Canzoniere brasiliano 2 – Il poeta e il giullare

di Sergio Pasquandrea

Ma come si fa a non amare il Brasile, quando si incontrano due personaggi come Cartola e Noel Rosa? Due figure non si sa se più tragiche o pittoresche, e insieme così piene di umanità e gioia di vivere. Entrambi sono considerati tra i padri fondatori del samba moderno, eppure ebbero vite e personalità contrastanti: uno visse a lungo, l’altro morì giovanissimo, uno era un poeta tenero e romantico, l’altro un comico irriverente e dissacratore.
Ma forse è meglio fare prima un passo indietro.

Già a metà Ottocento in Brasile si erano sviluppate forme di musica autoctona, che attingevano alla tradizione portoghese (modinhas, serestas), al folklore degli schiavi africani (lundu, maxixe) o alle danze in voga in Europa (polka, valzer, mazurka), negli Stati Uniti (cake-walk) o nel resto dell’America centro-meridionale (habanera, tango).
Negli anni Ottanta dell’Ottocento il compositore Ernesto Nazareth (1863-1934) aveva creato il tango brasileiro, un genere che fondeva il ritmo autoctono del maxixe con influenze della musica da camera europea, e verso il 1870 era nato anche lo choro, il genere popolare che è il diretto antecedente del samba. Tra fine Ottocento e primi del Novecento si affermarono anche vari autori di canzoni che conobbero un vasto successo popolare: Chiquinha Gonzaga (1847-1935, una delle prime donne brasiliane a dedicarsi a tempo pieno all’attività musicale), Càtulo Cearense (1866-1946), João Pernambuco (1883-1947).
Sempre a metà Ottocento, a Rio de Janeiro ci sono le prime notizie di cortei mascherati organizzati in occasione del Carnevale, con accompagnamento di strumenti vari tra i quali le percussioni avevano un ruolo centrale.
All’inizio del nuovo secolo, da questo calderone musicale nacque il samba, la cui culla fu il quartiere di Praça Onze, dove Tia Ciata, mulatta di origine bahiana e sacerdotessa candomblé, organizzava grandi feste ritmate da danze e percussioni. Negli anni Venti cominciarono a sorgere anche le prime associazioni di danzatori, che diedero origine alle celebri escolas de samba, che ancor oggi costituiscono il cuore del carnevale di Rio.

Ben presto il samba si diffuse e invase i morros, le colline attorno a Rio de Janeiro dove viveva la popolazione più povera. In uno di questi morros, quello di Mangueira, nacque nel 1908 Angenor de Oliveira, meglio noto con il soprannome di Cartola.
Il nomignolo derivava dal caratteristico cappellino di carta che indossava quando svolgeva il suo mestiere, quello del muratore. Cartola veniva da una famiglia poverissima e non aveva potuto studiare, perché appena terminate le scuole elementari era stato costretto a trovarsi un lavoro per guadagnarsi da vivere. Eppure fu un compositore e paroliere di straordinaria raffinatezza: le sue canzoni presentano soluzioni armoniche e melodiche di grande modernità, e la delicata poesia profusa nei suoi testi lo ha fatto spesso definire un “impressionista”.
Era capace di accostare immagini di forte suggestione, che con pochi tocchi descrivevano una sensazione o una situazione vissuta: la delusione dell’innamorato tradito (“Torno al giardino, con la certezza di dover piangere / perché so bene che non tornerai da me. / Mi lamento con le rose, ma che sciocchezza: / le rose non parlano, / le rose semplicemente esalano / il profumo che rubano a te”, As rosas não falam), l’amarezza dell’esperienza (“Ascoltami bene amore, / presta attenzione, il mondo è un mulino, / macinerà meschinamente i sogni / ridurrà le illusioni in polvere. / Presta attenzione cara, / di ogni amore erediterai solo il cinismo / e quando te ne accorgerai, sarai sull’orlo dell’abisso / che avrai scavato con i tuoi stessi piedi”, O mundo é un moinho) o l’amore per il suo quartiere natìo (“A Mangueira, quando muore un poeta tutti piangono. / Vivo tranquillo a Mangueira perché / so che qualcuno piangerà quando morirò, / ma il pianto a Mangueira è molto diverso, / è un pianto senza fazzoletto, / che rallegra la gente”, Pranto de poeta).
Nel 1928 fu tra i fondatori della scuola di samba di Mangueira, e negli anni Trenta e Quaranta le sue canzoni vennero incise dai più grandi cantanti dell’epoca. Cartola fu ammirato addirittura da Heitor Villa-Lobos, poi la sua popolarità andò diminuendo, ebbe vari problemi personali, cominciò a bere e a un certo punto sembrò svanire nel nulla.
Per quasi dieci anni di lui non si seppe più niente, finché nel 1956 un giornalista di nome Sergio Porto lo riconobbe in una stazione di servizio: per campare, lavava le automobili. Porto lo aiutò a rilanciare la sua carriera e ad aprire insieme alla terza moglie Zica un ristorante, chiamato Zicartola, che negli anni Sessanta divenne un importante punto di incontro per i musicisti di Rio. Nel 1974, a 66 anni, Cartola entrò per la prima volta in sala d’incisione per registrare un disco a suo nome.
Purtroppo al successo non si accompagnò il benessere economico. Il ristorante chiuse, Cartola si arrangiò con diversi lavori; nel 1980 morì com’era sempre vissuto: povero in canna.
Vi propongo uno dei suoi brani più belli ed evocativi, intitolato Alvorada (“Alba”). La registrazione è del 1974.

Alba,
là sul morro che bellezza,
nessuno piange né ha tristezza,
nessuno sente dissapori.

E il sole che colora
è così bello, così bello,
e la natura che sorride
e si tinge, si tinge.

Anche tu mi ricordi l’alba
quando arriva illuminando
i miei sentieri così senza vita.

Ma ciò che mi resta
è ben poco, quasi niente,
se non andarmene così, vagando
su una strada perduta.

Se Cartola rappresenta l’anima più poetica del samba, Noel Rosa incarna quella più ironica e irriverente, quella che i brasiliani chiamano malandragem.
Il malandro è un po’ la figura-simbolo del samba, un personaggio caratteristico della bohème notturna della Rio di quegli anni: una specie di versione carioca del guappo, attaccabrighe dal coltello facile, amante delle donne e dell’eleganza chiassosa, abituato a vivere di piccoli imbrogli, al margine della legalità.
Sembra strano, oggi che il samba è diventato il simbolo stesso della brasilianità, ma pare che a quei tempi, quando la polizia fermava un sospetto, per prima cosa gli guardasse i polpastrelli: se c’erano i calli, significava che il tizio suonava il violão, la chitarra brasiliana, quindi era un sambista, quindi con tutta probabilità un malandro, uno da sbattere in galera. Pelo telefone, il primo brano pubblicato con la dicitura “samba”, nel 1917, parla del capo della polizia che mobilita i suoi agenti per dare una calmata ai sambisti scalmanati.
Quest’immagine dovette permanere a lungo, se ancora negli anni Quaranta Haroldo Barbosa scrisse Pra que discutir com madame, in cui metteva in scena un’ironica discussione tra un sambista e un’altezzosa signora della buona società (“Madame dice che la razza non migliora, / che la vita peggiora a causa del samba. / Madame dice che il samba è peccaminoso, / che il samba, poveretto, deve finire. / Madame dice che il samba è cachaça, / mistura di razze, mistura di colori. / Madame dice che il samba è democratico, / è musica da scarafaggi senza alcun valore. / Finiamola con il samba, / a Madame non piace che si balli il samba, / vive per dire che il samba è una vergogna. / Perché discutere con Madame? […] / A Madame manca qualche rotella, / sputa solo veleno, mio Dio, che orrore. / Il samba brasiliano, democratico, / proprio perché è brasiliano ha valore”).

Noel Rosa, però, veniva da tutt’altro ambiente, essendo nato nel 1910 da una famiglia della classe media, nel rispettabile quartiere di Villa Isabel. Alla nascita, un ostetrico maldestro lo aveva estratto con il forcipe e gli aveva sfigurato la mascella, dandogli quel mento sfuggente e quel profilo asimmetrico che lo avrebbero caratterizzato per il resto della vita.
Crebbe come un bambino gracile e malaticcio, ma di umore allegro, insofferente nei confronti della vita borghese. I suoi l’avrebbero voluto vedere laureato in medicina, invece Noel già nell’adolescenza preferì immergersi nella vita sregolata dei sambisti, fatta di alcool, donnine allegre e nottate di musica e bisboccia nei bar. A 19 anni fondò il suo primo gruppo musicale, un trio chiamato Bando de Tangarás.
Noel non tardò a farsi strada: negli anni Trenta divenne popolarissimo anche grazie a un programma radiofonico, dove alternava le canzoni con sketch e scenette umoristiche. Il suo humour divenne proverbiale: nel 1932, a un giornalista che gli chiedeva quale fosse, secondo lui, la relazione tra musica e amore, Noel rispose: “La stessa che c’è tra la buccia di banana e lo scivolone”.
Ma nella sua produzione non mancano i brani romantici, o malinconici, o quelli polemici come la celebre Não tem tradução, in cui criticava la moda esterofila che in quegli anni stava contagiando il Brasile (“Il gergo creato dal nostro morro / ben presto la città lo accettò e lo usò, / ma poi un malandro smise di ballare il samba, / si mise a saltare / in una balera danzando il fox-trot. / […] Il samba non ha traduzione / né in francese né in inglese. / Tutto ciò che il malandro pronuncia / con voce soave / è brasiliano, non più portoghese. / L’amore nel morro è autentico / le rime del samba non sono ‘I love you’ / e questa roba di alô, alô boy e alô Johnny / può essere solo una conversazione al telefono”).
Celebre anche lo scambio di invettive musicali con uno dei suoi rivali, il cantautore Wilson Batista.
La sua vita, però, fu tutt’altro che felice, anzi fu costellata di traumi. Da ragazzo, tornando a casa, aveva scoperto dietro la porta il cadavere della nonna che si era impiccata, e qualche anno dopo il padre cominciò a dare segni di squilibrio mentale, che peggiorarono fino a portarlo al suicidio, nel 1935.
Noel si gettò a capofitto nei bagordi, sposò una ragazza che aveva messo incinta ma continuò ad avere una vita sentimentale piuttosto disinvolta. Alla fine arrivò il conto da pagare: una tubercolosi che, peggiorata dalle decine di sigarette che fumava ogni giorno, lo trascinò nella tomba nel 1937, a soli 27 anni.

Noel Rosa lasciò un’eredità di quasi 250 canzoni: melodie piene di accordi inediti, testi che giocano con la lingua, mescolando gerghi e calembour, e allo stesso tempo riescono a raccontare con vivezza la realtà popolare dei suoi tempi.
Quello che vi traduco è uno dei suoi primi successi, intitolato Com que roupa? (“Con che vestito?”), che fece furore al Carnevale del 1931. Il protagonista è un poveraccio che non può partecipare alla festa perché non ha nemmeno i soldi per comprarsi un vestito (pare però che lo spunto iniziale fosse autobiografico: la madre, preoccupata dei suoi eccessi, spesso gli nascondeva gli abiti per impedirgli di uscire con gli amici).
Qualche anno fa la canzone, ricantanta con un nuovo testo dalla popstar Daniela Mercury, divenne la colonna sonora di uno spot finanziato dal governo brasiliano in favore dell’uso della camisinha, ossia del preservativo.
Buon ascolto.

Ora cambierò il mio comportamento
lotterò
perché voglio rimettermi in piedi.
Ti tratterò con la forza bruta
per potermi riabilitare,
perché questa vita non è uno scherzo
e io chiedo: con che vestito?
Con che vestito vado
al samba dove mi hai invitato?

Ora non sono per niente contento
perché il denaro
non è facile da guadagnare.
Anche se io sono un tipo scafato
non riesco a procurarmi niente da mettermi addosso.
Una volta andavo con il vento in poppa,
ma ora: con che vestito?
Con che vestito vado
al samba dove mi hai invitato?

Oggi sto saltando come una rana
per vedere di sfuggire
a questa maledizione.
Sono tutto coperto di stracci
e finirò nudo.
Il mio abito è diventato stoppa
nemmeno io so con che vestito,
con che vestito vado
al samba dove mi hai invitato?

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5 Commenti

  1. diciamoci la verità: ascoltando soltanto questi due pezzi, a me, discreto appassionato della mpb, cadono le braccia. il pezzo e la voce di cartola, in particolare, mi sembrano penosi.

    forse sarebbe stato meglio che quel giornalista non l’avesse illuso quando aveva chiuso. non so, mi baso su poco, ma è pur vero che l’autore del pezzo ha postato questi due pezzi ritenendoli non certo delle cose di poca qualità.

    a questo punto buarque, veloso, nascimento, lins ecc. sono dei geni assoluti. e dorival caimmi, per parlare dei 30/40/ era gesù cristo.

    detto questo – e non sembri una strizzata d’occhio – ben vengano questi “canzonieri brasiliani”.

  2. oh cartola, mio cartola…
    bellissimo articolo e omaggio alle mitiche origini della musica brasileira.
    bravo.

  3. Beh, Cartola era già anzianotto quando ha girato quel video. L’ho scelto perché è uno dei pochi dove si sente la sua voce e lo si vede cantare.
    Quanto a Noel Rosa, bisogna considerare che la registrazione è d’epoca, con tutti i limiti tecnologici, e che lo stile oggi suona superato, invecchiato. Ma si tratta pur sempre, come dice isabella, delle fondamenta della MPB. Mi sembrava comunque carino farle conoscere.
    Poi, per carità, de gustibus (tanto per dire, a me le vecchie registrazioni di Caruso fanno sempre un effetto curioso…).

    PS: di Caymmi parlerò, appena trovo tempo per scriverne.

  4. Bellissimo…

    Si entra nella storia della samba con poesia e sensualità.
    Mi piace l’idea che le parole della samba non hanno traduzione,
    una parola da parte, con impressioni leggeri ma acuti, come viaggiando
    dal paesaggio amoroso verso l’anima, musica come pioggia calda, venuta
    nel cielo povero dei Morros.

    Mi piace la manera tenera di Sergio Pasquandra a raccontare la storia della musica.

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