BUFALE ULTIMISSIME

di Pierluigi Pellini

Torno ancora una volta sulle calunnie di Vittorio Messori nei confronti di Émile Zola: le puntate precedenti si leggono su Nazione Indiana del 14 e del 26 marzo («Bufale dei Pirenei» e «Bufale alla carica»). Sarà il mio ultimo intervento: innanzitutto perché Émile Zola non ha bisogno di vestali a tempo pieno; in secondo luogo, perché gli scritti apologetici di Messori si commentano da sé (uno dei più recenti, sul «Corriere» dell’11 marzo scorso, suggerisce che il crimine di una donna che decide di interrompere una gravidanza indesiderata sia ben più grave di quello di cui si sono macchiati i preti pedofili che affollano le cronache di queste settimane).
E dunque: la Lettera al Direttore, pubblicata da Messori sul proprio sito web con un incongruo copyright del «Corriere», non è mai stata pubblicata da Ferruccio de Bortoli. Uscirà – come si apprende sempre dal sito personale di Messori, che ancora una volta ne anticipa il testo – sul numero di maggio de «Il Timone»: un «mensile di apologetica cattolica» (così il sottotitolo: di cui si apprezza, per una volta, la trasparente onestà), che consentirà al Nostro di manifestare senza controlli scientifici la sua pia indignazione. La lettera a de Bortoli apparirà in una versione largamente rimaneggiata, con un cappello che vuole spiegarne l’antefatto. Dopo le presunte “aggressioni” subite su internet (ma, con pervicace scorrettezza, non è mai citato né il mio nome né il sito di «Nazione Indiana»), Messori ha inviato al Direttore «una precisazione»: poi, «di comune accordo», avrebbe deciso con de Bortoli «di non pubblicarla sul “Corriere”, anche per non dare a quegli aggressori la soddisfazione di essere presi sul serio sulle colonne del più diffuso giornale italiano». Censura nei miei confronti da parte del «Corriere»? o piuttosto excusatio non petita da parte di Messori? Viene il sospetto che a non essere più preso tanto sul serio in via Solferino – almeno in materia zoliana – sia il Nostro: collaboratore fisso costretto a tenere “in sospeso” e poi a dirottare in altra sede una lettera al Direttore.
Come è ovvio, il «Corriere» non stamperà nemmeno la mia replica. Né intendo chiedere ospitalità al «Timone»: e non solo perché una risposta negativa sarebbe scontata. Pubblico perciò qui sotto il testo che ho inviato al Direttore de Bortoli il 26 marzo scorso: è la risposta alla prima lettera di Messori. Non tiene cioè conto dei cambiamenti introdotti nel testo destinato al «Timone»: un esercizio di variantistica messoriana sarebbe francamente troppo. Et de hoc satis.

Caro Direttore,
Vittorio Messori si scaglia contro «un docente di letteratura francese», reo di aver rivelato, «con toni francamente offensivi», come gli aneddoti su Émile Zola raccontati dallo stesso Messori in un articolo del 23 febbraio scorso (Da Zola a internet l’eterno duello su Lourdes), altro non siano che mirabolanti invenzioni. Quel docente, che Messori non ha la buona grazia di nominare, è il sottoscritto. Giudicheranno i lettori se siano «offensivi» i miei interventi (Chi ha paura di Émile Zola, «Il Fatto Quotidiano», 13 marzo 2009; e Bufale dei Pirenei, su «Nazione Indiana», in rete); o piuttosto le insinuazioni diffamatorie di Messori ai danni di uno dei maggiori romanzieri europei: colpevole, ai suoi occhi, di credere nella ragione umana e non nei miracoli.
Ho segnalato numerosi errori di fatto in alcuni scritti di Messori. Poiché nel suo ultimo intervento l’interessato s’intestardisce a difenderne uno solo (la presunta visita di Zola nella soffitta di Marie Lebranchu, per convincere la popolana miracolata a tacere il prodigio e a emigrare in Belgio!), prendo atto con soddisfazione del fatto che, evidentemente, di tutti gli altri fa implicita ammenda. Purtroppo, però, anche nella sua lettera al Direttore, Messori moltiplica le inesattezze. Conviene ricordargli che Lourdes è a tutti gli effetti un romanzo, non un reportage (gli appunti del Viaggio a Lourdes, che assomigliano a un reportage, sono un altro libro). Che Zola non ebbe mai «la ventura di assistere a due guarigioni clamorose»: Messori confonde le vicende (immaginarie) del protagonista del romanzo, don Pierre Froment, con quelle dell’autore. Che il dottor Boissarie, incaricato a Lourdes di constatare le guarigioni, non è «ridotto nel romanzo a una macchietta»: tant’è vero che in una lettera privata dell’agosto 1894 (conservata presso la Bibliothèque Nazionale de France e consultabile anche presso il Centre Zola dell’ITEM-CNRS, a Parigi) ringrazia cortesemente Zola, che gli ha donato il volume. Tre mesi più tardi, invece, in una conferenza pubblica del novembre, a Parigi – una conferenza cui Zola, secondo Messori, «non volle partecipare» –, il buon medico calunnia il romanziere: la necessità di difendere il business dei pellegrinaggi, evidentemente, ha la meglio sull’onestà. L’aneddoto su Marie Lebranchu viene ripreso dai giornali clericali, ma Zola, che fin dai tempi della Prefazione all’Assommoir (1877) si rifiuta di smentire le infamie (innumerevoli) che corrono sul suo conto, ribadisce questa scelta anche a proposito di Lourdes (nella lettera aperta del 28 settembre 1894 a Arthur Meyer, direttore del «Gaulois»). Per di più, nel novembre del 1894 è in Italia: anche volendo, non potrebbe assistere alla conferenza di Boissarie e confutarne le assurdità. Assurdità prese per buone, nel Novecento, solo da sciatti apologisti come Michel Agnellet (il cui libro, per inciso, non ebbe affatto numerose edizioni). Perciò l’argomento, tipicamente messoriano e filologicamente fragilissimo, secondo cui la storiella sarebbe vera perché Zola e i suoi discendenti non l’hanno mai smentita, lascia il tempo che trova. Che poi un bravo critico (ma non filologo) come Henri Guillemin nel 1960 potesse prendere (molto parzialmente) sul serio l’aneddoto, non stupisce: a quei tempi, dell’epistolario di Zola e in genere della sua biografia si conosceva ben poco. Messori, le cui fonti sono tutte vecchie di almeno cinquant’anni, ignora le ricerche sull’autore dei Rougon-Macquart che decine di studiosi seri hanno svolto nel secondo Novecento. Il “Meridiano” Mondadori dei Romanzi di Zola, fresco di stampa, gli offre ottanta pagine di cronologia della vita e otto di bibliografia: non certo per convincerlo, ma almeno per risparmiare ai lettori del «Corriere» ulteriori falsificazioni.

Pierluigi Pellini
Professore associato di Letterature comparate – Università di Siena
Curatore del Meridiano Mondadori dedicato a Zola

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5 Commenti

  1. Mi mancherà Pellini. Spero che si trovi presto un modo per leggerlo ancora qui su NI. (Messori, invece, non mi mancherà affatto)

  2. La differenza di stile tra uno che cita sul serio gli avvenimenti e i riferimenti e uno che li raffazzona per puntellare una tesi traballante sono evidenti: lei è puntuale e preciso, l’altro cita puntualmente solo quanto gli fa comodo e accenna appena tutto il resto.
    Con stima Farpi

  3. Sicuramente quello che scriveva e auspicava dal carcere Gramsci, in Italia si è poi realizzato. Questi sono i risultati sconfortanti. Fortuna che c’è ancora chi lotta per la Verità. Messori?

  4. La differenza di stile tra uno che cita sul serio gli avvenimenti e i riferimenti e uno che li raffazzona per puntellare una tesi traballante sono evidenti: lei è puntuale e preciso, l’altro cita puntualmente solo quanto gli fa comodo e accenna appena tutto il resto.
    Con stima Farpi

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franco buffonihttp://www.francobuffoni.it/
Franco Buffoni ha pubblicato raccolte di poesia per Guanda, Mondadori e Donzelli. Per Mondadori ha tradotto Poeti romantici inglesi (2005). L’ultimo suo romanzo è Zamel (Marcos y Marcos 2009). Sito personale: www.francobuffoni.it
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