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due passi ( fare )

Giovanni

Nurra
(2 agosto 1980)

(Aride)
feci
di vacca
sgranate
tra tumuli
arcigni
di pietre
narranti
la storia:

la guerra raggiunge la pace

: grugniscono i porci
e ignorano i segni di un’alba
col taglio già pronto
a festa di sangue

E mosche e formiche distratte
e sibili folti eruttano foglie, cispose

Un marcio colore
dipinge
,
ristagna.

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Natàlia
Ero una donna
(2 agosto 1980)

Ero una donna,
camminavo per strada:
pesanti i sacchi della spesa,
scendevo le scale della stazione.

Tornavo all’odore dei miei panni,
ero una donna
con la spesa per la cena.

Sono brandelli di carne
nello scoppio di un odio senza nome:

– lo chiamano ideale …
 ma io non ho più avuto amore –

Tumuli di pianto
e fiori secchi
nel silenzio delle fosse
senza più dolore:
solo memorie
e vili vivi,
nel canto delle foglie
un autunno perenne.

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58 Commenti

  1. Poesia di guerra.

    La lettura della prima poesia
    mi fa camminare in un paesaggio
    sconvolto, con lembi di animali.

    Un paesaggio fatto di una parola
    sorge della pietra, suono particolare,
    aride, grenada.

    E’ una parola di colera
    festa di sangue.

    La scrittura di Giovanni è un’alba selvatica,
    di stagno; un alba incendio.

    la lettura della seconda poesia mi mette nella pelle
    di una donna. Con l’imperfetto, il presente della donna,
    la sua vita quotidiana scompara.

    E una danza tra il movimento della vita,
    sentirsi in vita,
    e la morte punto del cancellare.

    Poesia magnifica e di dolore
    sorge seppellita,
    un grido

    ” Ma io non ho più avuto amore.”

    Sono due poesie esplose nel cuore.

    Bellissime.

    L’immagine di effeffe dice il sentimento di fratellanza.
    La stessa direzione
    bras dessus bras dessous.

    Scarpa che mette a nudo il piede per non ferire la sabbia,
    toccare l’incendio.

    Grande sensibilità.

  2. granata/ melagrana: il francese di ce grenade per il frutto e l’arma.
    Nelle due poesie leggo il doppio senso.
    scompare

  3. Leggo. Rileggo. Prendo nota.
    Porto con me queste righe, sulla nave.
    Le leggerò ai miei uomini: augurandomi che trovino il tempo di pensare.
    Le leggerò alle mie donne: sperando che trovino il tempo di amare.

    vado, con queste righe nel cuore.
    il mare mi attende :)

  4. Il sapore della guerra e quel “ristagna ” finale a dar fiato alla voce di Natalia che raccoglie “ma io non ho più avuto amore”. Un “passo a due” inatteso.

    Un saluto a entrambi.

  5. La miseria (per fortuna), anche quella sarda, non è più mitica. E’ arida, marcia, ristagna. Forti i versi di Cossu.

    Nat ti voglio prospettica e tagliente come la prua di una nave, come il corsivo che rende corsari i tuoi splendidi fiori e le tue fosse. Ero una donna, altrimenti si ferma, esita, si guarda indietro, in retrospettiva. Mentre tu, lo so, lo leggo, sei veloce e guardi avanti.

  6. grazie a Véronique, Yanez, Nadia e Pasquale
    Giovanni si trova a Nurra e non ha connessione
    domattina lo chiamerò e se non riuscirà a collegarsi gli leggerò i vs. commenti e vi riporterò le sue parole

    vi ringrazio di cuore tutti

    ed a Pasquale, mi impegnerò, te lo prometto (doppio-grazie)!

  7. belli e forti i versi di Cossu
    e anche quelli di Natàlia.
    nacora un’ulteriore riprova che l’arte non è soltanto bellezza
    e che la poesia può essere anche un impegno civile.

  8. … scarpette adeguate per affrontare temi scottanti!
    E’ bello vedere che si può danzare il dolore e non solo l’amore …
    Italo Calvino (nelle sue Lezioni Americane) docet!
    Un saluto all’amica ed a Giovanni

  9. Chiedo scusa, ma non sono d’accordo per niente. Se non fossi sicuro che Natàlia la prenderebbe in malissima parte – e credo avrebbe torto – direi che queste poesie sono quanto di più triviale possa darsi. Giovanni ha poi reso il tutto ancòra più banale coll’escogitare una grafica pretenziosa: di fatto è come se aveste dato le parole-chiave, lasciando ai lettori volenterosi il còmpito di scrivere la poesia – appena più articolata, ma inutilmente effettistica e scontata, Natàlia, però il discorso vale anche per la sua poesia. Non ci trovo proprio nulla di che. Mi dispiace!!

  10. Non credo sia giusto parlare di trivialità ma piuttosto di un genere che può anche non piacere, la poesia civile, che per sua natura è portato ad evidenziare, “scuotere”, piuttosto che sottintendere.

  11. Il nulla è ciò che resta dopo l’odio e il dolore che provoca è il più soffocante perchè è il più assurdo. Riuscire a foto-grafarlo significa non restare indifferenti di fronte ad esso ee è raro quasi come un miracolo.

  12. ciao Anfiosso, non me la prendo, stai tranquillo.
    la mia intenzione era far parlare una vittima, una donna semplice, che con parole semplici dicesse che aveva perso tutto. In nome di cosa?
    lei ha parlato e la poesia si chiude con un piccolo coro, tutto qui.

    quanto ai versi di Giovanni, beh a te non sono arrivati, ma a me mentre li dettava per telefono e quando glieli ho riletti ad alta voce, mi tremava la parola in gola e li trovo bellissimi nel loro puzzo di merda arida, secca, vile a mischiarsi con la terra dei porci senza storia né memoria.

    certe cose le leggi come le senti, ma va benissimo anche così e ti ringrazio per essere intervenuto a dire la tua, per me cosa più importante.

    un abbraccio a tutti, indistintamente.

    a Francesco Forlani: la tua “scassaminchia” preferita ti lascia un bacio grosso grosso pieno di gioia !!!

    natàlia

  13. Io amo i colpi di tuono nello stomaco delle persone. Del resto non esiste una poesia d’amore, una civile, una che esorta all’arte per l’arte: la poesia e la scrittura hanno un’altra funzione. Molto più importante: non lasciare indifferenti.
    Questi scritti imprimono un segno. Mi sento la donna che ha incarnato Natàlia. La vedo, l’ascolto, ne percepisco il dolore. E quel corsivo che ha esaltato anche Pasquale, è un vero capolavoro. Davvero la parte migliore! La direzione…
    Fa piangere. E non è mero sentimentalismo, il mio.

    Stessa cosa per Giovanni, e la “nostra” amata Sardegna. Un dolore che, in questo caso, si chiama Nurru (+ stessa data della bomba a Bologna). Ahimé, non so il fatto preciso:-(
    Eppure, quell’odore di lezzo che non sa di Iris Fiorentina – descrive una realtà millenaria, che è anche fatta di
    “[…]
    feci
    di vacca
    sgranate
    tra tumuli
    arcigni
    di pietre
    narranti
    la storia:
    …”

    LA STORIA!!! LA MEMORIA!
    Sono poesie che provengono da sensibilità forti. Sono incise su pelle, sanno di verità. Qui – ogni finzione è bandita.
    Resta quel che resta. Non è consolante, non dev’esserlo.
    Sappiamo tutti di Bologna e delle tragedie sarde nel corso dei secoli.
    Soggettivamente possono non piacere, sebbene sia un aspetto a sé.
    Vi ringrazio profondamente.
    Tutta la mia stima per la capacità – e qui mi rivolgo soprattutto a Natàlia, senza nulla togliere al caro Giovanni – di denudarsi, nel tentativo riuscito di immergersi nella tragedia personale di una vittima. Una come tante, all’interno dell’immane fatto: tra i più gravi accaduti in Italia.
    Namastè

  14. Ciao Natàlia,
    ero una donna…

    …sono brandelli di carne.
    Da qui riesci ad ingranare la quarta e portarci dentro il cuore spappolato di una donna cui sarà negato anche il voler/poter amare.
    Il coro finale è semplicemente geniale.
    Un abbraccio e, ti prego… scrivi scrivi scrivi

  15. “Se non fossi sicuro che Natàlia la prenderebbe in malissima parte – e credo avrebbe torto – direi che queste poesie sono quanto di più triviale possa darsi”

    commento assai triviale! sorry, ritenta sarai più fortunato. sei in gamba puoi fare meglio e di più.
    effeffe

  16. Concordo con Nina e su quanto ha scritto sulla “funzione”, che è quella importante «di non lasciare indifferenti». E va bene anche lo “scuotimento”, qui accennato. Ma c’è qualcosa di più nelle pieghe del canto della poesia civile di Natàlia, una ricerca stilistica già matura, che si accresce di verso in verso. Contesto però quell’osservazione di “trivialità”, che mi sembra fuori luogo. Sono da preferirsi – chiedo – poesie a bassa intensità che non implichino un forte turbamento e soprattutto esornative? Basta mettersi d’accordo!
    fm

  17. Ringrazio Nina per le bellissime parole dense d’affetto che ha rivolto a me e Giovanni,
    a Marino…. beh, per la tua musica scriverò senz’altro, grazie!

    a Faraòn, abbiamo in comune uno stesso compito ed una stessa direzione civile, tu sei un simbolo ed una guida per me, inieme a Luca e a tutti gli altri amici, grazie!

    ***

    a tutti:

    ho appena sentito Giovanni per telefono, era molto contento per i commenti (tutti) ricevuti, vi abbraccia e vi scriverà lui stasera.

    n.

    p.s.: buon inizio settimana

  18. Sì, Natàlia: c’è l’affetto, ma in questi casi è l’obiettività ciò che conta. Soprattutto una po’ di consapevolezza intorno alla materia “letteraria”, benché non sia un critico, e non mi interessi esserlo.
    Le “dritte” di Pasquale sono ottime. La prima parte del testo, come sapientemente lui afferma, è più debole. Riuscita per quell’entrare nella testa di chi sta subendo un evento tragico: ma nella seconda parte, la parte in corsivo appunto – lì c’è la POTENZA.
    L’immedesimazione totale psicologica e la forma stilistica.

    Con ciò, il mio affetto per te è super-confermato.
    Con Giovanni vorrei poter colloquiare un po’… :-)
    Baci

  19. Finalmente anche un post con poesie di Giovanni Cossu e Natàlia Castaldi, che avevo letto qua e là nella selva dei commenti, e mi avevano interessato moltissimo. 2 Agosto 1980, poesia civile. Già, chi tra coloro che avevano l’età della ragione a quei tempi può dimenticare l’orrore e l’indignazione per la stagione della strategia della tensione ? strategia che, iniziata con le bombe di Piazza Fontana nel 1969, toccava il punto culminante proprio il 2 agosto 1980, ed era così chiara e ignobile la mano dei “servizi deviati” che eterodirigevano i fascisti nella strategia stragista…
    Le poesie qui presentate sono belle per sentimento e qualità estetica ; certo, c’è più ricerca di ritmo e di effetto in quella di Cossu (ma mi pare essere una “cifra” del suo “fare poesia”, se la memoria di ciò che di lui ho letto non m’inganna).
    Non sono d’accordo con Anfiosso circa il testo di Natàlia: il procedimento “mitopoietico” scelto vuole quel registro e quelle parole; a parlare è una donna qualsiasi (ho ancora stampata nell’emozione più profonda la foto degli occhi sbarrati dal terrore di una donna stesa su una barella di fortuna , mentre viene estratta dalle macerie, gli occhi al cielo, la bocca spalancata in un urlo muto, lo sguardo a dire “perché per cosa!”, una donna qualunque); assurdo sarebbe stato se Natàlia l’avesse fatta parlare con parole “alte e raffinate, con immagini ricercate”….Di queste assurdità è stato un esempio D’Annunzio (non il solo, nella nostra tradizione poetica): tecnicamente perfetto, ma tronfio , vuoto e trombone, sostanzialmente falso, perso dietro un estetismo esasperante. Che ha fatto molti danni negli anni a seguire.
    Ad ogni modo l’opinione di Anfiosso è rispettabile e degna di ascolto, ma credo sia fuorviante rispetto ai testi presentati.
    Per me, Natàlia , attraverso il suo rpocedimento, restituisce la medesima forte emozione trasmessami da quella foto che fece il giro del mondo.
    Un grazie a effeffe per la scelta.

  20. Ah, dimenticavo . bellissima la soluzione di aggiungere un piccolo coro-commento: una maniera semplice e bella per far rivivere il senso della “tragodìa” (tragedia) tipica della cultura greca antica che, nei suoi picchi più alti, non aveva nulla di “elaborato” o di “estetizzante”, ma era fatta di parole e versi semplici e duri…come dire, l’orrido nel quotidiano di allora….e di oggi. Bravissima Natàlia. Chapeau alla tua sicilitudine “magnogreca”!

  21. grazie Salvatore…. non volevo dirlo per pudore, ma era proprio quello della “tragodìa” lo schema che avevo in mente.
    lei si narra con il suo delirante ma semplice e spoglio linguaggio, ripetendosi volutamente, la poesia è il “canto dei capri” o, come in questo caso, quello delle foglie….
    è nata leggendo articoli d’archivio, osservando foto, ricordando sensazioni da bambina nel vedere più che le notizie in sé al televisore, gli effetti che esse avevano sul mondo adulto che mi circondava, poi mi sono imbattuta nel quadro di Carosso… quella sera ero piena di immagini e pensieri e la poesia è venuta da sé.

    Nina, tu sei letteratura, poesia e grazia. Il commento di Pasquale “è”!!!

    n.

  22. dolci, tragici, perturbanti, taglienti. doppio chapeau! la guerra, da noi, non è mai finita… ha soltanto abbassato la tensione (e dopo bologna, i giudici siciliani). Soltanto la resistenza, maledetti noi, pare definitivamente sepolta.
    un caro abbraccio a gianni e natalia!

  23. Schillo, c….! ma la resistenza siamo noi! anfibi e olio di gomito, amico mio….
    Falcone, Borsellino, ma non dimentichiamo il “giudice ragazzino” e tutti i nostri morti dal 1 maggio 1947, Portella delle Ginestre …

  24. Il commento di Anfiosso non mi pare per niente triviale; quanto alle poesie, credo abbia detto tutto lui. La poesia di Giovanni è tanto eccentrica nella forma quanto scontata nel contenuto. La poesia di Natàlia (premetto che per quanto non apprezzi ho letto, tra le sue, cose migliori) potrebbe benissimo essere una prosa, ovvero non capisco il perché degli a capo. Ci leggo una volontà lirica dispersa in un risultato narrativo ma piatto, piuttosto banale, dove l’enfasi, anziché drammatizzare, dà un tono patetico.

  25. C’era anche la data fra parentesi. Ma l’ho vista dopo, sono un lettore distratto e ho detto ma dai?!? Mi ero sbagliato allora. Mi dovete scusare. Il 2 agosto 1980 è la strage di Bologna. Lo sanno tutti. Che scemo, non avevo letto bene la data e pensavo che la prima poesia si riferisse a un barbecue sardo con il porceddu scannato in una masseria nei pressi di un qualche nurago. Forse la carne era andata a male e ristagnava la puzza. La seconda poesia, idiota che non sono altro, mi pareva la storia di una signora strana che va a fare la spesa in treno. Chissà perchè? Mi chiedo. Farà un giro turistico dei supermercati. Sembra sera visto che deve comprare le cose per la cena. La strage di Bologna però è di mattina mi penso. Hanno lasciato ancora l’orologio fisso lì. Forse però la signora è a dieta e salta il pasto di mezzogiorno. Mistero. A brandelli di carne, preoccupatissimo, mi domando se si sente in colpa perchè ha comprato delle bistecche e suo marito vegetariano la odierà per questo. Mistero. Dopo la signora strana pensa che deve andare al cimitero a cambiare i fiori che si sono seccati, dove le foglie cantano sicuramente quella canzone delle foglie morte tristissima e c’è l’autunno perenne da poterci scrivere una poesia un po’ banale. Lo so che pensate che scherzo invece è verissimo.

  26. Non è che una poesia debba a prescindere essere meritevole perchè colpisce allo stomaco. Può anche non funzionare e basta, feci o non feci. E’ il caso di Giovanni. Il cui problema è proprio la mancanza di originalità (non dunque la cosiddetta volgarità, che comunque andrebbe usata a mio avviso sempre con estrema cura), la scontatezza nell’accostare un avvenimento tragico della storia con lo “sporco” (maiali, mosche, formiche, marcio) della natura. Non esattamente un artificio imprevedibile.
    Natàlia la capisco nel tentativo di corerenza fra stile e contenuto, ma un verso mi stona: “nello scoppio di un odio senza nome:”. Un verso che, spiegando e di-spiegando, toglie respiro; che acuisce la sensazione, fin’allora non eccessiva, di prosasticità del contesto e lo appesantisce nella lettura; che insomma banalizza un intento non privo di acume. Bello invece l’escamotage del coro.
    ps: totalmente d’accordo con D’Angelo riguardo D’Annnunzio.

  27. Si è parlato di poesia civile. credo si possa dire che seppure nel dissenso, i commenti siano stati anch’essi civili. Personalmente la penso come la quasi totalità dei lettori sul fatto che l’effetto Petrolini, bene, grazie, bene…, sia nella maggior parte dei casi nociva ai testi così come quell’assai detestabile da wrestling, “sei un pirla, non capisci un cazzo… Per quanto riguarda questa piccola avventura estiva, ormai in dirittura d’arrivo, del “Paso Doble”, per me è stata soprattutto l’occasione di far corto (non croto) circuitare le estetiche ma anche livelli più semplici di scambio. ed è stato emozionante, almeno per me, vederli ballare.
    effeffe

  28. Chiedo scusa per la terminologia impiegata, che purtroppo mi resta azzeccata quanto più frequento certe zone, giustamente remote, della letteratura.

    Avverto che per ‘triviale’ qualche anno fa s’intendeva semplicemente ‘piatto’, ‘banale’, ‘corrivo’, ‘dozzinale’, e non già ‘volgare’, ‘quasi osceno’, ‘da suburra’ & sim. Certo, non cambia nulla nella sostanza, perché il giudizio rimane negativo, non veementemente negativo, ma negativo.

    Dell’assoluta corsività del mio commento fa fede il mancato adeguamento delle strategie comunicative al contesto; forse.

    A voler ben guardare, tra ‘banale’ e ‘volgare’ non c’è poi questa gran differenza. Sono consapevole dell’importanza del tema toccato da Giovanni, di cui non conosco altre cose, e sono al corrente della provenienza del materiale trattato da Natàlia per la sua poesia; ma rimando al mio prediletto Déshonneur des Poètes, e a quanto dice della poesia ‘civile’ e impegnata, e di cose sul genere dei disegni dei bambini di Terezìn, &c. Il tema può essere quanto si vuole importante, ma quello che se ne scrive non necessariamente è.

    Vi piacciono le filastrocche?

  29. in mezzo a tutti questi “professori di violino”
    vi lascio il mio umile saluto
    grazie giovanni e natalia
    che ve lo dico a fare?
    e grazie ancora a effeffe per l’impegno
    c.

  30. Anfiosso, sono del parere che chi scrive poesia – se crede in quello che scrive – non debba mai giustificare la propria dinanzi alle critiche, semmai difenderla … ma non è questo il caso
    spesso si alzano barricate alla prima critica, accusando il lettore (attendo o “distratto” che sia) di non avere sufficiente preparazione per esprimere il proprio giudizio/pensiero o quant’altro, tendendo a mortificarlo come persona e spostando il campo di interesse dalla lettura del testo al “meschino” di turno
    ti dirò, l’opinione critica di chi mi legge è per me, invece, utile momento di scambio e crescita, per due sostanziali ragioni:

    1)perché – pur essendo soddisfatta di chi e come sono – non mi sento “poeta” né tantomeno “arrivata”, e credo che questa sia la mia risorsa distintiva

    2)in quanto si scrive per essere letti – diversamente ci faremmo i cruciverba sui diari – e questo significa desiderare di arrivare a comunicare qualcosa a perfetti sconosciuti, non a mille Sapegno, ma a perfetti sconosciuti che, nel caso di chi scrive da “blogger” come me, capiteranno più o meno per caso tra le mie righe, ma nel caso di scrittori navigati come altri, decideranno se acquistare o meno i loro libri.

    Credere nel proprio lavoro, secondo me significa saper incassare il colpo e trasformarlo in nuovo stimolo – usando un’espressione vulgare – saperne fare tesoro, ed alla lunga la maturità parla da sé quando al momento opportuno (che si presenta sempre, come vedi) non si leggerà un testo solo per restituire l’incassato, ma con oggettiva e lucida intenzione costruttiva …. come ben fate tu ed Aditus, o Isak, che dir si voglia.

    Lucifero :-)

    Chiudo qui, perché Nazione Indiana ha altri post che meritano attenzione e tirare per i capelli questo sarebbe fuori luogo, grazie.
    n.c.

  31. Impegno vuole dire il io centrale, narcissico viaggia per raggiungere il cuore colletivo.

    Poesia che tocca la generosità. La parola si alza del mondo conosciuto, odierno, tragica, quando il punto vitale è ferito.

    Poesia nobile:

    Quando tutto sembra seppellitto, morto, inumano
    una voce grida l’amore, la vita persa,
    l’innocenza morta.

  32. Volevo aggiungere che due voci si incontrano:

    Giovanni Cossu fa parlare il paesaggio della tragedia e dell’orrore
    e Natàlia il cuore della vittima.

    La tragedia si dice in una lingua semplice, con un ritmo,
    un respiro, per trovare uno spazio vitale.

    La vera tragedia è l’assenza di parola su un dolore colletivo.

    La vera tragedia è vedere solo le vittime nella globalità.

    La poesia dà alla vittima una storia particolare intricata nell’orrore colletivo, una presenza viva, uno sguardo.

    Giovanni e Natàlia hanno dato una presenza viva nella memoria colletiva.

  33. @diamante

    quello che dici è coerente, lucido, attento; insomma, non fa una grinza, sia riguardo al testo di cossu che a quello di natàlia. Il fatto è che tu hai come modelli di riferimento una idea davvero “alta” della poesia (e, in fondo in fondo, fai bene e condivido). Tuttavia non sempre un modello “alto” è efficace per dire certe cose; a volte occorre proprio il banale per esprimere l’inenarrabile “banalità” del male . Credi, amico mio, in tempi di “linguaggio” di facebook e di estrema afasìa, bisogna essere immediati e diretti, anche a scapito dell’originalità ( le tue osservazioni sono corrette, lo ripeto). Se ripensiamo un attimo alla (scarsa) tradizione italiana della poesia civile, quel poco che c’è (a parte i grandi del tardo medioevo-rinascimento:Dante, Petrarca) suona sempre di artefatto e magniloquente (Manzoni, ad esempio) o viziato di estetismo (non cito nemmeno D’Annunzio, caso patologico, ma mi riferisco a Pasolini, che pure amo peraltro e che rimane ancora l’ultimo insuperato poeta civile). Ma per carita! qui stiamo parlando di Giovanni e di Natàlia e ,come chiosa effeffe, è un semplice gioco di far “cortocircuitare” piccole estetiche e livelli più semplici di scambio. Nient’altro.
    Detto con stima.
    @ Véronique
    come sempre, vai al cuore vero della questione!

  34. Io capisco i buoni propositi e la buona volontà, ma, forse, è necessario che questi sappiano trasfigurarsi “ad arte”, in altro. Insomma, *che l’energia si tramuti in valore*. A proposito si legga questa Poesia (sulla poesia).

    Monadi in difficoltà di comunicazione

    Orti immaginari lagune vette
    abissi di mare paesaggi di una mente
    in babilonia: scrivere è difficile
    non si è mai sicuri di niente occorre
    che l’energia si tramuti in valore:
    il tema di una poesia in un’epoca
    impoetica sia la poesia stessa
    che il creativo crei se stesso

    Nell’incertezza l’esistenza è l’ombra
    di una realtà a venire (che l’opera
    duri a lungo è ridicola pretesa)
    siamo tutti per la stessa strada
    che a lei porta – con la morte
    non si è di casa

    [Nelo Risi]

  35. Natàlia, vale la pena una risposta: sgombro innanzitutto il campo dalla questione, diciamo così, professionale-identitaria. Io, giustamente, non ho criticato te, che non conosco, ma quello che hai scritto, quindi mi sembra ovvio che non mi faccia nulla delle definizioni che dài di te: la poesia può nascondersi, suppongo, in qualunque cosa, non vedo che cosa c’entri essere poeti, o essere ‘arrivati’ da qualche parte.

    Sono d’accordo sul fatto che scrivere sia trasmettere: sfido chiunque a non essere d’accordo. Proprio per questo non doveva nemmeno essere detto, mi sembra. Detto questo, si tratta di stabilire che cosa comunicare, e in che modo. Dalle tue parole sembra di capire che vuoi parlare a gente semplice e buona, che dà poca importanza alla cultura. Che vuoi essere diretta e non intellettuale. Sia chiaro, io non ho nulla in contrario – credo che nessuno al mondo avrebbe nulla in contrario.

    Il fatto è che continuo a leggere delle parole, buttate là alla buona, lasciate alla discrezion dei lettori come durante l’assalto ai forni il pane era lasciato alla discrezion de’ cani. Leggendo una poesia, mi aspetto che, in qualche modo, quello che l’ha scritta mi articoli un discorso, mi dica qualcosa, elabori un minimo. La mia netta impressione è che abbiate entrambi messo insieme parole a muzzo, e che un coro di raganelle vi abbia fatto da coretto greco, oh i brandelli di carne, oh l’odio senza nome. Oh la strage di Bologna. Tutte cose molto impressionanti, senza dubbio, e spaventose, ma la poesia dove sarebbe?

    Con ogni probabilità sono un corrotto, ma continua a non bastarmi che le cose siano semplicemente *nominate* perché siano evocate.

    Spero, adesso, che sia chiaro che non sto affatto difendendo una poesia ‘alta’, dotta e citazionista, ma semplicemente le moltissime, stupefacenti possibilità che la poesia ha, e che è assurdo negligere.

  36. Ringrazio tutti vivamente, prima di tutto Natàlia e Francesco che hanno reso possibile la mia partecipazione a questo: due passi (fare), e poi gli innumerevoli amici che hanni voluto commentare

    Devo soltanto una risposta a Nina e a no/made, per quanto rigurda il contesto in cui la poesia è stata scritta e per il significato di Nurra

    Il 2 agosto 1980 sono partito in nave da Genova per la Sardegna. Durante la traversata la radiolina a transistor di una carabiniere, anche lui in vacanza, diede la notizia della strage. Io, che gli ero seduto vicino, diovetti assistere a un una sorta di violenta filippica contro i comunisti, immediatamente identificati come autori di quell’orrore da parte del comiziante, un parere condiviso dai più

    L’indomani mattina, arrivato in Nurra, il territorio tra Porto Torres, Alghero e Stintino in cui si trova la mia casa, scrissi di getto questa poesia

    è inutile sottolineare cosa abbia significato quella strage nel complesso gioco condotto dalle forze oscure che governano questo paese, perciò quando parlai con Natàlia per la scelta di un tema non ebbi dubbi: i significati che ci vedevo allora sono stati amplificati dalle modalità stragiste con cui è stata costruita la presa di potere da parte delle forze che attualmente ci governano

    penso che dietro a quelle immagini (forse un po’ troppo forti per gli estenuati esteti o brillanti scopritori dell’acqua calda) ci possa essere la piena consapevolezza dell’impotenza del poeta, di ogni poesia, nel poter cambiare il mondo, le cose, e quindi, con la poesia, il doversi ridurre a comunicare le sensazioni soggettive provocate dalla presa di coscienza di tale impotenza, in fondo nient’altro: l’autocondanna del poeta la cui scelta di vita è stata la rinuncia alle armi

  37. Ancora una volta sono d’accordo con D’Angelo – anch’io del Manzoni poeta penso quel che dici, e condivido sostanzialmente il resto; ma sono d’accordo anche con Anfiosso quando dice che esiste un mal vezzo di buttare parole là, alla buona. Esprimo infine un mio personale dubbio sull’effettiva validità, fattualità, di una poesia civile, così come più in generale di una letteratura civile. Per me l’arte deve tenersi lontana dall’ideologia, non deve direttamente voler modificare gli assetti sociali e i modi di pensare, né apertamente rimproverare – altrimenti basterebbe il giornalismo; e allora, essendo vera arte, inciderà molto più in profondità e molto più lungamente nel tempo, sulla psiche e sull’anima umani. Fornisco qui di seguito qualche esempio di letteratura intrinsecamente civile ma non ideologica: Paul Celan, Franz Kafka, Hermann Melville, Fedor Dostoevskij, Joseph Conrad (gli ultimi due, pur essendo ideologi, sono per fortuna talmente grandi come artisti da dimenticare e annegare nell’opera persino la propria ideologia).

  38. Anfiosso … ops, era per Diamante la risposta

    comunque, tornando a noi, anche io ero stata chiara nell’accogliere la tua critica… il non definirmi “poeta” non significa che io non lo sia, non lo sono per te e per milioni di altre persone e mi sta benissimo, ma non era mia intenzione sminuirmi – credimi.

    mi spiace averti rovinato la serata, tu hai arricchito la mia.

    ancora buona notte.

  39. il vento fra i capelli
    i capelli fra i rami
    un cappello come in
    s’inerpicah ah

    un bolero di pioggia
    un turbine leggero

    sono già fradicio
    di pensiero.

  40. Parlare qui di poesia civile, scusate tutti, ma è ridicolo.
    Non capisco il nesso tra poesia civile e ideologia.
    L’elenchino didattico di Diamante mi pare un po’ ridicolo. Se Paul Celan, Franz Kafka, Hermann Melville, Fedor Dostoevskij, Joseph Conrad sono esempi *di letteratura intrinsecamente civile ma non ideologica* (??), allora con loro anche Roberto Giacobbo e mia nonna (i.e. tutti).

  41. @isak
    Non hai capito, o forse mi sono spiegato male. Ho detto che quegli scrittori non sono affatto ideologi, e che non fanno letteratura civile tout court; ma che, modificando la percezione dell’umano, offrono un servizio civile latu sensu (Kafka ancor oggi c’insegna moltissimo, anzi ci illumina; c’è forse qualcuno a fine ‘800 in Russia che abbia superato l’analisi socio-culturale presente nei DEMONI?; qualche studioso o storico ha forse superato Conrad nell’approfondimento psicologico del dramma coloniale o di quello dei movimenti nichilisti?; e chi meglio di Melville ha reso esplicito lo spirito politico americano della ricerca e della colpa?); e inoltre contribuiscono all’allargamento della coscienza di noi tutti. Mi sono spiegato adesso? E l’ “elenchetto” potrebbe andare avanti a lungo. Se tu poi credi che l’arte vera non influisca in nessun modo sulla psiche o anima che dir si voglia, sulla tua intelligenza e su quella collettiva, affari tuoi e che buon pro ti faccia.

  42. Ancora una volta ciò che dici, diamante, è sensato e centrato. Tuttavia – absint iniuria verbis- i modelli che proponi come esempi di letteratura civile (che condivido in pieno) sono “troppo alti” e contegono una “forma” diversa di articolare il “discorso”: infatti hai citato tutti romanzieri che hanno prodotto (ottima) letteratura civile non essendo “ideòlogi ( e non ideologici, come fraintende qualcuno), eccezion fatta per Conrad ( e anche qui sono d’accordo con te. Inter nos: ho scritto la tesi di laurea su Conrad e Coppola: il codice narrativo del cinema e della letteratura in APOCALYPSE NOW e HEART OF DARKNESS), che ideòlogo lo era, ma era troppo “grande” da farsene influenzare ed era talmente “grande” quello che produceva che il suo “significante” andava ben al di là delle intenzioni e impostazioni “moderate” : perfettamente d’accordo con quanto illustri, sul punto. Ma qui si parla di “poesia” civile. Che è forma “altra” rispetto al “romanzo” e, in quanto tale, ha altro respiro e altri codici. Ora, i testi di Giovanni e Natàlia, lungi dall’essere paragonati ai grandi modelli, non mi pare siano “ideologici” o semplici contenitori di parole messe lì alla buona: detto così, è fare un torto agli autori i quali, per quanto “piccoli” o per quanto “modesta” possa essere la loro resa poetica rispetto alla tua sensibilità (rispettabilissima), hanno articolato un discorso di “poesia civile” secondo forme e un codice loro proprio. Non vorrei, anche qui, scomodare i grandi, ma se leggi brani della Medea, dell’Orestea, dell’Edipo a Colono eccetera (per Natàlia) o di passi da tragedie di Shakespeare ( per Giovanni) vi trovi “espressioni” magari anche più “trucemente banali” rispetto ai nostri piccoli amici. Per carità, sia chiaro: non li sto paragonando né ad Eschilo, nè ad Euripide né a Shakespeare, ci mancherebbe! sto solo dicendo che i testi proposti meritano di essere considerati per la loro “intrinseca struttura” e se, data questa, essi funzionano o meno. Per me funzionano ( e confesso che amo di più quello di Natàlia, senza nulla togliere a Giovanni): sono semplici, forti, immediati; eppure (è il caso di Natàlia) richiamano una tragedia non direttamente vissuta, che ha insanguinato il nostro paese non solo il 2 agosto 1980, ma – come strategia delle tensione – ha iniziato a farlo molto tempo prima e anche anni dopo. Di questi tempi, mi pare giusto che se ne parli. o meglio che ci si “esprima”. E per me N. e G. si “esprimono” non “nominano”, con tuto il rispetto per l’altrui opinione.
    Infine, un’ultima considerazione. Faremmo un torto a effeffe (e alle sue intenzioni) e ai nostri postatori, se insistessimo qui sul tema sotteso ai nostri commenti, leggermente tangente, rispetto ai testi proposti, cioè quello della poesia civile. Pertanto, visto che proprio stamani Orsola Puecher (con Massimo Onofri) propone un brano delle Ceneri di Gramsci,mi sembra quello il “contesto” adatto per rilanciare la grande questione della poesia “civile”: se ve ne sia attualmente, quali caratteri essi abbia eccetera eccetera.

  43. @D’angelo
    D’accordo con te. Ma devo dirti una cosa: anch’io mi sono laureato con una tesi in cui congiuntamente esaminavo CUORE DI TENEBRA e APOCALYPSE NOW!

  44. @diamante

    Straordinario! Io l’ho scritta nel 1990-91 e l’ho presentata il 24.6.1991 all’ Istituto Universitario Orientale di Napoli, relatori Mino Argentieri e Silvana Valerio.

  45. Salvatore, ti rispondo trascrivendoti quello che in merito al tuo quesito scrissi poco tempo fa in altra occasione:

    C’è da chiedersi quale sia lo scopo della poesia di carattere civile e politico, soprattutto oggi. Compito di questa letteratura di confine, di questo scrivere mettendosi in gioco attivamente, combattivamente denunciando (ed oggi ancor più rischiando!) è quello di non chiudersi in cerchie di letture di nicchia al mero scopo di far vanesio sfoggio autoincensante della propria intima profondità ed erudizione. Questo è il triste errore che la “intelligentia” sinistroide commette da anni, allontanandosi dalle masse per chiudersi in circoli culturali ristretti ed elettivi, quando invece dovrebbe per suo proprio naturale ideale e necessità, desiderare gramscianamente d’arrivare al popolo, alla gente comune, imparando a dialogare con essa, rieducandone il distorto gusto, la plagiata coscienza.

    E mi arrabbio quando della poesia civile e politica si fa verseggiare oscuro e d’élite, perché è la snaturalizzazione stessa dei termini “civile” e “politico” quella che viene operata magistralmente dalla penna.

    Mai come oggi la poesia ha il compito/DOVERE di dire, di smuovere, di sollevare e seminare nuovo ed antico valore etico-sociale, voglia di costruire una società migliore, parlando delle guerre meno “nobili” dove la stampa non arriva perché il petrolio non c’è, e di quelle famose perché implicano gli interessi economici delle multinazionali …

    Parlare di diritti civili ed umani, di precarietà, di lavoro, di sfruttamento, di amore è necessario e deve essere leggibile, deve avvicinare le persone, richiamarle a sé, non allontanarle.

    La forza di questo governo sta proprio nell’aver saputo parlare (circuendo) le masse, sfruttando i mezzi di comunicazione di cui è ampiamente unica padrona, appiattendo le coscienze, i gusti, le aspirazioni al fruibile immediato.

    Se a sinistra continueremo a parlarci tra noi, cercando un angolo di notorietà per far sfoggio del nostro misero ed erudito “io”, faremo il gioco di chi si prende il voto operaio affamandolo con il sorriso sulle labbra, e saremo complici, non vittime del popolo bue.
    Questo rimprovero alla mia sinistra, agli intellettuali che tanto hanno da dare e da dire con la semplicità della cultura.

    Con amarezza riporto il pensiero di un uomo, uno di noi, uno che mi sa emozionare fino alla commozione, uno che amava la borgata e la sua gente fino a morirne:

    “Cos’è successo nel mondo, dopo la guerra e il dopoguerra? La normalità. Già, la normalità. Nello stato di normalità non ci si guarda intorno: tutto, intorno si presenta come “normale”, privo della eccitazione e dell’emozione degli anni di emergenza. L’uomo tende ad addormentarsi nella propria normalità, si dimentica di riflettersi, perde l’abitudine di giudicarsi, non sa più chiedersi chi è. È allora che va creato, artificialmente, lo stato di emergenza: a crearlo ci pensano i poeti.

    I poeti, questi eterni indignati, questi campioni della rabbia intellettuale, della furia filosofica.”

    Pier Paolo Pasolini

    ***

    ovviamente non pretendo che siate d’accordo con me, tuttavia, mi esprimo e dico la mia… ancora credo si possa fare, almeno a “sinistra”, dicono…

    n.c.

  46. è bello a volte ritrovarsi semplici e aver voglia di recepire l’urgenza delle parole che si fanno versi.
    quasi in silenzio
    grazie natalia

  47. @ D’Angelo
    Io l’ho discussa nell’aprile del 2006, relatore Massimo Fusillo.
    @Natàlia
    La nostra concezione della poesia è pressoché opposta, però: io posso rispettare la tua idea di arte per tutti, e tu puoi rispettare la mia di arte per pochi, senza che per questo io ti accusi di banalità (e non lo faccio) né tu mi accusi di snobismo, giusto? La poesia non deve diventare uno slogan da brandire, o no?
    ps: qui per arte intendo poesia; col romanzo è un’altra storia.

  48. guarda, Diamante, che non accuso di snobismo nessuno, né tantomeno mi sfiorerebbe la “banalità”
    qui si parlava di poesia civile, non in assoluto di “Poesia” o arte.
    Pensi forse che non sappia apprezzare altro? ti sbagli, Diamante, ti sbagli.
    cmq. per soddisfare qualunque altro tuo poetico busillis, puoi scrivermi alla mia mail senza problemi
    castaldi@babelfault.com
    ciao

    @Stalker, tvb.

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francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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