carta st[r]ampa[la]ta n.32

di Fabrizio Tonello

I giornali bisogna leggerli attentamente. E’ come con le facce: ci vorrebbe una pagina intitolata “Lombroso sei tutti noi” su Facebook. Ai suoi tempi, il criminologo veronese non avrebbe avuto dubbi: vi pare che uno col riporto dei capelli come Alfonso Marra possa fare il presidente della Corte d’Appello di Milano? Il CSM si è spaccato a metà ed è dovuta intervenire la P3, la caritatevole associazione di Carboni e Verdini, per farlo nominare: Lombroso lo avrebbe immediatamente fatto accomodare in una stanzetta bianca e con le sbarre alle finestre per studiarlo meglio.

Ora, da qualche giorno sto leggendo attentamente il Giornale di Feltri e devo dire che in cambio di 1,20 euro, meno del prezzo di un cappuccino, ci si diverte più che a Disneyland. Prendete il titolo di prima pagina lunedì: “Fallisce il nuovo attacco di pm e sinistra: cade la pista Berlusconi-P3”. Non so a voi, ma a me “cade la pista Berlusconi- P3” fa subito pensare “restano aperte le altre piste”, non proprio una cosa lusinghiera per il noto trapiantato che compare in camicia nera nella foto sotto il titolo. Anche perché nella foto sembra Al Capone dopo l’arresto (caro Ghedini, prima di querelare Nazione Indiana se la prenda con il foto-editor del Giornale).

Comunque, il “cade la pista P-3” mi fa pensare che i requisiti per governare oggi non siano cose di altri tempi come il senso dello Stato, l’integrità politica e personale, la devozione al bene collettivo, la visione del futuro dell’Italia: dalle parti di Feltri si accontentano dell’insufficienza di prove. Esagero?

Vediamo il numero di sabato della stessa testata, che ha in prima pagina una bella foto di Rubina Affronte, la studentessa accusata di aver lanciato un fumogeno contro Raffaele Bonanni. A p. 8 c’è un articolo basato sulle dichiarazioni del ministro Sacconi che dice “Andava arrestata”. Sorvoliamo sul fatto che neppure nella Russia di Putin o nella Libia di Gheddafi sono i ministri a decidere se un cittadino va arrestato o no (ho aperto su Facebook una sottoscrizione per spedire a Sacconi alcuni trattatelli sulla divisione dei poteri, cominciando da Montesquieu). Per quale motivo, secondo il ministro del Welfare, la Affronte andava arrestata? Attenzione, attenzione.

“I reati contro la persona non possono avere inferiore dignità rispetto ai reati contro il patrimonio”. Sacconi dice proprio così: vuole la par condicio dei reati contro il patrimonio. Se lasciate a piede libero quelli di Askatasuna, fate uscire anche Carboni, Balducci e alcuni altri amici che non hanno mai indossato la keffiah né lanciato sampietrini. Ora sì che ci capiamo: a noi del governo che facciamo solo reati contro il patrimonio, in genere pubblico, ci arrestate ogni due per tre e ci tocca fare leggi per abbreviare la prescrizione a getto continuo per tentare di scapolarla, quelli dei centri sociali affumicano un sindacalista amico nostro e manco li sbattete in galera. Povero Sacconi, ministro del welfare de noantri: gli resta solo di iscriversi ad Askatasuna e mettersi nelle mani di Giancarlo Caselli (Ghedini, Lei che ne pensa?).

Se a p. 8 si chiede la par condicio, a p. 5 sotto il titolo “Quanti incontri tra Fini e i giudici” si pubblica la prova schiacciante del “tradimento” del presidente della Camera: una foto in cui lo si vede a colloquio con un magistrato. E non un magistrato come Vincenzo Carbone, quello che divenne primo presidente della Corte di Cassazione grazie al TAR del Lazio e poi chiedeva agli amici cosa avrebbe fatto dopo essere andato in pensione. No, a Pescara il voltagabbana Fini osava addirittura parlare con un procuratore capo di provincia, uno di quelli che magari domani ti arrestano per reati contro il patrimonio: Nicola Trifuoggi.

Certo, gli incontri dei nostri ministri e sottosegretari con mafiosi doc, oligarchi russi, ricercati dall’Fbi, preti pedofili irlandesi, narcotrafficanti messicani, pirati somali, truffatori internazionali, magnaccia pugliesi, camorristi napoletani o gangster marsigliesi sono logici e per il Giornale assai commendevoli: se invece Fini viene scoperto a discutere con qualcuno che di professione dà la caccia a queste brave persone la cosa è intollerabile: “flirta con le toghe” (11/9/2011, p. 5).

E cosa si dicevano i due cospiratori Fini e Trifuoggi? “L’uomo [Berlusconi] confonde il consenso popolare con una sorta di immunità”. Ma no! Che idea! Berlusconi non ha mai pensato all’ immunità: infatti le 24 leggi e leggine per depenalizzare il falso in bilancio, creare il “legittimo impedimento”, teorizzare la non processabilità del presidente del consiglio e forgiare scudi giuridici regolarmente cancellati dalla Corte Costituzionale, tutto questo è un’ossessione degli avvocati per estorcere a Silvio parcelle immeritate. Berlusconi, lui, dice “sono innocente” e se ne va a testa alta con la chioma al vento (seguito da Ghedini sempre più disperato).

Lasciamo da parte la politica dove, si sa, è facile farsi prendere la mano e passiamo alle pagine culturali del quotidiano di Feltri. Lunedì 13 settembre, la pagina 23 se la prende con il festival letteratura di Mantova, evidentemente confuso con la “settimana rossa” di cui la città fu protagonista 91 anni fa, nel 1919: “Libri pochi, slogan molti. In piazza il solito show da carrozzone itinerante”.

A giudicare dalle dimensioni del tendone-libreria in piazza delle Erbe e dalle numerose bancarelle nelle strade del centro i libri non erano affatto pochi ma Luigi Mascheroni è granitico nelle sue certezze: “Dovrebbero soprattutto far leggere i libri, invece fannosolo parlare gli autori”. Ora abbiamo capito: far parlare gli autori è notoriamente controproducente, la gente capisce cosa vogliono dire e i libri non li compra più nessuno perché diventano un doppione. Per l’anno prossimo si potrebbe tentare una formula diversa: nessun autore e invece lettura obbligatoria ad alta voce di almeno 300 pagine di Naipaul prima di essere ammessi entro la cinta daziaria della città. E solo dopo aver superato un esame orale di lettura dei cosiddetti diari di Mussolini, tenuto dal noto storico Marcello Dell’Utri, si verrebbe ammessi a Palazzo Ducale.

Mascheroni deplora che quest’anno siano stati “più affollati i dibattiti che i reading” e aggiunge, palesemente disgustato: “Hanno più successo i giornalisti dei poeti”. Infatti, l’intera pagina accanto a quella dove scrive l’inviato a Mantova è dedicata a chi? Al giornalista Pietro Calabrese recentemente scomparso.

I giornali del lunedì sono i più interessanti e, come dicevamo all’inizio, bisogna leggerli attentamente. Se si arrivava a p. 33 del Giornale, infatti, si trovava un lungo articolo sulla seconda giornata di campionato: “Trionfo dei lillipuziani”. Cristiano Gatti commentava così le vittorie del Chievo sul Genoa, del Cagliari sulla Roma, del Cesena sul Milan e del Brescia sul Palermo: “conviene celebrare e festeggiare questo tsunami pauperista senza andare troppo oltre” scriveva l’ammirato redattore che poi, temendo di essersi spinto un po’ in là, ha subito aggiunto di non voler fare del “facile terzomondismo”.
Terzomondismo.

Vincono il Cesena, il Brescia, il Chievo (un quartiere di Verona) e festeggiarli sarebbe “terzomondismo”.
Ma alle pagine sportive del Giornale sono infiltrati bolscevichi o non hanno mai sentito parlare dei confini della Padania? Passi per Cesena, che secondo Bossi fa sempre parte del Nord ma è città infida, vogliamo guardare su Google Maps dove sono Brescia e Verona? Mi par già di sentire le telefonate a Feltri del sindaco di Brescia Adriano Paroli e di quello di Verona Flavio Tosi: il povero redattore rischia di venire incaricato di seguire il campionato promozione della Sicilia occidentale in men che non si dica.

A Sciacca avrà senz’altro molto tempo libero per leggere Frantz Fanon e approfondire la categoria “terzomondismo”.

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13 Commenti

  1. Concordo sul fatto che la lettura de Il Giornale sia più divertente che andare a Disneyland (ammesso che Disneyland sia divertente).
    Però. Due cose del post mi lasciano perplesso.
    1. Tirare in ballo Lombroso per Alfonso Marra. E’ scritto pour rire, si capisce, ma, via, si parla di fatti così pesanti che la battuta lombrosiana finisce per alleviare, nella loro tragicità. A mio parere, scherzare sul fatto che i “cattivi” siano anche “brutti” non aggiunge granchè, anzi, e non rende neppure merito agli studi di Lombroso.
    2. Difendere a spada tratta il Festival di Mantova solo perchè viene criticato dal Giornale. Ecco, cerchiamo di non cadere nel giochetto che ciò che non piace al mio “nemico” deve per forza piacere a me.
    Sarebbe utile che Fabrizio Tonello riportasse l’intero articolo di Mascheroni, tanto per capire se le critiche al Festival sono argomentate o meno.
    Tuttavia, secondo me, Mascheroni non ha tutti i torti nel denunciare che in eventi come Mantova sia preponderante la ribalta per l’autore rispetto alla lettura (o semplicemente alla discussione) del testo.
    La mia impressione (non solo a proposito di Mantova, ma di tutti i festival similari) è che si tenda sempre più a televisivizzare l’evento, pompando gli aspetti di show degli incontri, a tutto discapito dell’effettiva conoscenza delle opere presentate.
    Quello che conta è far venire il nome grande, e che il nome grande dia spettacolo, discettando di qualunque cosa, quello che conta è presentare il nome grande, perchè c’è una gerarchia anche nel presentare, e chi introduce aumenta il proprio score di prestigio tanto è più conosciuto l’ospite.
    In tutto questo al pubblico è spesso riservato il ruolo di mansueto gregge adorante, e lasci perdere le domande, giammai, le domande sono evitate come la peste, al massimo relegate negli ultimi frettolosi minuti di presentazione, che già incombe un altro evento, e l’autore ha i dieci minuti contingentati di autografi.
    A volte pare di stare al luna park, con i baracconi allestiti con più o meno lustrini, a seconda dell’attrazione ospitata.
    E, all’aumento di paillettes, corrisponde un aumento di lettori?

  2. Credo anche io che adoperare Lombroso indebolisca il ragionamento. Peggio, rafforza l’opinione di chi pensa che agli enunciati non resti altro spazio che quello di essere possibili manganelli (minuscolo) da tifosi scalmanati, e che agli enunciatori non resti altra possibilità che schierarsi da una parte o dall’altra della tifoseria, da puri propagandisti.

  3. Paolo, io forse sono stato fortunato, non so. ma quest’anno a Mantova NON sono andato a presentare alcun mio libro, ho parlato con Luca Molinari (curatore del padiglione italiano alla Biennale di Venezia) di architettura, città, territorio, sostenibilità.
    Tre quarti d’ora di chiacchierata con lui. E poi tre quarti d’ora a rispondere alle domande, dibattere, discutere col pubblico. Una bella esperienza.

  4. Che pena iniziare un ragionamento politico pubblicando la foto di una persona per rintracciare nel suo volto la sua posizione politica citando Lombroso!

  5. Un dubbio modesto sulle operazioni che si fanno in questo pezzo di Tonello: la gognetta mediatica sul riporto non è imparentata con l’altra gogna, quella confezionata dal TG5 sui calzini turchesi di un altro magistrato, il dott. Mesiano? Vostro, BetteDavis

  6. Riprendo un passo di Federico Pedrocchi dal sito BALENE (spero che si possa):
    Il 27 agosto del 1897 Cesare Lombroso si reca a Yasnaya Polyana, località non lontana da Mosca.
    A Mosca c’è il 12° Congresso Mondiale di Medicina, ma a Yasnaya Polyana vive Leo Tolstoj. Il nostro Cesare lo ha già definito un “cretino e un degenerato”, terminologia da non prendere nella sua accezione più immediata e, quindi, offensiva. Lombroso non ce l’aveva su con Tolstoj, mettiamola così, per strani torti subiti. Lombroso, invece, pensava che la genialità si accompagnasse, necessariamente, a modalità degenerate del vivere e anche a manifestazioni di parziale cretinismo che, per esempio, spesso si evidenziano in una statura molto ridotta. A partire da questo dato il celebre – era veramente noto in tutto il mondo – medico italiano aveva già liquidato Platone, di cui si narra che fosse un piccoletto. E Cartesio aveva un cranio ridottissimo, geometria corporale che per Lombroso rappresentava il top dell’anormalità, perché caratteristica anche dei criminali. La teoria, insomma, sostiene che genialità e criminalità sono comunque manifestazioni di vite alterate.
    Yasnaya Polyana
    Così stanno le cose in quel pomeriggio di agosto del 1897 quando Cesare Lombroso va a far visita a Tolstoj, lasciando per qualche ora il Congresso Mondiale nel quale presiede la sezione di dibattito dedicata alla malattia mentale. A quell’incontro ha dedicato un saggio Paolo Mazzarello, dell’Università di Pavia; si tratta de Il Genio e l’Alienista, edito da Bibliopolis (Napoli, 1998).
    La situazione è difficile da immaginare e la sensazione che si sia trattato di un evento paradossale emerge con evidenza. Lombroso incontra Tolstoj con la determinazione di chi vuole effettivamente confermare le sue teorie, mentre Tolstoj lo osserva come se fosse lui la strana bestia da interpretare.
    L’aspetto di Tolstoj è poco soddisfacente, per uno che sta cercando tracce di cretinismo. Lo si vede nell’immagine in questa pagina: è un vecchio saggio, che ricorda Zeus o Mosé. Ma Cesare, che deve trovare qualcosa a tutti i costi, nota le sue “terribili sopracciglia”.
    Durante l’incontro Lombroso spiega anche le sue teorie a Tolstoj, e la cronaca ci dice che qualche momento di tensione emerge. Tolstoj, per esempio, è convinto che la legge, e le condanne che da essa derivano, non siano cosa giusta; Tolstoj è contrario a ogni forma di violenza. Siamo agli antipodi, visto che Lombroso andava predicando da tempo che certa gente con certe facce sarebbe bene metterla in gattabuia a priori.
    I due si lasciano, e Tolstoj consegna al suo diario l’impressione di aver incontrato “un uomo ingenuo e molto limitato”. Il testo di Paolo Mazzarello descrive ampiamente la vicenda.

  7. rispetto al commento di maurizio, vorrei dire che è uscito da poco per baldini castoldi Sonata a Lev di Barbara Alberti, dove c’è una descrizione dell’incontro tra Lombroso e Tolstoj a Yasnaya Polyana da morire dal ridere. Quel ridere delle cose reali. e questo,
    chi

  8. Gianni, tempo fa ho assistito, a Scrittorincittà, a un incontro con te, Vichi, Cortellessa e un paio d’altri. Argomento: giallo e letteratura.
    Tu e Cortellessa avete dato vita a un dibattito entusiasmante, lasciando spazi ad interventi del pubblico, ti rivedo infervorato nel citare la sveglia che si suicida lanciandosi dal comodino, per difendere la possibilità di qualità anche nel genere giallo.
    Ma lo ricordo come un evento sui generis. Non ho più assitito ad altri incontri coinvolgenti come quello e temo che in certi ambienti i biondilli siano una esigua per quanto agguerrita minoranza.

  9. Concordo con coloro che hanno provato disagio leggendo le prime righe di questo post: ci si rammenti dei calzini turchesi del giudice Mesiano.
    Sarà anche “più divertente di Disneyland” (ammesso che Disneyland sia divertente), ma a leggere troppo Il Giornale si può restarne contagiati.

  10. posso essere un po’ cattivo ?
    spendere il proprio tempo a leggere cio’ che scrive il giornale per poi scrivere un articolo divertente (ma alla lunga deprimente se non addirittura funzionale alla diffusione del verbo) lo trovo a questo punto inutile oltre che noioso.
    Meglio sarebbe “leggere” i segnali ciò che ci sta accadendo intorno e poi magari leggere l’unita e i giornali dell’opposizione per fare due conti e per capire cosa c’e’ che non quadra

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