Lasagne al forno surgelate Findus e tutto l’amore

[ VideoVoce prodotto&confezionato dall’autore medesimo ]
di Paolo Sciola

stiamo insieme da 27 anni io
e dany ci vogliamo molto bene credo
con i soliti alti e bassi lei ha avuto
piccoli problemi di pressione e parentesi
localizzate d’alcolismo (le piacciono le cose
fatte bene quando riesce a farle taglia
le verdure a dadini perfetti per il minestrone)
ha avuto tre accidenti di figli nel frattempo
oltre me e una casa cui badare
sono stato abbastanza bene nella solitudine
abbastanza condivisa abbastanza insopportabile
ieri però stranamente ho dato via di testa
(mi capita sì e no otto nove volte l’anno
sono un tipo altrimenti equilibrato)
ha avuto qualcosa da ridire circa
il mio modo allegro di guidare
(mi ero fatto qualche birra di nascosto)
sono un buon pilota di solito lo sa
anche per errore specie quando bevobene sono rimasto male non me l’aspettavo
non da lei non siamo mai andati fuori strada
non ancora a casa le ho aperto la portiera
dall’interno e ho proseguito via
dopo due ore ero di nuovo lì al mio indirizzo
c’era stata nel frattempo un po’ di musica
e qualche sigaretta e un pacco di pensieri veri
a un volume molto alto
ho guatato di sottecchi occhi alieni d’odio
inquisitori (sapete, non ho mai steccato un giorno
nel lavoro) e io non sopporto certi sguardi strani
avevo un sacco di cose da dire ma ciò che poi
ho detto è che desideravo al massimo lasagne
al forno proprio così non c’è da credermi dopo
ventisette anni sei mesi e un giorno ed era pure
vero dio santo un desiderio immenso come di donna
incinta con le stupidissime sue voglie.
“Lo sai che mi piacciono” ho gridato “lo sai,
l’hai sempre saputo”. Le lasagne ho detto
ecco ciò che sempre è mancato in mezzo a noi
se qualcosa ma non tanto ci è mancato
due giorni dopo al market mi sono preso
le lasagne surgelate quelle Findus con tutti
gli ingredienti da 500 gr. meglio di niente
e le ho messe al forno ne ha mangiato pure lei
poi dopo una settimana abbiamo fatto
pace io e dany lei ha preparato volentieri
il ragù e domani se dio vuole avremo
le lasagne fatte in casa e tutto l’amore
non so se ne ho ancora voglia oggi adesso
mi vengono dei dubbi sto pensando che forse
le Buitoni forse erano meglio delle Findus forse
abbiamo bisogno tutto lì soltanto d’altro forno
di un forno nuovo ventilato con la griglia
ecco possiamo trovarlo nell’usato credo
se mai ci dovesse capitare d’aver voglia
ancora di rimettere qualcosa in forno

 

 

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39 Commenti

  1. Originale, gustoso, divertente.
    Si legge con il sorriso cucina e amore.
    Non ho mai provato lasagne di findus,
    credo che non ho fiducia nel gusto.
    L’autore fa l’occhiolino al lettore,
    con una poesia che gioca con il palato
    e con i corpi nell’amore,
    il forno ha una presenza tutta simbolica.

    PS Vale per le lasagne di findus.
    dopotutto, ho voglia di Nutella improvvisamente,
    e nel film Bianca, l’immenso barratolo di nutella
    mi ha sempre fa venire l’acquolina in bocca.

  2. Come possano le immagini sospese di Hopper nobilitare un testo velleitario, delle quali non è purtroppo all’altezza.

  3. Credo – potrei sbagliarmi eh – che Hopper sia una sorta di citazione. Un pittore americano, realista, che descriveva paesaggi interiori attraverso immagini di esterni.
    Scene ambientate in città o in campagna, stanze e locali pubblici, e personaggi, certo. Figuranti a raccontare una società intera.
    “All the lonely people”, canterebbero i Beatles.
    La solitudine dell’uomo, specie di quello moderno, che un’altra grande voce (più o meno contemporanea a quella di Hopper) ha saputo cogliere e fissare: quella letteraria di Raymond Carver.
    Trovo quindi azzeccato l’uso di immagini di Hopper in questo contesto. Sciola racconta la quotidianità di una coppia come tante, con i suoi alti e bassi, e lo fa usando un linguaggio diretto, immediato, fruibile a prima lettura, come faceva Carver.
    Quello che c’è dietro, però, mi pare molto più interessante. Il non detto, intendo. Il potenziale esplosivo di quella situazione che assomiglia a un congegno a orologeria, di cui non si conosce il momento preciso di deflagrazione. L’oggetto semantico stesso – le lasagne surgelate, prodotto industriale, e contrapposte a quelle fatte in casa, nel calore buono del forno domestico – richiamano a un senso di congelamento dei sentimenti, e alla freddezza dell’epoca contemporanea.
    Ci leggo una disperazione trattenuta con la forza dell’autoironia e della dignità dell’io narrante (basta ascoltare il tono con cui l’autore legge la sua poesia, senza enfasi, quasi con indifferenza) che in qualche modo trasmette una sua solarità, anche attraverso la musica scelta come sottofondo e che suona quasi in contrappunto al testo stesso.
    Insomma, trovo questo esperimento ben riuscito. Complimenti all’autore e alla signora Puecher. E a tutti il mio saluto, chè questa è la prima volta che intervengo qui.

  4. Credo invece che Horper si armonizza alla poesia per comme le dice Liebestod il sentimento della solitudine nella coppia.

    Anche se mi fa più impressione la solitudine delle donne in Horper.
    Il momento dove la donna è davanti al suo corpo, alla sua identità femminile, sola.

    Mi sono riconsciuto nella donna nella poltrona davanti alla finestra con la pelle bianca e i capelli che lasciano il volto nel segreto.

  5. E’ solo una questione di gusti.
    Le immagini di paesaggio urbano o sub che compaiono per prime non mi paiono della mano di Hopper.
    Trovo quelle più adatte alla spiazzante ma domestica quotidianità della coppia.

    Poi, a dire il vero, ‘sti due mica mi sembrano stare tanto male insieme, dopo ventisette anni sono arrivati alle lasagne: niente male.
    Io ci sento anche ironia in questa poesia.
    A leggere come stavano andando le cose credevo ci scappasse ‘na coltellata al marito sbronzo. :-))

    MarioB.

  6. Ringrazio tutti indistintamente.
    E sinceramente.
    Soprattutto Orsola, senza la quale questa video-poesia non avrebbe visto la luce.
    In origine il progetto si basava sulla pubblicazione di tre poesie che lei ha scelto tra quelle che le avevo inviato a suo tempo.
    Poi c’è stato l’invito da parte sua a recitarmele da me, perché potessero essere inserite nella sezione “dei poeti le voci”.
    La mia interpretazione vocale è abbastanza da cani, non ci vuole un genio a capirlo.
    Di qui l’idea comune di creare dei video che miscelassero delle immagini a un po’ di musica in sottofondo.
    Così, tanto per “lenire” o attenuare le mie evidenti carenze vocali, sia a livello di timbro che di dizione.
    Ho dovuto imparare un mestiere nuovo.
    Non avevo mai trafficato, prima, con Moviemaker e/o Soundtrax di Nero.
    Il primo invio non aveva soddisfatto Orsola, che è pignola di per sé e ama le cose fatte bene.
    Soprattutto se deve metterci la faccia.
    O il suo timbro.
    Era un video con evidenti difetti e con immagini che erano fotografie prese dalla rete che accompagnavano pedissequamente il contenuto del testo.
    Per fare un esempio: quando si dice che lei taglia a dadini perfetti le verdure per il minestrone, appariva nel video l’immagine di un coltello su un tavolo posato accanto a delle verdure sminuzzate con una certa maestria.
    Non c’era poesia, in altre parole.
    Mancava la suggestione.
    Già il testo può apparire scarno di per se stesso, a un primo livello.
    Così è nata l’idea di prendere a prestito la poesia o le suggestioni di artisti dell’immagine con la A maiuscola.
    Associare Hopper a un testo “minimalista” e carveriano come questo, dove tutto sembra succedere senza che i protagonisti capiscano che sta succedendo loro qualcosa – particolare che è, a mio parere, tra i più rivelatori dell’understatement in cui spesso si muovono i personaggi di Carver ed è allo stesso tempo indice del suo genio – è stato un tutt’uno.
    Non voglio parlare qui – non è mio compito – del ricorso alla parlata (il famoso “speech” da cui è nata buona parte della poesia e della prosa americana moderne, a dar retta alle lezioni di Ginsberg e al suo studio delle poesie di W.C. Williams).
    Pure c’è, mi sembra il tentativo di usare un linguaggio sommamente antipoetico, un linguaggio comune, per vedere se, dall’uso di questo materiale povero, potesse poi nascere una narrazione che fosse avvicinabile a un qualcosa di artistico.
    La musica, nella piccola suggestione che il video può suscitare, ha una parte non secondaria.

    (invio e continuo a ruota)

  7. E’ un canto della tradizione sarda che parla di un’unione finita in tragedia, con il sacrificio della moglie che dall’aldilà, o da una qualsiasi altra dimensione assimilabile, ripercorre il proprio sfortunato vissuto matrimoniale.
    Andhira è una formazione sarda di tre voci femminili guidate da un pianista.
    I DFA, gruppo progressive-jazz-fusion veronese purtroppo poco conosciuto, hanno fatto un arrangiamento del pezzo e l’hanno inserito nel loro ultimo CD (4th).
    Il risultato a me pare strabiliante.
    Sarò un sentimentale, ma mi commuovo, o quasi, ogni volta in cui lo ascolto.
    Questo per dire, come ha giustamente sottolineato qualcuno, che senza “il concorso di colpa” di Hopper e DFA/Andhira, questa poesia sarebbe stata una “semplice” accozzaglia di parole la cui necessità avrebbe potuto suonare, a orecchie poco avvertite, di difficile giustificazione.

  8. @ Franz
    Grazie.
    il senso di lucida follia che ravvisi nasce forse dall’assurdo di una situazione in cui il narratore vive una grave situazione di disagio e tutto ciò che poi riesce a dire è che ha voglie di lasagne, proprio così, niente di più che questo. A indicare la mancata soddisfazione dei propri bisogni, diciamo primari, da parte di una compagna troppo presa dai propri problemi per avere il tempo di dedicarsi a chi le sta intorno.

    @ Marthagraham
    Grazie dell’apprezzamento, mi pare lo sia. Credo ti riferissi, giustamente, al lavoro sottotraccia di Orsola.

    @ Véronique
    Scrivi: il forno ha una presenza tutta simbolica.
    Lo penso anch’io.
    Forse vuol dire, semplicemente, trovarsi un’altra donna.

    @ Ares
    Nessuno ti obbliga a mangiarle.
    A me invece piacciono un casino, quelle vere.

    @ metrovampe
    Grazie dell’indulgenza.
    In effetti ne avrei altre due che si muovono sulla stessa falsariga, per dir così, culinaria: Ragù e un’altra che parla di funghi (in apparenza).
    Chissà, forse un giorno…
    Ma non dipende da me.

    @ Antonello Cassano
    Di Nove ho letto neanche metà di Woobinda (mi pare).
    Poi l’ho smesso senza rimpianto.
    Quando si vuole colpire per il solo gusto di colpire…
    Raccontini internettiani, non di più.
    (Sarà contenta la Policastro!)
    Violenza per violenza, preferisco Bukowski.
    Che almeno non si prendeva sul serio e aveva un’autoironia che il nostro (ma direi il vostro) se la può soltanto sognare.
    Per me quella di Nove non è letteratura (quella che ho letto io almeno).
    Al massimo si tratta di fumetti.
    Così come sono fumetti i film di Tarantino.

    @ niky lismo
    Hai ragione al cento per cento su Hopper – ne ho parlato sopra.
    Quando però parli del testo come velleitario, a mio parere ti è sfuggita l’ironia che c’è sotto e sopra le righe.
    Ma soprattutto l’autoironia.
    Può darsi però che questo sia dovuto, come autore, alle mie insufficienze.

    @ cf05103025 (alias MarioB, o viceversa)
    Ho dovuto fare il copia-incolla del tuo nick, per non sbagliarmi.
    Io invece Hopper ce l’ho messo e credo ci stia bene.
    De gustibus… anch’io.
    Sono tutti quadri di Hopper, anche i primi.
    Le uniche due sequenze non sue sono in realtà delle foto.
    Una è quella di una casa verde penicillina (ai miei tempi usavamo dire così per definire quella tonalità di verde chiaro smorto) nella penombra di un incrocio di strade.
    L’altra è la foto di scena (la coppia che litiga di fronte ad alcuni bicchieri vuoti su quello che non si capisce sia un tavolo o un banco da bar) tratta da uno spettacolo teatrale di David Mamet ispirata proprio ai quadri di Hopper e alla solitudine, direi metafisica, dei suoi personaggi.
    Qui apro e chiudo velocemente una parentesi: la massima ambizione di Hopper, dichiarata, è che lui ha sempre cercato di “dipingere la luce”. Il che, a sentire i critici, lo colloca nella corrente dei Caravaggio, Vermeer etc. Basterebbe questo a farne un grande. Oltre al fatto che non ha prodotto molte tele. Ma ciascuna di esse, a mio parere, è un capolavoro che con pochi oggetti, pochi personaggi e “la luce giusta” resterà per sempre nel patrimonio artistico dell’umanità. Così come i relativamente pochi racconti di Carver.

    @ liebestod
    Senza parole.
    Credo tu rappresenti il critico che ciascuno di noi si sogna la notte e il mattino e il pomeriggio.
    Per tacere della sera.
    Alla luce del tuo sguardo penetrante, questo “testicolo” (piccolo testo) raggiunge una dignità che non sono sicuro avesse in origine, se non nelle intenzioni.
    Questo (non lo dico solo per me) è fare critica testuale, a mio parere.
    Il solo modo onesto che conosca per giustificare un mestiere altrimenti, questa volta sì, velleitario e pretenzioso.
    Dio ti preservi a lungo.

    @ Donato
    Grazie per avermi fatto conoscere Francesca Genti.
    Ho sfruculiato Google per informarmi.
    Oltre ad aver ammirato le sue grazie, ho letto pure una decina delle sue poesie.
    Superficialmente, lo ammetto.
    L’impressione è quella di una ragazza un po’ miope che fa quadretti simpatici di sincerità e li spaccia per arte, con la claque convinta di un seguito di ammiratori (non c’entra forse la sua grazia corporale?).
    Il narratore di questa sottospecie di poesia che ho postato (in realtà l’ha fatto Orsola) è un uomo.
    Quella che dici tu una ragazzina.
    Molti secoli dopo.
    O anche prima, se preferisci.

  9. ma infatti io non mi riferivo ai tuoi gusti, ma a quello che viene fuori leggendo le tue poesie. bukowski infatti non l’ho proprio sentito. ti manca (o non la vuoi) l’epicità.

  10. Nota a margine, ma non troppo.

    La google-critica-prêt-à-porter è il pane di questi tempi cupi e dei blog, ma questo non autorizza mai a scendere sul piano personale e in questo modo tipico, doppiamente antipatico nel caso di una donna, con le immancabili notazioni sull’aspetto fisico e sull’età:

    ammirato le sue grazie
    ammiratori
    la sua grazia corporale
    una decina delle sue poesie
    superficialmente
    impressione
    una ragazza un po’ miope che fa quadretti simpatici di sincerità e li spaccia per arte
    una ragazzina

  11. Faccio ammenda.
    Mi scuso con Orsola, con Francesca Genti e, dato che ci sono, anche con Aldo Nove.
    Non mi è piaciuto l’accostamento.
    Semplicemente.
    E la cosa si è capita.
    Così sia.

  12. Sciola, se avevo giganteschi dubbi sulle tue presunte qualità di poeta, dopo il commento sulla Genti me ne sono venuti di altrettanto enormi sulle tue presunte qualità umane. Non conosci niente di una persona, tu stesso ammetti di aver dovuto googlare e aver letto superficialmente, e spari giudizi gratuiti, aggressivi e sessisti.
    Vergognati.

  13. @sciola. tu subito dopo hai fatto le tue scuse, come un bravo ragazzo. un po’ tardi, no? non ti piace l’accostamento? con genti il tuo pezzo non c’entra nulla, a mio avviso, ma di nove c’è l’essenza, rivoltata in maniera originale, senza bisogno di una violenza che sta più nel non detto che nel detto. e, in ultimo, che bisogno c’è di spiegarci cosa volevi dire, insomma di farti l’autocritica in positivo? questo eccesso di certezze mi ha dato fastidio, senza nessunissima offesa.

  14. Le scuse striscianti, le scuse tardive, da bocche tardive, da masse corporali tardive, da scatole craniche prive, il teschio vuoto, “piccoli problemi”, “tre accidenti di figli”, “qualche birra di nascosto”, urca che normalità e trasgressione, urca an vedi a Carver, lui si crede, in qualche modo, un po’ da lontano, tutto un po’ contemporaneo, falso modesto, oggi, tipo Radio Popolare – un po’ miope, un po’ sfruculiato, un po’ tanto testa di cazzo. Proprio un po’ tanto.

  15. ho sempre seguito i post di orsola con entusiasmo silente
    ne ricordo uno di maria valente STRAORDINARIO

    qui si è persa una piccola occasione ma di sicuro è dovuto all’arroganza e alla maleducazione del presunto poeta rappresentatovi
    un caro saluto alla genti e alle donne tutte
    c.

  16. Oh cielo! Sì, vale la pena di avere qualche minuto da perdere e andare a rileggerlo quel vecchio ignobile commento, perché fa capire cosa NON E’ un uomo sensibile, intelligente e rispettoso.

  17. Dimenticavo: il mio è il primo commento della lista (compresi gli altri interventi con quel nick).

  18. @ lambertibocconi

    “testa di cazzo” è il più bel complimento, letterario e non, che mi sia mai stato fatto.
    (a parte quelli che mi rivolge solitamente di mia moglie, dico) :-)

    E comunque, complimenti sinceri per “Lunario di Settembre”, forse e senza forse il mio pezzo preferito di Fossati (anche per la musica, intendiamoci), sentito un sacco di volte in macchina “a un volume molto alto” e anche con l’ausilio di una “qualche birra di nascosto”.
    Peccato non aver trovato, al ritorno, le lasagne surgelate findus e tutto l’amore…
    (Quel “vecchio ignobile commento” cui ti riferisci è anche, se vuoi, uno dei miei più urbani. Ed è anche il modo onesto, dal mio punto di vista, in cui faccio di solito critica letteraria, quando ho tempo e energie per dedicarmi agli altri. Da scrittore a scrittore. Leggilo meglio, ti accorgerai che tra le righe è pieno di apprezzamenti per il pezzo di Forlani).

  19. @ carmine vitale

    Grazie di cuore per aver tirato fuori quel link.
    Chi legge il pezzo di Forlani e poi quel che ne ho scritto io – niente più che la mia opinione – se non ha il cervello foderato di prosciutto, capirà forse che si tratta di un punto di vista franco basato anche, e soprattutto, sull’analisi del testo. A parte certe considerazioni iniziali fatte da scrittore a scrittore (direi da amico a amico, se avessi la fortuna di conoscerlo) che a me paiono comunque trasparire dal racconto.
    (Ho letto i tuoi versi, ma eviterò di dirti cosa ne penso: pare che qui non usi – la sincerità dico).

  20. Chengoboro, sei proprio un uroboro!
    (Cosa devo dire????)
    Forse è giunta anche per te l’ora di cambiare tutto…
    Ti segnalo che la poesia di Anna L.B. “Alla luna” da cui poi Fossati ha tratto quella canzone è su due miei libri (l’ho ripetuta perché io faccio tutto quello che mi pare, e bevo dozzine di birre sotto gli occhi del mondo), insieme a tante altre.
    Comunque non si commentano MAI le parole di una donna, tanto più se sconosciuta, col condimento della scena sessista. E’ una cosa che rivolta le budella. E’ il motivo per esempio per cui io odio Giuseppe Genna, che me l’ha fatto qualche anno fa e da quel momento per me è morto. E’ il motivo per cui Berlusconi ha fatto recentemente cagare con la sua frase a Rosi Bindi. E’ il motivo per cui siamo indietro, indietro, indietro… e chissà se mai ci risolleveremo.

  21. @ francesca genti

    In un Paese come il nostro, dove chi sbaglia – specie se si tratta di personaggi pubblici – raramente chiede scusa e men che meno si dimette dalle cariche rappresentate – o, in alternativa, si dimette da se stesso -, ho ritenuto di fare ammenda di certe mie dichiarazioni affrettate che erano solo una risposta a certi frequentatori di questo sito che usano provocare con giudizi lapidari anziché addentrarsi nell’analisi del testo che di volta in volta si trovano davanti (cosa che richiede tempo, competenza, amore, libertà di coscienza e mancanza di pregiudizi – vedi il link all’uopo postato da quell’impagabile di carmine vitale).
    Io non occupo, direi per fortuna, cariche pubbliche o istituzionali.
    Rispondo alla mia coscienza, quando ci riesco.
    Ho presentato pubblicamente le mie scuse a chi ritenevo di doverle.
    Sono – semplicemente (?) – un uomo.
    La Rosy Bindi, abbi pazienza, non c’entra niente.
    Per quanto mi riguarda, il discorso è chiuso.

  22. Complimenti al Napoli, ma…
    Il Cagliari cosa ha fatto?
    Non ci crederai ma ‘sta cazzo di poesia o presunta tale, la mia o quella incomprensibile degli altri, riesce sempre a distrarmi dalle questioni veramente importanti.
    Che tu ci creda o no, ciccio, domani abbiamo proprio le lasagne fatte in casa.
    L’amore?
    Quello non lo so, pare bisogni (?) conquistarselo day by day.
    E poi dopo a lavorare.
    Ma anche prima.

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