Désherbage

di Fabrizio Tonello

Minacciato di sfratto dalla mia compagna, ho intrapreso la straziante opera di désherbage annuale della biblioteca. Cosa eliminare senza il rischio di morire di crepacuore? Partiamo dalle cose semplici: domandiamoci se il numero di libri non letti che possediamo eccede di un fattore 100 il numero di anni che l’aspettativa di vita media ci promette (77, nel caso dei maschi italiani). Se sì, occorre procedere spietatamente. Questo è un decalogo che può essere utile a tutti i bibliomaniaci.


Step n. 1. libri doppi si regalano, o si vendono al nuovo negozio di libri usati che ha recentemente aperto a Bologna in via Oberdan (ogni tanto una buona notizia). Ma non si eliminano se:
– una copia è in lingua originale e l’altra in italiano
– una copia è cartacea e l’altra sul Kindle
– una copia è vostra e l’altra della biblioteca

Step n. 2. altre cose semplici: se un Paese non esiste più (l’Unione Sovietica, la Jugoslavia, la Cecoslovacchia) le guide del medesimo con annotazioni del 1989 su “quella meravigliosa birreria di Bratislava” possono andarsene.

Step n. 3. i libri regalati dagli amici che non si è osato rifiutare, per esempio quello sulle radio locali in Calabria, quello sull’evoluzione storica del dialetto nella zona di Valdobbiadene e quello sulle esperienze amorose degli iscritti all’università della Tuscia si possono buttare. Il problema è che a volte i donatori li ritrovano nei mercatini, con tanto di dedica originale, il che rovina le amicizie. A New York, almeno, c’è Strand, una storica libreria su Broadway e la 12° strada, che inghiotte tutto e basta strappare la pagina dove il rompiscatole ha scritto “All’amico carissimo…”

Step n. 4. l’enciclopedia di Repubblica, che era così carina e costava solo € 12,90 a volume, che ne facciamo? E’ vero che qualsiasi notizia oggi può essere trovata sul sito di Wikipedia o equivalenti, ma abbiamo proprio bisogno dello spazio occupato da quei 27 volumi sullo scaffale più in alto?

Step n. 5. quei sonetti di Shakespeare regalati da un fidanzata che non ricordate più, quel manuale di giardinaggio ricevuto da un’amica che, sotto sotto, avrebbe voluto sposarvi, quella copia del Paziente inglese con una romantica dedica della bella sconosciuta: tutto nello scatolone e in fretta, per favore. Se poi avete dimenticato lettere compromettenti nelle Opere complete di Platone (l’edizione in un volume unico, peso 4,5 kg., pubblicata da Rusconi) o bigliettini profumati nella Guerra del Peloponneso di Tucidide (Boringhieri 1963), ebbene: al macero! (Nella biblioteca pubblica sotto casa ci sono entrambi i volumi, disponibili pure on line, anche se non necessariamente in italiano).

Step n. 6. un’area che si può liberare facilmente sono le biografie. E’ proprio necessario tenere in casa Vita e amori di Caterina de’ Medici? Il Kantorowicz su Federico II di Svevia non si può scaricare alla vicina di sotto? I volumi su Andy Warhol, Willem de Kooning e Roy Lichtenstein contribuiscono al progresso dell’umanità?

Step n. 7. i dizionari dal portoghese acquistati quando avevate una morosa brasiliana, il Petit Robert di quando dovevate fare l’esame di riparazione in francese, il Brockhaus italiano-tedesco che sembrava così necessario nel 1964, forse possono essere rimossi.

Step n. 8. i classici della saggistica. Sì, David Riesman era un gigante della sociologia ma quell’edizione del Mulino, Collezione di testi e studi, Bologna 1956, la vogliamo donare all’archivio della casa editrice, che ve ne sarà infinitamente grata?

Step n. 9. d’accordo, i romanzi ambientati a Chicago sono di moda, almeno da quando un certo Obama si è installato con moglie e figlie (fastidiosamente carine e diligenti) al 1600 di Pennsylvania Avenue, Washington DC. Non è detto, però, che Windy City, 420 pagine in corpo 8 di Scott Simon pubblicate da Random House in un momento di magra editoriale non possano essere vantaggiosamente sostituite da un giallo Mondadori, per esempio un McBain, che era un grande, oltre ad occupare molto meno spazio sullo scaffale.

Step n. 10. Che ne facciamo della trilogia Millennium di Stieg Larsson in svedese, un cofanetto acquistato quella volta che volevamo impressionare una hostess della Scandinavian Airlines? Via, via, nessuna pietà. Terremo, invece, la collezione completa di Fjärde internationalen, il giornale trozkista di cui Larsson era stato direttore prima di darsi alla letteratura.

I libri acquistati a New York, invece, sono sacri: inutile che insistiate, non riuscirete a convincermi a separarmi da Black Athena di Martin Bernal (che era un sinologo ma si occupava di Cleopatra) né da Sexual Personae di Camille Paglia e nemmeno da The Last Moghul di William Dalrymple (544 pagine tradotte da Rizzoli col titolo L’assedio di Dehli). E giuro, la mano destra posata sul Corano, che sì, quest’anno leggerò Vassili Grossman, quindi la mia copia di Vita e destino in russo non si tocca.

[C’è qualcosa in questo pezzo di Fabrizio Tonello che mi ha fatto pensare a una lettera di Virginia Woolf a Ethel Smith, che ho letto anni fa senza mai riuscire a togliermela dalla testa. Perché è una lettera terribile e scanzonata e perché parla di libri. La lettera datata 28 dicembre 1932. Diceva -Oh quanti libri- non ti si spezza il cuore a pensare a me con questa passione, eternamente divorata dal desiderio di leggere, stroncato, logorato, sciupato, maltrattato dalle voci, dalle mani e dalle facce, dalla presenza fisica di coloro che si compiacciono di dichiararsi miei amici? E come scuotere in eterno un moscone dalla sua zolletta di zucchero. Sono in vena di esagerazioni. Dovrei sottolineare ciò che dico con un sottile rigo rosso, per significare “esagerazione” (…)]

Print Friendly, PDF & Email

4 Commenti

  1. E se fosse la donna misura di tutte le cose? … Semplice: eliminare il compagno risolverebbe (mantendendo la metafora vegetale) il problema alle … radici.
    : )

  2. Noi figli dell’epoca digitale siamo più fortunati, quando è il momento di fare spazio sul disco che si è imbottito dei files più disparati col proposito vano di consumarili “poi”, il freno inibitorio emotivo è quasi inesistente, anzi che il suono di carta stracciata del cestino che si svuota ha in sé qualcosa di liberatorio.

    Peccato che chi scrive sia anche acquirente di carta stampata ossessivo-compulsivo e con tendenze feticiste, al punto di leggere questa breve guida con l’invidia mista a sconcerto di chi guarda fare quello che lui non potrà mai (un po’ come il malato di cuore di De Andrè con i bimbi che correvano nei prati),

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

metti una sera al…

di Maria Angela Spitella La sera andavamo al Kino E se l’ultimo mercoledì del mese ci si vedesse tutti al...

la confusione è precisa in amore

di Luca Alvino Uno dei meriti più importanti della poesia è quello di saper rendere il disordine tollerabile. Come ogni...

carta st[r]ampa[la]ta n.47

di Fabrizio Tonello Gentile Signorina/Signora Mariarosa Mancuso, come vedrà dai miei commenti qui sotto la Sua tesina “Addio al radical chic”,...

hanksy

di Sabina de Gregori Il mondo si sa, gira e rigira su se stesso, ma ogni tanto improvvisa e sorprende...

se c’è una cosa che non ti fa stare zitta, è un segreto

di Chiara Valerio Ha i suoi vantaggi essere nel posto più brutto, perché non ti preoccupi di perderti qualcosa. Nella...

è tutto compresso in un istante

di Chiara Valerio La sera festeggiammo. Stappammo una bottiglia di vino rosso, lo stesso del nostro primo incontro, il Chianti,...
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: