riformiste potreste metterle come avviso, per esempio: Attenzione! I votanti sono anche votati. Molti votanti sono consulenti di case editrice. Sono tutti di aerea progressista (?)

    Così i lettori che credono che i libri arrivino ai premi volando autonomamente capiscono che la vita non è una favola bella:-)

    @db il tuo premio è senz’altro una buona iniziativa, in ogni senso, ma i poeti che vengono proposti ai giurati, chi li sceglie?

  30. rspondo io ad alcor: nessuno propone niente a nessuno. non siamo giurati, ma lettori cui si è chiesta sulla fiducia una comunicazione mensile. sicuramente arbitraria, come tutto. (punto).

  31. @ Alcor
    “sono tutti di area progressista”
    E’ una delle critiche che fa Luigi Mascheroni, sul Giornale di oggi:
    Vedi qui:
    http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=342709

    Ne approfitto per mettere in evidenza un particolare che finora non è stato evidenziato, e che riguarda l’obiezione riformistica n. 1 (“c’è conflitto di interessi: i votanti sono anche votati”). Per quanto mi riguarda, io ho appreso come voi la lista dei 100 due giorni fa, leggendola da questo sito. Ho votato completamente al buio, senza sapere chi fosse nemmeno uno degli altri 99. Se anche per gli altri è andata come è andata per me, abbiamo votato tutti senza sapere chi fossero i 100 votanti.
    Corollario: diventa forse interessante chiedersi se cambierà qualche cosa (in meglio?, in peggio?), ora che i votanti conoscono la lista dei 100.

  32. Condivido le critiche finora poste (tranne quella dei giurati progressisti ah ah) e parto dalla sintesi di Scarpa. Mi sembra interessante la questione posta da Tiziano (e altri) sulla necessità di dispositivi di sintesi.

    Tuttavia, vorrei aggiungere qualcosa.

    Questa non è una classifica in senso stretto. A ciascuno dei Cento è chiesto di indicare un titolo, massimo due, con una rudimentale stratificazione numerica TRA I DUE (“sono entrambi interessanti, ma questo è interessante 2 e quest’altro 4”). Quindi, semmai, è un elenco variegato di consigli di lettura.

    Poi questa stratificazione viene sommata – e questa è un’operazione arbitraria, come già detto, per vari motivi (differenze di gusti e metri di giudizio, Lettori che hanno letto alcuni libri e non altri, etc)

    Posso accettare (con riserve) gli argomenti che Tiziano porta qui http://www.ilprimoamore.com/testo_1435.html su una necessità di sintesi. Tuttavia, ciò che si ottiene viene definita “classifica”. E il forte lettore di un quotidiano la leggerà come legge tutte le altre classifiche a cui è abituato, senza badare a sottigliezze e sfumature- considerando i primi titoli, e ritenendo che siano “migliori” degli altri. Il dispositivo sintetico è *troppo* sintetico, in queso caso.

    preferisco allora la proposta di Matteo Fantuzzi (e di altri) di affiancare all’anti-classifica la possibilità di approfondire l’argomentazione che l’orientamento esprime, andare su un sito, leggere i commenti.
    Vari livelli di approccio, insomma. Uno stimolo alla discussione.

    [infine, secondo me, il punto non è la sintesi, al solito, ma la diffusione dell’offerta. Non è una frase pubblicitaria efficace che funziona di per sé, ma la sua ampiezza mediatica, il martellamento, la riproposizione. Una serie di recensioni o di interviste su vari giornali ad ampia tiratura (non dispositivi sintetici, dunque) sono più efficaci nell’arrivare al pubblico di una classifica numerica.

    E neanche i Cento Lettori sono immuni dalle dinamiche di diffusione. Se Scarpa va in libreria e sfoglia le ultime uscite di poesia (è un esempio), l’offerta che può sfogliare è limitata a quanto la libreria tiene sugli scaffali. Che è condizionato da vari fattori: case editrici, etc. Ecco la presenza di Einaudi, per esempio. ]

  33. Se posso fare un rimbrotto ai coordinatori, questa situazione doveva essere meglio comunicata alla stampa. Ci stiamo facendo la figura di quelli che si sono messi d’accordo per votarsi a vicenda, mentre abbiamo dato il nostro voto senza sapere assolutamente chi fosse neanche uno degli altri 99 (almeno credo, se tutti erano nella stessa situazione mia e di Beppe Sebaste). Io non ho problemi, sono abituato a ben altri attacchi. Ma, come dire?, non è una situazione elegante.

  34. [a proposito dei votanti/votati: mi sa che è successo l’inverso. Cioè, chi ha ideato il premio e pensato a 100 possibili Lettori, avrà pensato anche a proporlo a autori che hanno pubblicato recentemente e che apprezza. E magari non sarà stato il solo.]

  35. rispondo a caldo a “blepiro”. ho suggerito anch’io che questa classifica costituisce in realtà dei puri consigli di lettura. che però allargano i confini del solito ridotto spettro d libri. è il suo bello.
    credo che il suo bello sia anche la soggettività, o abitrio, o casualità (che non è mai tale) in cui i Lettori vengono a conoscenza delle opere (venirne a conoscenza è comunque la loro attività, o passione, o indole, ed per questo che sono stati scelti): ma questa soggettività, o arbitrio, così naturale e vicina alla vita vera, che qui è palese ed esibita, è poi la stessa ce però è distirta in chi scrive recensioni, parla di libri, vota altri premi (poiché nei giornali e negli altri premi ci sono strettoie e pesanti condizionamenti). è naturale che qui non esistono criteri docimologici, e almeno per quanto mi riguarda segnalo libri che secondo me meritano per svariate ragioni, anche spesso contraddittorie (comunque sia libri secondo me “necessari”).

  36. Un clan, dice mascheroni, anche lui.

    Qualcuno qui nei commenti o sotto l’altro post, ha giustamente fatto notare che si può parlare tanto di mafia, clan e altro, solo in un paese mafioso con una mentalità mafiosa.

    Chiunque qui continuerà a parlare di conventicole, clan, mafie e altro di simile io lo considerò profondamente mafioso.
    Chi invece farà appunti di merito, lo considererò un’essere pensante.

    So che del mio parere non importa a nessuno, lo esplicito solo per invitare le persone di banale buon senso a usarlo e a chiedersi come fa un clan pubblico di 100 persone che nemmeno si conoscono tutte a operare nell’ombra per la rovina delle patrie lettere. O per impadronirsi dei consigli d’amministrazione delle case editrici e dei giornali e poter finalmente dettar legge in un nuovo minculpop

  37. Ragazzi, io credo siate tutti pazzi, compreso me che scrivo.
    100 addetti ai lavori giudicano delle opere letterarie.
    Una volta assodato che un giurato/autore non può votare per se stesso e un consulente editoriale non può votare per la casa editrice per cui lavora, mi dite che c’è di tanto strano e scandaloso?
    Se io dovessi scegliere un giurato (tra 100!) per giudicare un’opera letteraria, a patto che non voti per se stesso per esempio Tiziano Scarpa lo chiamerei senz’altro: perché sono anni che si occupa di libri, ne discute in modo intelligente, li presenta, li scrive e così via.
    Se prestate il fianco (Scarpa: non lo prestare più di tanto) a delle illazioni che sarebbero assurde in qualunque contesto civile, non se ne esce più. Perché, ad es:
    c’è quello che scrive sul “Corsera” e quindi si può sospettare che appoggi di conseguenza i libri pubblicati da Rizzoli. E da Adelphi e Bompiani, affiliate a Rizzoli.
    quello che fa il traduttore per Feltrinelli e quindi idem con Feltrinelli.
    quello che pubblica saggi per Garzanti e quindi idem per Garzanti.
    Credo che la (legittima) apprensione per tema del conflitto di interessi in chiave politica, ci abbia fatti andare fuori di testa tutti quanti su situazioni che invece mi sembrano assolutamente garantite e civili e normali (cazzo: sono 100, non 2 amici che decidono tra loro…)
    Voglio dire: quando il Premio Strega era ancora un premio bellissimo (1947, Flaiano, “Tempo di uccidere”) tra i 150 amici della domenica di allora c’erano “incroci” molto più stringendi di questi qua. E insomma… lo Strega poi si è smerdato, ma ci ha messo almeno 20 anni per farlo!
    In Italia c’è bisogno di cose come questa. Ce n’è bisogno ADESSO.
    Non facciamoci prendere da paure assurde.

  38. @beppe: sono d’accordo sulla distorsione che rilevi nei legami incrociati e nelle pressioni nascoste nei giornali e nei premi. Mi accorgo che l’ultimo passaggio del mio intervento è ambiguo: per me la “diffusione” non è un valore, ma un fenomeno da rilevare, con cui fare i conti- magari con diverse strategie.

  39. Il tizio del «Giornale» ha qualche problema di discernimento, scrive infatti nel finale: «Tra Andrea Inglese e Giorgio Vasta, a queste condizioni, tutto sommato meglio Faletti e la Littizzetto. Sono più sinceri».

    Più sinceri?!?

    Posto che sia vero (pff!), ma cos’è che c’è in gioco, il valore letterario o l’anima bella (pff!) di chi la letteratura non sa neanche cosa sia, mentre sa benissimo cosa significhi “far soldi”?

  40. @fabio, si chiama cultura del sospetto, non è una cultura, è una malattia dalla quale io non ho nessuna intenzione di essere infettata, ci tengo alla salute, soprattutto a quella mentale.

  41. Vorrei far seguito a un paio di cose che ho detto ieri nell’altro thread, perché mi pare che troppe critiche inutili (nel senso che anche prendendone atto non sono utilizzabili in nessun modo) continuino in buona parte ad arrivare da torri d’avorio che poco hanno a che fare con la realtà del panorama editoriale italiano.
    Alcune domande preliminari, un po’ alla rinfusa, a queste persone:
    1. Avete mai visto una classifica (anche di vendita) di libri di poesia? La traduzione delle poesie di Elizabeth Bishop, che l’Adelphi fece su mia insistenza quasi obtorto collo, esaurì 5000 copie in meno di due settimane – finì in classifica nella “Varia”, sotto Viva Zapatero della Guzzanti.
    Da anni sostengo che l’assenza di una classifica specifica per la poesia implica che l’immagine generale sia quella di un genere inesistente e che se esiste non si legge o non va letto.
    2.Pensate sia male che qualche pubblicazione largamente diffusa dedichi, una volta al mese, 25 cmq a una lista di qualche libro di poesia che alcune persone che hanno passato tutta la vita a leggere poesia trovano interessanti?
    3.Voi che sapete tutto, e di più, volete tenervi tutto il vostro sapere solo per voi stessi? Mi fate un piacere? Fermate dieci persone che non conoscete (in autobus, metropolitana, ma anche sotto casa – o all’ingresso di una scuola o di una università – insomma, ovunque vi capiti) e chiedete se hanno mai sentito parlare di editori come Gaffi, Aragno, Perrone, Sossella, No Reply, Morcelliana ecc.: sono editori che “la gente” è meglio che non conosca?
    4. Dopo la mia “presenza” l’estate scorsa a Farenheit per parlare del libro di Ashbery, sapete quante copie sono state richieste all’editore Sossella? Una, in omaggio. A parte la mia palese inefficacia comunicatoria, non può essere che i (pur ottimi) canali comunicativi che si occupano di letteratura di qualità in questo momento trovino solo un pubblico già sensibile, privilegiato e ristretto?
    Da come si svolge il (eufemismo) dibattito su NI indiana pare che siano proprio diversi degli intervenuti a NON voler comunicare – e soprattutto a NON voler comunicare ALL’ESTERNO. A me pare che degli “altri”, quelli a cui per me si rivolge soprattutto questa iniziativa, importi molto poco a parecchie persone. Una domanda OT [penso sempre ai supplementari…]: ma per chi scrivete voi?
    5. Avete mai provato a guardare, sui mezzi pubblici, cosa stanno leggendo i passeggeri? Sono in massima parte deficienti – o gli manca qualche informazione, un suggerimento, una guida?
    6. Vi siete fatti un giro su qualche sito “community di lettori”? Stesso discorso: anche lettori avidi, interessati (e palesemente NON deficienti), mostrano degli scaffali dal panorama sconcertante. E la poesia qui? Quando va bene ci trovate Catullo, Neruda, Prévert, Hikmet.

    Potrei continuare, ma il mio punto principale è proprio quello della comunicazione con un pubblico più ampio che fatica a trovare informazioni [non un problema che si limita alla letteratura in Italia oggi…]: a voi non capita che vi chiedano cosa leggi, cosa potrei leggere? Nei mesi scorsi su mio consiglio due o tre persone hanno comprato, ad esempio, Contagio di Walter Siti e Più luce padre di Franco Buffoni – io sarei tanto più contento se fossero state venti o trenta, o anche solo quattro o cinque. Faccio male a pensare così?
    Forse è che io, da semplice traduttore, vedo quello che faccio essenzialmente come un modo di comunicare. Penso “caspita, questo poeta è forte, che peccato che lo conosciamo solo io e un altro paio di coglionazzi”. E’ il mio modo di raccontare storie, di condividere esperienze, di cercare di “dare spazio e far crescere” nel senso indicato da Calvino alla fine delle Città Invisibili.
    Domanda di congedo: è possibile che noi italiani, popolo di santi, poeti, navigatori e costruttori edili, non riusciamo a pensare in termini concreti a una comunità, a uno sforzo comune, andando al di là dell’atteggiamento riunione di condominio permanente?

  42. Dopo tutti i chiarimenti pervenuti, mi pare che ci sia poco da sospettare.

    Il peggior inconveniente, al limite, è che ciascun Grande Lettore, per ragioni anche solo fisiologiche, non legge tutti quandi i libri votati, ma solo quelli che vuole lui, secondo il suo gusto e il suo percorso. È ovvio allora che Scarpa voterà metti Moresco, ma non tanto perché fanno parte della stessa “conventicola”, bensì perché entro quell’appartenenza ci sarà una condivisione di fini estetici, un orizzonte poetico comune. E lo stesso varrà, presumibilmente, per molti altri. Di qui il carattere “pariziale”, esposto alle critiche in malafede, di chi vuol sospettarvi fini meno onesti.

  43. Il nostro paese / grazie al vostro livore / rimarrà un cortese, accidioso / teatrino dell’orrore

    Che cazzo c’è di strano, dico io. Mascheroni, dici? un altro imbecille come tanti, che per la nostra cultura non ha mai fatto un cazzo.

    Chi non fa un cazzo, si limita a sputare veleno.
    Chi fa, fa. E prima o poi questo fare gli verrà riconosciuto.

    Tanto per capire che non si sta discutendo in maniera sensata…

    Eccola, ad esempio, la conventicola del National Book Awards.

    On March 16, 1950, publishers, editors, writers, and critics gathered at the Waldorf-Astoria Hotel in New York City to celebrate the first annual National Book Awards, an award given to writers by writers. The American Book Publisher’s Council, The Book Manufacturers’ Institute, and The American Booksellers’ Association jointly sponsored the Awards, bringing together the American literary community for the first time to honor the year’s best work in fiction, nonfiction, and poetry. As the Boston Herald reported the following day, “literary history was indeed in the making.”

  44. @ Nic Cellop
    Ho letto i commenti e stavo per rispondere su alcune cose riguardanti i meccansimi della classifica. Volevo dire che secondo me uno strumento che voglia contrastare le logiche del mercato editoriale deve essere ineccepibile, non dare adito a nessun sospetto, non avere nessun “baco” al suo interno, altrimenti non ha la forza necessaria e fallisce il suo socopo… e quindi il fatto che tanti lettori siano direttori di collana o editori, sia pure piccoli, è qualcosa che indebolisce l’autorità di questa lista…. Volevo dire cose del genere e articolarle meglio … ma mi sono imbattuta nel commento bizzarro di Nic Cellop.
    Non so chi si celi dietro il nick, ma il fatto che abbia pubblicato proprio quel pezzo mi ha messo di buon umore. Ho riconosciuto il libro. Possibile che nessun altro lo abbia notato? Uno scherzo? Una polemica? Comunque sono felice di rileggerlo qui, dentro a questo dibattito, a volte un po’ pedante. Auguri a tutti.

  45. …però, scusi, Benedetti… Indipendentemente dal fatto che la citazione sia di Moresco (sono andato a memoria…), stando al suo ragionamento – interpretandolo per esteso – Tiziano Scarpa non avrebbe potuto votare per “I canti del caos” perché fa parte della stessa rivista di cui fa parte anche Moresco: “Il primo amore”.
    Gli interessi (anche affettivi, oltre che ideali) che possono sorgere intorno a un comune progetto culturale quale una rivista sono anche più intensi di quelli che riguardano una casa editrice.
    E non mi si venga a parlare di questioni economiche, perché tanto con quello che paga l’editoria di solito gli stessi addetti ai lavori ci pagano al massimo le bollette.

    A me, comunque, ripeto: tutto questo sembra assurdo. Solo in un paese (come dice Alcor) in cui la cultura del sospetto regna sovrana può concepire delle obiezioni del genere.

  46. però basta, andiamo oltre. di grottesca cultura del sospetto sono stato il primo a parlane a commento dell’altro post (articolo di di stefano). alcor ha scritto osservazioni perfette e definitive. aspetto risposte alle due domande poste sopra sui criteri (i “morti” e “i generi”). un saluto. beppe s.

  47. Una obiezione che mi sento di fare alla “formula” del Dedalus, così come l’ho capita ed è stata spiegata, è che il libro votato dal singolo giurato manca di comparazione o di raffronto con la rosa degli altri. Mi spiego: ciascuno dei 100 lettori dà il proprio voto al libro (acquistato o pevenutogli) dell’autore che più l’ha convinto, di cui già conosce la produzione letteraria ecc. Ma, facendolo, resta “prigioniero”, per così dire, dei propri convincimenti estetici senza comparare il libro da lui votato con gli altri, e magari rafforzare così la convinzione che il libro da lui votato sia anche quello, a suo parere ovviamente, migliore . Perché immagino che nessuno dei 100 lettori abbia letto tutti, e nemmeno la gran parte, dei libri segnalati. Ma forse questa obiezione non è nella filosofia del premio, che vuole che ogni lettore indichi la sua preferenza a prescindere, o forse potrà essere superata nel “secondo turno” delle votazioni.

  48. ma il sacramento del linguaggio è stato premiato tutto, o solo il cap. centrale l’ostia sulla lingua?

  49. e la critica critica? il difetto sta nel manico ossia nel numero. interessa veramente non quanti hanno votato quanti, ma chi ha votato chi.

  50. ormai siamo al rovesciamento dei principi democratici.
    la segretezza del voto serve proprio a garantirne l’autonomia.
    inutile stare a spiegare perché: credo sia intuitivo…

  51. Rispondo innanzitutto alle domande di Beppe:

    1. i non-viventi sono stati esclusi dalle classifiche standard sia perché era difficile delimitare i libri che potevano essere considerati (p.e., se venisse pubblicato adesso un inedito di Pirandello lo dovremmo prendere in considerazione oppure è troppo classico per farlo rientrare in questi elenchi da discutere…), sia perché in prima istanza si punterebbe a definire una serie di opere che escono dalla piena attualita’. Pero’ abbiamo già pensato di dare indicazioni a parte quando almeno alcuni dei lettori proporranno di ricordare o segnalare opere postume particolarmente significative. Io personalmente mi riservavo di farlo per Ranchetti (noto sovversivo bolscevico)

    2. ci sono molti casi in cui le collocazioni non sono semplici: in genere, abbiamo cercato di rispettare le oscillazioni dei lettori fra ‘narrativa’ e ‘altre scritture’ e questo può aver generato qualche piccola discrepanza. Quando pero’ lettori diversi, che stupidamente non si erano consultati per concordare bene dove collocare il libro del loro amico, avevano messo l’uno il libro X nella narrativa e l’altro lo stesso libro fra le altre scritture, abbiamo esercitato la nostra funzione di coordinatori segnalando la collocazione che ci sembrava piu’ idonea. Qualche problema, comunque, ci sara’ sempre, data l’ampiezza della terza categoria, che in futuro dovremmo semmai dividere, come gia’ molti ci hanno consigliato di fare.

    Ringrazio comunque per i tanti giusti suggerimenti che ci stanno arrivando: a parte i soliti amici dei Cento, con i quali pensiamo di andare a vivere tutti quanti per fare una bella comune e non perdere tempo a telefonarci, mandarci messaggini per complottare ecc. (magari potremmo soggiornare da Antonio Spadaro, che gestisce la cellula Gesuiti Armati per la Classifica), ho trovato ottime indicazioni nei messaggi di Alcor, Fabio, Matteo Fantuzzi e tanti altri.

    Devo aggiungere che trovo davvero incredibile che il livello di inquinamento dell’informazione sia così elevato da far diventare confuso tutto quello che poteva essere tranquillamente accettato come modesta disfunzione di un sistema in prova. Ma è mai possibile che gente con un minimo di onestà intellettuale possa pensare che davvero si sia creato un gruppo di cento persone, che in alcuni casi non si conoscono nemmeno tra di loro, in molti hanno idee letterarie totalmente diverse l’una dall’altra, e magari si sono persino stroncati a vicenda in passato, vogliano creare una lobbettina da ridere per far andare in testa il libro di uno del gruppo? Ma se si voleva fare questo, non sarebbe stato semplice e ovvio lasciar fuori proprio quelli che si voleva far arrivare in testa?

    Proprio le ‘stranezze’ che ci vengono segnalate sono la prova evidente che non c’è niente di precostituito: chi mai sarebbe così idiota da mettere cinque libri su sette dello stesso editore in una classifica se ci fosse stato un controllo preventivo?

    Il punto che chiedo di chiarirmi a Carla Benedetti (mia collega a Pisa: oddio, forse qualcuno pensa che complottiamo se le scrivo qui, tanto per farci pubblicità a vicenda), a Parente, a Mascheroni, a Cordelli (di cui ho parlato bene in un mio libro due anni fa: ci sara’ qualcosa sotto?) e a tutti i maniaci in ritardo dei complotti di ogni ordine e grado è: volete scrivere che p.e. Mario Benedetti è un poeta da quattro soldi e che solo e soltanto con i Cento (molti dei quali non apprezzano la sua poetica) poteva andare in testa a una ‘classifica’? Scrivetelo e assumetevi la responsabilita’ di dare giudizi di valore condivisi da altri. Io rispettero’ la vostra proposta: e non pensero’ che abbiate complottato per esaltare le poesie del ministro Bondi, perche’ e’ chiaro a tutti qual e’ il loro valore rispetto all’orrido Benedetti (M.).

    Alberto Casadei

  52. Ah, ci stanno già suggerendo l’inno dei Grandi Lettori: eravamo Cento amici al bar, su musica di Gino Paoli (ma Paoli è di destra o di sinistra)?

  53. @Carla Benedetti, et al.

    Io sono un epidemiologo, spesso impegnato in studi che hanno, o potrebbero avere, ad esempio, implicazioni per il mercato farmaceutico [io non so quanto debba investire un editore per portare un buon libro sul mercato – ma posso dirvi che per un farmaco antitumorale si stima che una ditta farmaceutica per passare dalle prime sperimentazioni sull’uomo all’approvazione del farmaco e all’immissione sul mercato debba investire in media 800 milioni di euro], e quindi ho una certa familiarità con questioni che riguardano anche il conflitto d’interessi, e figuratevi se non tengo alla più assoluta trasparenza.

    Ma in una situazione come quella del giudizio su libri pubblicati da parte di persone che in un modo o nell’altro sono coinvolti nel mondo della pubblicazione letteraria, c’è una zona d’ombra (“ombra” è un eufemismo) nella verificabilità del conflitto che mi sembra insondabile: che mi dite dei “rifiuti”? Ha più serenità di giudizio una persona il cui libro è stato pubblicato da un certo editore, o una persona il cui libro è stato rifiutato dallo stesso editore? Ci fidiamo di più di una persona che si era candidato a dirigere una certa collana e non la dirige, o di qualcuno che la dirige?
    Le chiedo anche: per i pubblicati esistono i cataloghi, e i dirigenti di collana sono visibili, ma dove la trovo io una lista dei manoscritti rifiutati? Oppure di chi si sente sfruttato e sottopagato? O di quelli che pensano che il loro libro sia stato mal distribuito o per niente promosso? E così via.
    Che trasparenza si può assicurare in questa zona d’ombra? Cosa proporreste per superare questo ostacolo?

    Nessun sistema è perfetto, e nessuna componente di un sistema presa singolarmente è perfetta: ma nel mondo reale esistono degli obbiettivi pragmatici che vanno perseguiti e possibilmente conseguiti – e necessariamente con strumenti imperfetti.
    Collaborare a rendere i sistemi a disposizione meno imperfetti a me sembra un approccio più ragionevole dello screditare o cercare di inceppare quello che viene messo a disposizione verso un fine che non credo si possa definire malvagio.

  54. caro alberto, però io non sono soddisfatto delle risposte. quando parlo di autori non più (biologiocamente) vivi, non parlo di pirandello. parlo di qualcuno di vivo in questo momento, come io e (suppongo) tu al momento di leggere questo commento; diciamo qualcuno che è morto negli ultimi tempi, anche qualche anno fa, ma che è senza ombra di dubbio CONTEMPORANEO ai libri che stanno uscendo ora, o che usciranno tra breve, dei biologicamente vivi. a me una risposta importa molto, perché come ho evocato è in ballo anche una nozione di letteratura meno angusta…
    la questione dei generi pure mi sembra capitale, e va risolta (lo dico a te, lo dico anche a cortellessa e mazzoni o a chiunque sia responsabile delle regole). non contesto che anna negri sia nella narrativa, contesto che non lo sia il libro su pinelli di sofri, per esempio. anche qui si ttratta di portare avanti una visione allargata e aperta di narrativa rispetto a una più chiusa e angusta. questioni, per me importanti, almeno alltrettanto importanti del far conoscere a lettori possibili uno spettro di opere più ampio di quello dei best seller – ciò che è fondamento e movente di questa classifica dedalus) grazie, un saluto, beppe s.

  55. Scusate solo due correzioni al messaggio lungo:

    nel terzultimo paragrafo mi è saltata una parte, correggo:

    allo scopo di mettere su una lobbettina da ridere per far andare in testa il libro di uno del gruppo?

    Nell’ultimo, fra i sostenitori della poesia di Bondi, ovviamente, immagino ci possano essere i Mascheroni…

  56. Per Beppe. Capisco benissimo, io ti ho potuto rispondere solo in termini strettamente procedurali. Noi però auspichiamo che su tanti problemi come quelli che poni possano nascere seri dibattiti a partire dai gruppi di libri catalogati sotto l’etichetta “Classifica” (puo’ andare così?): se guardiamo con attenzione le circa 150 opere segnalate di belle stranezze e cose da discutere ce ne sarebbero tante. Ovviamente, con i voti incestuosi nascono di queste mostruosita’…

  57. ok alberto: metti che io l’ho posto, il problema, anzi 2 problemi, e che possiate (possiamo) affrontarli senza ulteriori post-it o memo… ciao, beppe

  58. @ nic cellop
    mi spiace, ma “quell’eiaculatore intento a fare provviste nella pausa tra un set e l’altro”, è un finto eiaculatore, perché non fa la spesa giusta. Il suo carrello dovrebbe essere ricolmo di vasetti di yogurth, che non vedo. Imprescindibili, per lui.

  59. ormai siamo al rovesciamento dei principi demografici.
    la segretezza del voto serve proprio a garantirne l’epidemia.
    inutile stare a spiegare perché: credo sia intuitivo…

  60. “La classifica dei libri di qualità. Contro il mercato, a favore dell’ideologia” di Luigi Mascheroni, su “il giornale”.

    Quelli di destra la comunicazione la sanno fare bene, loro.

    Da una parte c’è il mercato, che è una natura-verità “sincera”, “pura”, senza artifici, tessuto discorsivo ideologico a legittimarla, ecc., dall’altra c’è l’ideologia, monoblocco-artificiale, menzognero, e impuro. In pratica Marx rovesciato, appeso per i coglioni.

  61. alberto
    paragrafo 2 comma 3: parole sante!

    suvvia! pensare che questi 100 condividano una postazione ideologica compatta e formino una lobby dei poveri è davvero segno di malafede o di scompenso.

    a me sembrava addirittura che l’eccesso di capita e di relative sententiae portasse di necessità a un risultato troppo dispersivo (e forse un po’ è anche così…). ma si sa che io sono un inguaribile bolscevico. stento però a vederne molti altri nella lista dei cento. dovrò chiedere chiarimenti al commissario polit.. – oooops – al coordinatore alberto.

    penso, per fare un esempio, che a discutere di questioni diciamo così lato sensu letterarie con oltre il 50% dei 100 mi scannerei con una certa facilità. con qualcuno mi sono anche già scannato. poverini, una lobby disorganica: dove porta la postmodernità, eh?

    mi pare che un discorso serio debba essere fatto sulle scritture del terzo tipo: lì forse qualcosa non funziona. diciamo che ci compaiono sia scritture irriducibili a un principio di genere (vivaddio, oggi rare), sia saggistica in senso proprio (di oggetto letterario o altro). forse le due cose andrebbero divise.

    quanto al voto palese: quello sì che limiterebbe la libertà di chi vota. non è tanto questione di democrazia (è anche questione di democrazia), ma il voto palese obbligatorio potrebbe creare un problema a partire dai rapporti tra i votanti: ecco allora che gli inevitabili legami personali scientifici ecc condizionerebbero potenzialmente il giudizio. la possibilità del voto non palese permette di esprimersi in coscienza, è ovvio.

    un abbraccio a tutti i comp… ehm, i covotanti

  62. (vivaddio, oggi rare) =
    meno male che ci sono queste scritture nella classifica, visto che oggi sono rare

    scusate, brachilogia della feria sexta

  63. Mi ha scritto oggi la segreteria delle Classifiche Dedalus-Pordenonelegge che la lista dei 100 votanti è stata effettivamente inviata a tutti i Cento medesimi, il 6 marzo. Nel mio caso è stata mandata a un vecchio indirizzo di posta elettronica che non uso più, e che genera una risposta automatica, con il mio indirizzo mail attivo. Per ammissione della stessa segreteria, la lista però non mi è stata rimandata alla mail giusta (per carità, organizzare queste cose è complesso, capisco possa verificarsi un passaggio a vuoto), quindi io la lista non l’ho mai ricevuta. Ne deduco che io (insieme a Beppe Sebaste) sono uno dei pochi che ha votato senza sapere chi fossero gli altri 99.

  64. Io vorrei ringraziare i cento (più di cento se teniamo conto degli amici dei 100) per avere “enfin” (trad.assafaamaronne) fatto uscire allo scoperto redattori e collaboratori della cultura di quei due giornali denominati Libero e il Giornale.

    1. E Io pago!!

    Qualche tempo fa, scoppiò proprio qui su NI (https://www.nazioneindiana.com/2006/02/08/gli-intellettuali-esistono-per-doversi-giustificare-e-berardinelli-lo-fa/) il caso degli intellettuali sul libro paga della destra. E in molti riuscimmo, nelle nostre riflessioni, ad affrancare il “fare cultura” da quella storia della garanzia ideologica della sinistra (destra sinistra per me, ora, pari sono, potevamo dirci).
    La questione nevralgica, a mio parere, è che il Giornale e Libero, non sono nemmeno dei giornali di destra, e a volte arrivo al punto di chiedermi se siano dei giornali tout court. In molti credevamo addirittura che le pagine della cultura fossero distaccate da quelle della politica ( la schizofrenia in Italia si sa, non si cura). In altri termini che i redattori culturali potessero vantare una libertà che i politici o economisti di quegli stessi fogli non avevano, (era palese infatti che non l’avessero)
    Oggi, grazie a questa iniziativa possiamo affermare che in realtà operano in perfetta continuità con le posizioni politiche ed economiche espresse. Cultura Ancilla Economiae
    Cultura, economia, politica serve del potere

    2.Servire il popolo

    Del resto non mi meravigliai quando un carissimo amico mi comunicò che sul Giornale la parola d’ordine della redazione cultura era: stroncare!
    Non mi meravigliai perché se passa l’adagio, in Italia da Einaudi in poi la cultura è ostaggio dei comunisti, è chiaro che se colpisci nel mucchio sarà sempre e comunque uno di sinistra a cadere.

    Notavo per esempio che nell’articolo intitolato ” La classifica dei libri di qualità. Contro il mercato, a favore dell’ideologia” apparso su carta giornale formato tabloid, da qualche parte in italia, in tante edicole, leggo tra le varie baggianate, un’affermazione sintomatica della lobotomia subita da certi intellettuali

    Scrive infatti a un certo punto l’articolista: Andrea Inglese (ma chi è?)

    Insomma una categoria quella del chi sei tu chi sono io, io sono tu non sei, applicata impunemente al mondo delle patrie lettere e che sconfessa il vero principio alla base di una ricerca e di uno studio degni di questo nome. Principio secondo cui la mia attenzione di critico deve essere innanzitutto esplorativa, di scopritore, piuttosto che mero osservatore di quello che il mercato ha da offrirmi. Se volessi applicare alla lettera il suggerimento fatto da Tiziano su questo post, di essere sintetici, la vera domanda da porsi era,

    Andrea Inglese (ma cosa fa?)

    Una domanda che ti spinge a cercare dati, bibliografie, opere ecc. ecc.
    Oppure che ti trattiene dall’approfondire alcunché come quando ti chiedi:

    Luigi Mascheroni (cosa fa?)
    Scrive per il Giornale.

    effeffe
    ps
    vorrei inoltre ricordare a tutti i neo con (à la française) liberal e palazzinari della cultura, che noi (quelli che il lunedì si compra repubblica e si lascia il supplemento affari e finanza all’edicolante, e la domenica si prende il supplemento del Sole 24 ore e si lascia il giornale vero e proprio) il mercato lo conosciamo bene. le cose migliori delle nostre mises vengono infatti proprio dai mercatini delle città. E’ il mercato a vestirci non i negozi del centro.
    effeffe

    nota necessaria per gli uomini di malafede

    una ipotesi che non ha nemmeno sfiorato il cervello o quello che ne resta dei neo moralisti mercatanti è che in molti dei casi che riguardano la famosa armée dei cento, l’amicizia è nata proprio intorno alle pratiche letterarie condivise.
    In sintesi: io non stimo le cose che scrivi e pensi perché ti sono amico, ma ti sono amico perché stimo le cose che fai. Que faire? si chiedeva infatti un tipo un secolo fa…

  65. Riguardo alla presenza di direttori di collana e di consulenti di case editrici tra i Cento Lettori, la risposta che mi ha dato Guido Mazzoni, e che ho pubblicato su Il primoamore.com non è molto rassicurante. Dalle sue parole sembrerebbe che siano molti di più di quelli che avevo immmaginato.
    Mazzoni scrive: “l’esclusione sistematica di tutti coloro che collaborano con un editore avrebbe finito per impoverire considerevolmente il gruppo dei possibili lettori”. Ma allora quanti sono tra i Cento lettori che avete scelto quelli che lavorano per l’editoria? Il 30 %? il 50 %?
    L’iniziativa avrebbe lo scopo – scrive Mazzoni – di “contrastare la logica del mercato editoriale, le sue classifiche di vendita, la sua pubblicità palese o occulta”. Giusto! Ma appunto per questo io credo che una simile iniziativa dovrebbe essere come minimo ineccepibile, inattaccabile, non dare adito al minimo sospetto, altrimenti non ha la forza necessaria e fallisce il suo scopo.
    Il fatto che si tratti per lo più di persone che lavorano nella piccola editoria (ma tra i Cento lettori ce ne sono anche alcuni che dirigono collane o lavorano per grandi editori, come Bompiani e Mondadori) non cambia le cose. Il piccolo editore non è immune dalle logiche del mercato editoriale né dai do ut des con i media solo perché è piccolo e ha meno mezzi a disposizione.
    Che una gran parte dei Cento Lettori sia direttore di collana o editore, è secondo me qualcosa che palesemente (agli occhi del pubblico che dovrebbe fruirne) indebolisce l’autorità di questa classifica che si presenta come alternativa a quella del mercato editoriale.

    E poi davvero non si riescono a trovare in Italia cento lettori autorevoli che non siano direttori di collane editoriali? Che gli organizzatori di questa classifica che si vuole alternativa non siano riusciti a trovarli è un limite della loro iniziativa, non una risposta al problema sollevato.

  66. “365 libri da leggere prima di morire” è il titolo della rubrica che Rete Due propone per tutto l’anno, quotidianamente alle 17.50 con replica l’indomani alle 6.20 di mattina, dedicata alla passione della lettura. Un titolo volutamente eccessivo per significare il rapporto forte, intimo, speciale che ci lega a un libro. La segnalazione quotidiana di un testo di narrativa o poesia è affidata a colleghi della RSI, ma anche a tutti quanti (professori, docenti, allievi, impiegati, pensionati, politici) vogliono fare il loro “coming out” letterario, esternando la loro relazione con un testo che li ha colpiti, emozionati e che considerano particolarmente prezioso. Chi volesse partecipare può rivolgersi a roberto.antonini@rsi.ch o silvia.soli@rsi.ch proponendo il titolo che vorrebbe commentare su Rete Due. Il progetto prevede anche uno sbocco cartaceo con la pubblicazione di un almanacco 2010 comprendente i testi delle 365 recensioni mandate in onda.

    questa, i bolscevichi l’avrebbero chiamata democrazia sostanziale (come chiamerebbero formale l’ammucchiata dei 100)

  67. Mi chiedo che cosa faccia automaticamente di un direttore editoriale e peggio ancora di un consulente uno zombie al servizio della casa editrice per la quale lavora.
    Incapace di proporre, scegliere e sostenere anche un libro non proposto da lui o dalla sua casa editrice.
    Una persona senza dignità, passione e responsabilità personale.

    La mancanza di fiducia nell’etica di queste persone mi impressiona, qui si dà per scontato che se io dirigo la collana di una piccola casa editrice non voterò mai il libro di un altro editore, o, se lo voterò, sarà un voto di scambio.
    Non recensirò mai, se mi capita anche di scrivere sui giornali, il libro di un autore uscito in un’altra casa, e se lo farò mi aspetterò che il favore mi venga ricambiato.
    Non vengo considerato una persona per bene fino a prova contraria, ma vengo condannato di fatto prima ancora di aver commesso il crimine.
    Qui si dà un quadro del livello etico e culturale del paese che invita a cambiare cittadinanza.

    Io la penso in modo completamente diverso, non mi interessa e non mi fido di un’etica imposta formalmente con l’esclusione di una categoria, ma mi aspetto che ognuna di queste persone usi liberamente il cervello.
    E segnali magari ai lettori il bel libro che come direttore editoriale non è riuscito a imporre e che un altro gli ha scippato facendolo proprio.

    L’esclusione di chi dirige una collana editoriale – ma anche dello scrittore che è votato e votante, e di tutte le categorie coinvolte in questo gigantesco sospetto di conflitto di interesse – dal gruppo dei 100 non è garanzia di nulla, se non formale, una bella imbiancata di calce su un sepolcro pieno di vermi, se è pieno di vermi.

    Mi sembra che qui si chieda che tutto SEMBRI pulito perché si è convinti che tutto E’ sporco.
    Come ho detto è una mentalità dalla quale, fino a prova contraria rifuggo.

  68. Aggiungo un’ultima cosa, badate che quando questo spirito si diffonde, si allarga poi a tutto e avvelena la civile convivenza, il libero scambio di idee, e persino il libero scontro di idee. Se la situazione è così marcia cosa mi salverà dal pensare che le recensioni della Benedetti siano favori che fa a scrittori che prima o poi glieli renderanno? Cosa, ai miei occhi di persona esterna, garantirà Il primo amore dal medesimo sospetto di scambio e di conventicola?
    Non avvelenatemi lo spirito prima che qualcuno mi abbia messo davvero il veleno nel bicchiere. Se me lo metteranno conto che chiamiate il 118. Ma solo SE & QUANDO.

  69. Sono dispiaciuto che Carla Benedetti ripeta più o meno esattamente quello che aveva sostenuto nel suo messaggio su Primo amore. L’obiezione che lei pone è puramente teorica, perché non accetta quello che è nei fatti: persone che hanno a che fare con l’editoria non sono automaticamente costretti a sostenere solo e soltanto quello che fanno. Nel sistema della Classifica di pordenonelegge, si deve comunque costruire un consenso ampio, perché per una o due persone che possono votare come te, ce ne sono altre novanta di cui non puoi prevedere il voto. Questa è la logica dei Cento: e il sistema funziona per aggregazione di valori condivisi, non perché dentro c’è X piuttosto che Y. Viceversa, una singola persona o un gruppo ristretto possono determinare un giudizio di valore assoluto: se io scrivo su un giornale di grande tiratura che, secondo me, i libri più belli di narrativa sono alcuni, non c’è contraddittorio.

    Qui il contraddittorio c’è, ciascuno può motivare le sue scelte. Si può comunque dissentire da alcuni esiti, ma non continuare a ripetere che ci sono per forza conflitti di interesse. Se la logica fosse quella di far prevalere l’interesse di qualcuno, il numero di cento sarebbe spropositato. Viceversa, guardiamo al fatto che Franca Grisoni (pubblicata dall’eversiva Morcelliana che, scopro ora, è diretta da Andrea Cortellessa: o forse è una notizia di Mascheroni, non ricordo) ha ottenuto vasti consensi, come merita; o che ci sono voti per autentici outsider o anche per autori spesso osteggiati proprio sui giornali ‘di sinistra’.
    Ogni sistema è perfettibile, certo, e non ci stiamo già sforzando di tener conto per le prossime votazioni di tutte le indicazioni utili per evitare contestazioni pretestuose. Però, consideriamo attentamente i risultati, che forse potrebbero diventare interessanti anche per favorire la circolazione sempre più ampia di opere significative. La classifica vediamola intanto, in attesa di miglioramenti che senz’altro ci saranno, come una lente di ingrandimento, una cassa di risonanza, una sottolineatura: non come un campetto per giochini di poterino.

  70. Gentile Carla Benedetti, mi permetto di interloquire un po’ con lei, avendo letto cio’ che ha scritto su Il primo amore. In realta’, questo gesto che appare subito arbitrario, prepotente e assurdo – e per un numero altissimo di ragioni: cosi’ alto che praticamente qualsiasi critica venga mossa a questa iniziativa appare sensata, intelligente, il che puo’ forse portare a concludere che scoprirsi intelligenti in situazioni totalmente assurde e’ da cretini -, bene, questo gesto che dota di un potere in piu’ chi ne fa parte – il potere di decidere se segnalarti nella classifica oppure di escluderti -, ecco, questo gesto e’ in realta’ un gesto si’ coraggioso, si’ astuto, ma sopratutto un gesto di grande generosita’. Consideriamo infatti soltanto questo elemento: che cos’e’ che davvero si avra’ davanti agl’occhi nel caso in cui Il Corriere della sera, La Stampa, La Repubblica, Panorama e gli altri giornali, ovviamente, dovessero periodicamente pubblicare la classifica di qualita’? Si avra’, per l’appunto, la classifica. Avremo titoli di libri poco sentiti. Nomi di autori poco strombazzati. Quello che non avremo, invece, saranno i nomi di coloro che avranno scelto i libri nella classifica. Ora, non apparire per mandare avanti altri a me sembra un gesto di grande generosita’. Naturale che ci saranno i tornaconti dei membri dei 100 Grandi Lettori: ma questi tornaconti andranno pur sempre spartiti piu’ o meno equamente per 100.

  71. tenendomi a latere perché non ho letto tutti i commenti et cetera, e probabilmente ripetendomi, ribadisco solo che il cosiddetto “lettore di qualità” (qualsiasi cosa voglia dire… oppure ammettendo ob torto collo che esiste il “lettore coglione” che gli piacciono le cazzate e però allora lo si dica a chiare lettere: i libri che vendono molto sono comprati da “lettori coglioni”, ergo urge classifica di lettori di qualità, cioè non-coglioni…) dovrebbe non-stilare classifiche, ma lasciare com’è la complessità del magma valoriale, senza dipanarla in numeretti.
    i numeretti vanno bene per le dignitosissime classifiche di vendita, nelle quali sono sicuro che tutti quelli che scrivono, me compreso, vorrebbero ritrovarsi un giorno.
    un giorno apri il giornale e vedi che al terzo posto dopo giordano e saviano ci sei tu… allora che te ne faresti delle classifiche di qualità, se sei nello scaffale del super-mercato (il cellophane, certo), se arrivi alla gente che non è colta, che vuole, che pretende, di essere trascinata via dalle pagine di un libro…
    messa così è banale, lo so, ma ogni tanto una dose di verità può far bene, purché non si esageri.

  72. @ db
    La tua battuta sul cartone animato mi ha fatto ridere di cuore; però davvero comprendo che seguire organizzativamente queste cose dev’essere una rogna pazzesca, e qualche piccola disattenzione può starci. Ma continuo a ritenere queste classifiche una cosa utile, che si può migliorare.

  73. Concordo con Alberto Casadei. Si sono cominciate a leggere, in questo dibattito, obiezioni costruttive, che possono realmente consentirci di mettere a punto lo strumento “Classifiche”. Ringrazio in particolare Sebaste per la sintesi. Allora, i due punti di Beppe. Uno: autori da poco scomparsi di cui si pubblicano opere inedite. Penso per es. alla nuova raccolta di racconti di Giorgio Messori, appena uscita (fra l’altro con data arretrata, che va corretta ai fini dell’ammissibilita’) da Diabasis. Personalmente propongo che casi del genere vengano ammessi. Dovremo porre, ovviamente, un limite ispirato al buon senso (onde evitare l’effetto-Pirandello paventato da Alberto).
    Punto numero due: poca chiarezza nel contenuto del contenitore “Saggistica e altre scritture”. Anche su questo sono d’accordo. A costo di complicare ulteriormente il lavoro dei Cento, sono per introdurre due generi distinti: “Critica e saggistica” e “Altre scritture” (comprensiva, per intenderci, tanto del libro di Adriano Sofri che di quello di Anna Negri, nonche’, sempre per fare un esempio, di “H.P.” dello stesso Sebaste). In effetti i critici veri e propri hanno sofferto nel vedere i propri titoli valutati insieme a libri come “La vicevita” di Magrelli, per es. Sottolineo peraltro come entrambi i dubbi fossero stati anche nostri (la definizione che ha circolato a lungo, per la terza classifica, era ironicamente “Scritture del terzo tipo”, a sottolinearne la felice, “aliena” inclassificabilita’), e come alla fine si sia deciso per soluzioni in votis semplificanti, che pero’ (come capita spesso) sono risultate al contrario ambiguanti.
    Concordo invece con Damiano Abeni e Alcor sulla scarsa utilita’ della critica di Luigi Mascheroni (giornalista culturale in passato segnalatosi per intelligenza, qui evidentemente dissuasa dal committente) ma anche di quella di Carla Benedetti (in merito alla quale rinvio altrersi’ alla risposta di Guido Mazzoni pubblicata sul Primo amore). Punto uno: i votanti votano se stessi. Punto due: i votanti lavorano nell’editoria. Sul punto uno, ripeto che sarebbe assurdo che per es. agli Academy Awards i registi si autoescludessero al momento di votare il premio al miglior regista, che sara’ con ogni probabilita’ uno di loro. Abbiamo inteso far dialogare critici e scrittori (i quali sono poi per lo piu’ critici a loro volta, in varie forme), come avviene nella realta’, tutt’altro che conventicolare, dei nostri rapporti: perche’ non da oggi siamo convinti dell’importanza massima della figura dello scrittore-intellettuale. I “consigli di lettura” di certi scrittori (alcuni dei quali si trovano non per caso in questa lista di Cento) sono stati fondamentali per la mia formazione, e ho inteso fare in modo che piu’ persone fossero messe in grado di valersene. Perche’ sempre sospettare? L’importante e’ che non votino per se stessi, e per se stessi non hanno votato: di questo testimoniamo e garantiamo. Sul punto due. Pongo il mio caso personale per chiarezza. Io non lavoro organicamente per nessuna casa editrice. Integro il mio magro stipendio statale con diverse collaborazioni editoriali (negli ultimi anni, oltre a quella piu’ continuativa con Le Lettere per cui dirigo una collana, ho collaborato con Rizzoli, Feltrinelli, Adelphi, Guanda, Garzanti e Bompiani. Nessuno di questi editori mi pare sovrarappresentato in classifica, anzi), collaborazioni che peraltro rispondono ai miei interessi di ricerca e di scrittura critica. Per questo dovrei essere escluso dai possibili votanti? Con chi sono, esattamente, in conflitto di interessi?
    Quanto alla piu’ assurda delle accuse, quella di essere organici alla sinistra anarcoinsurrezionalista, rinvio con Alberto Casadei all’ottimo risultato di Franca Grisoni e di Morcelliana, autrice ed editore notoriamente zapatisti-guevaristi. Certo che l’ideologia (= falsa coscienza, come insegnano i maestri) ne fa dire di cazzate.
    Grazie a tutti.

  74. @andrea cortellessa: ovviamente pensavo proprio a giorgio messori (nella prima tornata mi sono trattenuto dal segnalarlo, ma sono pentito).
    per il resto: ottima l’idea del terzo genere. quanto a tutti gli altri tentativi di polemica – di sospetto e delegittimazione – personalem ne mi sono rotto le palle.
    (ottimo il commento di francesco forlani: vorrei dirgli grazie).

  75. Io sarei in accordo con Carla Benedetti se non fossi certo che i Cento non si sarebbero potuti cacare, neanche se avessero voluto. Come avrebbero potuto? Cento, non dieci. Una enormità in un mondo di solitudini. Altro che combriccole! L’alto numero dei votanti insomma garantirebbe una certa trasparenza.
    La classifica può piacermi o meno, ma un suo valore ce l’ha. L’importante – per il lettore – è non farsi impressionare più di tanto dal giudizio espresso della Giuria di Qualità. Io adesso, ad esempio, so quali libri, ritenuti importanti, non ho letto e non leggerò probabilmente mai. Non è una cosa da poco.

  76. Un saluto ad Alcor. Veramente non se ne può più di tutta questa Benedetti dietrologia! Non c’è più niente da delegittimare… Sosteniamo allora l’operato dei Cento Cazzoni, sperando che riescano a coordinarsi meglio. Sempre via e-mail. Chi riuscirebbe mai ad adunarli da qualche parte?! Si scannerebbero, benedette prime donne! O farebbero la gara a chi se la tira di più. La ruga.

  77. Manco si parlano alle fiere dei libri, quando ci vanno. Un grande silenzio. Però alla fine la pensano spesso uguale. Sono quasi tutti in accordo. Come dei coristi a una messa cantata. Questo è rassicurante. Ti siedi buono buono su di una panca e li ascolti incantato. I Centi Cazzoni.

  78. In questi giorni, riordinando la mia minuta babbelioteca, si fa per dire riordinare, non appena esco dallo studio, sento rumori e voci, fruscii e sibili, e sibillini amplessi, chi recrimina per l’altezza, chi per la bassezza, ci son libri che si autodistruggono, altri che si mettono in bella mostra, e pagine e pagine che trasmigrano da libro a libro, e così i personaggi, a volte pinocchio per esempio s’intrufola nella comoedia, e insomma solo per comodità dico che, riordinando la libreria, mi si è fatto avanti, letteralmente e in tutti i sensi, un libricino che era un supplemento al n°11 della rivista “leggere”, e cioè a dirsi Cento libri di Cesare Garboli e Giorgio Manganelli. Trascrivo dalla prefazione di Paolo Murialdi: “Cento libri in ogni casa, la serie di schede compilate da C.G. e G.M. che ‘Il Giorno’ cominciò a pubblicare il 4 ottobre 1960, non fu soltanto un esercizio letterario, un gioco o una trovata giornalistica. Fu un’iniziativa di qualità e di successo che contribuì a dare alla pagina-libri – ‘la letteraria’ come si diceva – la fisionomia particolare che la caratterizzò per diversi anni. […] Pietro Citati […] presentò la serie in un articolo intitolato ‘La biblioteca che la scuola non vi ha suggerito’, [dicendo tra l’altro che] la scelta potrà sembrare, qualche volta, discutibile. Spero tuttavia che le simpatie e le antipatie, gli entusiasmi e le prevenzioni dei tre curatori [il terzo era Renato De Ponticelli] si siano sommati od elisi a vicenda così da offrire un quadro abbastanza simile a quello di tutti.” E per finire il prefatore pensava che, “a quasi trent’anni di distanza, anche i tre curatori metterebbero in discussione qualche scelta. Sarebbe interessante sapere quale libro toglierebbero e con quale lo sostituirebbero”. Mi si è fatto avanti, dicevo, perché, tacendo i motivi strettamente personali per cui ad esso son legato, ho trovato quest’operazione dei centolettori al meno interessante quanto lo fu quella d’allora. Mi auguro che possiate proseguirla nel tempo, per farci partecipi dei Vostri gusti, magari con qualche schedula esplicativa, un’annotazioncina di qualche riga, il numero venti mi pare un buon numero, affinché venti la sibilla su le “foglie lievi”. Soltanto un piccolo appunto: effettivamente la terza categoria è un po’ troppo ambigua.
    Buon lavoro.
    g.c.

  79. gli interventi sono tanti, e non è facile seguirli tutti. però devo dire che in molti casi il livello a cui scende la discussione è pietosamente basso (vedi chi chiama i giurati Cento Cazzoni: che finezza). E poi, nessuno mette più in conto la possibilità di parlare di libri con passione e disinteresse. Sembra una puntata di Annozero. Per questo, ripeto, palesare i propri voti potrebbe fare la differenza: se voto Magrelli, o voto chicchessia, devo essere messo di fronte (almeno) all’ipotesi di spiegare perché.

  80. senza soverchio ‘pessimismo antropologico’ ma puramente constatando il clima di parte del thread:

    chi ha un’opinione (pre)orientata su uno o più critici o autori o lettori (siano o meno all’interno di questa iniziativa), non vedrà le proprie persuasioni intaccate, temo, da niente che i lettori autori critici medesimi possano dire. questo in generale.

    ragion per cui – nel dettaglio del ‘caso’ presente – ci si può impegnare a null’altro fare che votare con coscienza i libri che si giudicano belli, e trasmettere tale voto al dedalus. (personalmente ho segnalato “la distrazione” di andrea inglese e il libro “non è un gioco” di carlo bordini).

    senza (potere né volere) entrare in polemiche.

  81. (Paolo Di Paolo)
    “gli interventi sono tanti, e non è facile seguirli tutti. però devo dire che in molti casi il livello a cui scende la discussione è pietosamente basso […]. E poi, nessuno mette più in conto la possibilità di parlare di libri con passione e disinteresse. Sembra una puntata di Annozero”.

    Vero. Peccato. Sono i rischi della libertà di parola su internet (talvolta anche della molto libera emotività, aggiungo). Poi ci sono anche le “primedonne” fra i commentatori/commentatrici, oltre che, naturalmente, fra gli scrittori. Non si butti giù, in ogni caso: mi pare che nel caos generale qualcosa sia stato detto, ma soprattutto sia stato fatto.

    PS: ah, tenevo a precisarle (non si sa mai…) che io non ho la più pallida idea di chi lei sia, nonostante lei si firma con un nome e cognome e io con un nick (nicche).

  82. sull’estensione di notille e recensioni, schede e motivazioni, concordo.

    è cosa che però penso si stia facendo da tempo, in rete (proprio su nazione indiana, per dire) e su carta (p.es. chi vuole può leggere la recensione a bordini uscita sul “manifesto” qualche giorno fa, poi linkata su slowforward).

    si può desiderare trasmettere un’esperienza di lettura di un bel libro.

    e: rete e (alcune) classifiche possono essere luoghi e frecce indicatrici di questa esperienza.

  83. Provo a dire una cosa personale e un po’ imbarazzante, che però forse chiarisce quanto certe polemiche siano inconsistenti. Leggendo ieri sera di questa iniziativa, la prima sensazione che ho avuto è di rammarico per non essere stato chiamato a far parte dei 100. Vabè, ho pensato, è l’ennesima riprova della mia estraneità a questo mondo, non a caso faccio un lavoro che non c’entra niente con la letteratura, sebbene continui a considerarlo paradossalmente una lunga digressione dalla mia vera vita. Ciononostante, se fossi stato chiamato a far parte dei 100 neppure una nullità come me sarebbe stata esente da critiche, perché avrei votato i libri di Giorgio Vasta e di Tiziano Scarpa, e in quanto ex indiano mi si sarebbe potuto accusare di aver votato con logiche di clan o di scuderia.

  84. penso che le classifiche siano noiose. a guardarle dall’acme, se uno ci sta. a guardarle dalla base, se uno ci sta. a guardarle da fuori, se uno decide di impiegarci tempo.

    penso che le classifiche siano divertenti. a ridere dall’alto, se uno ci arriva, a guatarle dal basso, se uno le regge. a confrontarle con i propri album delle figurine, se uno ne ha uno. o due.

    penso poi che non tutti quelli che votano e consultano per case editrici piccole o grandi (e qui ha ragione benedetti, è tutto uguale e ben venga) possano scegliere in base a un principio di mera fascinazione. autismo, barbarico yawp, innamoramento. penso però che sia piuttosto arido credere che chi collabora ai libri sia guidato da un principio di utilità ricattatoria.

    detto questo (e ancora con benedetti) io, che sono qualsiasi, conosco tre persone che leggono dai settanta ai centoventi libri l’anno. e non collaborano con nessuno tranne che con se stessi. e questi andrebbero comunque assoldati.

    ma, per come hanno spiegato scarpa e biondillo è più facile chiamare gli amici per invitarli a spendere soldi di tasca propria in libreria, che uno sconosciuto. o due.

    già.

    @pdp… anche a me è piciuto magrelli eh ;-)

  85. Personalmente credo che tutti coloro che si sono espressi si siano espressi in buona fede e seguendo i loro gusti del momento. Si può discutere dei criteri di selezione di questi 100 (sempre gli stessi che si esprimono in un paese dove ci sono più scrittori che lettori…era così complesso avere 50 nomi abituali e sforzarsi un attimo per trovarne altri 50 “meno esposti sul versante editoriale” e che non appaiano già in ogni dove?).
    Credo che sia utile che ci sia un segno più ampio del panorama letterario al di là delle classifiche di vendita, ma vorrei segnalare una cosa.
    Più di qualcuno qui ha parlato di libri presi di “tasca propria”…..ora io posso anche credere che Biondillo abbia fatto così, credo anche che Scarpa abbia preso i suoi libri di poesia, ma perlomeno per quanto riguarda la narrativa mi pare assai improbabile che almeno la metà delle persone coinvolte (critici, giornalisti, professori e varie altre figure) non abbia ricevuto gran parte dei libri dagli uffici stampi. Spero che nessuno mi voglia far credere che un critico come Emanuele Trevi non abbia ricevuto i libri Einaudi o Minimum Fax, per dire.
    Siccome io sono sempre convinto che il fatto di ricevere un libro a casa cambi di molto la panoramica editoriale rispetto invece a ciò che si trovano ad affrontare i lettori in libreria dove devono essere delle specie di monaci zen per aggirare le pile di Camilleri o Vitali o dei cercatori d’oro se non abitano in città munite di librerie gestite da veri librai ecco…io propongo di segnalare nel voto che si esprime se quel libro è stato comprato o ricevuto da un ufficio stampa, affidandomi ovviamente alla buona fede dei votanti. Penso che la cosa contribuirebbe a fare chiarezza per i normali lettori che leggono questa classifica e che magari pensano di essere scemi perché il loro libraio non sa nemmeno che esiste la casa editrice tal dei tali citata in classifica. Darebbe insomma un po’ più senso della realtà nel dialogo tra operatoi culturali e potenziali lettori, molto più che un’ulteriore argomentazione del perché il libro sia piaciuto dato che stiamo parlando comunque, nella maggior parte dei casi, di libri comunque ampiamente recensiti dalle stesse persone che qui votano sui vari media nazionali.

  86. che simpatica la portinaia. non sono nessuno, cara portinaia, nessuno, davvero. un essere umano, come lei.

  87. Divertente questa nuova variante editoriale di piramide-aeroplanino. Per qualche giorno ci ha distratto simpaticamente, quasi come la prima versione di X Factor, facendoci accantonare, con qualche rapida sortita in questo ex blog letterario, la situazione del “paese reale” e la sua crisi culturale che si aggiunge alle già tragiche condizioni sociali e alle nuove miserie civili.
    Per non parlare, ovviamente, dei recenti drammi umani…non sarebbe elegante in questo troppo elevato consesso di voci tanto avulse da ogni banalità e retorica corrente, così fuori dal coro mediatico.
    Mi domando solo quando avverrà che la catena, finalmente, si spezzerà; e chi sarranno i pochi a guadagnarci, e i tanti a rimanerci, come sempre, meritatamente fregati.
    Auguri!
    francesco

  88. E vogliamo andare non solo nelle strade, dentro le case, passare attraverso la feccia di stupranti e stuprati, di esplose, ma entrare anche in quei set porno che ci sono qua e la’ sotto terra, continuare a combattere anche la’ dentro tra la melma dei corpi, le luci sfondate, dissanguate, e poi sfrecciare dall’altra parte, col becco del cascomaschera tutto smerdato. E vogliamo anche veder sfrecciare il camion del traslocatore, qui in mezzo, per afferrarci a quello con la mano e fare un pezzo di strada come volando, sui nostri roller, mentre noialtri in cima alle torri dei nostri trampoli fosforescenti sbadigliamo dall’alto aumentando solo di poco i nostri lunghi passi nei nostri lentissimi eppure sfrenati inseguimenti, andando in mezzo a quei blocchi di corpi inculati, insanguinati. E ci vogliamo la’ dentro anche l’immagine pubblicitaria di quella ragazza con l’assorbente, e le altre, di quelle creature che nascono per caso qua e la’ in piena notte, e nessuno le vede, se ne accorge. Come le svere. Chi sono le svere? Sono creature femminili prive di naso, con gli occhi e la bocca collocati a una vicinanza estrema sul volto, perche’ i manifesti pubblicitari su cui per la prima volta sono apparse erano a due sezioni e non c’era abbastanza spazio sui cartelloni, cosi’ gli attacchini hanno dovuto sovrapporre le due parti, cancellando la parte centrale del volto. Adesso si spostano assieme alle altre creature che incontriamo qui in mezzo, di notte, si sono fatte siliconare a loro volta le labbra, succhiano cazzi con quelle loro grandi bocche scoppiate, quasi a filo con gli occhi.
    Forza, prepara nuovi storyboard, dacci dentro col betweening! E ci vogliamo ache quella donna che urla, e l’investitore. E vogliamo passare anche dalla banca del seme, da quella chiesa dove c’e’ quel prete drogato, entrandoci dentro mentre non c’e’ nessun altro oltre a lui, e’ tutto buio e deserto, come in una cisterna… Oh, cazzo! Che sia un clone? Ma, se e’ un clone, un clone di chi?

  89. certo che le femmine sono molto poco rappresentate sia di quà che di là
    come mai?
    baci la fu

  90. @Annichilito Morgillo Annichilito

    Gent.mo AMA, lei che parla dei “Centi Cazzoni” (e mi ricorda il mio primo allenatore di rugby, che per fare fino diceva “gli otti della mischia” – ma non credo vi sareste piaciuti), abbia la compiacenza di leggere il mio commento sul primo thread relativo al Pordenonelegge. A presto, spero.

  91. Bella domanda, Fu. E vorrà dire che la prossima vorta e saranno cinquanta e cinquanta (dice che bisogna pensare positivo). Poi, tu mi hapisci, così l’Annichilito Nostro potrà sbizzarrirsi co’ su’ hommenti, no? “Cinquanta Cazzoni e Cinquanta Figoni”, per dire.

  92. Mi perdonino,
    sono un impiegato di banca e vivo
    a Santa Caterina Valfurva.
    Ho letto che il superlativo
    Marco Belpoliti è
    sia concorrente
    sia giurato della gara.
    Mi fa piacere che il suo
    simpatico calembour
    fenomenologico
    prossemico-cinesico
    sia ben piazzato.
    E’ ora di smetterla
    con quest’attacco
    ad personam,
    contro Berlusconi.
    Il fascino poetico
    filosofico
    di Belpoliti
    ha teso
    il nerbo
    della competizione,
    svelandocelo.
    Un caro saluto,
    Artificio69

  93. E’ vero, non ci sono quasi donne, le ho contate, sono 14 tra i 100 lettori, 8 nella classifica della narrativa, 7 in quella della poesia e 8 in quella della saggistica.

    E’un guasto, non c’è dubbio, o almeno un sintomo, è un guasto che nasce fuori e prima della classifica, e bisognerebbe ripararlo, anche se lo si dice da tanto e il modo ancora non si è trovato.

    E anche vero che i promotori qualche sforzo in più potevano farlo, sono così deboli le donne della loro generazione? E la letteratura è l’unico campo in Italia dal quale sono rimaste fuori? Soprattutto quando l’editoria è piena di donne in posizione dominante? O è per questo? Non ho statistiche, ma mi pare che persino tenendo conto di tutte le debolezze di genere qui la debolezza gridi vendetta al cielo.

  94. sarò distratto (o anche rincoglionito): ma come pervengono all’autorevole giurì le emerite pubblicazioni? Segnalazione amicale? Passaparola? Book crossing? Acquisto (in questo caso vale anche IBS e simili, altrimenti spiegatemi dove c… li trovate i libri di No Reply)? Autopromozione degli autori presso i magnifici cento? Tutto quello che ho scritto? Nulla di quello che ho scritto? Grazie

  95. Io vivo a Milano, i libri di NoReply li trovo in libreria. E comunque ci sono anche su IBS.

  96. amichi menscevici, 1 sororal consiglio:

    – fate un blog con 100 finestre, 1 x membro/a

    – in cd.1 finestra, ogni membro/a/ao ogni trimestre esprime 1 terna secca.

    – la ggente, che non è stupida, vede e provvede.

    NB. a differenza che per i film, che sono a scatola chiusa/camera chiara, non c’è bisogno di spieghe (uno, se vuole, si sfoglia il libro prima di comprarlo, a meno che il libro non si sfogli prima di venderlo)

    PS. più interattivo comunque il referendum aperto or ora in sede

  97. @gianni biondillo

    Comprare un libro su ibs vuol dire comprare un libro a scatola chiusa. Penso che non sia sano da parte di un lettore farlo, a meno che non si tratti di un libro che ha già sfogliato o di un libro di autore che già gli piace e che avrebbe preso comunque. Non incoraggerei anche questa perversione :D.

    Una curiosità. I libri No reply (o sossella o qualsiasi altro editore piccolo…) li trovi in TUTTE le librerie di Milano, solo alle Feltrinelli, o nella tua libreria di fiducia dove c’è un libraio che fa molto bene il suo mestiere? Sarebbe interessante saperlo, fatto salvo comunque che nel resto di Italia non si vedono e il problema rimane riguardo la classifica di qualità.

    @per pordenonelegge
    la metterete la segnalazione dei libri votati che sono pervenuti direttamente al votante tramite un ufficio stampa? Così, tanto per sapere e farmi chiarezza nella mia debole mente. Credo sia giusto offrire ai lettori, quando si tira in ballo la qualità, una panoramica esatta dei dati, specie se ci si vuole, per dichiarazione, contrapporre alla logica delle classifiche di vendita.

  98. No Reply (o Sossella o qualsiasi altro editore piccolo) si trovano in qualsiasi libreria di una certa dimensione.
    Ad inziare dalle librerie di catena: Feltrinelli, Melbooks, Edison e, a scendere dalla più grande: Hoepli di Milano, fino a dimensioni – per semplificare – di 400-500 mq. e 7-10 addetti (circa) che corrispondono a una clientela potenziale di 100-150 mila persone.
    Al di sotto di queste dimensioni, i piccoli centri, le librerie di quartiere – a meno che il libraio non sia un “vero” libraio che cura l’approvviggionamento tenendo conto conto dei gusti di clienti che conosce personalmente – l’acquisizione dei libri dei piccoli editori non rappresenta più per il libraio un vantaggio economico.
    Tra acquisto, pagamento, scarse se non nulle vendite e resa con accredito dopo vari mesi, può risolversi in una perdita.

  99. certo che è buffo: ci sono commenti di chi contesta la legittimità di 100 lettori (che dovrebbero segnalare libri di cui NON TUTTI conoscono l’esistenza), e ci sono commenti di chi si stupisce della conoscenza dei libri da parte dei 100 lettori (a volte sono gli stessi). Non sarà già questo un dato positivo, voglio dire, il fatto che esistono lettori che per svariate ragioni (non ultima quella banalmente professionale) siano a conoscenza di più libri usciti? (E’ incredibile anche la malcelata diffidenza verso chi riceve libri dagli uffici stampa: ma certo che li riceviamo ANCHE (non solo) dagli uffici stampa, ci mancherebbe. Confess che questi commenti sono stato uno spaccato sociologico stupefacente. In una parola, molto italiano.

  100. Quindi a Venezia dove sta Scarpa è impossibile trovare i libri di questi editori..a meno che non metta piede a mestre….per dire…la mia esperienza di residente a Roma per quasi 4 anni ed ora di provincia romana però mi dice che i libri dei piccoli editori “in pratica” sono scomparsi ad esempio dalle feltrinelli, una volta su dieci che entri in una feltrinelli ti può capitare di incocciare per sbaglio in uno di questi libri, 9 su 10 in 4 delle 5 feltrinelli di Roma questi libri non li vedi neanche in fotografia.
    Per questo mi interessava che Biondillo, da milanese, fornisse una panoramica della situazione che lui trova da milanese.
    Piccoli centri…mah…io sto in una cittadina di circa 50.000 abitanti che sta attaccata di fianco ad un’altra che ne fa altrettanti in un comprensorio litoraneo che ospiterà circa 200-250mila personea 30 minuti da Roma….sono nato a Treviso, dove catene tipo feltrinelli o melbook non ci sono e non ci sono mai state (100.000 abitanti).
    Per inciso, l’Italia mi sembra sia un paese di piccoli centri, con poche città che fanno più di un milione di abitanti e il resto che ne fa tra 100.000 e 250.000…insomma non gli Stati Uniti…quindi se l’accesso permane questo per i lettori rimane il problema di utilizzare una classifica di qualità. Che rimarrebbe fine a se stessa.
    Propongo l’affiancamento alla classifica di qualità dei libri della classifica delle librerie “più belle” di Italia, ove il lettore sia un lettore libero e soddisfatto. Come?
    Semplice, accanto ai libri votati il votante scrive dove ha comprato il libro con tanto di indirizzo, quanto l’ha pagato (così si vede se il libraio gli ha fatto lo sconto) e magari esprime un giudizio sulla competenza del libraio. Tutto questo per i libri acquistati, quelli invece dati da un ufficio stampa avranno il marchio orribilis dell’ufficio stampa. Non è male no? Magari dopo qualche mese i librai potrebbero anche far a botte per apparire in una simile classifica dei bei libri e ei bei librai e i lettori saprebbero dove sbattere la testa….e gli uffici stampa avrebbero un po’ meno potere…
    Chissà se Pordenonelegge ci ha pensato, sarebbe un bel messaggio di cambiamento no? E sarebbe anche l’ora ;))

  101. potere?
    gli uffici stampa? gli uffici stampa delle piccole case editrici?
    delle piccole case editrici di poesia?
    è come parlare del potere politico dei rom e dei barboni…

  102. Sulla differenza tra critico letterario e cinematografico, onde invogliare i 100 a bilanciarsi, riporto qui tradotto l’outing di A. Lozissou:

    A me il cinema è sempre interessato. Già durante le superiori seguivo le rassegne organizzate da un cineforum della mia città. Ero come un germoglio di mandorlo che assapora una goccia d’acqua e da allora ne vuole sempre di più. Avevo scoperto Dreyer e già pensavo a Tarkovskij, passavo con disinvoltura dalla commedia dei telefoni bianchi al kammerspiel degli anni ’40. Ero curioso e vorace delle più variegate esperienze della visione. Questo percorso di formazione umana, a neanche sedici anni, mi veniva offerto dal professor Aureliano Parrini e dal suo entourage, i quali organizzavano maratone e rassegne cinematografiche di ogni sorta e genere ad Arezzo. Mentre i miei amici si divertivano con passatempi stupidi e deturpanti, tipo provarci con le ragazze o andare a mangiare la pizza, io mi beavo, seduto fra Parrini e il più giovane braccio destro Raspini, di fronte ai primi piani di Renée Falconetti ne “La passione di Giovanna D’Arco” (quello muto, ovviamente). Non nascondo che durante la visione, sacrificavo qualche inquadratura per osservare i miei due partner. Il mio cuore traboccava felicità e un sorriso nasceva immancabilmente sulle mie labbra. Figurarsi che a diciotto anni, ai fini dell’esame di maturità, il professor Parrini mi consegnò brevi manu un attestato al merito che potei usare per i crediti formativi e per alzare il punteggio. Parrini prese così a cuore il mio profilo che invitò gli altri soci a pensare a una mia collaborazione benché non avessi ancora la maggior età. Già l’anno successivo fui premiato entrando nel direttivo del cineforum e avendo potere di opinione al suo interno, partecipavo alle riunioni, a volte anche alle cene, potevo suggerire titoli e autori da offrire alla cittadinanza locale, la stessa di cui una volta facevo parte. E iniziai a stendere qualche scheda per i programmi delle rassegne, gli stessi che un tempo leggevo con tanta avidità e invidia. Mi sembrava di aver toccato il cielo con un dito. A parte me, il più giovane componente di questo consesso aveva sessant’anni, più di tre volte la mia età. Nonostante questo non mi lasciavo intimorire e dicevo sempre la mia, facendo di tutto in modo che poi diventasse anche la loro. Spesso mi schieravo contro la maggioranza anche se in realtà la pensavo allo stesso modo, perché di cinema ne sapevo di più e li volevo formare. D’altronde anche Rainer Werner Fassbinder avrebbe forgiato gli stessi capolavori se non avesse avuto la vita piena d’ostacoli? Chiaramente, per doveri di archivio e documentazione, io arrivavo alle riunioni con un paio o a volte tre maxi buste dell’Esselunga e svuotavo sistematicamente l’archivio della videoteca, accumulata nel tempo dai soci. E se questo non bastava, chiedevo anche ai singoli soci altre videocassette dal loro patrimonio personale e, nel caso, altre buste Esselunga. Inoltre, in bilancio facevo figurare la voce “giornali di cinema”, imponendo loro l’acquisto di vecchie copie personali di riviste sfuse di cinema, che altrimenti avrei buttato. Da ultimo, non mi ponevo inutili problemi a far smantellare anche all’ultimo minuto gli incontri dove non avrei potuto esserci, perché mi scocciava che si trovassero senza di me. Alla fine di questo ciclo di rassegne che mi vede protagonista, nel settembre dello stesso anno parto in Inghilterra per l’Erasmus col proposito di approfondire le mie conoscenze e pronto a rinverdire l’immaginario cinematografico degli aretini. Durante quella trasferta scopro addirittura il cinema indiano di Satyajit Ray nonché i musicarelli di Stanley Kubrick. Mi carico di idee, proposte e buoni auspici. Ma verso la fine del mio anno inglese, vengo assalito dalla preoccupazione che la mia lunga assenza abbia messo in seria difficoltà un oggetto di difficile gestione come il cineforum di una piccola città. Una volta a casa mi affretto a far sapere ai soci che sono tornato, inviando loro una calda ed emozionale e-mail, in cui racconto la mia esperienza e rilancio con diverse proposte culturali per la stagione a venire. Purtroppo non ricevo risposta. Al che mi prende uno struggimento senza fine perché realizzo che, vista la mia assenza, il cineforum ha smesso di operare. Mi sento un verme per quello che ho fatto, per come sono stato distratto e sprovveduto, sottostimando le conseguenze del mio allontanamento da Arezzo. Mi faccio così rabbia che, per punirmi, per un giorno mangio solo primi e uva. Tuttavia, di lì a poco, scopro che tutta la città è tappezzata di cartelloni della rassegna imminente sul tema “gli anni ’60 e la ribellione giovanile”, organizzata dai miei colleghi di una volta. Rimango di pietra e, ricordandomi che avevo comunicato loro la data del mio rientro, non capisco come non mi abbiano potuto interpellare. Scopro nel frattempo che Raspini ha praticamente preso il ruolo del professor Parrini, troppo anziano e malato, e in cuor mio capisco come sono andate le cose. Praticamente Raspini, da sempre un po’ arrivista, aveva approfittato della mia assenza e aveva agito d’imperio, detronizzando il professor Parrini, praticamente il mio secondo babbo, che oltre le videocassette mi avrebbe anche dato un rene se avesse potuto. Così faccio per chiedere lumi a Raspini sulla mia mancata chiamata, ma mi viene negata in ogni modo una risposta. Lo ritrovo soltanto alla serata inaugurale della rassegna, dove lo vedo salutarmi freddamente con un cenno del capo e affrettarsi a raggiungere il suo posto. Io, un po’ deluso, ricambio con la stessa moneta. La sera stessa, alla fine del film, una proiezione smagliante di “Out of the blue” di Dennis Hopper, torno a casa e mando una e-mail a Raspini, in cui gli ricordo che sono tornato come, del resto, aveva potuto vedere di persona, e soprattutto sono pronto a riprendere le redini del cineforum, come prima e meglio di prima. Mi risponde il silenzio. Continuo a incrociarlo alle proiezioni e ogni volta mi pare uguale a prima, anche se un tantino più freddo, e ogni volta mi convinco che posso scrivergli una lettera. Come lo faccio, sempre silenzio. Allora uso uno stratagemma per favorire una serena comunicazione fra di noi: scrivo un commento appena appena critico sul suo blog (demolisco la natura e la struttura della rassegna), e resto in attesa di una risposta. Ma già il giorno dopo noto che il commento non c’è più. Raspini me lo ha cassato! Non ci vedo più e gli scrivo una nuova lettera, diretta e molto risentita. Stavolta la risposta non tarda ad arrivare: “Parassita dei miei coglioni, non hai capito che il mio non risponderti è già una risposta? Hai rotto il cazzo, vedi di tornartene a Coventry di nuovo. Parlo a nome di tutti, non ce ne frega niente di te, per noi puoi anche crepare. Lasciaci in pace”. Chiaramente non gli rispondo perché di fronte a un atteggiamento così gretto la mia umanità non trova appigli. Seguono giorni caratterizzati da un melange dei più diversi stati d’animo: rabbia, depressione, autoriflessione, rancore, simpatia, divertimento. Ripenso all’attestato del professor Parrini e aggiungo lo sconforto. Una sera, all’imbrunire, mentre portavo fuori il cane per i suoi bisogni, vedo in lontananza un deperito professor Parrini e mi si illumina il volto. Gli corro incontro, pronto a confessargli tutto quello che era accaduto e il grumo di sensazioni che mi stava attanagliando. Sono dinnanzi a lui e, come apro bocca per salutarlo, il professore mi anticipa con un rutto alla finocchiona in piena faccia. Il tempo di lanciarmi un’occhiataccia e sputare per terra, che si volta e scompare nella nebbia. Mi guardo attorno e il mondo non c’è più. Rientro a casa tradito e annientato, mi sento vecchio e inutile, ho solo voglia di buttarmi via, non ho neanche la forza di mangiare o di vedere un Bresson in laserdisc. Me ne vado a letto, soffocando i singhiozzi nel cuscino con la colonna sonora di “Dersu Uzala” in cuffia, aspettando un sonno che non arriva. Pensieri cupi si affastellano nella mia mente, come opere di una filmografia di morte infinita. Intorno alle quattro, prendo una decisione, alzo il telefono e chiamo il mio miglior amico, Alessandro Gori, e mi sfogo raccontandogli fra le lacrime tutta la situazione e chiedendo a lui un senso. Alessandro, per niente disturbato dalla mia telefonata, mi rassicura, manifestandomi empatia e comprensione. E mi fa anche capire una cosa importante: che dagli altri è inutile aspettarsi tanto quanto noi daremmo senza problemi, perché le nostre attese saranno probabilmente deluse. Attacco il ricevitore con una nuova emozione nel cuore: disgusto. Solo un cretino buonista come il Gori poteva non accorgersi che, tutto sommato, Raspini una certa dose di ragione ce l’aveva eccome!

  103. @un lettore

    Dall’alto del tuo anonimato non confondere le acque. E’ chiaro che il potere a cui mi riferivo non era certo quello delle piccole case editrici di poesia. Ma che lo smodato uso delle copie distribuite a mezzo ufficio stampa influenzi la critica e chi comunica parlando di libri è evidente. Sennò avremmo recensioni su molti più libri sui giornali che non le solite 35 filate su tizio o sui caio (e non parlo solo di autori che vendono migliaia di copie…). La critica sarebbe più viva e in grado di sviscerare più in profondità quello che esce, non dovrebbe ricorrere se stessa sugli stessi libri a chi la spara più grossa, dal grande critico all’ultimo arrivato.
    Comunque, sempre dall’alto del tuo anonimato, immagino che tu che dici “riceviamo” libri dagli uffci stampa..che problema c’è…appoggerai la mia richiesta di vedere segnalati i libri in classifica che sono stati letti dopo averli ricevuti dagli uffici stampa e non comprati in libreria, giusto? Che problema c’è? Fammi questo favore, appoggia la mia richiesta pubblicamente, che problema c’è? Non mi sembra una gran richiesta :D.

  104. Ah..il paragone Rom-uffici stampa mi piace. E’ calzante. Il meccanismo è lo stesso. Entrambi non ha nessun effettivo potere politico in seno alla comunità (di cittadini o di lettori) però entrambi, per il solo fatto di esistere, condizionano pesantemente il dibattito politico e mediatico (dei cittadini e della comunità di lettori…), o no?
    A volte il potere non è solo ciò che ci comprime dall’esterno, ma è anche la nostra stessa idea della realtà, quando la priviamo di uno sguardo che sappia vedere la concatenazione dei processi, che così produce in noi, appunto, una realtà fittizia o di comodo: il potere di non essere se stessi, un potere molto più facile da raggiungere che quello di essere se stessi.

  105. @ Simone Battig
    Non capisco questa polemica. E’ vero, ricevo molti libri dagli uffici stampa. Alcuni li ricevo direttamente all’uscita, se non prima ancora della medesima (d’altra parte se voglio recensirli sulla testata alla quale principalmente collaboro sono costretto a leggerli in bozze, altrimenti arrivo regolarmente troppo tardi). Di altri vengo a sapere (da recensioni altrui o dai notiziari delle case editrici) e li richiedo. Altri ancora, non avendo modo di averli aggratis, banalmente me li compro (per lo più in rete, come si può fare comodamente da qualsiasi località italiana, il che se si facesse più largamente – l’Italia è buona ultima, nelle statistiche occidentali, data probabilmente proprio la sospettosità endemica del genus, qui del resto manifestatasi ad abundantiam – darebbe una bella botta alla concentrazione di potere, quella sì!, dei grandi distributori e soprattutto dei grandi promotori editoriali).
    Quel che è certo è che NON sono in alcun modo influenzato dall’aver ricevuto un libro, circa il suo giudizio sul medesimo. E, così come questo aspetto sul sottoscritto non ha alcun peso, immagino ne abbia tampoco sugli altri che per ragioni professionali ricevono libri in omaggio.
    Non capisco la polemica in molti sensi, a dire il vero. Quasi scandalizza il fatto che sia stato votato un libro No Reply, colpevole di non trovarsi facilmente in molte librerie. Ma è proprio questo lo spirito della nostra iniziativa: segnalare libri che a fatica ce la fanno con la forza dell’editore, o del distributore, a farsi conoscere. Non è altro che questo, per me, il ruolo della critica. Lo strumento della classifica va inteso essenzialmente come un volano, una leva che ha il compito di aumentare questa forza (sempre più esigua, usando i mezzi tradizionali) a nostra disposizione.
    E’ a tutti gli effetti, e secondo me con tutta evidenza, un servizio: che si fa agli autori e ai lettori. E invece no: mafia, ndrangheta, spectre, ghepeù, stasi, ecc. ecc. ecc. Continuiamo così, facciamoci del male.

  106. *Quel che è certo è che NON sono in alcun modo influenzato*
    il maiuscolato è un fulgido esempio di freudiana Verneinung.

  107. non è che lo credo: quel NON è sicuramente ecc. (che poi la teoria freudiana della Verneinung sia corretta o meno, è un altro paio di AMMANICHE)

  108. @ db
    Certo. Come Szell nel Maratoneta. Ricorda? “E’ sicuro?”: Lawrence Olivier. Una bella allegoria del critico letterario, a ben vedere.

  109. È davvero difficile fare qualcosa di chiaro e completamente trasparente, a meno di rivelare ogni informazione riguardo la propria vita. Penso ad esempio a me. Scrivo. A causa di questo ho conosciuto altre persone, che scrivono anch’esse. Incredibile, succede che parliamo di scritture. Ci mandiamo le cose da leggere. Poi, cavoli, uno si mette a lavorare, addirittura, per un editore. Cosa fare, a questo punto? Continuare a mandargli le cose che scrivo, oppure smettere? Perché se gliele mando, poi può darsi che gli piacciano, d’altronde se ci siamo conosciuti è stato proprio perché ci piaceva come scrivevamo, e trovavamo interessanti le rispettive scritture. Se gliele mando, e poi vengono pubblicate, ecco che pubblico perché ci conosco uno, ecco la diceria. Se non gliele mando, però, non lo tratto più da amico. È mio amico grazie alla scrittura, grazie alla lettura. Cosa fare?

    Per dire come anche uno zero si possa trovare in conflitto d’interessi.

  110. finalmente d’accordo sul grande… finisce in heimer vero? e a parte i cazzeggi, la cosa che interessa veramente me come ogni lettore è: per chi ha votato Cortellessa? please, s’accomodi!

  111. Cortellessa, per regolamento, non vota.

    A Simone Battig: sai io mica giro tutte le librerie di MIlano. posso dirti che quelle che frequento più spesso (Feltrinelli C.so Buenos Aires, Libreria del Corso, Lirus, Fnac) che sono librerie di dimensioni differenti, sono mediamente ben fornite. Ma tutto ciò è, come dire, poco scientifico.

    Sì, ricevo molti libri. Purtroppo. Mai avrei immaginato di dire nella mia vita una cosa del genere, ma è così. Perché, come un malizioso contrappasso, ricevo libri che mediamente non me ne frega niente di leggere. Quasi sempre thriller, noir, polizieschi, etc. genere che amo poco. Dato che non ho il coraggio di rivenderli (come molti fanno) li regalo. Pensa che ho detto al mio gruppo editoriale di NON mandarmi libri (vivo in una casa piccola, non so più dove metterli).
    Mondadori, Einaudi, Rizzoli, etc., comunque, non me li mandano mai. Tranne quando fugacemente, devo fare una recensione (non sono un recensore professionista). Ma spesso recensisco libri che ho già comprato di mio. E spessissimo recensisco piccoli editori. (alcuni davvero bravi, tipo Keller, di Rovereto).
    Su Noreply la cosa è più complicata, dato che sono felice di essere amico di Leonardo Pelo, “l’editore” (davvero fra virgolette). Il quale, ogni tanto, capita che mi mandi qualche suo libro. Ma da amico ad amico, non da uff stampa a scrittore.

  112. tu sei buono e ti tirano di pietro sei cattivo e ti tirano di pietro qualunque cosa fai ovunque te ne andrai tu sempre nel di pietro’l prenderai.

    faccio AMmenda ho confuso schlesinger con frankenheimer. il lapsus in heimer mi farebbe pensare all’alzheimer, ma gli è che ‘sto bipolarismo ce l’ho da sempre, da quando confondevo parimenti cuckor con vidor.
    l’accenno al maratoneta andrebbe sviluppato: perché szell si chiama christian? e com’è nello script inglese di goldmann “è sicuro?” – ché essendo la frase in italiano ambigua/decapitata del soggetto, chiama a gran voce ancora sigmund. e perché metafora per metafora non tirar dentro teeth di lichtenstein?
    ma insisto, l’unica cosa che interessa veramente è sapere per chi avrebbe votato cortellessa.

  113. paranoie, manie di esclusione, fissazioni ossessive, rupofobia etica
    ma non c’era un famoso psichiatra, qui su NI, che passava a dare buoni consigli?richiamatelo in servizio che comincio a preoccuparmi

  114. @ db
    Ottime domande. Anch’io mi sono chiesto per anni l’originale di “è sicuro?”, anche se per la verità Olivier a Hoffman mi pare dia del tu, dunque l’ambiguità terza/seconda persona direi che non c’è. L’ambiguità è nel soggetto della frase, sempre taciuto (e che alla fine si rivela essere il tesoro nazista in diamanti che Szell dopo trent’anni deve recuperare nel caveau di New York). L’omissione del dato, reiterata a più riprese riformulando ogni volta una frase similmente reticente, è torturante almeno quanto gli attrezzi di Szell. No?

  115. Christian Szell: Is it safe?… Is it safe?
    Babe: You’re talking to me?
    Christian Szell: Is it safe?
    Babe: Is what safe?
    Christian Szell: Is it safe?
    Babe: I don’t know what you mean. I can’t tell you something’s safe or not, unless I know specifically what you’re talking about.
    Christian Szell: Is it safe?
    Babe: Tell me what the “it” refers to.
    Christian Szell: Is it safe?
    Babe: Yes, it’s safe, it’s very safe, it’s so safe you wouldn’t believe it.
    Christian Szell: Is it safe?
    Babe: No. It’s not safe, it’s… very dangerous, be careful.

  116. @andrea cortellessa

    Guarda che non c’è nessuna polemica, e nessuno incolpa No reply di non esserci in libreria. Sei tu che hai tirato in ballo mafia e cose che non ho mai detto sull’iniziativa di prodenonelegge (le potrei direi sul film Gomorra….).
    Io ho posto solo una situazione oggettiva, che come sempre si fa finta di ignorare.
    Sono sicuro che il tuo giudizio sul singolo libro non è mutato dal fatto che ti arrivi a mezzo ufficio stampa, ma visto l’uso degenerato degli uffici stampa sono altrettanto sicuro che questo influenza la ricerca e il panorama che ogni critico o giornalista ha davanti. Tu stesso ammetti che il tuo lavoro lo fai di corsa per rispondere a dei tempi precisi. Se leggi 30 libri al mese io direi che si puo desumere che venticinque saranno di provenienza uffici stampa e 5 forse te li sei comprati e che probabilmente tutte le tue recensioni, per questione di tempi riguarderanno i libri degli uffici stampa.
    Io leggo direi una sessantina di libri l’anno che mi compro…ma ho delle pause notevoli…se avessi gli uffici stampa non avrei pause e leggerei di più, anche solo per riempire i buchi. Per fortuna invece devo sudarmi i libri che cerco ogni volta e questo mi permette di avere un MIO percorso di lettura.
    In parole povere non si può dire che avere a disposizione dei libri inviati direttamente a casa non influenza la nostra panoramica sui libri che leggiamo, è un controsenso.

    Io non ho fatto polemica a meno che ogni volta che uno propone delle cose o dice di non essere d’accordo debba essere necessariamente tacciato di essere comunista o polemico o rivoluzionario etc etc…la battuta sulla mafia e la camorra la eviterei andrea, perché questo è VERAMENTE un paese mafioso e camorrista se non te ne fossi accorto, te lo dice uno che abita in un comune commisariato per camorra in un paese dove mandiamo agli oscar film con 3 camorristi nel cast e diciamo che gli americani non l’hanno capito e per questo non l’hanno voluto agli oscar (quante panzane…).
    Io ho proposto di rendere semplicemente palese il voto sui libri da parte dei votanti dando i riferimenti di dove sia stato comprato il libro per aiutare in questo modo i volenterosi librai che tengono No reply o Sossella ….mettendo invece il marchio dell’ufficio stampa ai libri letti perché arrivati da lì.
    Credo che sarebbe una bella operazione pubblicitaria per i librai meritevoli e una punta di chiarezza per i lettori e anche per gli addetti ai lavori.
    Suggerisco anche di modificare introducendo forze nuove l’elenco dei 100 lettori.
    Se tu, che sei tra gli organizzatori, mi rispondi da una parte che gli uffici stampa non sono importanti ma dall’altra mi dici che queste segnalazioni distintive tra libri di libreria e libri di ufficio stampa non la volete fare ne prendo atto.
    Ma non capisco allora che contributo di aiuto a lettori e librai volete dare se subito dovete accusare di polemiche pur di non rispondere a semplici richieste. Oppure c’è il terrore di accorgersi, nero su bianco, che il 90% dei libri sono arrivati dagli uffici stampa….e allora i lettori potrebbero pensare: ma io questi 15 euro per questo libro che hanno recensito in 35 ma nessuno di questi se l’è comprato li devo spendere o no?

    @biondillo
    Grazie per la panoramica milanese.

  117. @ Simone Battig
    Mi scuso se ho tirato in ballo l’argomento mafia ecc. che tu non avevi usato, ma converrai spero che il tono delle tue domande, o meglio richieste, non differiva troppo da quello di chi esplicitamente, qui e altrove, ha definito in quel modo l’iniziativa delle Classifiche.
    Ribadisco che non vedo la necessità della distinzione che richiedi, dal momento che, ribadisco altresì, essa non influenza in alcun modo il merito dei giudizi sui libri. Servirebbe, al più, per classificare i votanti: fra quelli che sono privilegiati dagli uffici stampa e quelli che no. E non mi pare una cosa sensata, francamente. E’ anche intuibile, peraltro, discernere chi legge libri per lo più in omaggio e chi legge libri per lo più acquistati (o presi in prestito; esiste anche questa tipologia, io la impiego sia attivamente che passivamente): quelli che collaborano continuativamente a testate giornalistiche li ricevono; gli altri (cioè la stragrande maggioranza dei cento Lettori) no. Immagino che da questa risposta tu non sia soddisfatto, e sinceramente mi dispiace. Quanto al gruppo dei Lettori, come abbiamo scritto oggi sul Riformista (dovrebbe potersi leggere anche qui, fra breve), nessuno ha mai detto che il suo numero o i suoi componenti debbano restare fissi nel tempo. Personalmente auspico un gruppo più ampio, e se possibile composto da persone mediamente più giovani; ma ci sono difficoltà organizzative, per gestire già cento rapporti con persone che nella vita fanno molte cose diverse, che forse si fa fatica a immaginare. Un dato che nessuno ha sottolineato, fra l’altro, è la base totalmente volontaria del lavoro che ci siamo sobbarcati Casadei, Mazzoni e io. Senza ricevere neppure un rimborso spese. Però, mariuoli!, un sacco di libri omaggio.

  118. @Andrea Branco
    Sì. Un numero maggiore di donne, giustissimo. Ma non presenti in quanto donne: bensì in quanto buone scrittrici, critiche, intellettuali.

  119. in un cartone animato, alcor farebbe il proiettore. m’interessa il voto ipotetico di coirtellessa perché lo stimo (e perché altro se no?). sulla verneinung non saprei, posso portare la mia esperienza di figlio d’ostessa. in quanto tale di palato finissimo, ho frequentato durante l’università le mense. risultato: non mi hanno influenzato il gusto, MA sono diventato più di bocca buona.

  120. @Andrea Cortellessa
    per quanto so di lei, credo sia ingeneroso (e anche vile) trattarla come un agente della Spectre. Però le chiedo: che succederebbe se dovesse ricevere un libro direttamente dall’autore, magari un testo pubblicato da un microscopico ma onestissimo editore, di quelli che non chiedono soldi ma non dispongono di un ufficio stampa sufficientemente attrezzato e efficiente?

  121. @db

    Il proiettore Alcor LV di Alcor Europe è una soluzione leggera, compatta ed elegante. Questo proiettore è ideale per aule scolastiche e sale riunioni.
    Grazie per il riconoscimento, per acquisti rivolgersi ai nostri uffici commerciali.

  122. Bella domanda zoyd.
    A me invece premerebbe sapere: che differenza corre (se c’è) tra il ricevere direttamente dall’autore un libro pubblicato da un onestissimo editore non-a-pagamento e il ricevere direttamente dall’autore un libro pubblicato da un onestissimo editore a pagamento?

  123. in un cartone animato, alcor farebbe il proiettore ≠ di un cartone animato, alcor farebbe il proiettore

  124. @andrea cortellessa

    A me la risposta soddisfa, e ti ringrazio. Prendo atto che la questione uffici stampa è considerata poco rilevante da chi si occupa di editoria. Io rimango invece della mia idea naturalmente. Chi vivrà vedrà. La cosa mi ricorda un po’ quello che dicevo un lustro fa proprio da queste parti sulla questione editing e che ora con mio sommo piacere vedo ripetuta da persone come Scarpa nelle interviste (cioè che l’editing deve essere una cosa che l’autore fa all’interno del suo processo di scrittura consegnando il romanzo all’editore finito in tutto e per tutto). Allora invece questo discorso dell’editing era considerato una balzana idea che andava a ledere il “sacro” lavoro degli editor….

    Tornando a noi però, preso atto che la distinzione uffici stampa non si vuole fare da parte mia spero allora che almeno segnalerete in votazione le librerie meritorie dove sono stati acquistati i libri (almeno quelli dei piccoli editori…) così da poter fornire a tutti la possibilità di recarsi in quelle librerie a comprare quei libri e così innescare un meccanismo virtuoso verso quei librai che fanno il loro lavoro con passione. Sarebbe secondo me una meritoria opera di servizio da parte di chi si occupa di diffusione dei libri, anche molto “pratica” da parte di chi di solito ne parla solamente.
    Dico questo anche perché il discorso dell’acquisto via internet non mi convince per nulla. O meglio, va benissimo per quei libri che abbiamo sfogliato e già volevamo acquistare o per autori che amiamo e compreremmo comunque. Ma non va bene affatto se io voglio comprare un libro “nuovo” che vorrei sfogliare e leggiucchiare prima di prenderlo a scatola chiusa. Perché lo dovrei prendere senza averlo letto e valutato almeno un po’? E visto che non tutti i libri, specie dei piccoli editori, hanno i pdf su internet…
    Inoltre non mi pare che su siti come ibs ci sia una proposta così diversificata…molti titoli che magari uno non trova sembra che lì si trovino, fatto salvo che poi ti venga comunicato quando già hai fatto l’ordine che quel titolo, fatalità, non ce l’hanno più. A me è capitato diverse volte, ma forse sono io che cerco libri un po’ diversi dal solito. A vedere comunque la “vetrina” di ibs sembra di vedere una vetrina qualunque di qualsiasi libreria, ci trovi faletti o camilleri da tutte e due le parti. E visto che parliamo di classifiche la classifica delle librerie e quella di IBS dei libri più venduti sono praticamente identiche….qualche settimana fa su ibs ai primi sette posti c’erano 3 libri di larsson e 4 della Meyer….non vedo differenze sostaziali, del resto il distributore è lo stesso che fa danni nelle librerie, per cui non darei proprio la colpa ai lettori che usano poco internet, direi che è sempre il sistema che è drogato alla base.
    Comunque, spero che questa classifica serva alle librerie meritorie se le aiuterete segnalandole, sennò non capisco bene a cosa serva. Rimarrà un altro discorso tra gente che già tutto il giorno parla di libri, come me o te.

  125. @ simone battig

    i libri che dici tu li trovi non dove ci sono “librai che fanno il loro lavoro con passione”, ma dove ci sono librerie che li acquistano perchè li hanno venduti in passato.

    La libreria è un esercizio commerciale – troppo spesso questo viene dimenticato – e per la grande maggioranza di queste la classifica veramente importante è quella basata sulle vendite.

    Per una minoranza delle librerie, quelle più grandi e quelle gestite con più cura, la classifica di “qualità” di cui si sta parlando può, paradossalmente, funzionare al contrario. Può servire, per esempio, ad escludere i titoli delle piccole case editrici che non figurano in quella. Tenendo “puliti” gli scaffali.

    Mi pare che, rispetto a questo mestiere: il libraio, si abbiano spesso le idee confuse. Non si immagina nemmeno quale sia la quantità di novità che viene proposta giornalmente. Su cui il libraio deve decidere a scatola chiusa in base alle poche informazioni drogate fornite dall’editore.
    Se anche, per grazia di non so chi, il libraio fosse capace di intuire il valore di un libro di una piccola casa editrice, quale garanzia ci sarebbe che un cliente di quella libreria si sia fatto, su quel libro, un giudizio simile?

    L’iniziativa di cui stiamo parlando è rivolta principalmente ai lettori, non ai librai, e, per quanto posso intuire, non cambierà molto la situazione in libreria.
    Per questi libri lo strumento decisivo resta, se la libreria è appena appena decente – di qualsiasi dimensione e in qualunque posto situata – quello dell’ordinazione.

    Per editori piccoli distribuiti il tempo d’attesa non dovrebbe essere più di tre o quattro giorni. Certo resta l’obbligo dell’acquisto una volta fatta l’ordinazione e quindi scegliere tra libraio e acquisto on.line non fa grande differenza.

    Rimane la scelta dell’ordine direttamente al piccolo editore, con tempi più lunghi, ma quella preferibile, perché il ricavo è tutto suo e non viene dimezzato, come nel caso di un’ordinazione attraverso gli altri canali.

  126. @ Battig e Soldato
    Siamo leggermente OT, credo, ma ne sono lieto. La questione delle librerie è invero capitale. Negli ultimi anni si sono dedicati libri e convegni alle trasformazioni del luogo-Museo e del luogo-Biblioteca, ma le ancora più macroscopiche trasformazioni subite dal luogo-Libreria non sono state invece accompagnate da una adeguata riflessione. Eppure è questa la base della piramide-filiera che tanto ci fa accapigliare. E’ questo il luogo – su questo Battig ha ragione da vendere – in cui ci siamo cominciati a orientare, nei primi passi della formazione letteraria, leggiucchiando qui e là.
    Ma questo luogo, tranne le eccezioni che citava Soldato, semplicemente non esiste più. Ci si può battere per proteggere le eccezioni (primo passo: censirle; secondo passo, da parte degli editori piccoli e di qualità: aiutarle con sconti supplementari; terzo passo, da parte dei lettori consapevoli: rifornirsi solo presso di esse), ma si deve prendere atto di un mutamento epocale e, temo, irreversibile. Allora acquistare in rete rappresenta il minore dei mali. Ed ecco che, senza la possibilità di annusare e piluccare (se non nelle forme un po’ frustranti delle anteprime di lettura che pure diversi siti propongono) torna paradossalmente più utile che in passato la segnalazione critica o, in alternativa o in sinergia, la Classifica di qualità. Accanto a quella di vendita, perché no? (Ma al momento nei megabookshop trovo solo quest’ultima.) Come ammette Soldato, se le proposte della piccola e della piccolissima editoria venissero, per così dire, scremate alla fonte anche il lavoro del libraio di qualità verrebbe favorito (consentendogli tempi di rotazione più lenti, e una maggiore apertura alla bibliodiversità; perché quel che va fatto è ridurre il più possibile l’eventualità della sòla). Tornando alle domande di Battig, mi pare che circoli un’idea un po’ iperuranica della critica. Come se ogni critico avesse o potesse o dovesse avere l’occhio di Giove, singula enumerare et omnia circumspicere. E’ evidente che il critico, appena meno casualmente del common reader, s’imbatte nei libri “buoni”, a volte, per puro caso; c’è chi fa della serendipity persino un’ideologia (non è il mio caso). Al contrario, magari aspetti per anni un libro da quell’autore che ti pareva promettente, e poi quando arriva è una solenne delusione.
    Non esistono condizioni pure, da laboratorio. Quello che esiste è un grandissimo casino di informazioni e stimoli sovrapposti, contraddittori, frastornanti: nel quale si può tentare di fare un ordine relativo (come stiamo provando a fare anche con questo strumento), senza nemmeno ipotizzare di creare, per maga, un cosmo cartesianamente cristallino.

  127. Una piccola precisazione a proposito dell’obiezione circa il fatto che ricevere libri gratis influenzi in qualche modo il critico; obiezione da cui è nata la discussione sulle librerie, la scarsa presenza dei piccoli editori e gli acquisti in rete. Io credo che sarebbe più utile rivelare il segreto di Pulcinella, e cioè che perfino all’ultimo e più sfigato dei critici (come me, per es.), che scrive ogni morte di papa e per grazia ricevuta, vengono spediti in omaggio un numero spaventoso di libri, ben più di quanti ne potrà leggere, altro che recensire; onde per cui il senso di colpa per i benefici ottenuti si annacqua considerevolmente, e che viene considerato alla stregua di una misera compensazione per la mancata retribuzione, vera e propria regola del mestiere con pochissime eccezioni. Dettaglio significativo anche del fatto che la proliferazione incontrollata dei titoli pubblicati è una diretta conseguenza della scarsa autorevolezza della critica, che all’interno dell’organismo letterario dovrebbe svolgere il ruolo del sistema endocrino, fungendo da fattore di stimolo o di inibizione.

  128. credo che la incontrollata proliferazione dei titoli dipenda da ragioni esclusivamente economiche e finanziarie, non dalla scarsa autorevolezza della critica, mi è stato anche raccontato il perché e per come, ma non me lo ricordo con sufficiente precisione per poterlo raccontare con qualche guadagno per chi legge, non credo però che sia difficile trovare un parere più informato e autorevole del mio

  129. @per tutti

    Forse non mi sono spiegato bene, per cui ripeto e chiudo l’argomento, sottolineato anche da Garufi. Io sono certo che il giudizio del critico non viene influenzato sul singolo libro che legge pervenuto dall’ufficio stampa. Sono meno certo che il fatto, come dice appunto Garufi, che un critico, qualsiasi critico, venga sommerso da una quantità di libri che non leggerà mai non influenzi “il suo percorso di lettura”. In qualche modo questa quantità a disposizione senza “scelta in proprio” condiziona in linea generale un essere umano, che se si trovasse a scegliere in libreria farebbe probabilmente scelte diverse, ragionando sulla spesa, bestemmiando alla ricerca di un libro che non trova, scartabellando tra i titoli e magari pescando una cosa che non c’entrava nulla e che però decide di leggere su due piedi perché lo colpisce. Qui non si tratta solo di seredenptity ma proprio di “percorso di lettura”, il proprio condizionato da se stessi e dalle proprie scelte oppure, in parte, indotto da scelte di altri (che persino ti sommergono, e fanno confusione)…..io penso che questa cosa conti, altrimenti avremmo una panoramica critica molto più varia e ampia. Cosa che non è…basta prendere un qualsiasi giornale o rivista per rendersene conto..

    Sulla questione librerie leggo cose molto interessanti e giuste. Però io non credo alla morte delle librerie come “luogo”, nemmeno di quelle piccole. Non ci credo perché conosco librai che sapendo fare il loro mestiere, nonostante tutto, i loro clienti li hanno sempre tenuti se non aumentati. Vedo invece che quelli che affondano semplicemente non sono librai, non sanno mai nulla di quello che di nuovo o buono c’è nell’aria, sembrano gente che nemmeno li legge i libri, se non camilleri pure loro. O sono vecchi librai stanchi che non capiscono più cosa è il mondo dei libri o sono giovani librai magari laureati ma che hanno scarssissima conoscenza del mondo editoriale (forse perché leggono solo giornali con le solite recensioni tutte uguali…il conto tornerebbe..)
    In libreria io ci ho lavorato. I clienti ci sono, ma dipende tutto da te. Se sai qualcosa te li prendi i clienti, se ogni richiesta è per te una noia o un problema li perdi.
    Nelle grandi librerie non c’è nulla, non c’è nessuno che sa qualcosa e non ci sono nemmeno Tutti i libri che vuoi. Non credo che saranno il futuro. Staremo a vedere, io continuo a credere che l’unica strada sensata sia che i piccoli editori e i librai non appartenenti a catene siano uniti e si seguano a vicenda, meno risorse in uffici stampa e più risorse per creare una rete di librerie amiche, questo aiuterebbe sul serio i piccoli editori..e varie altre cose dette anche qui…..staremo a vedere.

  130. @tiziano scarpa

    Su cosa sto scherzando? Sulle librerie?
    No, sono serissimo, e il fatto che tu veda una realtà diversa dimostra semplicemente che la cosa non è così chiara ancora e che prima di dare per morte le librerie “piccole” è meglio capire cosa intendiamo.
    Non so che librerie frequenti tu nel tuo girare, io da lettore e non da scrittore, ne ho viste abbastanza. Se vuoi parliamo di quelle di Treviso che forse conosci (a venezia non si può parlare di librerie mi sembra…) o di quelle di Roma o di dove abito io tra Anzio e Nettuno….tutte librerie piccole con però notevoli differenze…
    Non sto dicendo che non sono in difficoltà, sto dicendo che è presto per dichiararne la morte, che è una cosa diversa.
    Di sicuro non vedo questo boom delle grandi librerie, a meno che non parliamo di vendere bistecche :D….sembrano forse belle perché molto glamour, con molte presentazioni di “personaggi”..ma i libri dove stanno? Vogliamo parlare della libreria feltrinelli di galleria Alberto Sordi e dei pochissimi libri che ha? O della feltrinelli vicino a Piazza delle repubblica o di via del babuino? O di Melbook da cui sono spariti i piccoli editori praticamente…o di Bibli che non ha nemmeno libri a momenti…o vogliamo parlare di una bella libreria come Fahreneit in campo dei fiori?
    O di Canova a Treviso? O di quella che ha chiuso da un anno? O della solita marton ora ubik..etc etc…o delle 6 librerie di qui che hanno a che fare con chi hanno a che fare ma forse solo una fa il suo lavoro di libraio? :D

  131. @ Simone Battig
    Volevo semplicemente dire che tu non mi conosci, non sai come vivo, che città frequento, in quali librerie vado, e inferire quali sono le fonti a cui attingo per procurarmi i libri è quanto meno temerario da parte tua.

  132. Potrebbe essere l’idea x un nuovo progetto. Una sorta di commissione (magari ol-line) competente, affidabile e disinteressata alla quale un giovane o vecchio libraio indipendente e coraggioso possa affidarsi per selezionare e proporre opere meno pubblicizzate e meno griffate, ma di qualità.

  133. @ simone battig
    Avrei dovuto citare la frase alla quale ribattevo, scusami:
    “Quindi a Venezia dove sta Scarpa è impossibile trovare i libri di questi editori..a meno che non metta piede a mestre…”

  134. @tiziano scarpa

    Guarda che se rileggi bene la mia non era un’insinuazione…immagino che tu possa spostarti e prendere i libri dovunque tu voglia (si parlava anche di ibs). La mia era una battuta in risposta alla questione in cui Biondillo aveva detto che i libri No reply li trovava a Milano perché c’erano delle grandi librerie e non mi ricordo chi aveva detto che le piccole librerie non “potevano” tenere i piccoli editori….
    Quindi io ho semplicemente citato te in quanto facente parte delle giuria dei 100 e vivente a venezia facendoti fare la parte del lettore qualunque che, come rilevi tu giustamente, a differenza tua però non gira mezza Italia quando deve prendere un libro ma spera di trovare i libri No reply o Sossella in una libreria della sua città.
    Il discorso era spezzettato in vari post, forse tu hai letto solo quello dove venivi citato….mi sembrava abbastanza chiaro, se non era chiaro lo è adesso spero :D.
    Io sono molto temerario, tu non mi conosci e non immagini neppure quanto ;) Ma in questo caso proprio no, c’è stato un equivoco.
    Ero più temerario anni fa, come già detto, quando parlavo di editing, e di recente ho visto che anche tu hai detto le stesse cose che dicevo io anni fa proprio da queste parti e che venivano interpretate come lesa maestà dell’editor. La cosa, anche se non ti conosco, mi fa comunque piacere, vedendo che anche qualcun’altro ragiona con un minimo di senso sulla figura dello scrittore e difende la scrittura che si porta appresso e tutta la sua natura. magari tra altri 5 anni saremo in 200 a dirlo chiaro e tondo.

  135. @ibca

    Era più o meno dello stesso senso l’idea che avevo lanciato una ventina o più di post fa…segnalare le librerie meritorie dove vengono acquistati i libri di “qualità” e quindi incoraggare un circuito virtuoso tra classifica e librerie…..ma pare sia caduta nel vuoto. Gli organizzatori non sembrano interessati a questo aspetto. Ma chissà, vediamo come evolve….

  136. @ Simone Battig
    Grazie del chiarimento. Se ho equivocato ti chiedo scusa. Effettivamente, essendo il discorso assai frammentato e disseminato in queste decine di commenti, sicuramente avevo capito male io.

  137. Secondo me forse, in generale, non si percepisce a sufficienza l’importanza del concetto di libraio e di libreria. Uno pensa: ok, mi piace leggere e ordino tutto quel che voglio su ibs, sempre che io non riesca a trovarlo in un megastore.
    Non è tanto una questione di amarcord o di stare dalla parte del più debole, ma piuttosto il fatto di sentire di doversi opporre ad un sistema tanto freddo da allontanarci sempre piu inesorabilmente gli uni dagli altri. Per me è un po’ un dispiacere pensare di lasciare da parte la modesta libreria indipendente, anche se un pochino sfigatella e con tutti i suoi limiti. Un piccolo scambio culturale (la discussione e la compravendita di un libro) ha un inizio ottimale se quella traccia di calore che corre fra un appassionato che vende libri e uno che li compra conta ancora. Si chiama fermento letterario pure quello, e probabilmente è il piu autentico.
    La cultura e la politica della cultura dovrebbero far sì che si mantengano e sviluppino librerie competenti per clientele esigenti. Non parrebbe essere un equilibrio tanto difficilmente raggiungibile se non fosse per i soliti immani interessi economici, anticulturali e disumanizzanti.
    Comunque se il mondo dei lettori coscienziosi non si oppone per primo al rifiuto ed al disinteresse nei confronti delle arrancanti e accalorate librerie indipendenti, allora che non si lamenti neppure di tutto il resto.

  138. @tiziano scarpa

    Figurati.
    Non è facile scrivere qui, e mi rendo anche conto che le cose devono essere ripetute perché spesso sfugge qualcosa o si tenta di continuare un ragionamento nella successione di interventi. E’ un po’ il limite del mezzo. E del tempo

    @ilbca (scusa..prima avevo sbagliato il nome mi sa)
    Io sono molto d’accordo con te. Se vai a vederti un po’ di post sopra troverai anche quello che ho detto su ibs (o altri siti di vendita on-line) e perchè non può essere secondo me l’ancora a cui aggrapparsi ma anzi rischia di diventare un’altra distorsione.
    Anche Cortellessa mi pare che in qualche modo abbia espresso il suo rammarico per le librerie, e forse è più pessimista di me. Io non lo sono. Però effettivamente, ribadisco, è un’occasione persa se non si collegano le librerie non appartenenti a catene dove si acquistano i libri di qualità alla classifica di qualità. Basta segnalarle con il voto e magari dopo un po’ farebbero a gara per tenere quei libri e apparire anche loro a margine della classifica di qualità.
    Io spero che chi di dovere cambi idea e lo faccia.

  139. ho sognato che cento camilleri entravano in una libreria e acquistavano un montalbano a testa. Chepoi risultava nella classifica di Repubblica dei romanzi più venduti

  140. Tiziano Scarpa
    Pubblicato 8 Aprile 2009 alle 11:07 | Permalink

    Se ho capito bene, dal 15 aprile saranno in rete i voti dettagliati di ciascuno.
    Io comunque ho votato così:
    Narrativa: Antonio Moresco, Canti del caos, 6 punti.
    Poesia: Guido Ceronetti, Trafitture di tenerezza, 6 punti.
    Saggistica e altre scritture, Zanzotto-Breda, In questo progresso scorsoio, 6 punti.
    Come si vede, per ogni categoria ognuno ha a disposizione 6 punti, che può destinare tutti a un solo libro, o dividerli destinandoli a due libri (5 punti a uno e 1 punto all’altro, o 4 e 2, o 3 e 3).

  141. Quando il parto multiplo delle votazioni sarà finito, potremo, noi critici dei critici, finalmente votare i cento lettori per i loro giudizi, per essere poi votati a nostra volta. E iniziare così una spirale infinita di votazioni, che ci riporterà ai felici anni della scuola media

  142. sono una delle poche donne presenti in classifica.
    ringrazio chi mi ha segnalato.
    ringrazio chi mi ha letto.
    ringrazio chi mi ha votato (2).
    e ringrazierei ancora di più chi mi facesse uscire da questa classifica e soprattutto da questa bagarre in cui il punto centrale, gira e rigira, è solo quello di difendere il diritto ad essere eletti ed elettori.
    tra tante dotte disquisizioni immagino che la mia opinione verrà considerata molto terra a terra, ma sinceramente non me ne importa assolutamente niente.
    non so in quale altro paese del mondo succeda qualcosa del genere…
    d’alema forse non diceva cose di sinistra come gli rimproverava moretti, ma aveva ragione nel sognare un paese normale!

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domenico pinto
domenico pintohttps://www.nazioneindiana.com/
Domenico Pinto (1976). È traduttore. Collabora alle pagine di «Alias» e «L'Indice». Si occupa di letteratura tedesca contemporanea. Cura questa collana.
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