intorno alle locande

di Massimo Bonifazio

furono altre guardie di frontiera a farmi il verso,
a deporre i legni bianchi sopra ai fossi:
orpelli, o ponti necessari, sfuggiti al gracidare
del cemento. solo dopo arrivarono alle travi
rune a sciami, scolpite da mani meno esperte
di quelle che lisciavano i lenzuoli.

* * *

si andava componendo il gelo del mattino;
giù per la rancida domanda finita a costellare
le torbe, gli sterpeti; né mi riuscì mai l’inseguimento
lungo quei greti afflitti, quelle forre
ripiegate sulle case.

* * *

al muro stava appeso il dagherrotipo:
era lui, in mezzo a quei cannoni, le alabarde,
inconfondibile la piega, la smorfia delle labbra.
non mi diedi pena del resto della storia,
nemmeno dei cavalli nelle stalle;
sciolsi il nodo al fazzoletto, tirai il fiato,
mi apprestai agli agguati che restavano.

* * *

intanto bambine si affacciavano
dalle magre finestre occidentali, rinfacciando
alle nonne i loro scempi: erano set di pentoline
e pinzette per capelli quelli che restavano
dopo, sull’assito, ad aspettare il tetro
augure e la sua scopa di saggina.

* * *

del vasto campionario non rimasero
che pochi margini visibili:
riassunti nell’ultimo singulto
che scuoteva la risata dell’ostessa.

* * *

cominciai molto più tardi a ricordare i sogni.
c’erano ancora lanterne, carrozze
che impedivano il passaggio, marcavano
lo scorrere dell’acqua, a fiotti, lungo i canaloni.
lui mi aspettava tranquillo sul pendio,
fumando inamidato nel suo frusto
costume di vetturale, i baffi neri.

* * *

fu l’incerta meraviglia del primo apprendistato,
nell’ora verso l’alba: l’ostessa che versava
una nuvola di latte nell’earl grey,
il caffè amaro del giorno successivo,
col suo vago retrogusto di vaniglia.

* * *

ce la cavammo senza appostamenti, o furti:
nient’altro che un veloce accatastarsi
di motivi e corridoi, ali sulle scale.
era lei l’esperta, quando si trattava
di armare coni di legnetti e scorze;
a me non rimaneva che il gorgoglìo dell’acqua,
la scalmana dei giorni troppo lunghi.

* * *

fallì l’inseguimento, sul filo di accendini
e trofei alle pareti – lo lasciai andare,
fu questa la notizia, questo il combustibile
delle stufe a venire, dei camini
bordati dal kitsch delle lamiere.

* * *

come se i becchini
non avessero avuto tempo a sufficienza,
con le loro giacche chiare, gli scarponi.
non ci fu più alcun verde, dopo,
in grado di coprire nervi e arterie.
fossi rimasto zitto una volta almeno,
non mi fossi seduto anch’io sulle panche,
coi fantocci.

* * *

arrivava ogni tanto il cantoniere, con la pinta
di vino annacquato, il fumo pastoso del suo sigaro
appeso alle lanterne: a scucchiaiare
minestre di tuberi e salsiccia, sul tavolo di noce
apparecchiato estate e inverno con resti rugginosi:
attrezzi, valvole, maniglie, tiepido deposito
a rincalzare le trine inamidate.

* * *

erano case più piccole, quelle lungo il lago:
ci abitavano sorelle, cani, tutto un reggimento
di cavallini a dondolo un po’ storti,
che lui indicava divertito col frustino,
al trotto sulla vecchia carrareccia;
dopo, sulla porta, sorrideva
nel leggermi sul viso
l’avara delusione dell’attesa:
che non fosse ancora lì, l’ostessa,
a tagliare il pane a fette, raccogliere le briciole
e gettarle poi nell’acqua, per le anatre.

* * *

il giro di campane del mezzo carillon,
gli strascichi e le funi, le scale per salire
sul bordo più alto del granaio:
pensieri come questi tormentavano
il cauto dopocena del dottore,
indeciso se muovere il cavallo
o tentare un assedio con la torre –
l’avversario intanto contava i cassettoni,
i chiodi alle finestre, avvolgeva
l’ombra scarna della sera sui rocchetti.

* * *

né ci disse molto altro il ritrattista
intento alla tavola di legno;
il lampo del cerino sul suo volto
mostrava traccia di altre cicatrici,
che l’ostessa raccoglieva nel grembiule
insieme alle pigne, alle cortecce;
spettava a noi l’incomodo, la grana,
di versargli ancora il vino,
spegnere la luce, chiudere la porta.

Zurigo, febbraio 2010
Print Friendly, PDF & Email

7 Commenti

  1. queste le salvo.
    una domanda, si possono avere notizie su quest’autore, se ha pubblicato qualcosa, etc…? è la seconda volta che lo leggo qui e vorrei saperne di più.
    ve ne sarei grata.
    nc

  2. Tutto quello che c’è di mio pubblicato (intendo di poetico) è su Nazione Indiana – quindi facile da procurarsi!

  3. considerato quanto mi piacciono queste poesie – interessante anche questa sequenza che modula una misura breve quale forse la accennavo nel recente thread di finis terrae, circa gli incipit – mi permetto qui l’elenco minimo, pel bene di noialtri tutti. in attesa di ”maggiori paragrafi”. e grazie.

    https://www.nazioneindiana.com/2010/07/02/finis-terrae/

    https://www.nazioneindiana.com/2009/08/10/sartorius/

    https://www.nazioneindiana.com/2009/01/30/salita-al-monte-tauro/

    https://www.nazioneindiana.com/2008/12/11/diana-tre-momenti/

    https://www.nazioneindiana.com/2008/10/17/fabbrica-in-disarmo-con-mannequin/

  4. Per i cultori della poesia: anche su Anterem n. 60 avevo letto versi di Bonifazio da ‘salvare’!
    ac

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Spitfire

di Andrea Cortellessa «Non è un romanzo storico, ma la vicenda di un uomo che si guasta». Così definiva un...

Creature di cenere

di Bianca Madeccia Studiava silenziosamente le fondamenta del creato, intima, fonda come un sentimento del quale si ha pudore. Un...

Emmanuela Carbè, Mio salmone domestico

di Andrea Cortellessa Stringi stringi, la vita è tutta una questione di fuori e dentro. Lì fuori c’è un mondo...

Del sentimento

di Livio Borriello uno spettro si aggira fra i libri: il sentimento qual è il pericolo che incombe sul mondo secondo...

Nota su Geologia di un padre

di Livio Borriello Ci sono libri che non sono solo libri, ma cose della vita che attraversano lo stadio di...
domenico pinto
domenico pintohttps://www.nazioneindiana.com/
Domenico Pinto (1976). È traduttore. Collabora alle pagine di «Alias» e «L'Indice». Si occupa di letteratura tedesca contemporanea. Cura questa collana.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: