La responsabilità dello scrittore (in tv)

"NON C’È PIÙ RACCONTO"

non solo nell’isola

ma anche nella penisola

Grazie Aldo

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177 Commenti

  1. Mi stupisce quel «Grazie Aldo» con cui Andrea chiude il post. Mi stupisce soprattutto a fronte di questa frase con cui lo stesso Inglese apriva il suo intervento sulla responsabilità dell’autore:

    «Forse, addirittura, il solo fatto di essere uno scrittore, e di credere nei valori veicolati dalla letteratura, dovrebbe rendere consapevole Nori dell’errore che egli commette fornendo legittimità culturale a un quotidiano la cui linea politica si accorda con i programmi governativi di demolizione della cultura, partendo proprio dalle istituzioni che ne garantiscono la trasmissione e lo sviluppo (la scuola e la ricerca)».

    Ora, non vorrei esagerare, però mi sembra evidente che L’Isola dei Famosi è, in quanto a uso del linguaggio e ricadute sulla psiche degli italiani, immensamente peggio di Libero. Busi è entrato dentro quel campo del disonore, con ciò «fornendo legittimità culturale» a quella trasmissione. In cosa è diverso dall’atteggiamento di Nori che sceglie di collaborare con Libero?

    Certo, Busi alla fine ne è uscito; ma chi ci dice che, domani, Nori non faccia altrettanto? E che non riesca a dire, uscendo, banalità simili a quelle di Busi? E sì, perché è banale dire che «non c’è più racconto» o che «non c’è più cultura»; se poi lo vai a dire dentro una trasmissione che è programmaticamente basata su quell’assenza, allora, mi dispiace, sarà pure un grande scrittore (e per me Busi lo è), però, ragazzi miei, o è uno stupido ingenuo o sta confermando il suo personaggio nel grande spettacolo del nulla.

    ng

  2. bel post, bravo andrea.
    busi a me è simpatico, non mi dava fastidio la sua partecipazione all’isola, riesce a bazzicare i posti peggiori e a non sporcarsi mai. e poi è un ottimo scrittore. il seminario è un gran romanzo.

  3. sarò banale, ma considero la scelta di busi di andare all’isola una mossa pubblicitaria e nient’altro, con il conseguente fastidio e repulsione.
    quindi non capisco il grazie aldo. spiegatelo, per favore, che sono tardo.
    ma dovete essere persuasivi, perchè per ora aldo busi giganteggia nella categoria “volgarità, narcisismo e sputtanamento”

  4. grande busi, è un genio, secondo me. come carmelo bene che andava da costanzo. andare in tv è come entrare in un sistema per cambiarlo dall’interno. grande, grande, grande busi.
    @g: io non capisco il tuo commento, vabbé.

  5. … è la stessa cosa scrivere da scrittori e partecipare in quanto personaanchescrittore ?

  6. volevo solo dire che l’isola per me è una roba insopportabile, il concentrato di molto di quello che detesto: voyerismo, esibizionismo, volgarità, urla gratuite, gossip, ecc. ecc. burinaggine, insomma.
    e mi fa sorridere chi dice di riuscire a cambiarla dall’interno. perchè? l’unica cosa saggia da fare sarebbe ignorarla.
    però ammetto che non l’ho mai vista, e quindi magari busi ha fatto/detto chissà che cosa. boh
    è che non riesco a non giudicare la sua mossa come una pura e triste ricerca di visibilità – vi dice niente la “parabola” di luxuria?

  7. Non mi sembra sia un reato sporcarsi le mani per fare un po’ di pubblicità. L’isola fa schifo, che scoperta. Non credo Busi volesse cambiarla dall’interno. Ci ha messo la faccia per ricevere solo insulti, diffamazioni, meschine accuse. La discarica televisiva non poteva fare altro. Ma Busi non si è confuso con loro, ha sempre rivendicato la sua differenza; anche le sue ingenue speranze lo rendono pulito e sincero.

  8. caro nevio,

    innanzitutto al testo-istallazione che ho postato oggi, non voglio né posso sostituire un’analisi circonstaziata della vicenda Busi. Lascio questo a editorialisti e opinionisti ben più “competenti” di me sulla palude mediale.

    La mia è una elementare provocazione, nel senso che vuole provocare pensiero.

    Provo però a risponderti. Io non vedo analogie tra Nori sulla pagina culturale di Libero e Busi in uno degli spettacoli più trash della tv italiana. La pagina culturale permette allo scrittotre di esercitare con la “coscienza tranquilla” il suo ruolo. In un circo, lo scrittore è solo una delle maschere ridicole (o spettacolari) tra le altre, ha perso da subito la sua dignità di scrittore, e non gli restano che le battute oscene.

    Detto questo, la responsabilità di uno scrittore in uno contesto nemico sta nella possibilità di essere ospite ingrato. In effetti, non sappiamo se e come Nori potrebbe rendersi ospite ingrato sulle pagine culturali di Libero – per ora è stato sostenuto e difeso, quindi considerato ancora grato. ciò che è certo è che Busi, nel luogo più basso della palude mediatica, è riuscito a diventare ospite ingrato, e non in modo figurato… Gli si è detto che ha tradito i patti, il contratto, le regole, e che ciò lo escluderà dal palinsesto rai. Più ingrato di così.

    Qualcuno dice: ma è il solito finto scandalo, tutto era previsto, funzionale allo spettacolo. No. Sgarbi – e io mi chiedo come sia possibbile – l’ossesso Sgarbi, vociferante e insultante, continua ad essere presenza gradita ovunque, in rai, su mediaset, sulla 7, ovunque. E’ uno scandalo addomesticato che piace. Busi viene espulso dai programmi rai – questa almeno sembra l’intenzione – e attaccato su tutti i giornali, da tutte le forze politiche, PD incluso.

    Non ho seguito l’isola, e conosco quindi solo l’intervento che ha suscitato scandalo. In poche minuti, senza alcuna funzione istituzionale a garantirlo (sociologo, esponente di partito, esperto), è riuscitò a dire cose più vere sull’Italia, la televisione, l’industria della paura, l’ipocrisia vaticana, di quanto uno ne possa riuscire a sentire in quattro ore di fitti programmi televisivi. Io apprezzo questa forza, questo gesto gratuito, coraggioso, capace per un attimo di fendere la pellicola dello spettacolo.
    Ha detto: “qui c’è gente alla canna del gas, gente con i debiti, gente che non ha più forza contrattuale, disposta davvero a tutto”. Si potrebbe inserire questa breve sequenza come “annesso” a Videocracy.
    Parlare poi dell’omofobia del papa e della repressione sessuale che continua ad albergare nella chiesa, non mi sembra banale. Né dire che in Italia il criminale è considerato chi denuncia.

    Ti ricordo poi come terminava il pezzo che citi, nevio.

    “Ma lo scrittore di sinistra va su “Libero” perché ha un discorso diverso da fare rispetto a quello che si attendono di leggere i lettori del quotidiano. È allora probabile che questo scrittore – anche se non fosse di sinistra ma semplicemente consapevole del ruolo politico che ha questo centrodestra nel disfacimento delle istituzioni culturali –, vorrà utilizzare quello spazio per denunciare non tanto la mercificazione della cultura, ma la mercificazione dell’odio, della paura, dell’ignoranza che la destra videocratica ha portato avanti, seppure in modo “resistibile”.”
    Io credo che da outsider, non certo da “intellettuale di sinistra”, Busi abbia fatto questa denuncia. E mediaticamente gliela stanno facendo già pagare cara.

    Poi, sono d’accordo, l’indebita generalizzazione della frase di Busi all’intero paese è farina del mio sacco. Ma sono appunto grato a Busi che me ne ha offerto lo spunto.

  9. Busi ha scolpito la drammatica impotenza dell’intelletto nei confronti della tv (e di una considerevole fetta della società italiana che quella tv guarda e beve). Per questo è imperdonabile.
    Già nel 1990, con E UNIBUS PLURAM, Foster Wallace aveva preconizzato l’invincibilità della tv attraverso le modalità della tv medesima, il suo effetto onni-risucchiante, la sua perfida e infinita capacità di digestione. Busi non ha spaccato un bel niente, se non per quelli che avevano già capito certe cose senza bisogno che Busi andasse a spaccarle sull’isola.

  10. Ancora una volta Busi ha affermato -come spesso gli accade- opinioni probabilmente non condivise dai più. Voltairianamente, la televisione civile di un paese civile potrebbe anche non concordare con quello che dice, ma i suoi dirigenti dovrebbero battersi strenuamente affinché possa parlare. Lui come chiunque. La libertà è sempre la libertà di chi la pensa diversamente.
    Sul senso della presenza di Aldo Busi all’Isola dei Famosi, si può consultare http://www.altriabusi.it. Propedeutico a valutazioni sulla sua partecipazione è quanto meno (leggere quanto egli sostiene per farci) capire perché ha deciso di andarci.

  11. “L’isola dei famosi non si abbatte, ma si cambia dall’interno.” Non credo proprio che la questione sia questa. Ma metterla così fa davvero ridere.

    Quanto a Macioci: io proprio non ci credo che tutto è previsto e addomesticato.

    Sai, non si capirebbe come mai Santoro, che non è né Pasolini né Fortini né Sartre né Foucault, è il chiodo fisso del presidente del consiglio.

  12. Non vedo uno spettacolo “diverso” nella performance di Busi.
    Resto dell’idea che serva più coraggio (pelo sullo stomaco) per andare all’isola, che non per dire le cose che ha detto Busi, che altri dicono e ripetono altrove, senza legittimare ed anzi alimentare con la sola presenza quel trash invincibile che dalla tv straripa ovunque, e diventa figo, di tendenza.
    Sembra che l’unico modo di comunicare, di farsi ascoltare, sia urlare.
    Cosa resterà di questo spettacolo coraggioso?
    Solo un po’ di rumore, un volume in più. Magari un best seller…

  13. Concordo con il commento di Andrea, Busi apre uno spazio (i “busi”, buchi, di Fontana), fa un graffietto nel flusso monotono e univoco del televisore.

    Sulla pericolosita’ sociale di gentaglia come ratzinger e la sua cricca sottoscrivo.

  14. infatti, chi ha detto che non si possa chiamarla inizio di rivoluzione invisibile e inter-mediatica? quindi non è questione di ‘isola’ ma di medium. se con il medium critico il medium non potrei far altro che uscire dalla minorità mediatica, come critica della visione pura. vedere il reale anziché l’apparire. far diventare una moda l’onestà e l’estremismo della vergogna. con busi è passata tanta rabbia ma anche tanta gaiezza e leggerezza. siate suicidali!!! scriveva busi. ecco, appunto: il medium, a iniziare dal mio uso del medium. dis-omologazione.
    l’abitudine è solo un fatto umano, ogni medium iconale elettrico è per natura caotico.

  15. sull’abbassare il vaticano concordo
    però fossi in voi spegnerei la tv, dà le allucinazioni
    (senza offesa, è un tentativo di alleggerimento, è che mi hai fatto girare la testa, gg)

  16. Se posso permettermi, azzardo una interpretazione delle gesta neo-epiche di Busi, anche se non sono sicuro di darne una visione oggettiva e verosimile o inquinata dal mio volere a tutti i costi vedere la “questione” come un appiglio a cui aggrappare motivi di fondo più nobili che in realtà non ci sono.

    Se si tiene conto di chi è ed è sempre stato Busi, mi verrebbe da dire che tutto è concentrato nella frase ripresa dal post: non c’è più racconto. Busi si è reso forse conto che la battaglia tra il raccontare scritto e quello video-imposto rischia di vincerla una volta e per sempre il secondo. Così, ha pensato bene di costruire una trama narrativa in-fieri, sul campo e di fronte ad una telecamera, cercando di elevare – se possibile – il mezzo televisione al fine letterario. Dopo vari tentativi e dopo aver sperimentato il vuoto assoluto, ha deciso di abbandonare l’impresa prima di esserne risucchiato, con il risultato di evidenziare maggiormente il contrasto tra lui e lì, tra lui e gli altri, tra due modi di affrontare la stessa cosa ed al tempo stesso criticando, distruggendo e sminuendo il mondo della visione a colori del nulla, i suoi produttori ed i suoi spettatori. Come ha detto anche Valter Binaghi in una intervista “viviamo in un mondo meschino” in cui “non si può scrivere un grande libro se non ci sono grandi storie da raccontare”. E questo, a mio avviso, è proprio ciò che Busi ha sperimentato con sua grande delusione.
    Scommetto che ci scriverà su.

    La scelta di Busi non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella di Nori, la quale – quest’ultima – prevede una specie di patto di non belligeranza in cui una parte dice all’altra “io non disturbo te, tu non disturbi me”.

    Luigi B.

  17. :))) però non scrivere e non dire mai ‘senza offesa’ perché dire ‘senza offesa’ significa avere intenzione di offendere, candidamente e onestamente si deve dire tutto quello che si pensa…. sullo spegnere la tv, hai ragione e io infatti l’ho visto su internet il busiano candore da principe miskyn. :) però si apre un problema sulla responsabilità dell’artista in tv non spente. appunto: la tv accesa e l’artista al neon intermittente: questo può essere una questione.

  18. @ inglese
    Ma io non ho detto che è tutto preparato, ho detto che è tutto inutile. Ho rivisto adesso su youtube l’uscita di Busi dall’isola: il filmato sfuma su un “brava!, brava!” del pubblico in studio alla Venier. Ora, quanta gente tu credi abbia recepito dalle prediche di Busi qualcosa che non sapesse già? Risposta: nessuno. Perchè chi grida brava alla Venier o applaude le scemenze spaventosamente vuote della Ventura (che io vedo come un autentico mostro nichilista, senza esagerare) è una maggioranza culturalmente inscalfibile. Suona razzista forse, ma io la penso così. E più è grande l’intelligenza dell’uomo che si presta al massacro, più il massacro dell’intelligenza è grande.

  19. tutta questa difesa di busi è sospetta, toccherà leggerlo.
    chiedo cortesemente un consiglio alla Nazione, che anche se a volte è di facili entusiasmi, spesso condivido: qual è la sua cosa migliore?

    @gg: si tratta di un riflesso incontrollato: essendo vagamente permaloso, temo che pure gli altri si offendano per qualunque cazzata…

    @ NI: perchè non numerare i commenti? nelle discussioni infinite su responsabilità ecc., è un’impresa muoversi fra i commenti…

  20. Guardiamoci negli occhi, in un Paese dove durante una campagna elettorale si tolgono i programmi televisivi che servirebbero alla discussione politica cosa ci si può aspettare? Solo che Busi (giustamente, direi) si impossessi della parola e provi a dire quello che realmente pensa.

  21. Busi ha sempre sostenuto con fermezza l’alterità dell’opera dalla vita e pretende giustamente che l’opera sia giudicata di per se’. Questo mentre il pubblico, sia colto che vulgo, da sempre la pensa diversamente (vedi anche il caso Saviano). Ora, altri scrittori e artisti che la pensano come lui di solito praticano la strada della modestia e della privacy (più o meno sinceramente), Busi ovviamente no. A parte la sua vanità personale nelle sue partecipazioni televisive c’è sempre stata una specie di sfida: io faccio la ballerina con le piume ma voi dovete considerare la mia come la narrativa italiana più importante del secolo. L’effetto non poteva che essere la svalutazione dell’opera, la sfida non poteva essere vinta.
    Il costo che Busi paga è discretamente pesante: la sua partecipazione all’Isola ha riattivato una campagna d’odio online che lo accusa di pedofilia, campagna di stampo cattolico (giusto per cambiare argomento…) e diretta a gente che non legge ma guarda la televisione (e in effetti i paragoni fra Saviano-buono e Busi-cattivo si sprecano).
    Come accennavo, ho letto un suo romanzo del 1996, Suicidi Dovuti, che spiega l’Italia e il pubblico televisivo e il voto berlusconiano meglio di qualsiasi altra cosa abbia letto negli anni, senza ricorrere ai soliti mezzucci noir o gialli che permettono di intrattenere facendo finta di dire delle profonde verità…
    L’Intellettuale Italiano Medio ha da tempo iscritto i reality show nella sua demonologia e ne parla con criterio perchè se li trova davanti in tivù. S’è dovuto aspettare Walter Siti perchè qualcuno ne parlasse con un minimo d’intelligenza. Busi ha fatto il passo successivo: dalle lezioni di Amici, all’opinionista di Reality Circus al passo, probabilmente troppo ardito, della partecipazione all’Isola. Non è precisamente un caso che Busi sia in grado di descrivere classi sociali e ambienti visti solo da lontano da tanta narrativa italiana recente e non solo, e sia in grado di farlo con uno stile personale e per niente banale. Come nei reality show, dai libri di Busi non si esce più buoni e soddisfatti di se stessi: la gente è proprio così…
    Ammettiamo pure che Busi abbia scritto troppo e che il meglio di se’ l’abbia ormai dato: resta l’unico scrittore italiano sulla cui gloria futura scommetterei dei soldi e non sarà certo questo tragicomico tentativo di rapportarsi all’Italia televisiva d’oggi a cambiare le cose…

  22. g
    puoi anche cominciare dall’inizio: seminario sulla gioventù, il suo primo e belissimo libro; duro e anomalo.

    Ma anche il Saviano “buono” scrive: “Quanto spazio oggi ha la verità, il racconto di essa? Le verità più palesi, quelle più nascoste, riescono a essere rivelate?”

  23. Comunque io consiglierei, per cominciare, oltre a Suicidi Dovuti, Vendita Galline km 2 e Casanova di se stessi e La Signora Gentilini dell’ononima cartoleria.
    Seminario sulla gioventù, per quanto bello, ha creato lo stereotipo busiano dell”Almodovar italiano’ – molto limitante… Vita Standard di un Venditore Provvisorio di Collant ha un pregio notevole: il miglior ritratto di imprenditore nella letteratura italiana, Celestino Lometto.
    Poi i Manuali del Perfetto Gentilomo, Gentildonna, Papà, Mamma e Single.
    Fra i libri di viaggio La Camicia di Hanta.

  24. Io (ri)leggerei Busi in ordine rigorosamente cronologico, a partire dalla prima edizione di SEMINARIO SULLA GIOVENTU’ (Adelphi 1984). E’ l’approccio metodologicamente più corretto.

  25. Per completezza di informazione, ecco la bibliografia di Busi in volume.
    Seminario sulla gioventù (1984)
    Vita standard di un venditore provvisorio di collant (1985)
    La delfina bizantina (1986)
    Sodomie in corpo 11 (1988)
    Altri abusi (1989)
    Pâté d’homme (1989)
    Pazza (1989)
    L’amore è una budella gentile (1991)
    Sentire le donne (1991)
    Le persone normali (La dieta di Uscio) (1992)
    Manuale del perfetto Gentilomo (1992)
    Vendita di galline km 2 (1993)
    Manuale della perfetta Gentildonna (1994)
    Cazzi e canguri (pochissimi i canguri) (1994)
    Madre Asbrubala (all’asilo si sta bene e s’imparan tante cose! (1995)
    Grazie del pensiero (1995)
    La vergine Alatiel (che con otto uomini forse diecimila volte giaciuta era) (1996)
    Suicidi dovuti (1996)
    Nudo di madre (Manuale del perfetto scrittore) (1997)
    L’amore trasparente (canzoniere) (1997)
    Aloha!!! (gli uomini, le donne, le Hawaii) (1998)
    Per un’Apocalisse più svelta (1999)
    Casanova di se stessi (2000)
    Manuale della perfetta mamma (con qualche contrazione anche per il Papà) (2000)
    Manuale del perfetto Papà (beati gli orfani) (2001)
    Un cuore di troppo (2001)
    Manuale del perfetto Single (e della piuccheperfetta fetta per fetta) (2002)
    La signorina Gentilin dell’omonima cartoleria (2002)
    La camicia di Hanta (2003)
    Guancia di Tulipano (2003)
    Seminario sulla gioventù con Seminario sulla vecchiaia (2003)
    E io, che ho le rose fiorite anche d’inverno? (2004)
    Bisogna avere i coglioni per prenderlo nel culo (2006)
    Sentire le donne (nuova edizione riveduta e ampliata, 2008)
    Aaa! (2010)
    Traduzioni principali:
    J.R.Ackerley, Mio padre e io (1981)
    J.Ashbery, Autoritratto in uno specchio convesso (1983)
    H. von Doderer, L’occasione di uccidere (1983)
    J.W.Goethe, I dolori del giovane Werther (1983)
    C.Stead, Sette poveracci di Sydney (1988)
    L.Carroll, Alice nel paese delle Meraviglie (1988)
    G.Boccaccio – A.Busi, Decamerone da un italiano all’altro (1990-1991)
    F.Schiller, Intrigo e amore (1994)
    Fratelli Grimm, La vecchia nel bosco (1996)
    A.Spiegelmann, Aprimi… sono un cane (1997)
    Zsa Zsa Gabor, Come accalappiare un uomo, come tenerselo stretto e come scaricarlo (2005)
    Ruzante, I Dialoghi, 2007

  26. Detto questo, la responsabilità di uno scrittore in uno contesto nemico sta nella possibilità di essere ospite ingrato. In effetti, non sappiamo se e come Nori potrebbe rendersi ospite ingrato sulle pagine culturali di Libero – per ora è stato sostenuto e difeso, quindi considerato ancora grato. ciò che è certo è che Busi, nel luogo più basso della palude mediatica, è riuscito a diventare ospite ingrato, e non in modo figurato…

    maria
    ospite ingrato? allora anche il comico toscano Ceccherini si può così definire perchè fu espulso per una bestemmia ritenuta lesiva dei “valori” cristiani .

    Io penso che Busi, persona molto intelligente e gran conoscitore della televisione, sapesse che quel contenitore di m. non avrebbe sopportato la sua personalità, ma ha voluto lo stesso partecipare, il perché non lo so, dovrebbe dirlo lui, dovrebbe dirci lui non perché ha abbandonato, ma perché è andato, perché si è prestato ad avallare un programma che da solo produce più degrado e mistificazione di qualsiasi giornale berlusconiano visto il numero dei lettori di quotidiani a fronte dei telespettatori della tv che sono milioni e milioni a puntata!

    La teatralità e la grande risonanza del suo abbandono è stata poi favorita anche dal tipo di media, dalla televisione appunto, che può essere riproposta all’infinito, prova ne sia che quella sequenza è stata vista anche da chi normalmente non segue quell’orrido programma.

    Cosa diversa è un giornale, se domani Nori si rendesse ospite ingrato non lo saprebbe quasi nessuno, se non i suoi lettori e qualche polemica tra critici e illustri commentatori di blog letterari o come si chiamano!

  27. Considero, modestissimamente, Busi uno dei migliori scrittori contemporanei italiani. M’appassiona la sua narrazione originale, anche le sue provocazioni nei media. Ritengo strumentale e impropria l’associazione Nori-Busi/Libero-l’isola dei famosi. Quanto affanno nel vedere le “contaminazioni fecali” non utili, non giuste e dannose per la comunità culturale. A parte che trovo ingeneroso, livoroso, porre sullo stesso piano libero e l’isola dei famosi. Ciò mi convince che quelli che lo scrivono non hanno mai letto le pagine culturali. Ma davvero credete che chi scrive su libero, a parte Nori, non abbia valore e credenziali culturali? Siamo alle solite, torreggiate meno e provate ad inverare gli elementi fondanti del concetto di cultura.

  28. Busi ha detto che prima di morire voleva conoscere gli Italiani, o qualcosa del genere. Io l’ho seguito online e adesso non ho il tempo di verificare. La frase e’ contenuta in uno dei suoi ultimi collegamenti serali in diretta dall’Isola prima di uscirne.

    Credo che Busi abbia fatto questa esperienza per se stesso. Forse ne uscira’ un libro. Forse no.

  29. Sia chiaro, trovo che Busi dica delle cose spesso banali. La rabbia con cui le urla pero’ le caricano di forza e di valore. Ed io non posso che accoglierle. Il Seminario resta il suo libro migliore. Ho letto pero’ anche…

    Vita standard di un venditore provvisorio di collant
    Sodomie in corpo 11
    Manuale del perfetto Gentilomo

    Poi ho smesso di seguirlo. Altri interessi. Spero ci lasci un suo testamento.

  30. Avevo cercato di veder l’Isola proprio per osservare come l’avrebbe “interpretata” Busi, ma mi ero imbattuto in spezzoni in cui lui se la prendeva con Sandra Milo, ridotta una specie di pupazzo senile dai capelli rossi-con-ricrescita e bocca pompata asimmetricamente: ho provato impulsi di solidarietà per lei.
    Poi in altri spezzoni l’ho visto battibeccare con un giovane abbronzato e palesemente in soggezione, con almeno 40 anni meno di lui, su cui alzava il ditino ammonitorio in perfetto genere «Io so’ io e voi nun siete un cazzo» (G. G. Belli).
    Mi sembrava un po’ facile e un po’ troppo scontato andare lì a fare la parte dell’inclito tra i bruti e ho pensato: Guarda un po’ Busi, sta facendo esattamente quello che ci si aspettava da lui: lo credevo più bravo.
    Insomma faceva lo Scrittore (peraltro già ampiamente mediatizzato come danzatore del ventre con piume e moralista mediatico da talk show del pomeriggio) in mezzo a un branco di deficienti che erano lì per i suoi stessi motivi: soldi ed eventualmente un rilancio personale
    Ieri mi sono guardato su YouTube l’intervento incriminato e ho avuto lo stesso disagio: generalizzava impropriamente e banalmente sul Paese a partire dall’Isola dei Famosi – che è come generalizzare sulla musica italiana a partire da Leone di Lernia –, diceva cose molto risapute e del tutto inutili sulla sessualità del Papa al puro scopo di farsi cacciare da lì, snocciolava doppi sensi, urlava di essere orgoglioso di pagare le tasse senza che il contesto glielo richiedesse, faceva battute sulle zinne delle astanti, eccetera: e soprattutto trattava con sufficienza gli altri «poveri» isolani.
    Insomma, proprio perché voglio separare lo scrittore dall’uomo, in questo caso meglio dire dal personaggio, mi sia consentito affermare che quella dell’altra sera è stata una triste e degradante (per lui e per chi la vedeva da casa) messa in scena di una contestazione inesistente, nel senso doppio di ampiamente prevedibile e di interamente circoscritta nell’ambito del mezzo televisivo e nella stessa scrausissima trasmissione.
    L’ultimo atto di un intellettuale incapace di gestire veramente e con VERA ASTUZIA lo spazio mediatico che pure si era, caso quasi unico, conquistato.
    Busi è intelligente e in alcuni casi ha detto cose che condivido, ha scritto cose che forse mi sono piaciute, tuttavia si fida troppo della propria intelligenza e questa è la via maestra per rimediare qualche bella figura da pellaio, come si è puntualmente verificato.
    Pessimo.

  31. ok tash, busi ti è sembrato pessimo; ma che ne pensi del fatto che sia stato radiato dalla rai? è il normale castigo di chi manca di stile, di chi fa la figura del pellaio? Come mai allora tutti gli altri sono ancora lì, non all’isola, ma negli altri programmi da rissa, trash, ecc.? Gli altri si, ma lui no.

  32. di Busi sono impressionato dalla sua capacità di scrivere -per me magistrale- e dalla sua solitudine di uomo consapevole della bassezza media del popolo tutto.
    non ho visto la trasmissione perché non riesco a farlo, nonostante la presenza di un uomo-scrittore di cui ho grande stima, ma mi viene da dire che gli si può contestare la sua presenza in tivù, ma non di aver detto quello che ha detto in quanto, da sempre, lo dice. e quel che appunto dice, mi sembra molto giusto, opportuno, prossimo alla verità.
    chi lo ha letto sa quanto paga la sua coerenza.
    non è certo l’unico, ma è tra i pochi che lo fanno.
    “non c’è più racconto” mi sembra una frase molto riuscita.

  33. Ma come avrebbe potuto giocarsela, l’Isola non è il Grande Fratello, li c’e dello stress fisico non indifferente, non pretendiamo da Busi quelo che nessun altro intellettuale avrebbe saputo fare, perfavore.

    Rispetto a Busi, che ha sopravvalutato la sua tempra fisica, quella mentale è indiscutibile.

  34. Condivido in pieno quanto scritto sopra da pecoraro.

    Aggiungo che quando degli scrittori, degli artisti come Bene Sgarbi e Busi, espongono così spudoratamente e puerilmente il loro narcisismo che li fa credere gli unici ad aver qualcosa da dire, gli unici ad aver qualcosa da fare, gli unici ad esser veri a confronto degli altri che inevitabilmente son tutti dei manichini, gli unici ad aver il diritto di offendersi per nulla per poi offendere in modo molto più… villano (grazie Silvio), a rimetterci è proprio l’immagine del letterato, che appare sempre più come la condizione di chi si presume in una posizione superiore cui tutto è consentito e cui compete l’immunità da ogni critica.

    Non credo che le scene di questo pollaio fossero programmate, ma non credo neanche che siano scomode alla trasmissione o alla tv solo per qualche frase sulle tasse o sul Papa, che sono ben poca cosa. Non vedo proprio in Busi un ospite scomodo, senza contare che i protagonisti della trasmissione sono i “naufraghi” come Busi: gli ospiti sono altri.

  35. per una volta nella vita, Andrea, non mi trovo perfettamente d’accordo con la tua provocazione. non ho seguito troppo bene la vicenda e istintivamente sottoscriverei ogni parola di Pecoraro; anche se poi il “lato punitivo”, la cacciata dalla rai, che come ci ricordi non ha mai colpito l’archi-trombone sgarbiano, emana un’ombra diversa sulla cosa, e in parte avvalora la tua idea di ospite ingrato. non lo so. il punto per me è ancora nella nona e onnicitata tesi di Debord: nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso. non ritengo così banale il monologhetto d’uscita di Busi; né il suo contesto particolare – l’isola dei famosi – lo neutralizza ipso iure. bisognerà allora vedere come lo spettacolo in generale assorbirà, se non lo ha già fatto, la questione, e per converso, come si comporterà Busi nei prossimi giorni e settimane. mi lascio il beneficio del dubbio, e staremo a vedere.

    un saluto,

    f.

  36. @cristiano
    “dalla sua solitudine di uomo consapevole della bassezza media del popolo tutto”.
    in cosa si manifesterebbe questa “bassezza media del popolo” che ti appare così evidente?
    non ti appare come una posizione ridicolmente aristocratica questa?
    anche se è in realtà così tipicamente “piccolo borghese”?

  37. Andrea,
    secondo me l’hanno radiato per la somma di queste due intemperanze
    la prima: l’omofobia come omossessualità repressa in riferimento al Papa,
    la seconda, credo più importante: il fatto che se ne sia andato deliberatamente, senza motivi particolari. Non so se sia mai successo, è come boicottare la trasmissione. E in questo credo stia l’unico merito di Busi, non ha fatto la commedia per poi dire, alle prevedibili richieste di restare, va bene resto- cosa successa tante volte nei reality.
    Se ne è andato davvero. E secondo me questo è lo smacco alla trasmissione, che i conduttori non avevano previsto, anzi forse prevedevano davvero la sua vittoria.
    Però, sul modo con cui se ne è andato – e anche sull’opportunità di parteciparvi ci sarebbe da dire – resta quel che ho scritto sopra.

    Poi staremo a vedere quanto dura l’esilio dalla Rai, che le memorie son corte, specie in tv.

  38. Due dettagli.
    Prima della partenza, in una intervista, Busi dichiara che ha preteso, nel contratto, l’eliminazione della clausola che gli impediva di parlare di politica e simili: ‘Cosa starei a dire tutto il giorno? Cip Cip?’
    Nel suo sfogo ha detto che, durante la permanenza nell’Isola, ogni volta che parlava di un argomento ‘pesante’ i cameramen se ne andavano immediatamente: l’Isola non è il GF, non c’è diretta, ci sono i cameramen a vista…
    In fondo l’unica persona con cui potesse comunicare era proprio Sandra Milo, che aveva avuto una vita e delle esperienze… gli altri concorrenti quest’anno sono abbastanza imbarazzanti.
    Come ho cercato di spiegare, quella di Busi era (non solo sull’Isola) una sfida al lettore: io qui faccio scena ma tu non devi badarci, l’unica cosa che conta è l’opera e io sono il più grande scrittore vivente e oltre… Da notare che Busi non è praticamente mai andato in tivù a presentare un nuovo libro, non è mai andato da Fazio (credo). E’ una sfida perdente, secondo me, ma non è la stessa cosa di Sgarbi o del povero Bene. Diciamo che, per molti, ha rappresentato la scusa buona per smettere di leggerlo e infatti tutti apprezzano soprattutto i suoi primi libri, quando era di moda…
    Ripeto il consiglio: provate a leggere Suicidi Dovuti e poi ditemi se quella non è l’Italia…

  39. @ Sergio Garufi

    Beh, questo mi ricorda che quando uscì Troppi Paradisi, di Walter Siti, alcuni, fra cui Cordelli, lo rimproverarono perchè, occupandosi di tivù e reality show, li ‘legittimava’… come se i reality show e la tivù in genere abbiano bisogno di essere legittimati dagli scrittori ‘seri’…

  40. Plaudo Pecoraro, ovvero plaudo Foster Wallace (E UNIBUS PLURAM!) e di conseguenza plaudo me stesso che ho citato Wallace e ho detto suppergiù le stesse cose di Pecoraro.
    Inglese, non ha nessuna importanza che Busi sia stato radiato dalla rai, non più di quanta ne abbia la penosa esclusione-pantomima di Morgan a San Remo. Quel che conta è che dinanzi alla tv l’intelligenza (o un tentativo, seppur goffo ma venato d’una qualche vitalità, di rappresentare, di produrre intelligenza) è impotente. Di fronte a milioni d’italiani, ne sono certo, la Ventura ha vinto e Busi ha perso. Quella che voleva essere a mio avviso una provocazione estetica s’è rivelata una vittoria clamorosa dell’antiestetica per eccellenza. E’ per questo che non condivido la crepa nel quadro di Fontana a monte del post ovvero la tua interpretazione dell’accaduto. Non c’è stata nessuna crepa, soltanto un’ulteriore cementificazione del brutto poter che ascoso a comun danno impera, e l’infinita vanità del tutto.

  41. “NON C’È PIÙ RACCONTO”
    Sembrate tutti sicuri di sapere cosa significa questa formulazione e soprattutto sembrate assolutamente certi della sua verità.
    Io non sono così certo, né di aver capito cosa il Nostro volesse dire, né soprattutto della sua corrispondenza a qualcosa di vero.
    Anzi, ad essere sincero fin’ora sono stato abbastanza sicuro del contrario e cioè sono sicuro che oggi tutto si risolva nel racconto, tutto sia narrazione, tutto passi per l’emozione senza interessare la così detta ragione se non di striscio.
    Quindi se viviamo immersi in un sistema a scatole cinesi di narrazioni, cosa significa affermare che “non c’è più racconto”?
    Chi è che ci depriverebbe del «racconto» se esso pervade ogni cosa, dalla politica, all’informazione, alla scienza, eccetera?
    E cosa si dovrebbe raccontare che non si racconta?
    Se Busi si riferiva all’Isola dei famosi, lì, come in altri reality, non è contemplata nessuna forma di svolgimento narrativo.
    Non succede niente, non deve succedere niente, perché ogni possibile accadimento è circoscritto in partenza: non a caso vi partecipano dei veri de-cerebrati, incapaci di relazionarsi gli uni con gli altri al di fuori della modalità simpatico/antipatico, falso/sincero, eccetera.
    Però se hai scelto di andarci te la devi giocare di fino e non, come ha fatto Busi, mettersi a rimproverare dei poveracci di essere poveracci nel mentre che Tutti vedono che sono poveracci.
    Busi lo sapeva tutto già da prima: non c’è bisogno di arrivare fino in Centro America per proclamare con enfasi “Non c’è più racconto!”, a meno che non ti paghino bene per farlo e soprattutto quando tutti si aspettano che tu lo faccia tenendo fede alla tua figura di Scrittore, allo stesso modo in cui Bertinotti andava a Porta a porta a fare il Comunista: gli serviva una sponda e lui gliela forniva.
    La Rai lo bandisce perché insinua sulla sessualità del papa?
    Sarà mica una novità.
    Ci sono numerosi precedenti e per motivi ben più seri.
    Ne vogliamo fare un martire della cultura, per caso?

  42. a lorenzo,
    non scherziamo: bene e busi dei signori artisti, sgarbi un signor nulla.

    Io trovo le riflessioni emerse finora interessanti. Concordo con Marcolini (la censura). Trovo interessante l’ipotesi di Luigi B. e le osservazioni di Sacha. Trovo sbagliato appiattire Busi su uno dei soliti personaggi mediatici. Non mi pare, come nota Sacha, che Busi abbia frequentato la tv in questi anni. Ed è certo che ha fatto un esperimento personale. Non un semplice “rilancio” come suppongono altri. Questo naturalmente non gli attribuisce nessuna patente di “ingrato”. Ma trovo interesante che sia proprio uno scrittore, e uno dei migliori, a far saltare le regole di un dei programmi principe della trash tv. Lorenzo G. vede la trasgressione nell’abbandono. In parte sì, ma sopratutto in quella presa di parola franca, libera, idiosincratica, ma potente, che ha fatto subito mobilitare i soliti dirigenti, capetti rai, tutti spaventati dell’eccesso verbale. Lì finalmente il linguaggio ha fatto qualcosa, ha fatto male. E guarda caso, ripeto, è uno scrittore a farlo e a subirne le conseguenze.

    Sbaglia chi vede nell’atteggiamento di Busi, per buona parte del tempo insopportabile con le sue battute oscene compiaciute, qualcuno che si pone nell’attitudine del puro disprezzo. Dire: qui la gente è alla canna del gas, e non può negoziare più niente, implica lucidità umana, oltreché sano materialismo. Insomma, io lo vedo come un episodio di uno scontro tra il potere sempre singolare, di statuto incerto, della parola letteraria e la macchina dell’immagine e del non-linguaggio. E vedo che Busi questo scontro l’ha voluto, non ha cercato quello che sarebbe stato – per lui – un penoso e misero compromesso. E lo ha portato fino in fondo, sapendo che ne avrebbe pagato delle conseguenze.

    Quanto a Fabio. Io, in questa fase, vedendo il paese in cui vivo, faccio ormai letture parche. Anche di Debord. Sulla carta funziona tutto sempre bene, ma intanto i consigli operai non ci sono (ci sono gli operai che lottano non per la rivoluzione ma contro la miseria), alla Sorbona i cubetti di porfido sono tutti al loro posto. Se però vola un cubetto nella palude mediatica – dati i tempi – non mi sembra cosa del tutto irrilevante.

  43. @ Francesco
    credo ci siano modi diversi di vivere la distanza con le altre persone, in particolare quando si pensa di vedere e capire la realtà meglio di queste, e di non riuscire a conciliare il proprio vissuto con quello altrui. Busi,( e mi pare anche tu dal poco che posso capire dai tuoi scritti ) non mi pare faccia proclami trasudanti narcisismo, quanto piuttosto comunichi la sua visione dell’esperienza della vita. in questo la sua visuale mi pare un poco più alta della “media del popolo”. aggiungo che questa esigenza di dire, questa coazione, si riveli talvolta condanna e lo conduca alla solitudine.
    non so se sono riuscito a esprimermi. non mi sembra che Busi faccia l’aristocratico: mi pare piuttosto che si proponga per quello che è, per quello che ha capito, per quello che sente. non mi pare piccolo borghese, mi pare sincero e fuori da ogni schema sociologico banalizzante.
    quanto alla reale statura- probabilmente più cognitiva che etica- del popolo, se ho ben capito, non ho niente da spiegarti che tu non abbia già detto, e bene, molto spesso, specie in occasione di elezioni et simili.

  44. io la leggo come un frase tremenda, tragica, generalizzabile al nostro paese, smarrito, che non trova fili comuni attraverso cui tessere le vicende dei molti, e con un governo che usa tutta la sua forza mediatica per recidere i fili, sostituendo allo spazio narrativo quello dello slogan ipnotico, e dove tutti si muovono con cautela, avendo paura di essere aggrediti alla prima parola detta fuori posto; la perdita del racconto significa perdita d’identità, e perdita d’identità significa smarrire il da dove e il verso dove; così mi sembra questo paese; che non ha ancora fatto fino in fondo i conti con gli anni settanta, con i mutamenti degli anni ottanta, e che però non vuole affrontare il futuro, e i suoi problemi, la convivenza con l’esercito della nuova mano d’opera…

  45. per non saper leggere nè scrivere, io in tv non ci andrei nè la guarderei.
    mi pare che tutto questo esercizio d’intelligenza critica sullo spettacolo trash sia il classico esempio della malattia che si propone come la cura di se stessa.
    una cattedrale di parole, che ospita nessun dio, e allarga il perimetro del berlusconismo il quale, attenzione, prima di essere malgoverno o classe politica, è l’assorbimento del reale nel video. quando ho saputo che busi andava all’isola, ho pensato esattamente a questo finale, e non mi sento dotato di spirito profetico: era largamente prevedibile. E allora, perchè far passare come coraggiosa provocazione o addirittura martirio quello che è solo un episodio della liturgia del potere?

  46. Lo ripeto, Busi ha fatto l’esperienza dell’Isola per se stesso. L’unico modo possibile di affrontarla. Ed e’ stata la violenza verbale con cui diceva cose spesso banali a farlo radiare. Una indignazione quella di Busi inaccettabile da un qualsiasi funzionario di questo nostro basso impero. Non era necessario ascoltare quello che Busi diceva, il suo senso di impotenza era il messaggio. Uno scandalo.

    Senza contare che mia nonna, all’inizio, quando vedeva il Papa esclamava: Stai zitta, vecchia bertuccia. Ma il tono della sua voce era privo di carica omicida.

  47. @ andrea inglese

    Che possa fregartene o meno, io ho capito il senso del tuo
    testo-istallazione, che pero’ non chiede di essere disvelato.

  48. Andrea,

    il taglio interpretativo dato dal tuo ultimo commento non può che trovarmi d’accordo; su questo non si discute. come dicevo, non considero affatto banale l’explicit di Busi, né anodino-irenico il contesto in cui lo ha pronunciato. quello che mi interessa capire, è la modalità rigenerativa della tela – per tornare al tuo Fontana – quanto le occorre, cosa le occorre, e soprattutto “se” le occorre.

    più su scrivi: “io proprio non ci credo che tutto è previsto e addomesticato”. parole che posso far mie. ed è proprio per questo che mi angoscia il sospetto che Debord abbia tuttora ragione, ragione che sarei felicissimo di vedere confutata.

    un abbraccio,

    f.

  49. la merda puzza di merda … embè?

    nessun seme del dubbio nessuna faglia o fessura alcuna: solo fesse plastica etc. e lì tra tettone e pettorali lo scrittore disce lamerdapuzzadimerda e s’estromette dal gioco di merda ed è già oggi dagli spettatori fagocitato digerito cacato:merda. merda che concima ore e ore di altra merda.

    mi scuso per questo commento di merda. merda!

    netquoto il commento di pecoraro delle 18:54
    televoto sandramilo

  50. Se guardate bene il primo video, quello postato sopra da
    @georgia

    NON C’E’ PIU’ RACCONTO

    Busi lo dice per indicare il fatto che lui ormai è un corpo estraneo per la comunità dell’isola, è al di fuori delle relazioni personali che si svolgono tra i naufraghi, e quindi non ha più niente da raccontare.

    Ora,
    @Andrea

    si ferma a questo video nel valutare l’atto di Busi, un Busi che pacatamente dice di volersene andare perché non è interessato a vincere (e lì escono i soliti egocentrismo e narcisismo quando si dichiara sicuro di vincere, ma quello è il meno) e perché per se stesso ritiene sufficiente l’esperienza fatta. Aggiunge infine di voler dare spazio ai più giovani e a chi ha più bisogno di soldi di lui (è alla canna del gas, non ha potere contrattuale ecc.).

    Se si fosse fermato qui, e con un sorriso e un grazie a tutti se ne fosse andato, sarebbe stata secondo me la massima trasgressione. E avremmo visto un vero signore, uno che rompe le volgari logiche televisive e che può permettersi di dare delle lezioni perché le dà con gli atti, non mettendosi in cattedra.
    Sarei insomma completamente d’accordo con Andrea, se tutto fosse finito lì.

    Ma purtroppo c’è il seguito, questo

    http://www.youtube.com/watch?v=MAPVvwhN1-M

    Cosa succede qui?
    Succede che un Busi stanco e nervoso alle continue sollecitazioni volte a farlo restare risponde perdendo via via il senso della misura che aveva avuto inizialmente, e comincia a fare discorsi polemici che nulla c’entrano con la situazione del momento, evidentemente perché sono cose che pensa da tempo, che fanno parte di lui, e che escono quasi meccanicamente come sfogo allo stress.

    L’uomo – e l’artista – Busi perde d’un tratto tutte le qualità che aveva appena mostrato e che lo facevano diventare un affronto alla televisione, e diventa vittima della trasmissione, il reality diventa davvero reality perché Busi è provato e per questo non ha più la capacità di controllo su quanto dice, e non a caso si infuria quando Mara Venier gli chiede se se ne va per stanchezza psicologica (concetto rinconducibile proprio a quello che lo stesso Busi aveva cercato di spiegare inizialmente) o per altro, ritenendo una offesa, e questo è sconcertante quanto significativo, il chiedergli se è stanco.
    Il reality coglie nel segno, lo stanco Busi perde le staffe perchè gli si chiede – e senza malignità – se se ne vuol andare per stanchezza.

    Ecco quindi Busi offendere la Venier, la quale peraltro reagisce in modo inaspettato, perdendo anche lei la misura e passando a dire, nell’arco di un minuto, Mi piaci e poi Tornatene a casa.

    Insomma, secondo me, abbiamo assistito a un’ottima rappresentazione di come il mezzo, la tv, corrompe chi la fa (Busi è attore, non ospite) e nel caso specifico anche di come la realtà possa davvero entrare in un reality. Busi stava per rompere questo meccanismo con la sua scelta, spiegata in modo signorile, di andarsene, ma ne è stato risucchiato, si è fatto coinvolgere nel pollaio per stanchezza e per eccesso di amor proprio. Ne è uscito esaurito e sconfitto, come si vede bene alla fine del video.

    Inoltre, il fatto di aver abbandonato la trasmissione con l’accenno polemico al Papa, e, ho notato solo ora e vorrei lo consideraste bene, con quello al governo (“non ha fatto nulla”) e alla persona di Berlusconi proprio in questi giorni di campagna elettorale, hanno decretato la sua espulsione dalla Rai.

  51. gianni, giuro sulla testa dei miei figli che non ho che nel mio commento precedente volevo aggiungere fra parentesi che mi aspettavo un tuo intervento esattamente identico a quello che hai appena fatto, poi ho soprasseduto perché ero certo che avresti capito.

  52. La tv è una roba che si guarda e allora, per parlare di questo fatto, bisogna guardare. Guardare le facce della Ventura e della Venier, i loro ritocchi sgorbiati e le loro voci stridule da pennute gonfiate che si deformano ed esplodono alle parole di Busi. Quell’uomo le ha fatte deflagrare come non è mai successo a due che sono delle professioniste della lite, dello starnazzamento, dello sputtanamento, del peggior trash televisivo. Stavolta si sono trovate di fronte a qualcosa che non conoscevano e non riconoscevano e sono diventate davvero isteriche. Barcollavano appese ai loro decoltè. Queste reazioni da sole basterebbero a qualificare le parole di Busi come, al minimo, spiazzanti.

    Busi, come ha detto, avrebbe potuto addirittura vincere e proprio questo sarebbe stata la sconfitta sua e, contestualmente, la vittoria del sistema gelatinoso e ingurgitante che tutto fagocita (ricordate Luxuria? e il grande fratello che fa vincere il rom? e, massì, ribadiamolo, Libero che assolda Nori). Andarsene è mostrare che esiste una irriducibilità, la possibilità di sottrarsi al cannibalismo.

    I reality hanno la pretesa di mostrarsi come racconti, ovvero come costruzioni di senso. Sono vissuti esattamente così dai milioni che li seguono. Non è vero che la massa che li guarda vede in quelli lì dei poveracci. Vede dei personaggi. E parteggia per l’uno o per l’altro, come si faceva da bambini con i personaggi di Salgari, di De Amicis o di Dickens (io ricordo che detestavo Uriah Heep fino al magone, per esempio). Pur nella novità (ormai non più tale) del mezzo e della struttura sono riducibili alla teatralità già indagata da Pirandello. C’è un casting orientato secondo lo schema dei giochi di ruolo (nella commedia dell’arte i ruoli erano maschere e tipi, oggi, col web, sono avatar) e poi si recita a soggetto però sempre dentro a una scena prevedibile che, oggi, è in grado di accogliere anche la rottura e lo scandalo che un tempo produssero i personaggi in cerca di autore. Basta fingere che i personaggi non abbiano più bisogno nè di autore nè di capocomico ma che si mettano in scena da sè, in un’illusoria fusione di forma e vita. Ma questa illusorietà uccide il racconto, mostrandone solo il guscio vuoto (infatti non succede mai nulla, soprattutto nulla di sensato, di motivato da un meccanismo narrativo). Ma chi li guarda scambia il guscio narrativo per il racconto, come crede che il tavernello sia vino.
    Uno come Busi, che ha ben presente che la distinzione e la tensione reciproca (e non la loro fusione) tra forma e vita è lo spazio del racconto, andando all’isola forse voleva provare a costruirne uno o, forse, in alternativa, voleva tentare di rompere quel guscio e mostrarne il vuoto. “Non c’è più racconto” ha detto, alla fine: il guscio è rotto, guardatelo tutti. E questo ha fatto scandalo.
    Non sono le banalità dei concetti che ha espresso, non le provocazioni o le liti con i coatti e la signora in triste disarmo, ad essere in questione, tutto questo ci stava perfettamente. E’ invece il gesto parlato che ha fatto ad averlo rotto, il guscio. Un gesto concettuale (fontana, appunto). Proprio il fatto di aver parlato “senza che il contesto lo richiedesse”, per citare Pecoraro, ha creato un furioso imbarazzo.
    E non sottovaluterei l’impatto che questo gesto ha avuto sui coatti. E’ chiaro che il guscio è stato immediatamente riparato, la falla richiusa espellendo l’effratore. Ma la discussione c’è stata e c’è. Il segno del taglio qualcuno è riuscito a vederlo.
    E lode al coraggio (anche fisico, quanti ce l’avrebbero davvero la voglia di stressarsi all’isola?) di uno scrittore che si è messo in gioco e un’incisione sul guscio l’ha fatta. O forse vogliamo davvero sostenere che sono molto migliori quelli che, per partito preso, (o vigliaccheria, senso di impotenza, paura dello scacco) voltano le spalle al vuoto e al suo feticcio lasciandoli intatti?

  53. aldo busi ha vinto. ha dimostrato che l’intellettuale è un uomo libero, senza disciplina. tuttavia, mauro è il più grande poeta che l’italia si sia mai concessa da ventanni a questa parte. i poeti oggi mancano di appill.

  54. ma adesso la rivoluzione sarebbe costringere mammafiosa tv a reimmettere di corsa busi nell’ etero utere

  55. @ effettolarsen
    …io gli ho trovato un senso sincero e un suo coraggio tragico, tragico nel sapere che la merda puzza di merda e mescolarcisi (non si è astratto per quel che ho visto e ha avuto rispetto dello show che voleva lo show), imbrattarsene tutto. Io ci vedo ma solo in lui il teatro della crudeltà di Artaud, crudeltà di usare il proprio organismo integralmente e non da oscena sfatta compiacente e allora sì oscena che ti mostra anche le vere sue tragedie per ottenere il piccolo share e l’applauso. Son d’accordo con AMA che lo abbia fatto per sè e anche io credo di averne capito il senso, e anche Andrea Inglese ne ha visto la stessa grandezza tragica.

  56. Ma sì, facciamo, noi che abbiamo cultura, facciamo le selezioni per partecipare all’Isola dei famosi; anche al Grande Fratello, perché no? Insomma, se Busi ha prodotto, col suo gesto dadaista, una crepa nell’osceno spettacolo mediatico, allora è possibile rompere quel guscio e distillare alterità. Bene, cosa aspettiamo? E vista l’audience, sarebbe una pratica decisamente più sostanziosa che non quella di scrivere su rivistine che leggono solo gli amici o sulle pagine culturali di quotidiani che poi, a conti fatti, inseguono la stessa televisione. Un po’ di coerenza, per Giove! Come dice Caracaterina, non voltiamo le spalle al vuoto e al feticcio: entriamoci dentro, suvvia, compagni, un po’ di coraggio! E basta, diciamo basta una volta per tutte con questi pruriti da anima bella: affrontiamo la merda con onore, sporchiamoci in prima persona. Vogliamo incidere sulla società e contrastare lo scadimento culturale e psichico? Quale spazio migliore della televisione? Busi ci ha dimostrato come tutti i discorsi fatti sin qui sul contenitore-che-smentisce-il-contenuto erano discorsi ideologici, non fondati su una analisi precisa del linguaggio e delle sue possibilità di trascendere il mezzo, e ci ha mostrato, Busi col suo gesto altamente significante, che il conflitto è possibile anche dentro un universo di senso che lo nega programmaticamente. Certo, la sua defenestrazione dimostra che la partecipazione all’Isola ha, nei fatti, amplificato l’arroganza del mezzo; ma questo è un incidente interpretativo, non il risultato reale del gesto. L’intelletualità media (nel senso di mediamente scolarizzata) che segue la trasmissione sta ancora applaudendo il Nostro (basta leggere i commenti su Youtube): in fondo Busi ci ha mostrato la straordinaria possibilità di incidere. E ha mostrato ciò che vorremmo essere: non più assassini della lingua, ma parlanti consapevoli. Cosa ne consegue da tutto ciò? Che la televisione è lo spazio privilegiato di ogni azione culturale. Chi, domani, dopo aver apertamente applaudito il gesto di Busi, continuerà a fare discorsi sulla responsabilità senza proporsi come candidato a un reality sarà in contraddizione con se stesso. In fondo, è la televisione ad avere bisogno di noi. Mario Perniola, in un suo famoso libello contro la comunicazione massmediatica, diceva che la messa in gioco della diversità (dell’omosex, del trans, dell’anti-clericale, del comunista in kashmir) portava il pubblico a subire una mutazione antropologica: nel rito televisivo tutto si tiene, ogni certezza viene meno, e tutto si consuma nel momento della ricezione, la memoria e l’inconscio soprattutto; ciò consente ai potenti – scrive Perniola – di poter fare e disfare secondo il tornaconto momentaneo senza essere legati ad alcunché. Il comportamento del diverso che si esibisce (del Busi di turno) può essere, talora, momentaneamente efficace, ma alla lunga diventa penalizzante: per la stessa alterità messa in gioco dentro quello spazio disciplinare. Ecco, compagni, dimostriamo che Perniola non capisce niente e che scrive queste cose “per partito preso, (o vigliaccheria, senso di impotenza, paura dello scacco)” …

    ng

  57. @caracaterina et altri
    ritengo che la tua sia una sovra-interpretazione, sia della trasmissione in quanto fonte di narrazione (lì non succede niente, solo batti-becchi: il paragone con le figure di Dickens è stirato in eccesso), sia del gesto di Busi.
    per andarsene da un posto bisogna prima esserci andati.
    oltre a leggere l’uscita di Busi dall’Isola, io credo si debba leggerene l’entrata: non sono documentato a sufficienza per fornire una mia versione, però credo di sapere che per partecipare si prendono dei soldi.
    eccetera.
    tutto questo disagio nelle signore in questione, tutta questa de-stabilizzazione busiana del sistema reality francamente non la vedo: la Ventura gongola perché sa benissimo che quello è un momento topico, di spettacolo, quell’altra si limita a palesare quella che azzarderei a definire come un’essenza da pesciarola.
    credo che la stima per il Busi scrittore faccia sovra-valutare il Busi figura televisiva, a pieno titolo facente parte del sistema televisivo nelle vesti di una maschera precisa: l’Intellettuale (che parla difficile) Gay (che danza seminudo convinto che in tv ci si possa stare solo nella volgarità intrinseca del mezzo: come se fosse obbligatorio andarci e non, invece, facoltativo).
    ipotizzare che Busi sia un sottile stratega mediatico de-stabilizzatore der sistema politico-televisivo mi sembra appunto una sopravvalutazione che deriva dalla stima (universale) di cui gode come scrittore.

  58. Faccio notare che chi esce volontariamente da un reality ha una penale, cioè riceve meno soldi. Uscire volontariamente, quindi, ha un costo.
    Come ho detto, la separazione fra autore e opera, su cui Busi insiste tanto, nemmeno qui è accettata, certo non nel modo in cui l’intende lui.
    Anch’io, per anni, l’ho ignorato proprio per via delle sue macchiette televisive (ricordate il litigio con Dario Bellezza?). Poi lo vidi ad Amici (un contesto veramente tremendo) e mi parve di un buon senso incredibile, mi incuriosì, cominciai a leggerlo (il Manuale del Perfetto Single, per interesse personale) e lo scoprii, dandomi dello scemo per aver permesso al mio snobismo televisivo di influenzarmi e dandogli così, implicitamente, ragione.
    La ricostruzione di Caracaterina è molto precisa: i reality, come qualsiasi cosa, sono oggetti complessi e l’analisi dettagliata li rende molto diversi dall’impressione superficiale (come Emerson diceva, se potessimo conoscere la vita di un uomo in ogni dettaglio conosceremmo la vita di tutti gli uomini). Come diciamo noi esteti, la parte interessante dei reality è vedere sfaldarsi la maschera che il concorrente cerca di imporre sotto l’urto degli altri concorrenti e delle strategie manipolatorie della produzione. Se lo si intende correttamente, un reality è ottima metafora del mondo e della comunicazione.
    Sapete certo che il reality esiste se se ne parla, se c’è una vivace discussione online. Quel che forse non sapete è che l’atteggiamento dominante del pubblico nei confronti dei concorrenti è il disprezzo: se uno è così sfigato da partecipare al GF o all’Isola allora se ne può dire quel che si vuole e qualsiasi tentativo di mantenere un minimo di dignità personale provoca reazioni verbalmente violente. Da questo punto di vista il colto e il vulgo giudicano esattamente allo stesso modo il carattere dei concorrenti.
    Del resto, se è vero che ogni volta che ci connettiamo portiamo la nostra pietruzza all’edificazione ed al mantenimento del sistema (e ci troviamo la nostra comodità) non siamo proprio nella posizione migliore per disprezzare chi fa il passo ulteriore di ‘partecipare’ mettendoci la faccia magari perchè, giustappunto, ha dei debiti…

  59. Lorenzo Galbiati:
    “Insomma, secondo me, abbiamo assistito a un’ottima rappresentazione di come il mezzo, la tv, corrompe chi la fa (Busi è attore, non ospite).”
    Ribadisce con efficacia quel che vado affermando da due post, e che mi sembra talmente evidente…
    caracaterina
    Non sono d’accordo che i reality siano un racconto nel senso che tu intendi: certo, a rigore tutto è un racconto, anche il nulla. Il nulla è la negazione del tutto, e in ciò sta il suo racconto. Bgrhfgshfttrudnsnvfnsjmsns è un possibile racconto. Anche fgsjjryurdvbsnjdhfjjd. La frase di Busi secondo me è metà banale metà stizzita (come un po’ tutto ciò che ha urlato), meno complessa di quel che sembra. Meglio sarebbe stato se avesse detto: non c’è mai stato il racconto che avevo sperato di raccontare, mi hanno ammutolito prim’ancora di cominciare, la tv m’ha imbavagliato alla mia stessa intelligenza, mi ha giocato, ha fatto in modo che mi mettessi le manette da solo senza accorgermi che mi stavo mettendo le manette da solo, me ne vado.
    Quanto a Ventura e Venier (due mostri, due tritacarne del senso cognitivo ed estetico), si sono prese la loro razione d’applausi e dopo cinque minuti di nervosismo estemporaneo hanno avuto ancora una volta dalla loro parte il pubblico, che non è certo quello di Nazione Indiana; lo so che il discorso puzza di razzismo antropologico, adesso corro a farmi una doccia con l’acqua del popolo.
    ps: secondo me, data la schiacciante superiorità della tv su ogni altro mezzo di comunicazione (internet è un discorso al momento troppo lungo) la questione scrittori-in-tv è più urgente della questione Nori/Libero, che qui è stata tirata nuovamente fuori, ha un impatto più grave – mi riferisco per esempio, con altre prospettive, anche alle ospitate degli scrittori da Fazio, dove gli scrittori ospiti mi sembrano sempre depotenziati, addomesticati, non ce n’è mai uno che strappi la tela, per rimanere all’insegna del post; oppure quegli scrittori non hanno a prescindere la forza per strappare la tela, e perciò sono lì?
    La questione è: si può fare qualcosa contro l’immane e geniale ottusità della tv, contro gli onnipotenti anticorpi della tv A PARTIRE DALLA TV, RIMANENDO NEL CON-TESTO DELLA TV? Se Arthur Rimbaud andasse all’isola dei famosi farebbe anche lui la figura del fesso?

  60. arrivo tardi, a discussione inoltrata, faccio ammenda, leggerò con calma i commenti, quello che mi preme è che Busi non è stato il primo ad essere radiato. ora io non seguo la tv, non ce la faccio proprio a stare lì impalata, non riesco a seguire neanche quello che mi piacerebbe (quindi non è solo una scelta un po’ snob) però la tv arriva comunque dappertutto, quindi io so che un altro a me caro (alla mia gioventù presistorica) è stato radiato, ecco io vorrei qui ricordare anche il caro Morgan che sebbene abbia perso completamente di vista nel corso degli anni, è stato uno dei miei amanti immaginari, custodisco tutta la trilogia chimica (acidi e basi, metallo non metallo e zero + canone inverso), lo inseguivo ai concerti e nel backstage per gettargli ai piedi una rosa, una bottiglia di vino, una poesia d’amore prima molto prima che mi tradisse con asia ;-)
    un caro ricordo

    http://www.youtube.com/watch?v=o5XPavp9oKg
    (altre forme di vita)

    e l’eretico
    http://www.youtube.com/watch?v=HIM-B36pVPg

  61. sono d’accordo con @sascha, quando dice che “Se lo si intende correttamente, un reality è ottima metafora del mondo e della comunicazione.”

    io credo che Busi sia un ingenuo e appassionato pedagogo, oltre che un moralista, e anche un uomo egocentrico e sopra le righe, certamente, che il guscio, se lo ha inciso, lo ha inciso per cinque minuti

    ma sia lui con questa decisione di partecipare che Siti con l’attenzione che gli presta insegnano a chi dice noli me tangere che le cose, il reality, bisogna conoscerle, disprezzarle non basta a salvare nessuno

    trasecolo a leggere che c’è chi non ha mai guardato nemmeno una puntata dell’isola o del grande fratello, benché costi fatica, e il grande fratello molto più dell’isola,

    @ Macioci, sì, credo proprio che Rimbaud andasse sull’isola finirebbe per fare la figura del fesso, o magari a diventare il leader e a vincerlo

    quando Busi dice “non c’è più racconto” significa a mio avviso che non ce lo vede più e c’era andato per trovarlo.

  62. @ Alcor
    non ho mai visto una puntata de Il grande fratello né dell’Isola né di altri reality. In televisione guardo solo il calcio, quando riesco. Lavoro spesso di sera, ho 3 figli, leggo molto … Perché dovrei sprecare del tempo prezioso per guardare ciò che so essere, in partenza e senza tema di essere smentito, una schifezza sotto tutti i punti di vista (morale, etico, tecnico, linguistico)? Per conoscere lo scempio culturale e psichico che provocano mi basta mettere in relazione la quantità di persone che li seguono con lo stato attuale della cultura in Italia. Sono troppo snob? Pazienza. Mi perdo qualcosa? Non credo. Ma rivendico la possibilità di scegliere cosa evitare, anche a costo di far trasecolare una come te, che stimo.

    ng

  63. Alcor, ti risulta che Siti abbia in qualche modo scritto qualcosa sulla vicenda Busi. Ovviamente la domanda è rivolta anche agli altri…

  64. < trasecolo a leggere che c’è chi non ha mai guardato nemmeno una puntata dell’isola o del grande fratello, benché costi fatica, e il grande fratello molto più dell’isola

    trasecolo?
    e perché mai?

    quel *chi* ha dei problemi?
    è malato?
    deve fare qualcosa di particolare per impedire agli altri il *trasecolamento*?
    e magari anche la*trasecolazione*?

  65. qualche precisazione pedantina sul mio commento poi mi taccio:

    @pecoraro
    non ho paragonato le figure di Dickens ai personaggi dei reality ma la fruizione da parte dei telespettatori a quella dei lettori-bambini, ingenui, privi di consapevolezza “letteraria” e senso critico e pieni di adesione emotiva alla narrazione che si dimentica essere rappresentazione e diventa “fatto”, realtà.

    Concordo con Sascha, anche a me sembra che l’emozione prevalente fra i telespettatori sia il disprezzo. D’altronde, i reality tutti, anche le varianti defilippiche in studio, sono evidenti macchine sadomasochistiche (@ lucia cossu: artaud)

    @ Macioci
    “a rigore tutto è un racconto, anche il nulla. Il nulla è la negazione del tutto, e in ciò sta il suo racconto.”

    D’accordissimo. Ma l’inganno dei reality per i fruitori ingenui è che non vengono percepiti nè come il nulla che sta raccontandosi nè come il racconto del nulla (genitivo oggettivo). Vengono percepiti come costruzioni di senso. Ovviamente il senso è il nulla, che, però, si traveste da Qualcosa (tutto quel berciare vuoto di “Rispetto degli altri” che riempie la scena finale, ad esempio)
    Molti dei professionisti televisivi partecipano di questo inganno, nel senso che non lo vedono proprio e questo accentua la loro mostruosità. Sono convintamente attivi come, mi sembra, lo sia in primis il Berlusca così come milioni di suoi votanti (televotanti). Per dire: credo che Costanzo e consorte lo vedano bene, l’inganno, la Ventura, la Clerici, la Venier no, non ci arrivano davvero. Credono ingenuamente che l’inganno sia solo un arnese nella cassetta degli attrezzi del loro mestiere che loro sanno usare bene. Per questo sono loro a essere messe sempre in prima linea a fare le imbonitrici e hanno tanto successo: poichè non sono persuasore occulte sono convincenti. Ma sono messe in scena per funzionare esattamente come la Carfagna, la Gelmini, la Brambilla.

    @alcor
    Busi è moralista e pedagogo, va bene. Per me, benissimo. Si parla di etica e responsabilità, no? Ingenuo non tanto: non penso che creda che a taglietti e canzoni si fan rivoluzioni.

  66. l’unico posto sensato in cui andare in televisione sono proprio trasmissioni come l’isola, amici, xfactor, altro che fazio dandini santoro…
    bene lo capì come sempre in lauto anticipo con il suo “non puoi accontentarti di essere il meglio del peggio, cioè il pessimo”.
    il dispositivo non va disattivato ma profanato, per liberare davvero tutto ciò che ci ha sottratto. considerazione di un filosofo che condivido.
    dire che il mezzo dipende da come lo si usa è un eccesso di ingenuità che non ci si può permettere di questi tempi.

  67. no, non mi taccio (gasp!)
    La faccenda del non vedere mai certi programmi eccetera non è certo definibile come “colpa” e non facciamo i finti tonti.
    Però è un deficit culturale perchè quei programmi sono il linguaggio dominante della contemporaneità, e non conoscere i linguaggi in cui siamo immersi per chi fa un mestiere intellettuale e si occupa di stare a scrivere e leggere di “responsabilità dello scrittore” beh, come minimo è una contraddizione.
    Ovvio che non ci si può occupare di tutto e si fanno scelte: io, per esempio, non mi metto a studiare i linguaggi della cultura cinese, sebbene siano assolutamente determinanti per la contemporaneità ma non mi metto neanche a discutere di culture cinesi.
    @ng
    fidarsi di Perniola è bene, non fidarsi è meglio

  68. quasi un mese fa, mentre si discuteva animatamente di responsabilità dello scrittore e di sedi imbarazzanti nel commentario al thread di michela murgia, citai la notizia di aldo busi all’isola dei famosi. non replicò nessuno. oggi ho l’impressione che la sua presenza e il suo intervento lì abbiano ridotto in cenere tante parole al vento che si sono spese su questo tema. revocare l’ipoteca semantica è possibile, se si ha talento. questa sarà ricordata come l’edizione di aldo busi. uno che sta da 23 anni in televisione, è andato nei luoghi peggiori (costanzo, amici della de filippi ecc) e ne è sempre uscito pulito, lasciando a molti telespettatori l’impressione che ragionare al di fuori dei luoghi comuni è ancora possibile. ieri mi guardavo su youtube un po’ delle sue comparsate in tv che mi ero perso, tipo ad amici, ed era un temporale di intelligenza. gli auguro che dopo questo intervento molta gente ora compri i suoi libri, ne beneficeremmo tutti.

  69. io proprio non capisco chi glielo faccia fare, di continuare a pubblicare in italiano e soprattutto di continuare a stare qui, in reality italy….

  70. @pecoraro
    Citavo Rimbaud non come esempio d’incorruttibilità, ma d’intelligenza-iconoclastia-imprevedibilità-anticonformismo-creatività. E mi domandavo se questo mix resisterebbe a un contenitore immondo-appiattente-nichilista-mediocrizzante-perbenista come l’isola. Naturalmente era una provocazione. E naturalmente Rimbaud è, in un certo senso, incorruttibile. Alla vita – questa, perchè quella vera è assente.

  71. @ng

    ricambio la stima, quando dici “Perché dovrei sprecare del tempo prezioso per guardare ciò che so essere, in partenza e senza tema di essere smentito, una schifezza sotto tutti i punti di vista (morale, etico, tecnico, linguistico)?”

    potrei darti ragione, ma io non trasecolo perché non li guardi come spettatore, neppure io lo faccio, ma come antropologo.

    dovresti guardarli, non tutte le puntate, non sempre, ma un paio, altrimenti si finisce per fare come Cordelli quando parla del web, anche lui pensa di sapere che cos’è, ne ha sentito parlare, ma poi noi che lo conosciamo meglio, lo capiamo meglio.

    la prima volta che sono approdata su NI, anni fa, mi sembrava di essere capitata in un reality, per dire.

  72. @ Alcor
    ma per conoscerli basta leggere cosa dicono di loro Aldo Grasso o Norma Rangeri, ad esempio. O aver presente cosa pensa il mio vicino di casa leghista che ne è consumatore affezionato. Io li conosco, pur non avendoli mai visti. Certo, mi sfuggono i particolari (il nome dei concorrenti, le loro inclinazioni, le liti, etc.); però l’impianto, il sistema linguistico, i modelli sociali di riferimento, anche le loro evoluzioni anti-cultura e pro-auditel, in una parola quella che è la loro struttura di fondo la conosco. Io, poi, è anni che vado scrivendo che uno dei motivi dello scadimento dell’arte dell’attore è il “televisivo”, ossia quella finta naturalità con cui è detta la parola (nelle fiction, più che nei reality; ma c’è davvero differenza?) …

    @ Sergio
    Busi è, per me, un ottimo scrittore; forse, come scrive Parente, il migliore tra i viventi. Il Busi dell’intervista che proponi, però, il Busi con “coscienza civile militante”, non è lo stesso Busi che partecipa ai peggiori programmi televisivi della nostra storia (Amici, Isola, etc.). È lo stesso anagraficamente, ma mutano le sue funzioni. Nell’ambito televisivo, i diversi livelli di senso di una frase (simbolico, informativo, psicologico, etc.) stanno in un rapporto di forte dipendenza dal livello principale, quello del “mezzo”. Un enunciato, insomma, poniamo quel “bisogna essere anticlericali” di Busi, pur non cambiando al suo interno il rapporto tra le parole, subisce un cambiamento di senso in base al contesto. E la televisione, direi strutturalmente, depotenzia il contenuto di ogni enunciato. Ma non voglio convincerti. Busi come scrittore lo apprezzo; come personaggio no.

    ng

  73. Scrive Gambula, credo a ragione:

    “Nell’ambito televisivo, i diversi livelli di senso di una frase (simbolico, informativo, psicologico, etc.) stanno in un rapporto di forte dipendenza dal livello principale, quello del “mezzo”. Un enunciato, insomma, poniamo quel “bisogna essere anticlericali” di Busi, pur non cambiando al suo interno il rapporto tra le parole, subisce un cambiamento di senso in base al contesto. E la televisione, direi strutturalmente, depotenzia il contenuto di ogni enunciato.”

    Trovo che il nocciolo della questione sia proprio questo. Più che la televisione in sé, il problema continua a riguardare lo spettacolo. E’ per questa ragione che, pur potendo apprezzare le parole di Busi, mi resta forte il dubbio sull’eventualità della tela perforata. Il dubbio, cioè, è che il taglio sia stato fatto nell’acqua – non su/in un “soggettile” polare e quindi passibile di dialettica – : un taglio reso possibile dalla assoluta non-resistenza del mezzo e, dunque, un non-taglio, una chance consentita da (e perciò immediatamente vanificata nel) “mezzo” spettacolo.

  74. ma posso metterla anche in questo modo, e pazienza, so bene anch’io che sulla carta tutto sembra sempre funzionare (e forse proprio in forza di questa consapevolezza):

    l’alta probabilità che prima ancora di Debord, avesse ragione il Burroughs di Nova express, scrivendo: “non rispondete alla macchina – spegnetela”.

    naturalmente, sarei felicissimo se chiunque mi desse motivo di cambiare opinione, opinione già non più ferma come nella prima istintiva reazione al post. la provocazione di Inglese, dunque, e come sempre, è stata un gesto di salute.

    Hail,

    f.

  75. sono molto d’accordo con la citazione di teti da burroughs.

    cresciuto, con il boom delle televisioni private, come vero e proprio bambino teledipendente e poi come adolescente e giovane adulto dedito al culto dei telefilm pomeridiani e della visione di mtv, i discorsi diciamo razional-realisti sulla tv mi lasciano sempre insoddisfatto. una cosa ho imparato da tutte quelle ore di visione: che se il televisore è acceso è la televisione il soggetto (non tu che la guardi, tanto meno gli omini che vi si sbracciano) e che se il televisore è spento il soggetto sei tu, ma con alcuni buchi (i pezzi di te che hai perso durante la visione, sostituiti dai depositi subliminali della visione). la televisione, sotto certi punti di vista, non è molto diversa dalle sostanze psicotrope e, sia l’una che le altre, le trovo positive per coltivare una sana latenza schizofrenica.

    questo per dire, però, che l’unica operazione di smontaggio, di strappo, di vera decostruzione dello spettacolo televisivo messa in atto dall’interno è blob, proprio perché permette alla televisione di essere realmente se stessa, di esprimersi nella catastrofica e ipnotica natura del suo corso basato sullo spreco e sulla guerra dei segni (cosa che conosce bene chi si dà allo zapping radicale o ama le televendite sulle tv locali). ogni altra operazione che non sia lo spegnere il televisore (o lo zapping, appunto, che è una spegne di continuo on/off) è inglobata nelle reti di senso, nei giochi di ruolo, nei racconti (ce n’è eccome di racconto! come dice tash) che chi produce la televisione architetta per irregimentare il caos semiotico che negli effetti è. è fallimentare come continuare a scrivere nei commenti che è da idioti commentare un blog.

    non sto neanche a dire che ammiro busi come scrittore e la sapienza del suo stile (un po’ meno il moralismo, che già alcor segnala) ma ho l’impressione che sia vittima di un suo piano non riuscito, per così dire.
    clerici, ventura o chi altri, non mi ricordo più in che intervista, diceva che il gran fratello piace perché se ne parla in casa. ecco: la televisione “retriva” funziona perché dà contenuti alle relazioni umane; ho l’impressione che l’uscita di busi abbia rafforzato questo meccanismo, non indebolito.

    cmq se ne esce, non preoccupiamoci. in verità la televisione, come lo sballo, alla lunga è noiosa ;-)

  76. Per me Busi è il migliore scrittore italiano vivente, forse.

    Del suo gesto mi importa poco.
    Forse era un attaccco situazionista,
    ben studiato e preparato,
    non del tutto ingenuo o vano.

    Però il gran macchinon/minestron televisivo se lo masticherà e digerirà ed erutterà in pochi giorni.
    Si passerà ad altri sacri “scandali”.
    Senza scandali nel calderone, nel padellone,
    di che si parla altrimenti?
    E’ un paese piccolo.

    MarioB.

  77. a nevio,

    che scrive: “vogliamo incidere sulla società e contrastare lo scadimento culturale e psichico? Quale spazio migliore della televisione? Busi ci ha dimostrato come tutti i discorsi fatti sin qui sul contenitore-che-smentisce-il-contenuto erano discorsi ideologici…”

    Ma di cosa stiamo parlando?

    Io non credo che Busi abbia agito come ha agito ispirato da una missione politica o civile. Quindi non credo che ci sia una strategia-Busi o un pensiero-Busi da prendere come modello. Però trovo del tutto schematico, da catechesi, decidere che sempre il contesto determina qualsiasi contenuto ed espressione nasca in esso. Io per parte mia in queste discussioni non l’ho mai sostenuto. Quindi sono bene attento a vedere cosa di volta in volta accade quando qualcuno tenta o si trova a non stare alle regole del gioco.

    Ora, si è iniziato a parlare di responsabilità dello scrittore muovendo da casi patrticolari, riferiti a collaborazioni di scrittori a pagine culturali di quotidiani. Si è poi parlato di lavoro editoriale per importanti case editrici, e via dicendo. Non si è detto quasi nulla, fino ad ora, del rapporto scrittori-televisione. Ora mi sembra che il caso Busi, dopo quello che è sucesso, offra degli elementi importanti di riflessione.

    Non capisco questo immediato risentimento nei confronti di Busi, come se si stesse proponendo Busi come modello per tutti. Nessuno qui ha detto che dobbiamo mollare le nostre rivistine e andare all’isola dei famosi. Ma mi sembra necessario riflettere a cosa possa voler dire responsabilità in quel contesto. Io non credo che Busi abbia sovvertito le logiche dell’intrattenimento, ma ha mostrato, in una specifica circostanza concreta, come si possono rompere le aspettative, fare un uso irriverente del linguaggio e non semplicemente osceno – come aveva scelto di fare fino a quel momento – e come si possono dire verità crude, che normalmente non si dicono. Che questo sia il primo passo per l’abolizione dello stato di cose esistenti (e fetenti), non credo nessuno l’abbia pensato.

  78. caro gherardo

    leggo ora il tuo intervento, che riprende la citaz. tetiana di Bourroughs.
    Bene, nessun problema. Io ho scelto di spegnere la macchina. E allora?
    E’ in atto una guerra per lo spegnimento delle coscienze, che non ha certo il suo unico centro nella televisione. E’ la guerra del grande capitale mondiale contro tutte le forme di resistenza-autogestione, contro tutte le varie forme anti-sistema. Noi in Italia stiamo sperimentando una nostra fase gansteristico-caciottara di questa guerra. Io non voglio passare la vita nel piccolo fortino. Voglio trovare ovunque persone che, in contesti diversi, da condizioni diverse, sono mossi dagli stessi impulsi: pensare, deliberare, uscire dal gioco. Quindi non mi basta essere sicuro che la macchina nel mio fortino è spenta. Mi fa piacere se nella macchina accesa, qualcuno fa casino.

    Per me l’ultima parola non è “spegnila”. E’ la prima, io l’ho spenta. Ma finché la macchina resta accesa, uno come Santoro è un alleato possibile. Anche se Debord si rivolta nella tomba. Per me fa differenza, se nel mio paese la macchina censura busi, censura santoro, censura luttazzi. Spettacolo per spettacolo, vorrei scegliermene uno meno medievale.

  79. No, beh, ma capisco benissimo la questione che sollevi e, chiaramente, condivido le intenzioni con cui lo fai.
    Però qui stiamo parlando di un gesto fatto dentro la macchina e, al riguardo, posso solo dire che la macchina è più forte di quel gesto. Anzi, che quella macchina richiede quel gesto: la televisione è essenzialmente oscena e accetta qualunque cosa e, infatti, la sanzione su busi si dà non perché ha infranto un tabù della macchina ma perché ne ha infranto uno esterno alla macchina. Ora, si potrebbe pensare che questo abbia almeno l’effetto di esporre quel tabù dentro la macchina ma, appunto, la macchina tv non ha tabù ed ha trasformato la rottura che quell’infrazione poteva essere in un altro stadio del suo processo. Per riprendere la tue parole: la macchina è accesa perché qualcuno ci sta facendo casino.
    E, quindi, su una cosa sola non sono d’accordo e, cioè, che sia la macchina a censurare busi, santoro o luttazzi (che invece esaltavano le modalità di quella macchina). Al contrario credo che sia berlusconi, il vaticano, la borghesia italiana retriva a censurare la macchina (come è successo in molte altre occasioni: da moana nuda a matrjoska allo sketch di grillo sui socialisti e così via).

  80. non so contento di quello che ho scritto;

    provo a mettere meglio a fuoco

    di che cosa parliamo quando parliamo di responsabilità dello scrittore?

    allora, purtroppo, data la realtà, non possiamo parlare (credo) per nessuno di un efficacia su di un piano politico (tipo intellettuale organico, intellettuale di movimento, ecc.)

    dobbiamo quindi inevitabilmente misurare la reponsabilità su di un piano più etico; più che l’efficacia conta la postura; allora non credo che in quest’ottica tutto si possa definire in termini di “esteriorità”; non scrivo per le pagine culturali, non pubblico per le grandi case editrici, non vado mai in televisione; credo che le posture degne di interesse, nella loro capacità di ostacolare, disturbare, il gioco del nemico possono essere diverse; e lo devono. Se si vuole che esse arrivino a fare il salto dall’etico al politico, è bene che le posture siano diverse, diffuse, trasversali ai contesti. Non ci suono luoghi di purezza, ci sono dinamiche eretiche. Ed ognuna funziona a livelli diversi. Nell’ambito dei talk show politici Santoro è l’eretico, nell’ambito della satira televisiva lo è stato Luttazzi, nell’ambito del circo-trash lo è stato Busi, nell’ambito della grande litania facebook, i viola sono stati eretici, e così via fino ad arrivare ai nostri ambiti specifici, letterari. Insomma hanno spostato gli equilibri, hanno introdotto dell’imprevedibile, hanno ridefinito i termini della questione, hanno fatto male a chi detiene il potere.

    a gherard,

    leggo ora la tua risposta. Hai perfettamente ragione. E’ una logica esterna alla macchina che censura. Ma… appunto. Ancora una volta le cose sono più complesse. Ci si credeva nello spettacolo puro. Ma esiste poi lo spettacolo puro? O non si tratta piuttosto di dispositivi complessi, paleo politici e iper spettacolari. Quindi, gli esiti non sono così scontati…

  81. ma poi la televisione è tante cose, i programmi che passa, l’uso che se ne fa, estremamente vario, c’è chi la guarda, chi fa zapping, chi la accende per sentire il rumore, chi la accende e spegne l’audio per avere qualcosa che si muova nella stanza, c’è il suo non disprezzabile effetto valium, alzi la mano chi non ci si è mai addormentato davanti,

    c’è gente che lamenta il degrado dei programmi, ma ce n’è anche di buoni, bei film, bei documentari, affascinanti televendite (ho avuto esperienze simili a quelle di Bortolotti, le televendite mi hanno aperto un mondo)

    ma qui parliamo principalmente del reality e – credo – dell’infotainement

    io comincio a convincermi che quando diciamo che Berlusconi ha vinto grazie alla tv, sbagliamo, o non la diciamo tutta giusta, è vero che la tv è usata per manipolare, ma si può manipolare lì dove esistono masse manipolabili, è la massa manipolabile e forse non sanabile, il vero problema, una massa alla quale non è rimasta altra cultura che quella televisiva, o che comunque è schizofrenica, separa le cose che teoricamente sa da quelle che le raccontano sullo schermo e vive una vita reale con sospensioni di vita finta

    resta da chiedersi quale fosse la cultura di massa precedente alla cultura televisiva, certamente non era così sciatta, volgare, sguaiata, ma, a parte la cultura di classe, era una cultura imposta pure quella

    non conosco nessuna persona dotata di strumenti critici per natura&cultura che peggiori davanti alla televisione

    peggiora il paesaggio, questo sì, per noi che ne vogliamo e ne conosciamo un altro, ma la televisione mi sembra soprattutto un collettore di merci materiali e virtuali, davanti a un collettore non posso criticare solo il collettore, è il sistema tutto quanto che richiede la mia attenzione

    e comunque sono anche sicura che “tolti di lì”, gli spettatori tornano in grandissima parte quelli che erano, mutati dall’uso quotidiano della tv, ma mutati soprattutto dall’uso quotidiano della vita, delle condizioni del lavoro o del non lavoro, dei rapporti di potere, soprattutto, e tornano a costruire un racconto del mondo magari bislacco, ma non solo televisivo, al quale affidarsi

    questo è un paese che vive una crisi morale gravissima, la peggiore forse da quando sono nata, forse è gravissima perché la vediamo tutta e ci impedisce di chiuderci in orticelli ideali, ma che sia colpa della tv, mah, non ci credo

    quanto a Busi, non ho le idee chiare, capisco che per uno come lui la tentazione di far parte del programma fosse grossa, capisco anche che dopo un po’ non ne abbia potuto più, credo che star lì sia insopportabile, ma per un verso è uscito dall’isola troppo tardi (per dire quello che ha detto bastava che restasse lì un giorno, era evidente che non ci sarebbe mai stata una possibilità di racconto) e per l’altro troppo presto (se proprio aveva un progetto e anche io dubito che lo avesse chiaro), e anche questo a mio avviso mostra la sua ingenuità, di fronte ai volponi dello spettacolo

  82. Un paio di cose, da visitatrice molto occasionale di isole e fratelli.
    Prima di tutto mi pare inutile cercare di stabilire che cosa avesse in programma Busi accettando di andarci. Ricerca di sfida o narcisismo, sete di luci della ribalta e voluttà di esporrsi al peggio: a naso, un po’ di tutto questo, ma non è importante in che misura. Non c’è bisogno di dare un giudizio sul Busi-uomo.
    Fa parte del Busi-personaggio, della Busi-maschera pubblica televisiva (e non solo) il suo esibizionismo, la sua ostentata froceria (lui stesso che si dice vecchia checca). Ed è già di per sé qualcosa che mi pare la tivvù- panza che tutto inghiotte, assorbe talvolta con un minimo, giusto un minimo di meterorismi.
    La faccia dello scrittore, quella che pronuncia le famose frasi, fa parte anch’essa del messaggio. E’ di un abbronzatura esagerata che accentua il suo essere sofferente, smagrita, appartenente a una persona non più giovane. C’è qualcosa nel volto di Busi che viola il protocollo del reality. Il volto e il tono, come rileva giustamente AMA.
    Parlerà anche con spocchia, ma la maschera del “più grande scrittore italiano” (indossata sempre), stride con l’esibizione sofferente del proprio degrado. E’ letteralmente la faccia che ci mette nel dire ciò che dice che rende disturbante il suo messaggio.
    Una bellissima istallazione di Beuys si chiama “mostra la tua ferita”. L’esibizione, l’ostentazione può rivelare l’osceno più della parola (e non a caso appartiene all’ambito ambivalente dei riti). E riesce forse a rendere più afferrabile la stessa oscenità del far passare come niente le parole oscene (le battutone all’indirizzo della Ventura, per esempio).
    E’ questo corto circuito (esagero) fra l’Ecce homo e la vecchia checca che rende tutto più bruciante.

  83. sì gherard, grazie per le tue osservazioni; qui, come in altri casi, mi sembra interessante creare forme di scrittura collettiva, di riflessione colletiva, che ha una sua specificità; ed è proprio il suo muoversi al di fuori dei rituali dei saperi e delle scritture più istituzionali o di statuto (giornalistiche, critico-letterarie, scientifiche, satiriche); qui si va tutti al sodo, e in grande libertà e franchezza, ma non in termini competitivi – il mio commento elimina il tuo – ma alla fine di montaggio, ricombinazione, associazione imprevedibile;

    ecco, mi sembra un modo questo, con tutta la sua fragilità, un modo di riprendere il racconto altrove interrotto, come racconto aperto, problematico, e però collettivo

  84. @ Andrea
    Il problema della responsabilità nel contesto televisivo se lo deve porre chi lavora in televisione. Dall’esterno non ha senso. Sarebbe come voler tracciare le linee di un’etica da seguire. Dall’esterno ha senso conoscere il meccanismo e studiarne gli effetti sulle coscienze.

    In ogni caso, almeno da parte mia, non c’è nessun risentimento nei confronti di Busi. Al limite rilevo, in Busi, una schizofrenia comportamentale: dice (e giustamente) di avere improntato la sua esistenza sulla non appartenenza e poi, anziché operare in coerenza con questa scelta, entra e si fa appartenere da uno dei mezzi più diabolici che mai sia stato creato. Questo non è risentimento. È soltanto applicare la logica.

    Ma non è questo il problema; semmai il problema – tutto mio, lo ammetto – è lo stupore che provo quando leggo che Busi “rompe le aspettative”. Lui era lì perché tutti si aspettavano che dicesse quelle cose. Prima di andare in Nicaragua ha imposto una modifica al contratto proprio per poter dire le cose che poi ha detto: ha fatto “rimuovere le clausole che impediscono ai concorrenti di usare un linguaggio offensivo parlando di politica e di religione”, come lo stesso Busi ha dichiarato a diversi quotidiani. Nessuna rottura delle aspettative, dunque (nessuna per me, certo).

    Condivido però – e condivido col cuore in mano – questo tuo passo, che credo andrebbe imparato a memoria e proposto come giusta prassi:

    «qui, come in altri casi, mi sembra interessante creare forme di scrittura collettiva, di riflessione colletiva, che ha una sua specificità; ed è proprio il suo muoversi al di fuori dei rituali dei saperi e delle scritture più istituzionali o di statuto (giornalistiche, critico-letterarie, scientifiche, satiriche); qui si va tutti al sodo, e in grande libertà e franchezza, ma non in termini competitivi – il mio commento elimina il tuo – ma alla fine di montaggio, ricombinazione, associazione imprevedibile».

    @ Helena
    la faccia dello scrittore Busi non ha niente di diverso da quelle degli altri due esclusi (censurati?) dall’Isola in precedenti edizioni: Pappalardo e Facchinetti. È la faccia di chi si soppopone a privazioni. L’abbronzatura, però, dimostra come quelle privazioni siano possibili grazie a privazioni ben più sostanziose e deprecabili: nell’Isola il degrado è finto, in una qualsiasi banlieu o sobborgo o baraccopoli lo vivi tutti i giorni (senza che nessuno ti racconti, tra l’altro).

    nevio gambula

  85. Torno ossessivamente sulla mia argomentazione di fondo: la tv è battibile? Citare Luttazzi piuttosto che Santoro – il quale nell’odierna programmazione politica da un punto di vista estetico e contenutistico non rappresenta affatto un’eresia, bensì un copione già conosciuto a memoria – temo ci allontani dal nocciolo del problema che lo scontro Busi-Rai ha messo in risalto: esiste un modo per sabotare la tv senza che sia lei a farti fare il sabotatore per suo vantaggio? Foster Wallace: “”La cultura televisiva si è in un certo senso evoluta a un livello tale da sembrare invulnerabile a qualsiasi minaccia di trasfigurazione. In altre parole, la televisione è diventata capace di inglobare e neutralizzare ogni tentativo di cambiamento o anche di denuncia degli atteggiamenti di passività e di cinismo che la televisione stessa richiede dal Pubblico per poter essere commercialmente e psicologicamente efficace in dosi di parecchie ore al giorno. […] Nella misura in cui può spazzare via convenzioni obsolete mettendole in ridicolo, la tv riesce a creare un vuoto di autorità. E poi indovinate da cosa viene riempito? La vera autorità su un mondo che ora percepiamo come costruito e non come rappresentato diventa lo stesso mezzo di comunicazione che ha costruito la nostra percezione del mondo. Secondo, nella misura in cui la tv si riferisce esclusivamente a se stessa e smonta gli standard convenzionali come ormai privi di valore, essa risulta invulnerabile agli attacchi dei critici per i quali ciò che trasmette è brutto e superficiale e volgare, in quanto ogni giudizio del genere fa riferimento a standard convenzionali, extratelevisivi, di profondità, buon gusto, qualità. Inoltre, il tono ironico dell’autoreferenzialità televisiva fa sì che nessuno possa accusare la tv di cercare di abbindolare la gente. L’autoironia è sempre una forma di sincerità interessata.”

  86. Sì, ma gli altri due non hanno usato la faccia per sbattere in faccia qualcosa, fosse anche solo la porta.
    E i segni di cedimento della faccia-maschera dello spettacolo portano un messaggio simbolico rispetto a quella messa in scena e rispetto al posto centrale che è riservato a quella messa in scena, sta su un piano diverso di chi soffre di privazione vera.
    Quel foro, quel taglio prodotto nello “show must go on” da Busi non è, come dice Andrea, un’azione eroica o rivoluzionaria. Ma c’è stata.

  87. @macioci

    per poter dire se è battibile bisognerebbe cominciare a chiedersi che cos’è.
    il mezzo? i programmi? e quali? l’interazione con la rete? la tv in rete? perciò io credo, come ho detto sopra, che il problema non sia la tv, ma tutto un sistema che fornisce intrattenimento e pubblicità, e che tra l’altro fa un mucchio di soldi, e che è appoggiato da una galassia di giornali e riviste che la pompano, e che nessuno qui, credo, ha mai preso in mano

    ma poi, i ragazzini guardano la tv?
    quelli che conosco io sono tutti in rete a cinguettare.

  88. @alcor
    Beh, il saggio di Wallace che ho citato è del 1990, e da allora la situazione è peggiorata. Internet è certamente l’invenzione per eccellenza, un mezzo fantastico le cui potenzialità sono ancora in gran parte inesplorate, o usate male. Faccio supplenze nelle scuole superiori ed è abbastanza vero che i ragazzi la tv la guardano poco (però quasi tutti guardano il Grande Fratello e Maria De Filippi, le ragazze pressoché al 100 per 100); ma ormai il danno televisivo è stato inferto alle generazioni precedenti e temo ch’esso si trasmetta, a livello d’inconscio collettivo, anche a chi oggi la tv non la guarda tantissimo. Tornando a Wallace, INFINITE JEST (1996) con la sua metafora della cartuccia maledetta è già a metà fra tv e rete – c’è gente che è morta davvero per aver trascorso davanti a internet due o tre giorni consecutivi, fino alle convulsioni e alla catalessi. E il rimbambimento cui può portare internet con le sue infinite finestre e opzioni e frammentazioni e flash e schegge è ben più letale del vecchio zapping.

  89. Scusate, però da marxisti che crediamo nel primato dell’economia: a me risulta che il cachet di Busi per l’Isola era di 400.000 euro. Certamente un motivo quanto meno discreto per andarci. E a questo punto mi piacerebbe sapere cosa succederà al suo contratto.

  90. @ Baldrus

    Per l’uscita volontaria (cioè non televoto o medica o altri motivi di forza maggiore) viene applicata una penale che può arrivare al 50%

  91. @baldrus
    tu scrivi “crediamo”, quindi puntualizzo:
    non credo più da un pezzo nel primato dell’economia.
    credo nel primato della televisione.

    e se di Busi alla fin fine ci importasse poco?
    o anche niente?

  92. @macioci

    nessuno di quelli che conosco io guarda il grande fratello, vero che non posso fare statistica con qualche ragazzino che conosco di famiglie che conosco, ma sono molto diffidente delle generalizzazioni, sia mie che altrui, che fanno comodo, colgono sempre una percezione e un punto dolente, mai la realtà complessa.
    Per esempio, e se il grande fratello fosse [di nuovo] una discriminante di classe?
    Io sono sicura che lo sia, ma patisco forse la mia formazione, per questo penso che bisogna darci un’occhiata ogni tanto a questi programmi e non limitarsi a snobbarli.

  93. 400.000 euri? Dove le scrivono queste notizie? A me sembra un fottio di soldi per insultarsi a vicenda.

    sul guardare l’isola o il grande f, sono d’accordo che sono da guardare (per le ragioni di alcor), io mi sono pippato una domenica pure x factor – su rai 2 hanno fatto dalle 14.00 alle 19.00 solo processi e contro processi su x factor. Una pera da morire! Il problema è che io, che sono abituato col cinema, sono a disposto a guardarli più di un quarto d’ora se: decidono almeno di ammazzarsi tra di loro, fanno battute davvero divertenti o almeno sesso libero. Pare che queste tre cose siano escluse dal contratto….

    è probabile che io abbia sopravvalutato l’azione di rottura di Busi, all’interno del contesto TV, ma

    rimango dell’idea che il fatto di essere stato radiato è grave e mostra il livello di censura idiota che tocca il nostro paese – e qui non mi sembra inutile analizzare come funziona la macchina del consenso-intrattenimento sotto il regime mediatico di berlusconi (paleo-censura e iper-spettacolo)

    continuo a pensare che, per come sono andate le cose, Busi ha compiuto, in uno dei gironi più bassi della palude mediatica, un vero gesto d’insubordinazione. Che non cambierà nulla per la tv e il pubblico, ma che me lo rende stimabile. Perché io trovo che anche singoli gesti d’insubordinazione fanno comunque la differenza.

  94. Per esempio, e se il grande fratello fosse [di nuovo] una discriminante di classe?
    Io sono sicura che lo sia, ma patisco forse la mia formazione, per questo penso che bisogna darci un’occhiata ogni tanto a questi programmi e non limitarsi a snobbarli.

    maria
    anch’io alcor sono del tuo parere, la discriminante di classe del resto è sempre presente anche se mistificata in tutti i modi, ma purtroppo la sinistra non sembra esserne consapevole.

  95. Vedo con piacere che la discussione prosegue – e per una volta senza il consueto teatrino del “chi ce l’ha più duro” – dimostrando la validità del gesto di Inglese.

    Rispetto a quanto scrivevo ieri, citando Burroughs:

    resta pur vero che, prima di spegnere la macchina, operazione del resto impossibile – essendo la macchina non soltanto l’apparecchio televisivo, semmai tutto un sistema di cose e rappresentazioni che lì si sostanzia e trova mezzo – possono darsi diversi livelli di risposta a questa, tra i quali quello busiano. Che come ho detto apprezzo, pur supponendone, come spiegavo, l’immediato ringhiottimento da parte del contesto spettacolo, contesto che del resto lo ha permesso (e quindi forse perevisto). E lo apprezzo perché, come notavano sopra Inglese e Bortolotti, si è riferito a – ed è stato punito da – quell’esterno che concretamente ha poi operato la “censura”. Mi frega poco del cachet di Busi, come pure della sua coerenza a lungo termine: ha ragione Inglese nell’affermare che in determinate occasioni conta la postura: e la postura-parola di Busi, in questo senso, ha avuto almeno questo di buono: ha ricordato, da dentro la macchina, e ad un buon numero di persone ormai persuase che nulla possa darsi di reale al di fuori di quel riquadro (Andrea, ricorderai quei due miei brutti testi “cronemberghiani”), come sia proprio quel “fuori” a contare, in tutta la sua bassa definizione e ritrosità al racconto e alla rappresentazione. Questo devo riconoscerglielo, nonostante il resto dei miei scetticismi espressi ieri. Insomma, posso leggerlo come una sorta di sovegna vos: fate che l’occhio riprenda a riconoscere ciò che sta attorno al quadro da cui vi parlo.

  96. Se tre indizi fanno una prova, il questionario di cui sotto non e’ stato accolto come i proponenti forse si aspettavano. Tuttavia, in un discorso piu’ largo di influenza attiva sulle cose, pensare ad un NI cartaceo (magari in sinergia con l’affine Carmilla o con Sud) darebbe piu’ spazio di manovra e maggiore capacita’ di penetrazione, a fronte di un rischio d’impresa comunque non modestissimo. Ma filmare e diffondere viralmente Inglese, Forlani e Biondillo girare porta a porta per diffondere immaginario d’opposizione a straniti teledipendenti, varrebbe da solo il prezzo di tutta la messa in atto.

  97. credo che fabio teti nel suo commento delle 12:19 di oggi abbia colto un punto fondamentale: il diventare e voler diventare cattiva rappresentazione, quasi show anche il fuori riquadro. In questo senso la macchina ha insegnato come essere attori tanto pessimi da essere sempre e solo falsi e mai un brillio di verità. E questo rimane anche fuori e in assenza della televisione e ormai molte attività del reale vengono vissute filtrate nella consapevolezza della loro rappresentazione, quasi non si potesse avere un trucco e un gesto che non sia già calcolato per la fotografia e la luce di tale fotografia.

  98. @alcor
    Dipende da cosa si intende per classe.
    Se ci si riferisce al censo, direi che queste trasmissioni si rivolgono a un Grande Ripieno sociale che contempla una grande massa di ricchi e poveri e medio-stanti, accomunati dalla stessa (sub?) cultura, quella che è stata definita “post-drive in”.
    Se invece si intende un discrimine culturale allora, direi che sì, sono degli agenti discriminanti, nel seno che operano sempre di più nel creare una frattura (meno superficiale di quanto si possa credere) tra chi li guarda e chi non li guarda.

    Credo che, per quanto ci si sforzi di cogliere il presente, tuttavia ci si capisce sempre meno.
    Servirebbe un genio capace di formulare una Teoria generale della cultura italiana post novecentesca, con tanto di equazioni.

  99. e se rivoluzionario e davvero antidoto fosse quel brillìo di verità? quel fulgore vero che abbiamo colto in tanti in quel Busi anche attraverso parole banali o non certo determninanti e che alcuni hanno chiamato postura e altri visto in un viso o in qualunque latro modo, ma che evidentemente c’è stato? una delle cose che ho sempre notato fino a quando ancora cantavo è il richiamo ancora potente e magico sul pubblico delle cose fatte bene e con cura e coraggio, nel caso di noi musicisti il coraggio di essere artigiani scrupolosi e senza tanto birignao e cercando proprio quel rischio anche di essere compoletamente sbagliati, ma sentendo il potente richiamo a seguire una traccia che dentro ti spinge a fare in un modo e non in un altro ignorando che questo potrebbe farti anche fare uno scivolone clamoroso, ma che se riesce in generale è giusto (e se non riesce ti fa rischiare giudizi pesimi e molto lavoro per farli dimenticare). E se rivoluzionario fosse fare davvero bene e basta? e essere così davvero pregnanti nel meglio che si è?

  100. La funzione di Busi doveva essere quella di dare uno scossone, la famosa vibrazione, il brivido al pubblico di questi programmi che, dicono gli esperti, i rilevatori (che trovano di solito espressione negli articoli di critici attenti come Berselli, o Rangeri), è sempre sul punto di assopirsi, o di cambiare canale, tra la noia, la ripetitività e gli spot. Questo – dicono sempre gli esperti rilevatori – vale anche per il Grande Fratello, programma che non guardo mai, neanche en passant, da almeno due edizioni.

    Poi deve essere accaduto qualcosa, Busi ha sforato, si è dimostrato una scheggia impazzita, non gestibile; oppure ha fatto una scelta lucida, di rottura, perché probabilmente – e qui leggo anche dai vostri commenti, non avendo mai visto una puntata dell’Isola – si è reso conto che diventava un saltimbanco totale e, per noi (escluso pecoraro) marxisti che crediamo nel primato dell’economia, comunque si porterà a casa un sacco di soldi, uscendo tutto sommato da eroe.

  101. Busi o no:
    A me fa male vedere, sentire di tanti soldi, magari pubblici,
    buttati per delle deliranti porcate.
    Ma io sono un moralista.

    Però mi suona male ‘sto termine: “moralista”.
    Mi ricordano robe venenfiche in bocca al Craxi e pur dell’Occhetto quando dopo la Bolognina dileggiò col “moralismo” chi accusava lui e i suoi accoliti di ricevere finanziamenti illegali.
    Ma sono un vecchio alieno (o alienato).
    Mai visto isole o grandi fratelli: solo pigmei.

    MarioB

  102. “Scrivo questa lettera sul volo che mi riporta in Italia, sapendo che difficilmente mi sarà data la possibilità di esprimere il mio pensiero di persona. Sono stato bandito da tutti i programmi della Rai dopo l’ultima puntata dell’Isola, escluso dopo che mi ero autoescluso. Mi chiedo come si possa bandire qualcuno, la cui ultima presenza in Rai risale a dieci anni fa. Cos’avrei fatto e detto di così grave? Ho rispettato fino in fondo gli impegni contrattuali. Mi si attribuiscono offese al Papa, di cui non ho pronunciato il nome come risulta dalla trascrizione del parlato. Ho denunciato l’omofobia, dicendo che la scienza ha accertato che cela una latente omosessualità e una voglia vendicativa verso chi la vive liberamente. Se i giornali hanno scritto che ho ingiuriato direttamente questo Papa, gli stessi lo hanno fatto direttamente. Nessuno deve arrogarsi il diritto di leggere nelle intenzioni, cosa non riconosciuta da nessun tribunale. Io sono abituato per dialettica ad aprire e chiudere da me i miei sillogismi. Non voglio rinnegare le mie convinzioni, da anticlericale. Rispetto le posizioni diverse dalle mie e i sentimenti dei credenti di ogni fede, fermo restando che in una democrazia si deve rispettare la libertà di non avere alcun culto, come esiste libertà di culto. Ho detto ciò che penso da tutta una vita. Ho detto che non esiste cittadinanza che non meriti di essere essere rispettata e che la persona umana non si può circoscrivere alla sua sessualità, fermo restando l’assoluto rispetto per i bambini e le persone non consenzienti. Ho partecipato all’Isola per il gusto di mischiare le carte. Sono fiero di avervi portato riflessioni che mai sarebbero entrate. So di non essere
    piaciuto a tutti, ma confesso che io mi sono piaciuto molto”.

    “Spero che Aldo Busi possa tornare all’Isola a spiegarsi, perché quello che è successo è stato un insegnamento per tutti” ha detto la Ventura. “Grazie all’azienda che mi ha dato oggi l’opportunità di leggere questa lettera” – ha aggiunto la Ventura -, “mi auguro ci ripensino e che si possa rivedere Busi con noi. Me lo auguro di cuore, a me ha insegnato moltissimo”.

  103. dalla Repubblica qualche mese fa
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    Aldo BUSI ‘PERCHÉ SONO INNAMORATO DI CARLA BRUNI’
    Repubblica — 12 gennaio 2010 pagina 5859 sezione: CULTURA

    MONTICHIARI Dopo circa due ore di conversazione, dentro un fiume di parole che scorre nella cucina di casa di Montichiari, un paese del bresciano, Aldo Busi si alza dal tavolo e si volge verso i fornelli. «Se le va, a questo punto, preparerei qualcosa da mangiare: salama con gli spinaci. Che dice?». Il tono della voce non prevede dinieghi. E mentre traffica tra una pentola e l’ altra, continua a parlare. Dice che sono quasi dieci anni che non va più in televisione e che non rilascia interviste. Ha orrore della mediocrità e del conformismo. Il silenzio non lo ha arrugginito. Cavalca gli argomenti più diversi con la solita maestria oratoria. È perentorio e poco incline al dubbio. Ma è anche il miglior talento narrativo degli ultimi trent’ anni. È chiaro che un’ affermazione del genere Busi la considererebbe un insulto. Ma è un fatto che romanzi come Seminario sulla gioventù, Vendita galline Km 2, Vita standard di un venditore provvisorio di collant, sono un pezzo importante di storia letteraria. Ora escono tre racconti molto belli – dal titolo sospiroso Aaa! (edito da Bompiani, pagg. 160, euro 11) – scritti lui dice con tre sistemi nervosie in una sarabanda di stili. Quello conclusivo è una spiritosa lettera a Carla Bruni nella quale si propone come il solo scrittore che possa adempiere a un magistero per la first lady francese. Quello di mezzo è una sorta di elogio-riscatto della figura del marchettaro. Infine, il primo, il più sofferto in cui si giustappongono vita e letteratura in un paese – l’ Italia – torvo e declinante. Busi si definisce “un cittadino terminale”. «Guardo il nostro paese con raccapriccio. Non ho più voglia di fare niente per l’ Italia. Ho scritto i miei romanzi bellissimi e a un certo punto ho deciso: mi sono tolto dalle balle. Via. Dai rumori, dal chiacchiericcio, dalle pretese di far sognare una nazione che non sogna, non vive, non ha futuro. Mi sento molto inutile. E se le parlo, se ho deciso per un momento di rompere il silenzio, non lo faccio in quanto scrittore, ma solo perché continuo ad essere Aldo Busi». C’ è una differenza tra il Busi uomo e lo scrittore? «Nessuna, ma la metto in guardia verso quegli scrittori che pensano di avere la chiave di volta per spiegare i mali del mondo, che ritengono di essere dei salvatori della patria. Poi li leggi e senti immediatamente che non c’ è l’ opera, non c’ è il romanzo. Io ho un’ opera. Cresciuta nel deserto, nel nulla italiano. Ma c’ è». Non tutti se ne sono accorti. «Non sono un populista. Quindi penso che il dovere dell’ opera sia di restare ferma dov’ è. Sono gli altri che devono andarle incontro. Il romanzo che va verso il pubblico nonè più un’ opera, al più è un operetta. Tra l’ altro avercene di operette. Neanche queste sono state prodotte negli ultimi vent’ anni. Uno scenario desolante, dove spicca solo la rivoluzione di Internet». Non è poco, ha cambiato radicalmente il nostro modo di stare nella cultura. «Certo, ma non in meglio. La lingua è diventata solo comunicazione. È caduto il senso estetico della lingua italiana e in generale della lingua usata come sistemazione delle idee. Con l’ avvento di Internet la mia opera si è trasformata in sale». Appartiene al passato. «La mia opera è talmente indietro che non è né di ieri né di oggi. È il domani». Rischia l’ incomunicabilità. «L’ esperienza di un lettore non è comunicabile a un altro lettore. Il passa parola va bene per le operette. La mia identità di scrittore non è negoziabile». Ma i romanzi bisogna pur venderli. «Non ho mai pensato di vivere di diritti di autore. Alla fine uno come me è destinato a restare solo. Non ho una famiglia alle spalle che mi protegga. Non appartengo ai clan, non sono iscritto ai partiti. Da sempre detesto la figura dell’ intellettuale organico. Che cos’ è: un suggeritore, un imbonitore, un servo? Sono disorganico a tutto». È il suo modo di salvarsi? «A un prezzo carissimo. Sono due settimane che non esco di casa, che non incontro nessuno, non vado a cene mondane. Non entro nei ristoranti. Cosa faccio? Cucino cotechino e lenticchie e metto su pancia». Cosa la spingea questa vita da recluso? «Fuori incontri gente che è convinta di avere la verità in tasca e pensa di illuminarti. Ma questo non è il paese dei Lumi. Non vedo alcuna speranza di miglioramento. Per questo ho smesso di scrivere». Non le manca la scrittura? «Perché dovrebbe. Quello che avevo da dire l’ ho detto. Vengo dalla scuola severa del grande autodidatta. Non sono il semplice amateur. Lo scrittore è la coscienza della nazione. Se nonè tale nonè niente. Ma qui c’ è ancora una nazione?». Ce lo dica. «Non le rispondo, non sono un demagogo, non mi rivolgo alle folle. La letteratura è un fatto elitario. In me non c’ è la minima predisposizione al mercimonio e alla prostituzione». Eppure nel secondo dei suoi racconti c’ è un elogio quasi malinconico di un giovane prostituto. «È un lavoro come un altro, del resto non c’ è cosa che non sia mercificata. Se è mercificato il pensiero perché non dovrebbe esserlo un quarto di carne? La carne umana è la merce più a buon mercato che abbiamo. Non sono gli amanti prezzolati, le escort, i leccaculo che da noi mancano. E poi, gli uomini e le donne sono talmente insicuri di sé che è chiaro che stanno solo cercando un padrone. Tutti vogliono un padrone. La mia lotta, quando incontro qualcuno,è restituirgli la stima in se stesso». E cosa si aspetta di ottenere? «Non lo so e non mi importa di saperlo. A volte mi rimproverano di investire energie sulle persone sbagliate. Ma non ci sono persone giuste. Le persone sbagliate sono le uniche su cui vale la pena di prodigarsi. Sono le sole davvero spossessate di sé». Echeggia il retaggio cattolico. «Solo una persona profondamente anticlericale e aconfessionale può essere buona come me. Io posso essere generoso con un nemico, un cattolico difficilmente». È una forma di gratuità più che di generosità. «È vero perché la gratuità richiede una grandezza che il generoso non sempre possiede. E poi a me piace stupire». Cosa significa stupire? «Dare la sensazione che non stai agendo in base a un istinto di rapina. Stupire significa costringere qualcuno a ricredersi su di te, su di sé e conseguentemente sul mondo». In passato lei stupiva giocando sui suoi gusti sessuali. «Cosa vuole che le dica: ho praticamente smesso di fare sesso. Sono un omosessuale ideologico. I maschi cominciano a farmi schifo. All’ odore del caprone in palestra, preferisco la castità». O le donne, visto l’ elogio sperticato che ha fatto di Carla Bruni. «Un’ eroina della nostra contemporaneità». Che cosa l’ affascina di queste figure femminili: prima Liala, poi Zsa Zsa Gabor e adesso la moglie di Sarkozy? «È un movimento ascensionale. Liala conquista le analfabete e comunque insegna loro a lavarsela. Zsa Zsa conquista gli uomini. Non fa film ma è la più grande attrice della vita. La Bruni conquista il potere vero. In lei vedo la capacità ormai in estinzione di essere virile». Si spieghi. «La virilità è un progetto, la femminilità una condizione. Mettendo insieme queste due cose Carla Bruni ha conquistato una nazione,i francesi sono pazzi di lei. Non ha compiuto un passo falso. Ha tutta la mia ammirazione». I detrattori insinuano che abbia fatto tutto per calcolo. «E allora, dov’ è lo scandalo? I critici come al solito non hanno capito che Carla Bruni ama tanto di più Sarkozy proprio in quanto non lo ama. Troppo facile amare qualcuno perché lo ami. Prova ad amare qualcuno senza amarlo. È durissima». E lei ha amato? «Ho cercato la merla bianca. Ma avevo già la mia opera e me stesso». Di se stesso, del suo corpo scrive: il mio è un corpo che non si vendica su di me. «Nel senso che sono costantemente aggiornato su di me, anche quando muto, quando mi trasformo, quando mi travesto». Inclinazione camaleontica? «Travestirmi equivale a sentirmi come Gregorio Samsa che Kafka trasforma in scarafaggio: sono un personaggio che può vivere indifferentemente in un romanzo o nel mondo». Che cosa ha fatto in questi anni di silenzio? «Sono stato benissimo. Non ho fatto una bella mazza di niente. Non ho scritto, non sono andato in televisione, non ho avuto sfoghi sessuali. In compenso ho cambiato tantissime stanze di albergo in Europa. Non c’ è stata cosa più bella che staccarsi da tutto e chiudere il rubinetto. Così se mi faranno fuori non ci sarà nessuno che mi rimpiangerà». Rimpiangeremmo il suo talento indiscusso. «Mi hanno fatto il vuoto intorno perché sono tra l’ altro una persona troppo spiritosa». Di sé lei ha scritto in uno dei racconti: sono un ex cameriere con il complesso di superiorità. «È vero. Ho avuto la fortuna di non essere figlio di papà, di non studiare nelle scuole di Stato. Tutti quelli che erano handicap insormontabili li ho trasformati in grotte di Aladino piene di tesori. E poi, se uno non ha fatto il cameriere e non ha visto la vita dal basso, o dal sotto di una tovaglia, non può aspirare al trono». Lei ha anche detto: si può smettere di scrivere ma non si può smettere di essere scrittori. «Essere scrittore è per me possedere un terzo occhio. In questi anni di voluta inattività si è molto acuito». Chi è per lei uno scrittore? «Prenda me, come parlo, come mi muovo, come gestisco il mio corpo, prenda le mie opere e da lì capirà chi è scrittore e chi non lo è. Non è una cosa di cui posso vantarmi, perché per il fatto di essere scrittore non me ne torna niente in tasca». Tutto accade perché deve accadere. «Eppure non mi spiego perché le ho rilasciato questa intervista. Ha mai scritto su di me negli ultimi anni?». No, dovevo? «Io nasco respinto. Mio padre non mi voleva, mia madre desiderava una femmina. Io nasco e già avevo un completino rosa». Da neonato ha cominciato a scavare l’ abisso tra lei e il mondo. «Preferisco essere respinto che accettato, parola davvero miserabile. Chi siete voi per tollerarmi? Dei lombrichi. Ammettetelo e io vi trasformerò in draghi volanti. Il segretoè tutto qui». PER SAPERNE DI PIÙ http://www.laterza.it http://www.beniculturali.it – ANTONIO GNOLI

  104. A quelli che mi hanno risposto
    Faccio supplenze in scuole superiori tecniche del nord, se vi può interessare; io non facevo nessun discorso “di classe”, semplicemente riportavo in modo statistico quello che i ragazzi mi rispondono quando chiedo loro cosa guardano in tv. Quelli fra i 14 e i 19 anni, lo ripeto, guardano quasi tutti Il grande fratello e pressoché tutti Maria De Filippi.

  105. grazie lucia, e larsen, a me quello che busi dice piace davvero, di outsider del suo genere non ce n’è molti in Italia, tra scrittori e artisti…

  106. @macioci

    scuole tecniche, appunto, dove è difficile che si formi chi avrà potere, per questo parlavo di classe, e anche Busi lo sa

  107. @sempre tash

    quando le cose si fanno complicate io ho sempre la tentazione di semplificarle, a mio uso, per non confondermi, poi magari le ricomplico
    semplificandole, a proposito della televisione, continuo a vedere che c’è chi la possiede in vari modi e la fa, in vari modi, e chi la guarda soltanto, non la possiede e non la fa anche nelle forme attuali, in cui qualcuno viene illuso di farla, apparendo e illudendo altri che sia una forma davvero partecipativa, oltre che un modo per arrivare rapidamente al “censo”, visto che distribuisce un po’ di denaro

    questi programmi procurano non soltanto intrattenimento, ma illusione di partecipare, che è forse la cosa più cinica, non ci si può pensare come classe, se ci si incolla alla speranza di essere presi al grande fratello e far fortuna, soprattutto se poi il tuo amico di banco viene preso e si può comprare una pizzeria e tu no, e ha una forma di successo che sbarluccica tra i tuoi compagni di banco

    ridotto all’osso

    poi Busi va nelll’Isola e spera di sparigliare le carte, di far balenare qualcosa, un vero donchisciotte

    all’osso il discorso è sempre quello, poi sofistichiamolo, e c’è moltissima materia per farlo, ma all’osso resta sempre la divisione tra chi è attore e chi è agito

  108. @ binaghi

    “per non saper leggere nè scrivere, io in tv non ci andrei nè la guarderei.”

    altrove, parlando se non ricordo male di libri, dove ti ho detto che la diffusione del libro tal quale a me non interessa, mi hai dato della snob aristocratica, eppure penso che l’atteggiamento escludente sia piuttosto il tuo, mentre quello di Busi non è escludente, penso proprio che anche a lui il libro tal quale non interessi, visto quelli che scrive, e però o appunto per questo [anche] è andato dove è andato.

  109. “ma all’osso resta sempre la divisione tra chi è attore e chi è agito” dice Alcor
    e se si cercasse di far credere che per essere attori e non agiti si debba prendere la via dello schermo? Agiti due volte e contenti di esserlo; Marc Augé pensa che sia proprio questa la vittoria del consumismo: desiderare ed esistere solo se nello schermo, che sia il ripiego del web o la vittoria del televisivo

  110. esatto @lucia, è proprio questo, perciò non guardare non ci aiuta, e spiegare l’illusione è difficile, visto che almeno per uno alla volta l’illusione si materializza almeno in parte,

    in fondo è lo stesso meccanismo del superenalotto, ma molto più perverso

    Busi ha cercato di sparigliare e mostrare almeno una delle contraddizioni

  111. Busi ha lasciato la trasmissione, e l’Isola così potente metafora di questo paese dissociato, con quella che sembra la sua epigrafe:

    «Non c’è più cultura, il paese è morto. Se avete bisogno di me, mi trovate in libreria».

    È una epigrafe straordinaria, straordinariamente triste. E credo che detta così, in quella trasmissione, in quel momento, davanti a milioni di telespettatori, valga tutte le contraddizioni dell’esserci stato, in quella trasmissione così lontana da lui e dal nostro gusto.

  112. e certo: lo Scrittore dove puoi trovarlo se non in libreria, immerso nei libri, che fruga negli scaffali?
    e la Cultura dove mai sarà se non in libreria?
    il paese è “morto” dunque ci si rifugi in libreria, perché lì, invece, c’è ancora qualcosa di “vivo”.
    che straordinaria epigrafe!

  113. Non riesco a leggere tutti i commenti – ma mi sento come dire a disagio. Non so, trovo assolutamente irrilevante che Busi abbia deciso di andare all’isola, ossia non condannabile – con ogni probabilità sia la Rai che il Busi stesso sapevano a che andazzo sarebbero andati incontro, e si è creata una relativamente sorprendente commedia delle parti. La Rai fa una partaccia agli occhi nostri e solo nostri, e Busi fa una partaccia agli occhi di qualcun altro – come sempre ha fatto.
    Mi sembra che lo sopravvalutiate.
    Ora, se questa grande valutazione si fonda sui meriti letterari ci portrei stare – moderatamente, ma almeno se ne può discutere – ma che ora Busi grazie a dei meccanismi che evidentemente manipolano anche quegli stessi intellettuali che dovrebbero starne in guardia, diventi un erore delle sinistre mi pare davvero triste. Ora dico una cosa in zona congettura, e non posso certamente parlare con sicurezza di nessuno dei commentatori – ma tra le opinioni che Busi ha espresso in passato e che non piacevano ai più, ce n’erano diverse che credo non piacessero a molti di voi – ecco io di quelle opinioni continuerei a tenere conto.
    Insomma non è che se arriva uno stronzo e dice che Hitler è cattivo, io subito mi accorgo che è un compagno. C’è qualcosa nella platealità dei provocatori – che personalmente disprezzo – che ha tanto in comune con la visceralità con cui la deprecata cultura berlusconiana tiene in mano il paese.

  114. Tirando le somme: Busi ha sempre sostenuto che il carattere e la moralità di una persona non si giudicano dai suoi gusti sessuali e che il valore di uno scrittore non si giudica dalla sua vita ne’ tantomeno dalla sue comparsate televisive. Il che può essere un problema per persone convinte che la responsabilità civile di uno scrittore sia la cosa più importante da considerare e che sia la vita a dover giustificare l’opera piuttosto che il contrario. Così il valore letterario del Saviano che in tivù denuncia la mafia sia di gran lunga superiore al Busi dell’Isola dei Famosi (e non parliamo di Primo Levi o Solzenytsin…). Beh, è una scelta, valida quanto altre.
    Chiaro che potrebbe essere declinata in modo diverso. Per esempio Elias Canetti ha molto insistito nel dire che lo scrittore deve ‘prendere alla gola il suo secolo’ ed essere contro ‘il suo specifico odore, il suo aspetto, la sua legge’. Poi però non ha scritto una denuncia dei crimini di Hitler ma Auto da Fe’ e Massa e Potere, opere che trascendono la stretta attualità. Niente editoriali, niente appelli, niente tivù (nell’intervista alla tivù svizzera che ho visto era abbastanza inquietante…) ma sì, un opera che prende la misura del suo tempo.
    Quando Busi dice ‘se avete bisogno di me mi trovate in libreria’ dice quel che dovrebbe dire qualsiasi scrittore appena appena serio (benchè i guru della rete ci dicano che in futuro l’opera non conterà più nulla, anche meno dell’autore) anche uno che, a differenza di Busi, non proverebbe alcun piacere a dare spettacolo in tivù, meno narcisista, meno vanitoso, meno estroverso e, pure, meno coraggioso. Come ho detto, malgrado il suo comportamento renda difficile la cosa, l’opera di Busi vive malgrado il suo autore mentre l’opera di Saviano è in realtà propedeutica alla battaglia civile ed alle comparsate televisive ed è probabile che fra cent’anni Gomorra si legga come oggi leggiamo le denunce di Sir Roger Casement o di Paolo Valera…

  115. sacha
    “Il che può essere un problema per persone convinte che la responsabilità civile di uno scrittore sia la cosa più importante da considerare e che sia la vita a dover giustificare l’opera piuttosto che il contrario.”
    Non può essere vera né l’una né l’altra, ma ognuno di noi si aspetta di trovare una continuità o una corrispondenza tra il cittadino critico e consapevole e lo scrittore audace e di talento. Quando accade, è come un piacere estetico che proviamo. Ma a volte non accade proprio. A volte l’opera è migliore dell’uomo, a volte peggiore.

  116. leggo gli ultimi commenti da francesco pecoraro delle 11:31 e trovo molto moralismo che si attribuisce forse giustamente a Busi… E se facendo i balletti con le piume avesse già sparigliato le carte solo che alcuni di noi son sensibili a un modo che già hanno in mente per sparigliare le carte? Ma credo che lui non pensasse agli altri nelle scelte che ha fatto, ricercava credo per sè e gli trovo sincerità di fondo anche con piume e danze (e anche spirito che è difficile trovare in giro).

  117. Sti cazz..

    non posso lasciarvi soli un attimo che mi scrivete tutta questa sbrodolata di commenti.. neanche “la responsabilità dell’autore: ..” è riuscito a tanto.

    a quando

    La responsabilita dell’autore: Aldo Busi ^_^

  118. cara cossu.
    sì, sono un moralista.
    mio malgrado, ma lo sono.
    la mia dis-approvazione nasce dall’imbarazzo e dalla sofferenza che sempre mi hanno attanagliato quando mi sono imbattuto in Busi in tv.
    che ci stava a fare? a cosa serviva starci se non evidentemente per guadagnare un po’ di soldi?
    come poteva pensare un uomo con un’idea di sé così elevata (tanto da dedicarsi esclusivamente a un auto incensamento, che sarà pure un gioco, ma che due palle) di riuscire – come dice oggi – a cambiare qualcosa della televisione?
    credeva davvero – è una banalità del tutto evidente, mi rendo conto – di poter usare il mezzo ai propri fini invece di esserne, come tutti (tranne forse Berlusconi), usato?
    leggo oggi un’intervista in cui dichiara di essere andato all’isola anche per affrontare problemi suoi, di esistenza: non so, non capisco bene.
    ma anche fosse così, chi credeva di trovarci lì, se non le persone che ci ha trovato?
    leggersi l’intervista su repubblica on line di oggi può aiutare a interpretare l’episodio.
    io resto dubbioso: l’impurità della televisione, la sua ambiguità, sono strutturali al mezzo: chi ci va lo fa SEMPRE seguendo un impulso narcissico.
    e fin qui niente di male: la cosa che può dare fastidio è far finta che non sia così, è dichiarare scopi di natura diversa dal massaggiare il proprio ego e/o riempire il portafoglio.

  119. cara lucia,
    avevo scritto un commento in risposta su dario voltolini, che non vedo comparire, in cui includevo una valutazione sul senso del dibattito anche in questo post. l’intervento di pecoraro sul significato dell’operazione isola-busi coincide con la mia opinione. aggiungo che l’episodio non merita per me tanto spreco di energie intellettuali: la cosa è in sé pessima e impariamo a non rivestire di senso cose che fanno senso. mi spiace se l’altro commento si è perso.

  120. aggiungo che l’episodio non merita per me tanto spreco di energie intellettuali

    lucy, non ti preoccupare … non mi sembra che ci sia stato uno spreco di energie intellettuali in questo post :-).
    Ad ogni modo la ventura ha messo su una televisione web, ha intervistato busi, ha incassato un sacco con la pubblicità (che penso divideranno), busi ha incassato una barcato di soldi per la partecipazione all’isola, altri ne incasserà in comparsate un po’ ovunque (certo è dispiaciuto di non poter andare a commentare in studio a l’isola dei famosi, comparsate molto ambite perche super pagate, ad ogni modo la ventura lo sponsorizza leggendo le sue lettere in punti caldi tv come quelli dello sport), la mediaset lo corteggia e forse chissà …
    Sì è vero, avete ragione, il caso nori e busi sono incomparabili ;-).

  121. spiace anche a me lucy che si sia perso il tuo commento…

    intanto segnalo questo pezzo di Roberta Salardi, se non altro a dimostrazione che ciò che per alcuni è una questione irrilevante, non lo è per tutti, indipendentemente credo da posizioni politiche o altre differenze…

    http://sconfinamenti.splinder.com/post/22444878#more-22444878

    a tash e a coloro che condividono la sua posizione
    il problema non è il narcisismo, il problema è che cosa si fa con il narcisismo; molte basse pulsioni psicologiche nutrono la migliore scrittura; ciò che io trovo interessante non è busi che va all’isola, ma come ne esce e come viene espulso dalla rai…

    comunque io so che cosa non condivido della posizione di tash, ma non è facile esplicitarlo. Mi limito ad enunciarlo: credo che sia dietro una concezione dei margini di opposizione che individualmente sono possibili o in ogni caso rilevanti anche nell’ottica di uno scontro di tipo collettivo e politico; il pericolo che io vedo in molti marxisti, è una sorta di cinismo e/o di scetticismo, quanto al valore delle peso delle azioni individuali all’interno dei complessi dispositivi come le istituzioni, i media, ecc.

  122. pure io mi trovo d’accordo con Pecoraro, sia col primissimo commento, sia con questi ultimi.
    A questo punto spero che “l’opera sia migliore dell’uomo”: nell’uomo vedo di gran lunga più vanità e calcolo che coraggio e coerenza

  123. @ pecoraro, lucy e andrea inglese e g.
    vi riporto in parte il commento di risposta a lucy(il tuo commento c’è ben visibile, a meno che non ce ne fosse un altro anche) in altro post ma che vuole dire il fondo del mio “moralisti” ai commenti di sopra. Credo che delle volte il problema sia avere delle aspettative che delle volte e forse spesso già orientano e non fanno vedere e ascoltare o vedere e ascoltare solo quello che si vuole e desidera. Ho fatto l’esempio di Maradona proprio per dire che lui è un calciatore e una grazia e un senso li ha mentre gioca e trovo sviante e fuorviante e moralista e anche in qualche modo razzista pretendere che siccome gioca così sia poi così anche nella vita. Certo che quando una coerenza e un collegamento tra il gioco (o la scrittura o qualunque altra cosa) e la persona c’è allora è un piacere estetico come dice Andrea Inglese e io direi che si raggiunge un senso di sublime raro, ma non mi sento di pretendere da nessuno che già ha una grandezza (e non è poco) di essere sempre come noi pretendiamo che quella grandezza lo condanni ad essere. E se devo prorpio essere sincera io Busi lo trovo invece estremamente coerente. Il mondo non lo trovo solo terrificante e devo dire che un po’ di paura questo tuo modo di giudicare secondo le tue aspettative lo trovo fonte di distorsioni anche accecanti, è troppo facile avere delle idee e guardare se il mondo collima con le misure che abbiamo deciso debba avere per essere corretto, forse più generoso cercare il senso anche dove per noi è difficile andare per abitudine o gusto.
    Non è profondamente moralista e razzista e ingeneroso chiedere e aspettarsi da Busi significati che probabilmente non cercava (e se lo dice è una boutade o frutto di autonarcisismo) e sorvolare su quello che poi (volente o nolente per me è indifferente) in realtà è stato e ha fatto? Già che in vari abbiamo percepito una grandezza, un vero che dalla televisione mancavba da molto, uno strappo nel pessimo finto e anche una gratuità bella non è già tanto? Io mi dico di essere anche noi generosi con uno che magari ha salvato delle persone da un incendio senza pensare al perché lo abbia fatto… (magari voleva avere le prime pagine dei quotidiani, e allora, non le ha salvate lo stesso?) Non vi ricordate Federico Zeri che faceva credo il poppante in televisione(lo cerco e non riesco a trovarlo…) ? Dobbiamo essere più fanatici cattolici dei cattolici fanatici e giudicare implacabilmente solo a partire dalle intenzioni? Ma alla fine io mi disinteresso delle motivazioni (che pure me lo fanno amare per un vero che credo di avere intuito come ho detto, ma che son un affare solo mio e di fondo irrilevante) e vedo solo quello che continuo a trovare un gesto con senso, che lo volesse o no…

  124. non è che sia una questione irrilevante, quella di busi, è che non richiede molto spreco di energia intellettuale per parlarne (nè scriverne).
    Poi ne parleranno TUTTI, questo è scontato, è facile, popolar pop-u-list e nazional ed è di sicuro impatto. Del resto l’isola ogni anno fa ru-more.
    La rai è quello che è (ci volevano altre dimostrazioni per saperlo?) ormai anche l’ultimo partecipante o scrivano di libri sa che una delle pubblicità più grosse si ottengono offendendo qualche santone di qualche religione (qualche mistagogo direbbe il cardinal bagnasco, anche se lui lo usa con il significato 2 e io con il 3)…. beh, busi ha fatto la sua sceneggiata con il mistagogo di san pietro.
    Mi chiedo: se lo aspettava busi di essere buttato fuori dalla rai oltre che dall’isola? forse no, perchè nel suo sfogo parla con la ventura di sue future numerose presenze in studio (a parlare e sparlare dei rimasti sull’isola), tali presenze sono pagate ancora di più delle settimane di permanenza sull’isola.
    Forse busi non se lo aspettava e ha fatto male i sui conti, ma la ventura sì, se lo aspettava, e ha fatto benissimo i suoi conti;-), aveva già programmato di usare busi per la sua tv-web e ottenere contratti pubblicitari. Non giudico busi come scrittore, ho letto solo un libro e non mi ha entusiasmato molto, ma certo fra andare all’isola dei famosi a fare simili sceneggiate e scrivere ogni tanto un articolo su libero … a me sembra meno berlusconiano e meno distruttivo (per se e soprattutto per gli altri) scrivere su libero.
    geo

  125. Continuano commenti indignati da cui si capisce che la posizione è quella che trovavo tanto ridicola: quel che conta è la comparsata tivù, l’intervista, l’articolo occasionale, la firma all’appello e che l’opera si arrangi, se può.
    Questo significa, in breve, aver talmente fatto propri i valori della tivù e della comunicazione in genere da ritenere che facciano sempre aggio sulle opere.
    Che è anche il mainstream della comunicazione culturale nei media italiani: lo scrittore viene giudicato dalle sue posizioni politiche o magagne personali, generalmente in base al principio ‘il più pulito c’ha la rogna’, tutto pur di non essere costretti a leggere qualcosa, che tanto non c’è mai tempo.
    Poi spuntano le difese ‘self-serving’ di Paolo Nori che diventa improvvisamente il modello buono rispetto al modello cattivo Busi. Bassezza per bassezza un mucchio di gente può realisticamente aspettarsi di collaboare a un giornale dalle opinioni politiche dubbie ed ha bisogno di trovarsi delle scuse in anticipo mentre un mucchio di gente ben difficilmente sarà in grado di scrivere ‘Seminario sulla Gioventù’ o ‘Suicidi Dovuti’ o ‘La camicia di Hanta’ mentre potrà vantare sicuramente le sue non partecipazioni televisive (anch’io, per dire: mai stato in tivù in vita mia, potrei vantarmene, no?)…

  126. Mara: lei Busi, forse è stanco, è mentalmente affaticato..

    Aldo: lei, dovebbe essere stanca di siliconarsi.. ma cosa stà dicendo.. io non sono stanco mentalmente.. stia zitta!!

    Mara: A bello, io sono tutta naturale

    ..che dire .. °_°

  127. @georgia
    “lucy, non ti preoccupare … non mi sembra che ci sia stato uno spreco di energie intellettuali in questo post :-).”
    certo io son impermeabili a tali concetti sapendo di essere al massimo un’artigiana della musica e quindi una lavoratrice fisica, ma certo si deve sempre arrivare alla piccola e facile provocazione (e avevo trovato magnifico che per una volta non ci fosse ancora stato)

    “ps.: più che vanità e calcolo io intravedo nell’uomo e nello scrittore busi, comunque, un’umanissima disperazione.” dice Krauspenhaar, credo certamente, e la sentiamo in tanti

  128. Sachsa, non sto giudicando l’opera nè lo scrittore, che non conosco. Leggerò.
    Sto giudicando il gesto, che mi sembra fallimentare, o insignificante. Cosa rimarrà? nulla, un po’ di rumore, gossip alla fine. Non ci vedo coraggio ma vanità e ricerca di visibilità. Se c’era un calcolo diverso, una pretesa di incidere, come spiega Pecoraro, ha fallito. Opinione mia.

    (Poi l’uomo mi sta sulle palle, troppo pieno di sé. Ma questo non c’entra un tubo: sulla base di questo metro, troppi Autori dovrei lasciare).

  129. Sascha, non Sachsa, chiedo venia

    OT: continuo a pensare che numerando i commenti la vita sarebbe più semplice, qua dentro :-)

  130. “Sachsa, non sto giudicando l’opera nè lo scrittore, che non conosco. Leggerò.”

    Appunto, e stiamo parlando di quello che è presumibilmente il più importante scrittore italiano vivente (benchè il suo meglio probabilmente l’abbia già dato).
    Tutta questa discussione, come pure quella sulle fatali e mal scritte domande, mi ha fatto pensare che il modello di ‘scrittore impegnato’ promosso da NI (e non solo) sia tagliato troppo sul modello Saviano, cioè di uno scrittore la cui opera è propedeutica alle apparizioni televisive, soprattutto poi su un argomento, la camorra e simili, su cui non esiste alcuna contrapposizione intellettuale (nel senso, nessuno difende con argomenti la camorra). Modelli diversi di impegno, modelli che privilegiano l’opera o, come Busi, postulano la separatezza assoluta fra vita e opera a favore di quest’ultima.
    (che poi ci si trova in cattiva compagnia, a volte: stamattina c’era un fondo di Ostellino sul Corriere sulla ‘democrazia malata’, solo che la malattia erano le procure rosse… diagnosi differente ma stessi sintomi…)

    Giusto per parlare di modelli di impegno alternativi ci sarebbe il caso, indubbiamente eccezionale, del poeta francese St.John Perse, Premio Nobel nel 1960, un Nobel strameritato. Il suo vero nome era Alexis Leger e fu segretario generale del Ministero degli Esteri francesi fra il 1934 ed il 1940. Qui, pur servendo le decisioni dei vari governi, tentò sempre di portare avanti una linea di fermezza antiHitleriana e perciò, dopo l’invasione della Francia fu costretto all’esilio. Insomma, uno che fece la sua parte nella lotta. Ebbene, fra gli anni 20 e gli anni 40 smise di pubblicare e vietò la ristampa delle sue opere, tornando a dedicarsi alla poesia a pieno dopo il 1940. La sua poesia, va da se’, non si presta minimamente alla propaganda diretta e all’impegno comunemente inteso: Leger intendeva l’impegno civile come ‘fare’ effettivamente qualcosa, non scriverne.
    Fra l’altro, curiosamente, a elogiare St.John Perse è, inaspettatamente, Alain Badiou nel suo libro ‘Il secolo’, fra i poeti che hanno veramente colto lo spirito del XX secolo…
    Come dire, la discussione sui meriti e la necessità e l’opportunità dell’impegno degli scrittori rispetto al loro tempo qui è portato avanti, mi pare, in maniera francamente riduttiva.

  131. Disperazione, certo.
    Però c’è anche altro:
    “(…) non mi va nemmeno di continuare a vivere in Italia. Anche se, andandomene mi sembrerebbe di prosciugare l’unica linfa vitale che esiste, cioè io”.
    ” (…) Indubbiamente godo di una libertà sconosciuta ai più. Però sono anche uno che alla fine se la suona e se la canta. Allora la libertà o è un valore che trasmetti e condividi con altri, oppure è il sogno di un pazzo. E io mi vedo più pazzo che sognatore. E poi a me non basta vedermi, voglio sapere come sono visto.”

    Leggo l’intervista su Repubblica e quoto in toto Pecoraro.

    Fra il modello dello “scrittore impegnato” che compone appelli su Repubblica (o magari un altro che scrive roba didascalica poco interessante – non sto parlando di nessuno in particolare, massimo rispetto per Saviano e la sua storia, ovviamente, per carità) e lo scrittore che si dice di sinistra e si “compromette” con Libero c’è in mezzo un mare. Nel quale nuotano fra gli altri – in bello stile, lo dico senza ironia – quelli che per estrema coerenza non pubblicano per Berlusconi.
    Personalmente escludo la collaborazione con Libero e la partecipazione all’Isola per una questione prima di tutto di ecologia del linguaggio, di convivenza civile. La mia critica va al cittadino Nori o Busi, non tanto allo scrittore.

  132. @ Sasha @ Franz e altri

    Vorrei sottolineare ai fenomeni che hanno fatto battute su quella frase che a me è parsa interessante, che alle persone meno prevenute quel “mi trovate in libreria” non si riferisce con ogni evidenza al Busi persona fisica che “pianta la tenda in libreria” mentre “fruga tra i libri”. (fate a gara di stereotipi?). Si riferisce al fatto che in libreria ci sono i suoi libri. Cioè l’unica voce e presenza che Busi sembra voler avere dopo questa esperienza. Ecco perché sembra quasi, anche, un epitaffio. Non un appuntamento in libreria per bersi un caffè!
    Meno arroganza, comunque, eh….

  133. Ehm, dice a me? Sta scherzando, spero, visto che mi pare di dirlo dall’inizio della discussione…

  134. massì, marco v.
    non capisco perché dovrebbe essere considerato arrogante chi commenta in tutta tranquillità le parole e gli atti del tutto pubblici di una persona che, nel momento in cui va in tv, accetta consapevolmente che questa sua apparizione/partecipazione potrà essere sottoposta a critica, a commenti, eccetera.
    è evidente che in libreria di Busi ci sono i libri (peraltro non tanto facili da trovare), ma spero non sia proibito ironizzare su uno scrittore, che la gente conosce principalmente come personaggio televisivo, che all’improvviso, in perfetto stile “lei non sa chi sono io”, rivendica il suo essere scrittore, il suo “esistere” anche in libreria.
    meno male che alla fine se n’è ricordato, ho pensato.

  135. pretendo “Seminario sulla gioventù” sull’isola,
    come concorrente (categoria:figli di).

  136. @ pecoraro

    sì, l’ho pensato anch’io: finalmente se ne è ricordato. In ogni caso, questo clima contro Busi, contro Nori, contro tutti, questo linciaggio mi fa molta pena. Sbaglierò, ma non mi sembra molto diverso da quel che subì Pasolini. Troppi intellettuali, scrittori, qui su N.I. hanno cominciato a fare liste e abbassare l’asticella a livelli microscopici. È ridicolo, ad esempio, sulla questione Mondadori. Veramente, non se ne può più: faccio peccato se considero coloro che sono nel catalogo e quelli che non ci stanno e confronto i nomi con le trincee che alcuni qui hanno voluto scavare?
    Qualche giorno fa ho sfogliato il librone degli Oscar Mondadori, e ho provato ad applicare i criteri di questi savonarola (un po’ d’accatto). Dovremmo eliminare, o condannare al pubblico ludibrio i seguenti autori viventi: Corrado Augias, Ayala (l’ex giudice antimafia), Giorgio Bocca, Vincenzo Cerami, Francesco Guccini, Jeremy Rifkin, Sergio Zavoli, Niccolò Ammaniti, Mario Calabresi, Concita De Gregorio, Erri De Luca, Dave Eggers, l’associazione Emergency, Valerio Evangelisti, Antonio Moresco, William Gibson, Werner Herzog, Michael Moore, Moni Ovadia, Chuck Palahniuk, Antonio Pennacchi, Anna Politkovskaja (oggi, i suoi famigliari), Federico Rampini, Roberto Cotroneo, Eraldo Affinati, Mario Desiati, David Grossman, Claudio Magris, Joice Carol Oates, Salman Rushdie, Zaide Smith, tra i poeti cito Seamus Heaney, Nanni Balestrini, e poi Amartya Sen, Tito Boeri, Pietro Ichino, Giovanni Sartori. Pure il Dalai Lama !
    Non è che magari ci diamo una calmata..? Non è questione di Saviano, o di Busi…

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Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
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