Correre


di Gianni Biondillo

Jean Echenoz, Correre, Adelphi, 148 pag., trad. di Giorgio Pinotti

Emil corre. Corre, continuamente, da ragazzo, da adulto, sempre e comunque. Emil conosce il secolo breve dalla parte sbagliata dell’Europa, conosce la Storia dal suo villaggio sperduto della Moravia: arrivano i nazisti, i tedeschi, è la seconda guerra mondiale; poi i sovietici, la cortina di ferro, la repubblica socialista di Cecoslovacchia. Ed Emil corre. Puro di sentimenti. Senza neppure uno stile, senza la grazia o l’eleganza di certi atleti molto più famosi di lui. Corre a perdifiato, resiste alla fatica, al dolore muscolare. Diventa il più veloce di tutti. Diventa Emil Zàpotek. Una leggenda del fondo mondiale.

Storia vera, questa raccontata in Correre da Jean Echenoz, vera e allo stesso tempo mitica. Leggendaria, appunto. Perché davvero Zàpotek è stato il più veloce di tutti: nei cinque, dieci, venticinquemila, persino nella maratona. La dimostrazione fisica, umanissima, della potenza di volontà di un uomo. Echenoz evita di raccontarci Zèpotek rappresentandolo come un superuomo, ma solo come un ragazzo biondo che scopre per caso il piacere della corsa, del limite da superare ogni volta. Della sfida a se stesso, non certo al mondo.

La scrittura dell’autore francese pare prosciugata. Sembrano appunti su un taccuino, in presa diretta, senza stile – come il suo Emil – senza forma apparente. Ma sappiamo bene che nessuna scrittura è innocente. Echenoz si fa cantore del mito evitando di diventarne l’agiografo. Concentra la sua attenzione solo sull’atto meccanico della corsa. La vita privata di Zàpotek, il matrimonio, la carriera militare nell’esercito cecoslovacco, la sua posizione politica, le sue idee sul mondo, la sua storia extrasportiva, tutto ciò è accennato appena, come note a pie’ di pagina. Lo sguardo è concentrato tutto sul miracolo, sul talento di un ragazzo, come se la guerra fredda, persino la primavera di Praga, l’età che avanza, le umiliazioni politiche della restaurazione socialista, nulla davvero interferisca fra Emil e la sua ossessione. Correre.

[pubblicato su Cooperazione, n. 47, del 17 novembre 2009]

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9 Commenti

  1. Una recensione precisa per un libro magnifico nel suo stile.
    Si inventa la biografia poetica.
    Correre e scrivere … stessa respirazione.

  2. grazie
    e tre cose

    la mancanza di aggettivazione in esondo e il sano abbattimento dei come infestanti ogniddove è stile

    e questo altro grande suo – stessa temperie

    &last

    [ all’inizio il famoso discorso a favore di Dubcek che costò ad Emil l’epurazione e poi la famosa corsa disarticolata con smorfia ]

    ,\\’

  3. però, che ossessione. che bellissima idea un libro sul correre e su chi lo ha fatto sul serio. lo attenziono, e lo comprerò non appena potrò farlo. grazie,
    giampaolo.

  4. “Correre” è un libro che ci offre un’immagine complessa di Zatopek. Per chi corre come me, le pagine dedicate agli allenamenti che Emil si inventa sono stupende. La corsa sul viale alberato calcolando fino a quando riusciva a trattenere il respiro e spingendo il limite sempre più in là dà l’idea della capacità di sfidarsi continuamente, che chi corre si porta dentro. Oggi la sua tecnica di programmare e sostenere allenamenti più duri e impegnativi delle gare è utilizzata da tutti a qualsiasi livello. Rimane la sensazione che il libro trasmette di un uomo che in realtà corre come un bambino gioca leggero, senza secondi fini, scoprendo il suo limite, costantemente. Alla fine è questo che importa a Zatopek, riprovare l’ebrezza di andare oltre il se stesso di ieri, in una rincorsa continua.

  5. Ho letto molti commenti, anche entusiasti. Non ho paura però a dire che questo libro è scritto male, incompleto, eccessivamente orientato a certi aspetti più penosi della vita di un atleta che si è trovato spesso a subire scelte di un regime che appoggiava, ma a volte non capiva. Se piace la biografia, c’è altro da leggere a riguardo.

  6. A me piace come è descritta la tecnica di allenamento e la corsa in sè. Sul rapporto con il regime scivola nel didascalico. Concordo con te, Michele.

  7. Tra l’altro ho contattato la vedova di Zatopek per richiedere lumi sul libro citato da Echenoz, mi ha risposto che il libro di Echenoz è pieno di imprecisioni e di falsità e non ha voluto presenziare alla presentazione della versione in ceco e ne ha preso nettamente le distanze. Tanto per dirne una.

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gianni biondillo
gianni biondillo
GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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