Il bambino che sognava la fine del mondo

scurati

di Gianni Biondillo

Antonio Scurati, Il bambino che sognava la fine del mondo, Bompiani, 295 pag.

Il bambino che sognava la fine del mondo è la storia di una pandemia dello spirito. È la narrazione stupefatta di una psicosi collettiva, che come una lebbra, peggio, come la peste, infetta una città, Bergamo e fa credere ai suoi abitanti che il Male è giunto fin dentro le loro case.

Tutto nasce dall’ossessione di una donna, dalla paura che la propria figlioletta sia stata violata nella sua sessualità. Da lì in poi, senza una prova certa, senza un riscontro oggettivo, ma solo col propagarsi irrazionale della paura, del terrore, si fa strada la certezza che la sacralità dell’infanzia, il nostro ultimo inviolabile tabù collettivo, sia stata infangata. Perciò l’infamia, il segnare a marchio di fuoco una scuola elementare, le sue insegnanti, un prete, le istituzioni, un’intera comunità.

L’osservatore della tragedia in atto è, nelle sue fattezze, identico al narratore del romanzo: è Antonio Scurati, “come tutti”, verrebbe da dire. Siamo tutti testimoni impotenti, spettatori fragili di fronte al propagare dell’infezione. La voce più che disincantata appare fiaccata, incapace di combattere contro la spettacolarizzazione delle informazioni operata dal mezzo televisivo, vero consapevole untore contemporaneo.

Scurati ci narra tutto ciò, questo sprofondare nell’attualità, nella cronaca di avvenimenti né veri né falsi, non come fosse accaduto ora, da poco, ma come fosse un dramma antico, rammentato dall’unico testimone ancora capace di farne memoria. Perché il Male è adesso, ma allo stesso tempo è eterno. Quella che invece appare assolutamente perdente, e perduta, è la forza della ragione collettiva, il sentimento di aderenza alla verità. Tutti perdono in questo romanzo. Ciò che salva (e si salva) è proprio l’infanzia, il luogo del vero mistero della vita. Le reminiscenze del passato dell’autore, i ricordi dei suoi stessi incubi notturni, e la paura di diventare padre oggi, da adulto, sono come la freccia scoccata nel passato che cerca un centro oggi. Cerca, cioè, un futuro pieno di speranza.

[pubblicato su Cooperazione, n. 21, del 19 maggio 2009]

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42 Commenti

  1. “La voce più che disincantata appare fiaccata, incapace di combattere contro la spettacolarizzazione delle informazioni operata dal mezzo televisivo, vero consapevole untore contemporaneo.”

    Una bella recensione.

  2. Non ho grande considerazione dei narratori contemporanei italiani – specie poi quelli che stanno lì in prima linea nella pubblicistica e nella propaganda e sui giornali e sopratutto su internet – il nuovo mercato pubblicitario – per farci capire in maniera subliminale di essere grandi scrittori (preciso questo perché non è che per essere degno dell’appellativo di scrittore sia necessario essere un grande scrittore – ragion per cui è ovvio che quando uno lo vuole invece fare credere ci si scagli contro per illuminare una moltitudine – che non manca mai – di ingenui) ma Scurati è al livello di prestigiose e sicure e consolidate e valide firme della narrativa internazionale. Bella recensione. Degna di un grande recensore.

  3. Le sublimi recensioni solleticano/risvegliano/rinvigoriscono la mia “voglia” di lettura. Un appetito vorace, a tratti frenetico e insaziabile, che si alterna, mio malgrado, a sporadici periodi annoiati, pigramente trascinati e annegati in un denso e appiccicaticcio torpore.
    Grazie.

  4. …il mio sentimento di rinnovato interesse si è già affievolito. Torno nel torpore, dunque…;-)

  5. Me l’hanno regalato e torno ora, dopo qualche giorno: erano anni che non leggevo qualcosa di così noioso. Paralizzato e dimenticato in qualche albergo prima di pagina 13. E questo è colui che doveva vincere lo strega? Ma fatemi il piacere… meglio i fumetti dell’uomo ragno, almeno uno sa esattamente cosa aspettarsi.

    Blackjack.

  6. Ho avuto la ventura d’ascoltare Scurati dal vivo, alla fiera del libro di Torino. Sa anche parlare, ma parla come un adolescente molto colto, e ciò che dice è adolescenziale anche quando vuole suonare crudele o disperato o saggio. Anch’io, come giocatore d’azzardo, del libro ho letto le prime pagine, in libreria: abbastanza da convincermi a non leggerlo mai. So che giudicare un libro dalle prime 10 pagine è sbagliato (anche se ho letto ben pochi grandi libri che iniziassero “male”), ma a tutto c’è un limite.

  7. Scurati si capisce che è uno che non gliene frega niente di raccontare Storie. Si capisce perché le sue frasi sono sempre pensate, zeppe di vocaboli ricercati, pulite, così pulite che sembra esserci passata l’AMSA. O il lubrificante per motori. Scurati è uno che non gliene frega niente di raccontare storie: vuole solo far vedere quanto è bravo. E lo fa informando. È un “infopoint”, un punto informazioni, recupera notizie e le comunica agli utenti. Tipo quelli che ci sono all’Ikea. Gente seria quella lì. Non inventa niente. Infatti quando te ne vai non dici: “Ma guarda un po’ quel giovane che belle cose mi ha raccontato”. Al massimo riconosci che è stato gentile, disponibile, bravo. Ecco, Scurati è uno che ti dice delle cose. Se lo scrittore Raymond Carver “mostra senza dire” Antonio Scurati “dice senza mostrare”. L’unica cosa che mette in mostra è se stesso. In quest’ultimo romanzo poi c’è solo lui: le frasi vogliono far pensare a lui, la storia parla di lui, il protagonista è lui. A essere equanimi bisogna dire che è un pretesto efficace per chiacchierare diffusamente del paese in cui viviamo. Un’Italia non molto diversa da quella che descriverebbe il mio portinaio il quale nel 2008 ha votato Veltroni. Anche lui infatti dice che Bruno Vespa è “viscido” e “abietto”. Ma c’è bisogno di uno scrittore? E non uno qualunque! Uno che si classifica secondo (e si arrabbia) a quello che, con le dovute differenze, è il corrispettivo del Festival di Sanremo in letteratura. Il premio Strega.
    Scurati l’ho visto due volte di persona. La prima volta alla Feltrinelli in piazza Piemonte: presentava il suo libro dal didascalico titolo Una storia romantica. Più che un titolo una dichiarazione. “Gentili spettatori qui non vi è alcun enigma, nessuna immagine evocativa, questa, lo annuncio celermente, è una storia romantica”. Alla Feltrinelli mi aveva colpito perché sul palco, siccome dietro di lui c’era proiettato il ritratto del suo volto pensoso, quando ha impugnato il microfono ha detto: “Non si può obnubilare l’immagine alle mie spalle?” Obnubilare?! Ho tirato su la pila di libri dalle ginocchia, mi sono alzato dalla seggiola pieghevole e me ne sono andato. Io lo capisco Scurati, tra il simulacro e se stesso preferisce se stesso. Ma “obnubilare” però… Mi son detto: devo smetterla d’incuriosirmi degli scrittori, poi finisce che mi stanno antipatici pure i loro libri. E infatti, per sopprimere questo pensiero tendenzioso, ho speso diciotto euro per Il bambino che sognava la fine del mondo dove in copertina c’è lui in età prepubere – aggettivo suo – e sul risvolto sempre lui ma in età adulta. In questo caso però, purtroppo, il libro è peggio della persona. Perché va bene la vanità in carne e ossa, tutto sommato è una debolezza, ma la vanità pensata, di plastica…

  8. Per “Nazione indiana” di qualche mese fa Scurati non “doveva” vincere lo Strega. Oggi questo spot al libro che lo Strega poi, in effetti, l’ha perso. Unico elemento di coerenza: nella discussione che ne consegue nessuno parla del libro, perché nessuno l’ha letto, se non le prime dieci-venti pagine (che, a dirla tutta, restano comunque le migliori: quelle in cui la descrizione cronachistica si traduce più efficacemente in narrazione epica, narrazione in soggettiva di uno stato d’animo collettivo, cioè di un’inquietudine psicotica individuale e sociale insieme. Le pagine migliori, s’è detto).
    E però tutti vogliono invece parlare di Scurati, della volta in cui l’hanno visto di persona, di come fosse o non fosse il suo aspetto, il suo modo di esprimersi, la sua posa da scrittore. Ciò è indubbiamente un effetto del suo continuo proporsi come personaggio, icona pop-chic (il che vale comunque non solo per Scurati, ma per molti altri, anche minori e infimi). Ma chi ha così in uggia l’ego, non dovrebbe poi, invece, evitarlo a propria volta? Se non si è letto il libro, a che giova benedirne la recensione o vituperare il personaggio? Io, io, io: non meno noioso del libro di Scurati.

  9. Ho letto solo pagina 188 e 189, quella dove dice che Bruno Vespa è “viscido” e “abietto”. Ah no! Ho letto anche quella dove parla dei prepuberi! Aspetta, aspetta… mi ricordo anche l’inizio dove parla dell’epidemia in Settentrione. Mmm… E dove dice che con Mentana è un tipo cordiale? Anche quella ho letto. Mi ricordo che lì la pensava come mia zia Filopolda che vota Berlusconi: “Mentana è un tipo cordiale, simpatico dài, non come Vespa!” Come se non fossero la stessa cosa. E’ inutile, Scurati non va a fondo, Scurati dice quello che potrebbe dire chiunque, magari al bar mentre beve il caffé corretto grappa e legge i titoli di Libero. Però con un linguaggio forbito che ti fa dire: “Uè, ma come parla bene quello lì, è vero?”. Per il resto la trama l’ha già raccontata Biondillo, dunque perché ripeterla? Ci si è già annoiati a morte a leggere tutte le 295 pagine più i ringraziamenti…

  10. Unico elemento di coerenza: nella discussione che ne consegue nessuno parla del libro, perché nessuno l’ha letto, se non le prime dieci-venti pagine (che, a dirla tutta, restano comunque le migliori

    Cos’è, adesso qualcuno su Nazione Indiana arriverà all’ardimento di criticare anche Gomorra e il suo incipit, quella leggenda metropolitana sui cinesi surgelati così efficace nel convincere all’acquisto del volume l’italiano medio-ansioso?

    ;)

  11. @ecstacia
    Di Scurati ho letto già altro, leggere anche questo libro è troppo. Non credo sia una faccenda di ego; è il prendere atto che uno scrittore modesto occupa tanti spazi negati a scrittori più validi. Storia peraltro vecchia. Tutto qua.

  12. “L’anno scorso era stato molto interessante: Palazzina Liberty strapiena – poche sedie, speriamo quest’anno ci siano più sedie! – e interventi brillanti, uno su tutti, quello casuale di Gianni Biondillo, che sembrava passasse di lì per caso… ”

    Officina Italia = Bertante + Scurati

    In questo post Biondillo recensisce Scurati… poteva dirne male?

  13. @Diamante
    Non invitavo certo a leggere il libro di Scurati (visto che per arrivare alla fine occorre dar fondo a tutta la propria riserva di pazienza -se non di masochismo-, e ci sarebbero cause migliori cui riservarla): mi permettevo di ricordare che sotto un post che di quello parla, ci si aspetterebbero commenti a tema, e dunque sul libro e non sull’uomo (scoprivo l’acqua calda, cioè).
    Il problema non è difendere Scurati-attaccare Scurati, o la sua creazione ‘’Officina (Officina? ma cosa c’è stato mai di laboratoriale in una vetrina per ”eghi”?) Italia’’, ma doversi meravigliare ancora a distanza di mesi di come un libro del genere (inconsistente nella sostanza, ma anche soltanto scritto male, che già basterebbe a deprezzarlo, figuriamoci dargli il premio che fu di Morante, Pavese, Ginzburg, Moravia!) sia potuto arrivare fino a lì: intendo, in finale al Premio dei Premi e a un voto dalla sua conquista. Per stupirsene (e dunque per interrogarsi in modo più serio di quanto non si sia fatto finora sui meccanismi dei premi, dai minimi ai più prestigiosi) bisogna però averlo letto: non c’è altra via.
    @ bleistein
    Forse non capisco l’eventuale sottotesto ironico, ma le prime pagine di “Gomorra” in effetti sono belle: quei corpi nei container valgono tutto il libro (e l’iperfetazione dei commenti sul medesimo). Peccato che Saviano non abbia poi proseguito su quella scia e sia rimasto aderente al reportage, senza produrre mai veramente narrazione. A parte i cinesi, effettivamente.

  14. @ Ecstacia Ivy

    Ironizzavo sul fatto che molte persone che pubblicamente lodano senza riserve Gomorra e quello stile gonfio di topiche, privatamente confessano di non essere riusciti a leggere oltre l’episodio dei cinesi sotto ghiaccio. L’ironia nasceva dall’osservazione che certi libri sono criticabili senza incorrere in pubblico anatema. Per altri, ti becchi la lettera scarlatta (A come asshole).

    P.S.: Mi spiace per la Nazione Cinese: grazie a quell’incipit e all’autorevolezza pubblica acquisita dall’autore la penisola sarà convinta che il surgelamento e la spedizione di cadaveri sia pratica documentata e ben nota presso i cinesi in Italia. Una colossale bufala venata di xenofobia, come hanno dimostrato Oriani e Staglianò in I cinesi non muoiono mai, Chiarelettere, ma che come incipit fa grande presa. Immagino però che a certi autori impegnati nella letteratura civile si possa perdonare tutto. Ad altri no.

    Ma chiedo scusa, si tratta di un’associazione mentale del tutto soggettiva innescata dalle tue critiche a Scurati, che peraltro trovo lucide.

  15. @bleistein
    Che l’episodio dei cinesi sia autentico o meno importa solo perché “Gomorra”, appunto, non risolve l’ambiguità tra il reportage e la finzione. Per il resto concordo in pieno su quanto vieni dicendo. E però siamo sempre e ancora qui a parlare di loro, Saviano, Scurati: scrittori mediatici, scrittori che, vendano o meno (moltissimo il primo, pochissimo in verità il secondo), tutti conoscono, pure chi non legge (anche perché poi chi legge, non legge affatto Scurati o Saviano: li sfoglia in libreria, perché ci trova le pile). Ma ci sono libri diversi di cui parlare, se questi non ci piacciono? Facciamo lo spot di qualcos’altro?

  16. “Per “Nazione indiana” di qualche mese fa Scurati non “doveva” vincere lo Strega.” scrive Ecstacia Ivy

    Questa affermazione è falsa. Siate precisi quando intervenite altrimenti i lettori non capiscono.

    “Scurati vende pochissimo”
    Scrive la stessa commentatrice.

    Sarebbe troppo chiedere di specificare l’entità di quel pochissimo?

    effeffe

  17. @ Ecstacia Ivy

    Tendenzialmente sono d’accordo, tranne su un punto, e mi spiace per la mia stessa prolissità: se la fola dei cinesi surgelati nel container fosse stato l’esplosivo esordio di un romanzo di Buttafuoco, la questione non sarebbe liquidabile alla stregua di licenza poetica o di sperimentalismo o di meticciato tra generi letterari. Non sarebbe semplice questione di estetica o di critica. Qualcuno, anziché dire «il libro è brutto» o «Buttafuoco non sa scrivere romanzi» avrebbe parlato di razzismo, no pasarán, e sciovinismo. Sono d’accordo che dovremmo fare lo sport che ci piace. Ma com’è possibile se il punto non sono le opere scritte, ma le Madonne ingioiellate che scrivono?

  18. A me è chiarissimo. Anzi, lo era già prima. Ho solo segnalato ciò cui immagino si siano riferiti quelli che han scritto etc.

  19. Quello che ho scritto sul’ultimo libro di Scurati e’ esattamente quello che penso. E’ un buon libro (non un capolavoro, ovvio. Altrimenti avrei usato quella parola), degno di essere letto e recensito (per me, ben inteso. Ed infatti c’è la mia firma qui sopra). Non ho voluto postare la recensione prima della premiazione dello Strega per evitare che apparisse una presa di posizione di NI (dato che spesso si fanno di queste confusioni, come qui sopra si dimostra) e quando l’ho programmato per la pubblicazione, prima di partire per le vacanze, non potevo immaginare che la vexata questio “Scarpa.vs.Scurati” ritornasse in auge.
    Ho un profondissimo rispetto per le cose che fa Tiziano, e persino riconoscenza per come mi abbia accolto su NI, trovo il suo libro bello e sono felice che abbia vinto lo Strega. Ho discusso a muso duro, di persona e di fronte a un pubblico, con Scurati sulle sue teorie, e che io non abbia apprezzato il suo romanzo precedente è cosa nota. Ma questo gioco al massacro nei suoi confronti mi pare sia diventato uno sport nazionale e a me gli sport nazionali inquietano sempre. Confondere le antipatie personali con le opere, almeno a questo livello, è deleterio e puerile. Poi questo desiderio del “vilain” a tutti i costi, che una volta si chiama D’Orrico e un’altra Scurati, è “banalismo letterario”.
    Sulla questione Milano, Officina Italia, etc. siamo all’aria fritta. Io non ho mai ricevuto alcun invito a parteciparvici (non che mi disturbi oltre modo l’idea. Lo hanno fatto carissimi amici miei: Vasta, Saviano, Scarpa, WM1, etc.). E non ho problemi a riconoscere la simpatia che provo con Bertante, che conosco da anni. Che significa questo? L’inciucio? Allora cari miei non possiamo fare più nulla. Questo della letteratura nazionale è un mondo piccolissimo. Come ci si muove si pesta il piede a qualcuno. Con la teoria del sospetto tutti sono colpevoli.
    Be’ io colpevole non mi sento affatto. Faccio quello che faccio sempre con la massima onestà intellettuale e personale. Che poi io lo faccia male, che io sia un pessimo recensore, un orribile scrittore e che frequenti mediocri narratori, è un altro discorso.

  20. @ecstacia
    Concordo in pieno su ciò che affermi sia riguardo Scurati che riguardo Gomorra. Su Gomorra però parla piano, sennò ti scannano (dico per esperienza personale).
    @biondillo
    Anche se non ce ne sarebbe bisogno, voglio sottolienare che io non ho insinuato alcunché sulle tue eventuali conoscenze ecc.; mi sono limitato a parlare di Scurati. E’ anche abbastanza vero quando dici che attaccare Scurati sembra diventato uno sport nazionale. Però: se scrive libri orrendi, e per di più candidati a premi importanti (?), che ci si può fare?

  21. Ho letto i vari interventi a commento della recensione di Gianni e constato ancora una volta come sia difficile portare avanti un discorso serio su di un testo senza scadere nelle isolenze personali, nei pettegolezzi da cortile, nelle penose allusioni e quant’altro.
    Giudicate Antonio per quello che scrive e non per quello che pensiate sia.
    Officina italia è un festival serio, fatto da persone serie con pochissime risorse. E una ottima idea cara Ecstasia, visto che ci stanno copiando in tutta Italia. Non è una vetrina per eghi ma il luogo dove si sono avvicendati negli ultimi tre anni gran parte dei migliori scrittori italiani, compreso Tiziano Scarpa, da noi , antonio e io, invitato con grande interesse e stima.
    Per quanto riguarda le polemiche sulla presunta parrocchia dei milanesi, per cortesia lasciate perdere. I rapporti fra Gianni Biondillo e Antonio Scurati sono cordiali ma non privi di costrasti e talvolta asprezze come avviene fra persone intelligenti e di forte carattere. Ciò non toglie che se Gianni reputa di recensire un romanzo di Antonio lo faccia onestamente e trovo insolente pensare il contrario. E trovo che la sua scelta di parlare solo del suo libro sia molto importante proprio in questo periodo, quando sulla stampa nazionale e in rete sembra che ci sia rimasto spazio solo per pettegolezzi, insinuazioni e basezze, come peraltro in questa sede.
    C’è un romanzo. Discutetene.

    Alessandro Bertante

  22. Soprattutto, invitate Angelini, così sarà l’ennesimo che baratta il livore per un riconoscimento che insegue da secoli.

  23. Nomen omen?
    Lucio Angelini: ogni volta che leggo un suo intervento, o si lamenta di Wu Ming/NIE + Lipperini, o rievoca la storia del naufragio del suo rapporto lavorativo con Einaudi.
    I maestri buddhisti lo insegnano: l’avversione (o l’altra sua faccia: l’attaccamento) è un male primario, da estirpare.

  24. Eh no, nessun livore. Pura ammirazione per il racconto “I vestiti nuovi dell’imperatore” di H.C. Andersen. Non è colpa mia se viviamo in un’epoca di altrettanto inconsistenti paludamenti. Se poi a qualcuno ha dato fastidio il pezzo:
    http://lucioangelini.splinder.com/post/20100370/LA+BEFFA+A+CASTELVECCHI+EDITOR
    si consoli. Il blog è ormai chiuso e non sono nemmeno sicuro di voler accettare la proposta di recente pervenutami di un “BEST OFF CAZZEGGI LETTERARI”: *-°.

  25. Visto, Isak? Vede i WM + Lipperini dappertutto. Io dico che la rete sarebbe meglio, senza di loro e senza di lui.
    Ma soprattutto senza di lui.

  26. Angelino, vecchio trollone in pensione, nun t’arabbià, piuttosto dicce der cazzeggio: è vero che er beste offe te l’ha commissionato direttamente er bagaglino?

    Vostradamus

  27. Scurati mi ricorda certi giornalisti culturisti e fighetti per i quali l esigenza di scrivere nasce dal bisogno di poter giustificare la loro presenza all ora dell aperitivo.

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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