Saramago, il quaderno di un blogger

saramago-copertina di Marco Belpoliti

In copertina una fotografia scattata da Daniel Mordzinski. L’autore del libro vi stringe in mano un piccolo specchio in cui si vede una parte del suo viso: gli occhi e gli occhiali, la fronte e le sopracciglia. Il ritratto di José Saramago ci appare così: parziale, un frammento della sua immagine generale, in cui anche il viso, la parte più importante del corpo umano, non è un intero, bensì, a sua volta, un frammento. Eppure Saramago c’è tutto, e soprattutto c’è quella mano, appena sfuocata che regge lo specchietto. Narciso fatto a pezzi? Uno scrittore è quasi sempre quello che scrive. La sua vera immagine – il suo self – è dato dalle pagine del libro che abbiamo in mano. Non c’è altro. O forse sì, ma è una questione da biografi, qualcosa che viene dopo l’opera e che cerca la vera immagine dello scrittore non nelle sue pagine scritte ma nella sua vita.
Meglio: il biografo cerca una corrispondenza tra la vita e la scrittura, come se il segreto dello scrittore fosse davvero racchiuso in quel pugno di anni in cui è vissuto. Saramago ne ha tanti, quasi 88. Una età venerabile. E a questa età l’autore del Memoriale del convento, premio Nobel nel 1988, si è messo al computer e ha scritto delle brevi prose per un blog. Sono pensieri, riflessioni, esternazioni, invettive, meditazioni, brevi racconti, menorie, ricordi, frammenti, proprio come lo specchietto che tiene in mano: c’è tutto Saramago, ma attraverso una piccola porzione della sua scrittura. Il libro alla sua uscita in originale ha suscitato mesi fa una piccola polemica per via di tre brani – tre “diari di bordo” – che riguardano il presidente del Consiglio del nostro paese, Silvio Berlusconi. La sua casa editrice italiana, Einaudi, ha declinato l’invito a pubblicare il testo che raccoglie le brevi scritture del premio Nobel, Il Quaderno, perché contengono frasi molto critiche – anzi, offensive si è detto – nei confronti di colui che è il proprietario dell’Einaudi: Silvio Berlusconi. Ha fatto bene? Ha fatto male? Il problema non è questo, credo. Poiché in questo mondo ogni editore è libero di decidere cosa pubblicare e cosa no. E di prendendosene la responsabilità.
Per Saramago, in quanto celebre e bravo scrittore, non esisteva il problema di una censura definitiva. Difatti ha subito trovato un altro editore, Bollati Boringhieri. Quello che m’interessa è invece il rapporto che esiste tra questo testo e il resto dell’opera di Saramago. Anche Il Quaderno è un’opera letteraria oppure no? Ci sono diversi modi di porre la questione. Uno di questi è quello espresso da Umberto Eco che firma la prefazione al volume di Saramago. Un modo molto pragmatico, come si conviene a un autore illuminista e pratico come è Eco. Saramago blogger, dice l’autore del Nome della rosa, è un arrabbiato. Ma c’è o no uno iato tra “questa pratica d’indignazione quotidiana sul transeunte e l’attività di scrittura di “operette morali” valide per i tempi passati e futuri?”. Eco dice di aver scritto la prefazione perché sente di condividere con lo scrittore portoghese un’esperienza comune: anche lui scrive per un settimanale. Allude, naturalmente, a La bustina di minerva che esce con cadenza quindicinale su “L’Espresso”. E definisce questa sua attività giornalistica un tipo di scrittura “più chiaro e divulgativo dell’altro”, ovvero della scrittura letteraria tout court. Di più sostiene Eco che lo scatto satirico, la staffilata critica scritta a tambur battente è la vera fonte delle opere di maggior impegno, e non il contrario. Ha ragione, e ha torto.
Ha ragione perché nelle opere di ogni scrittore l’indignazione come ogni altro sentimento, dalla paura e alla depressione, dalla gioia e all’infelicità, sono all’origine delle sue opere letterarie (ecco cosa cercano i biografi). E tuttavia anche queste pagine, quelle di Saramago sono testi letterari, fatti e finiti. E come tali vanno accettati e giudicati. Non c’è una differenza tra parti scritte in piccolo – come le note di un saggio – e parti scritte in grande, tra opere minori e opere maggiori. I critici diranno ciò che a loro parere è riuscito oppure no. Per me le pagine di questo quaderno da blogger sono pagine letterarie, anche se definiscono Berlusconi “un delinquente”, anche se danno al giovane Bush dell’ignorante, e lo definiscono un robot mal programmato. Saramago scrive sempre da scrittore anche quando invoca, s’adira, s’illumina, bestemmia, piange e si scandalizza. Le pagine de Il Quaderno ci fanno sentire la medesima inquietudine che Luciana Stegagno Picchio sente nei fogli a stampa dei suoi romanzi più noti. L’inquietudine è un sentimento che Saramago coltiva con insperata e inconsapevole praticità in tutti i suoi libri. Chi ha letto il recente Viaggio dell’elefante sa cosa voglio dire. Certo, là c’è una inquietudine che è insieme ironia, sarcasmo, sguardo dolente ma pacato sul mondo. Qui invece il ritmo, mai fratto e spezzato della frase, è invece dato dalla capacità che Saramago ancora possiede di scandalizzarsi, d’inciampare con le parole e i pensieri nello scandalo generale di questo mondo, cui quasi nessuno oramai sembra più far caso: i migranti morti a pochi metri dalla riva alle Canarie, la prigione di Guantanàmo, Gaza, la Palestina, la questione del potere, la distruzione sistematica della ricchezza come metodo proprio del capitalismo, e tante altre cose ancora.
Saramago è uno scrittore per il ritmo della sua prosa per le frasi icastiche che scrive – un esempio: “Fisicamente abitiamo uno spazio ma sentimentalmente siamo abitati dalla memoria”. Sono frasi da scrittore che pensa, e i pensieri diventano frasi che si allontanano da lui di corsa, velocemente, in fretta, oppure sostano sulla pagina affinché noi li possiamo gustare a lungo con la lingua ma anche con la mente. L’impazienza è al culmine in tanti passaggi del libro. L’impazienza che era anche una delle muse di Céline, la sua più sincopata. La frase di Saramago è invece sempre tornita, gira attorno a se stessa e si distende. Anche quando si sente che dietro la preme la rabbia o l’impazienza; possiede una forza del dire che non forza mai il suo ritmo. Starei per dire: è elegante. Se non fosse che l’eleganza sembrerebbe fuori luogo in uno spazio di scrittura così frammentario come è un blog.
E invece no. Uno che scrive è sempre lui, anche quando parla ad alta voce. Ecco perché l’importanza, forse involontaria o forse no, di quell’immagine in copertina. Nei suoi libri Saramago c’è dappertutto, e tuttavia non si vede mai. Qui c’è in ogni verbo, in ogni aggettivo, in ogni frase. C’è nella punteggiatura che nell’ultimo libro, che abbiamo letto in Italia, ha abolito. Nel Quaderno parla molto di sé, della donna che ama, degli amici e dei nemici. Narciso che si riflette. Ma lo fa per frammenti. Il Quaderno è un libro letterario non solo per come è scritto, ma soprattutto per lo sguardo che c’è dentro, lo sguardo che noi guardiamo sulla copertina del volume, lo sguardo che tiene in mano l’autore stesso e che ci offre in dono come una parte non meno importante di sé. Anzi, qui possiamo guardarlo davvero, ma a condizione di sapere che non è un intero, ma sempre una parte, un dettaglio significativo di sé, una parte della sua opera letteraria che non si può inopinatamente dividere tra maggiore e minore. Una e indivisibile. Per quanto a noi possa piacere più questo libro o quello, sarà sempre un fatto di gusto, non certo di qualità.

[José Saramago incontrerà i suoi lettori a Torino (9 ottobre), Alba (10 ottobre), Roma (14 ottobre). Passerà anche a Milano, lunedì 12 ottobre -ore 21.00- al Teatro Franco Parenti, in via Pier Lombardo 14. Interverranno Marco Belpoliti e Marco Travaglio]

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9 Commenti

  1. Mi piace leggere un articolo a proposito di José Saramago scrittore che si impegna nella sua opera e nella sua vita.
    Ho molto amato l’analisi della foto della copertina.

    Uno scrittore è nelle pagine del suo libro.
    E’ nella solitudine e nel silenzio che la vera anima affiora.
    La vita è una danza con gli altri, viene il momento dove
    uno scrittore aspetta, scrive, analisi i frammenti della vita.

    Nello specchio occhi che hanno visto tante notte,
    la vita assorta nel mundo scuro degli occhi,
    la fronte marcato del disegno del lavoro
    come mare in sera.

  2. Riguardo la foto in copertina, trovo interessante il fatto che Saramago regga in mano uno specchio che riflette si un frammento, ma proprio perché specchio e non fotografia, possibile di movimento: ogni volta un frammento diverso, ogni volta un’inquadratura diversa del self. Forse il segreto del libro che nasce da un blog é simile a quello delle lanterne luminose, del primo cinema, qualcosa che stupiva più per la somiglianza con il reale che per il valore artistico che solo successivamente é stato riconosciuto.
    Non é che il vecchio editore rifiutando il testo adducendo motivazioni legali e quindi di mera attualità non si sia accorto per dirla con Gore Vidal che da un pezzo viviamo nell’epoca post-Gutenberg? Saluti

  3. ho solo letto il titolo del post e contemplato l’immagine poi leggerò il post e comprerò il libro.
    ma sono a letto e ho finito *l’uomo duplicato* -di saramago-
    e secondo me -o secondo quella parte di me che rapina gli scrittori che si aggirano di notte nella mia stanza- proprio questo frammento di specchio rievoca la duplicazione dello sguardo, il vedersi dal libro, il guardarsi da fuori e.
    basta.
    leggo il post e poi magari scriverò ancora.

  4. Bravo Marco, bell’analisi… e si percepisce la tensione, la passione del lettore che si diverte leggendo…
    L’unica domanda che mi pongo – che poi ritorna spesso: certe analisi si fanno soltanto quando uno è già Saramago, o Kundera o Rushdie o Wallace… quanti scrittori italiani meriterebero questa pazienza, questa tornita attenzione e questo sguardo generoso – aggiungo, giustamente, condivisibilmente generoso?
    Per il resto coltivo ancora l’illusine che il nostro paese non stia avvero scivolando nella cattiveria, per usare un eufenismo… i segnali purtroppoiniziano a picchiare anche alla mia tempia, e non è che sia uno di bocca buona.
    un saluto

  5. Leggendo questo pezzo su un libro che non ho ancora letto, mi viene in mente, per sincretismo e per “stoffa”, il personaggio di Whatever Works del film di Allen. L’inquetudine di questi due “personaggi” anziani non ha a che fare, a mio avviso, col solito cliché del vecchio brontolone, ma ha un input più legato ai temporamores: la reazione alla barbarie e all’idiozia del tempo che ci è toccato vivere.

  6. caro marco
    mi hai fatto venire molta voglia di leggere questo libro di saramago. gli ultimi non mi avevano preso moltissimo.

  7. “Il libro alla sua uscita in originale ha suscitato mesi fa una piccola polemica per via di tre brani – tre “diari di bordo” – che riguardano il presidente del Consiglio del nostro paese, Silvio Berlusconi. La sua casa editrice italiana, Einaudi, ha declinato l’invito a pubblicare il testo che raccoglie le brevi scritture del premio Nobel, Il Quaderno, perché contengono frasi molto critiche – anzi, offensive si è detto – nei confronti di colui che è il proprietario dell’Einaudi: Silvio Berlusconi. Ha fatto bene? Ha fatto male? Il problema non è questo, credo. Poiché in questo mondo ogni editore è libero di decidere cosa pubblicare e cosa no.”

    Giusto, la polemica è stata piccola, molto piccola se si considera quanto l’opposizione politica a Berlusconi, sia a livello dei suoi rappresentanti sia a livello dei suoi elettori, si indigna e manifesta per la mancanza di libertà di informazione e di espressione a ogni livello dei media. Perchè non ci si preoccupa anche del monopolio editoriale librario di Berlusconi, e non solo di quello televisivo?
    Perchè ci sono altri editori? Certo, ma molto più piccoli, e con tirature mediamente molto più basse, suppongo.
    E allora, il problema non è se ha fatto bene o male Einaudi a rifiutarsi di pubblicare questo libro di Saramago. Il problema è: Saramago, dopo questo rifiuto, vorrà ancora pubblicare per Einaudi, un editore che censura le sue opinioni e che lui considera proprietà di un delinquente (o criminale: non ricordo il termine che ha usato per descrivere Berlusconi). Il problema è: gli scrittori che pubblicano per il gruppo Mondadori vorranno continuare a farlo e a considerare Mondadori un editore uguale a tutti gli altri? O magari un editore di cui combattono le posizioni politiche dall’interno, come si suol dire (finché potranno rimanere al suo interno, come insegna il caso Saramago)?

    Tutte questioni di cui, per quel che ne so io, si parla poco negli ambienti letterari, o da parte degli scrittori. Forse perchè gran parte degli scrittori, compresi quelli che si battono per il pluralismo dell’informazione e dell’editoria, scrivono per Mondadori.

  8. La foto in copertina la intendo così: il mondo si specchia in Saramago, che in questo libro tocca molti aspetti della realtà contemporanea. Ma il mondo visto da Saramago è abitato innanzitutto da Saramago, dalla sua grandezza, dalla sua immaginazione, dalla sua capacità di dare il corpo delle parole allo spirito di anoglature impreviste da cui guardare la realtà.

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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