Classifiche Pordenonenelegge-Dedalus dicembre 2010

Narrativa

1) Walter Siti, Autopsia dell’ossessione, Mondadori,  p. 81

2) Franco Cordelli, La marea umana, Rizzoli,  p. 68

3) Andrea Bajani, Ogni promessa, Einaudi,  p. 66

4) Gilda Policastro, Il farmaco, Fandango,  p. 38

5) Sandro Veronesi, XY, Fandango,  p. 32

6) Lucio Klobas, Anni luce, Effigie,  p. 25

7) Aldo Nove, La vita oscena, Einaudi,  p. 21

7) Alessandro Piperno, Persecuzione, Mondadori,  p. 21

9) Cristiano de Majo,  Vita e morte di un giovane impostore scritta

da me, il suo miglior amico, Ponte alle Grazie, p. 17

10) Ugo Cornia,  Operette ipotetiche, Quodlibet, p. 16

11) Umberto Eco, Il cimitero di Praga, Bompiani p. 11

12) Fabio Viola, Gli intervistatori, Ponte alle Grazie  p. 9

12) Giancarlo De Cataldo, I traditori, Einaudi  p. 9

14) Kaha Mohamed Aden, Fra-intendimenti, Nottetempo  p. 8

14) Letizia Muratori, Sole senza nessuno, Adelphi  p. 8

16) Leonardo Bonetti, Racconto di primavera, Marietti  p. 7

17) Marco Bosonetto, Nel grande show della democrazia, Laurana p. 6

17) Cristiano Cavina, Scavare una buca, Marcos y Marcos p. 6

17) V. Delsere-E. Maffioletti, Bisclavret. Storia luminosa di tempi bui,

O.G.E,  p. 6

17) Domenico Di Tullio, Nessun dolore, Rizzoli   p. 6

17) Giuseppe Genna, Discorso fatto agli uomini

dalla specie impermanente dei cammelli polari, duepunti,  p. 6

17) Piero Pieri, Les nouveaux anarchistes. Atti intollerabili

di disperazione a Bologna, Transeuropa,  p. 6

17) Enrico Remmert, Strade bianche, Marsilio  p. 6

17) Azzurra Carpo, Romanzo di frontiera, Albatros  p. 6

25) Niccolò Ammaniti, Io e te, Einaudi p. 5

25) Amara Lakhous, Divorzio all’islamica a viale Marconi, E/O  p. 5

27) Luisito Bianchi, Le quattro stagioni di un vecchio lunario, Sironi  p. 4

27) Veronica Tomassini, Sangue di cane, Laurana p. 4

29) P. Paolo e Massimiliano Di Mino, Fiume di tenebra, Castelvecchi p. 3

29) Gregorio Magini, La famiglia di pietra, Round Robin  p. 3

31) Felice Cimatti, Senza colpa, Marcos y Marcos   p. 2

31) Ivan Cotroneo, Un bacio, Bompiani  p. 2

31) Paolo Nori, A Bologna le bici erano come i cani, Ciclopolis  p. 2

31) Pervinca Paccini, Vuoti a perdere, Autodafè  p. 2

31) Gilberto Severini, A cosa servono gli amori infelici, Playgroud  p. 2

36) Nicola Bonazzi, Ninnaò, Archetipolibri  p. 1

36) Diego De Silva, Mia suocera beve, Einaudi  p. 1

36) Igiaba Scego, La mia casa è dove sono, Rizzoli  p. 1

Poesia

1) Fabio Pusterla, Corpo stellare, Marcos y Marcos, p. 60

2) Italo Testa, La divisione della gioia, Transeuropa, p. 55

3) Milo De Angelis, Quell’andarsene nel buio dei cortili, Mondadori, p. 46

4) Francesca Matteoni, Tam Lin e altre poesie, Transeuropa, p. 40

4) Marco Giovenale, Shelter, Donzelli, p. 40

6) Giuliano Mesa, Poesie, La camera verde,  p. 39

7) Carlo Bordini, I costruttori di vulcani, Luca Sossella Editore,  p. 22

8) Marco Ceriani, Memorirè, Lavieri,  p. 21

9) Claudio Damiani, Poesie, Fazi, p. 12

9) Paolo Febbraro, Deposizione, Lietocolle,  p. 12

9) Gian Maria Annovi, Kamikaze e altre persone, Transeuropa, p. 12

12) Mariangela Gualtieri, Bestia di gioia, Einaudi p. 9

13) Elio Pecora, Tutto da ridere, Empirìa  p. 8

14) Matteo Campagnoli, In una notte fortunata, Casagrande   p. 6

14) Rosaria Lo Russo, Io e Anne, d’If  p. 6

14) Francesco Scarabicchi, L’ora felice, Donzelli p. 6

14) Ida Vallerugo, Mistral, Il Ponte del Sale  p. 6

18) Giovanna Bemporad, Esercizi vecchi e nuovi, Dedalus  p. 4

18) Alberto Nessi, Ladro di minuzie, Casagrande p. 4

20) Roberto Mussapi, L’incoronazione degli uccelli nel giardino, Salani p. 3

20) Patrizia Dughero, Le stanze del sale, Le Voci della Luna p. 3

20) Stefano Guglielmin, C’è bufera dentro la madre, L’Arcolaio  p. 3

20) Maria Pia Quintavalla, China, Effigie   p. 3

20) Paolo Rumiz, La cotogna di Istanbul, Feltrinelli        p. 3

20) Valentino Zeichen, Aforismi d’autunno, Fazi p. 3

26) Dina Basso, Uccalamma, Le Voci della Luna p. 2

26) Rosita Copioli, Animali e stelle, Stampa  p. 2

26) Valeria Ferraro, Lettera da Carlsbad, Edizioni Atelier  p. 2

26) Giorgio Mobili, Penelope su Sunset Boulevard, Manni p. 2

26) Renata Morresi, Cuore comune, peQuod  p. 2

26) Alessandro Rivali, La caduta di Bisanzio, Jaca Book p. 2

26) Eva Taylor, Volti di parole, Edizioni L’Obliquo  p. 2

Saggi

1) Marco Belpoliti, Pasolini in salsa piccante, Guanda,    p. 59

2) Ezio Raimondi, Ombre e figure, Il Mulino,   p. 24

3) Gustavo Zagrebelsky, Sulla lingua del tempo presente, Einaudi,  p. 22

3) S. Luzzatto-G. Pedullà, Atlante della letteratura italiana, Einaudi, p. 22

5) Riccardo Donati, I veleni delle coscienze, Bulzoni,   p. 17

6) Lina Bolzoni, Il cuore di cristallo, Einaudi,  p. 16

7) Paul Ginsborg, Salviamo l’Italia, Einaudi,  p. 15

8) P. Giovannetti-G. Lavezzi, La metrica italiana contemporanea,

Carocci,  p. 14

9) Pietro Citati, Leopardi, Mondadori, p. 13

10) Elena Buia Rutt, Flannery O’Connor, il mistero e la scrittura, Àncora, p. 12

10) Maurizio Viroli, La libertà dei servi, Laterza, p. 12

10) Simone Barillari, Il Re che ride, Marsilio, p. 12

13) Roberto Calasso, L’ardore, Adelphi p. 11

14) Remo Ceserani, Convergenze, Bruno Mondadori p. 10

15) Stefano Bartezzaghi, Scrittori giocatori, Einaudi p. 9

15) Alberto Varvaro, Adulteri, delitti e filologia, Il Mulino p. 9

17) Giancarlo Alfano, Paesaggi, mappe, tracciati, Liguori  p. 7

18) Silvia Albertazzi, Il nulla, quasi, Le Lettere p. 6

18) A. Baldoni-G. Borgna, Una lunga incomprensione. Pasolini

tra destra e sinistra, Vallecchi  p. 6

18) Stefano Bartezzaghi, Non se ne può più, Mondadori  p. 6

18) P. Bellocchio-A. Berardinelli, Diario 1985-1993, Quodlibet  p. 6

18) Filippo La Porta, Meno letteratura, per favore, Bollati Boringhieri  p. 6

18) Paola Pallottino, Storia dell’illustrazione italiana, La Casa Usher   p. 6

18) Walter Pedullà, L’estrema funzione, Le Lettere  p. 6

18) Luca Rastello, La frontiera addosso, Laterza  p. 6

18) Marco Revelli, Poveri, noi, Einaudi p. 6

18) Farian S. Sabahi, Storia dello Yemen, Bruno Mondadori p. 6

18) Andrea Tagliapietra, Icone della fine, Il Mulino  p. 6

18) Elisa Vignali, Sivlio D’Arzo, scrittore fra la provincia e il mondo,

Archetipolibri,  p. 6

18) Luigi Zoja, Centauri. Mito e identità maschile, Laterza  p. 6

31) Mario A. Rigoni, Vanità, Nino Aragno Editore  p. 5

31) Massimiliano Panarari, L’egemonia sottoculturale, Einaudi  p. 5

33) Roberto Alonge, Goldoni il libertino, Laterza p. 4

33) Gianrico Carofiglio, La manomissione delle parole, Rizzoli, p. 4

33) Maria Pia Donato, Morti improvvise, Carocci p. 4

35) Francesco Erbani, Il disastro, Laterza  p. 3

35) Luca Guerra, Etica della lettura, Carocci  p. 3

35) Giorgio Agamben, La potenza del pensiero, Neri Pozza p. 3

35) Franco Brevini, La letteratura degli italiani, Feltrinelli        p. 3

35) Francesco Bruni, Italia, Il Mulino  p. 3

35) Mimmo Franzinelli, Il Piano Solo, Mondadori  p. 3

35) Rosamaria Loretelli, L’invenzione del romanzo, Laterza p. 3

35) Guido Viale, Azzerare i rifiuti, Bollati Boringhieri p. 3

43) Roberto Carnero, Morire per le idee, Bompiani p. 2

43) Roberto Esposito, Pensiero vivente, Einaudi  p. 2

43) Antonio Pinelli, Souvenir, Laterza  p. 2

43) Vincenzo Susca, Gioia tragica, Lupetti Editore  p. 2

47) Simona Argentieri, A qualcuno piace uguale, Einaudi  p. 1

Altre Scritture

1) Franco Arminio, Cartoline dai morti, Nottetempo,  p. 88

2) Franco Buffoni, Laico alfabeto in salsa gay piccante, Transeuropa, p. 51

3) Dino Baldi, Morti favolose degli antichi, Quodlibet,  p. 34

4) Valerio Magrelli, Addio al calcio, Einaudi,  p. 26

5) Eraldo Affinati, Peregrin d’amore, Mondadori, p. 23

6) Antonio Tabucchi, Viaggi e altri viaggi, Feltrinelli, p. 16

6) Francesco Piccolo, Momenti di trascurabile felicità, Einaudi, p. 16

6) Claudio Parmiggiani, Una fede in niente ma totale, Le Lettere, p. 16

9) Chiara Valerio, Spiaggia libera tutti, Laterza, p. 12

10) Alessandro Carrera, Librofilia, Cairo,  p. 9

10) Antonella Cilento, Asino chi legge, Guanda, p. 9

12) Claudio Giunta, Il paese più stupido del mondo, Il Mulino p. 8

12) Eugenio Baroncelli, Mosche d’inverno, Sellerio  p. 8

14) Francesco Bonami, Dal partenone al panettone…, Electa  p. 6

14) Carlo Azeglio Ciampi, Non è il paese che sognavo, Il Saggiatore p. 6

14) A. Coffami-A. Zabaglio, Sovvertire il cinema, 18:30 edizioni p. 6

14) Lorenza Foschini, Il cappotto di Proust, Mondadori  p. 6

14) Nicola Lagioia, Fine della violenza, duepunti  p. 6

14) Mario Martone, Noi credevamo, Bompiani  p. 6

14) NGN, Mela marcia, Agenzia X   p. 6

14) Antonio Nicaso, La mafia spiegata ai ragazzi, Mondadori  p. 6

14) S. Ronchey-T. Braccini, Il romanzo di Costantinopoli, Einaudi  p. 6

14) Anna Ruchat, Volo in ombra, Quarup  p. 6

24) Cesare Segre, Dieci prove di fantasia, Einaudi  p. 5

25) Claudio Parmiggiani, Naufragio con spettatore, Allemandi p. 4

25) Antonio Pennacchi, Le iene del Circeo, Laterza  p. 4

25) Vitaliano Trevisan, Tristissimi giardini, Laterza  p. 4

28) Marco Giovenale, Quasi tutti, Polimata  p. 3

28) Valerio Magrelli, Magica e velenosa, Laterza  p. 3

28) Francesco Zarzana, Il cimitero dei pazzi, Infinito edizioni   p. 3

31) Gianni-Emilio Simonetti, Fuoco amico, DeriveApprodi  p. 2

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243 Commenti

  1. citati e calasso: ma si devono registrare proprio tutte le ultime uscite, anche quelle di dinosauri o mitografi vari e assortiti, oppure i cento lettori, nella loro composizione variegata e plurale, dovrebbero segnalare volumi imponendo o suggerendo tendenze, spinte e controspinte, proposte e contropoposte ‘nuove’, ‘di qualità’..
    aporie from (by) dedalus.

  2. non è senza sforzo che qualcosa s’è mosso.

    @ larry massimo: cosa si sarebbe chiarito, il link messo come lo posti dovrebbe spiegare? Non spiega.

    @ walter: e se i libri dei dinosauri o mitografi fossero migliori di quelli di tendenza, di spinta e controspinta, di novità? E tra le novità sei proprio sicuro che ci si più qualità che nelle antichità? Belpoliti è meglio di Calasso solo perché parla dell’oggi o dell’altrieri? Non conta poi come sono scritti i libri? Non sono certo queste le aporie.

    @ tutti: è riferita alla classifica di giugno, ma visto che difatto praticamente nessuno dei lettori ha risposto, repetita giovano:

    Come uno dei lettori del premio, intervengo per invitare gli altri lettori, su opportunamente ripetuto consiglio di uno dei responsabili più pazienti dell’iniziativa, a suffragare anche in questa sede le ragioni delle loro scelte e delle loro votazioni. Dieci soli commenti mi sembrerebbero veramente, altrimenti, un piccolo fallimento per il progetto a cui abbiamo aderito e la cui vita – e risultati – dipendono anche, se non esclusivamente, da noi. Il mio intento è rendere l’iniziativa più viva giocando a carte scoperte. Per farlo, devo necessariamente stabilire alcuni principi e porre alcune regole di massima, gli uni e le altre ampiamente sindacabili – sia pure non arbitrariamente. E poiché per aprire la discussione non c’è, purtroppo, metodo altrettanto sbrigativo che fare i nomi, ebbene partendo dalla classifica portante, ovvero quella della narrativa, porrùò delle domande in tal senso. E’ appena il caso di ribadire i seguenti interrogativi, per quanto sentiti, non sono che funzionali ia dare il la, ad accordare gli strumenti per i quali faccio affidamento in voi. E, tanto per cominciare, una delle regole che pongo, forte solo dell’autorità che mi spetta avendo io deciso di aprire la discussione, è che ad una domanda non si risponda con un’altra domanda, nemmeno retoricamente, se prima non si è data almeno una risposta. Cominciando, dato che il regolamento ci consente di votare libri usciti negli ultimi sei mesi e che uno degli scopi della classifica è mantenere spazi di visibilità anche per chi quegli spazi normalmente non avrebbe, come mai nell’ultima decina, quella di giugno sono subito balzati in testa libri usciti da nemmeno un mese? Sollecitudine? Valore schaicciante? Da cosa dipende, secondo voi – lo dico e lo ripeto solo ora, non lo farò più, le domande non sono provocatorie ma solo maieutiche – il successo sugli altri del libro di Helena Janeczek? Cosa lo distanzia così tanto, più del doppio dei punti, da quello di Emanuele Trevi che solo un mese prima guidava la classifica? E poi, si sono davvero così scordati i lettori di questo libro da averlo presto sostituito con almeno altri cinque da votare? E cosa rende il libro di D’Amicis di tanto superiore a quelli di Di Ruscio, Piersanti, Moresco, Pennacchi o Vassalli? O ancora, passando alla saggistica, perché così tanti lettori pensano che le idee di Marco Belpoliti valgano tanto di più rispetto a quelle di Gustavo Zagrebelski, Mario Lavagetto, Stefano Rodotà o Luca Zuliani? E quali sono le ragioni che gustificano il notevole distacco tra i primi tre “saggisti” e gli altri sette della decina? Perché, secondo voi, il libro di Pavolini marca il distacco più accentuato tra il primo e il secondo di una medesima categoria? Insomma, io ci provo, presto questa stessa discussione verrà doppiata sul blog apposito del sito pordenone legge: vediamo qual è la differenza tra un lettore attivo e uno passivo (anche questa, se vorrete, sarà una domanda alla quale rispondere). Fare nomi e dare giudizi non sarà l’occasione, mi auguro, per semplici polemiche, ma il modo più onesto e serio attraverso il quale adempiere il compito che una classifica che si vuole staturiamente di qualità ci ha assegnato dal momento in cui ha chiesto il nostro contributo. Grazie.

  3. @stefano gallerami

    sono uno limitato certificato, se vuole referenze chieda in giro, ma a me pare che l’articolo spieghi bene bene, quantomeno che frenky cordello aveva chiaramente inteso, con l’articolo denigratorio, esprimere il desiderio di sottrarsi lui stesso a un sommario giudizio di qualità (sommario, come lei stesso, mi sembra, ammette, facendo pubblica e provocatoria accusa ai ” congiurati “)

  4. @ larry massimo: non chiedo mai referenze alle persone che interrogo spontaneamente. Ciò che scrive Cordelloi è chiaro, ma mi piacerebbe esprimesse un parere sul rapporto tra le sue, di Cordelli, intenzioni, e il suo ingresso in classifica. E’ questo che il semplice rimando alle sue, di Cordelli, parole, non spiega.
    p.s. la mia interrogazione ai congiurati è pubblica, ma non provocatoria accusa.

  5. @stefano gallerami

    vuol dire che spontaneamente li ritiene cretini?

    accusa è troppo forte, ha ragione lei, diciamo provocatoria interrogazione.

    per il resto, cosa vuole che le dica, che frenky cordello ha telefonato di notte ai congiurati per aggraziarseli? che i congiurati al contrario spontaneamente hanno improvvisamente trovato di qualità la narrativa del cordello medesimo? che invece il secondoposizionamento è una beffa? non le dico nulla, mi limito a osservare l’incongruenza.

    ps: dato che ci sono, ne approfitto per suggerire alla giuria di evitare l’impietoso elenco, limitando a cinque i titoli per ogni categoria.

  6. d’accordo con gallerani

    quando è nata mi è parsa una buona idea, ma 140 titoli senza uno straccio di motivazioni equivalgono a zero titoli

    che poi uno sia al primo posto e l’altro all’ultimo a questo punto è indifferente

  7. (senari per Walter):

    Calasso e Citati
    io non l’ho votati;
    di Tullio, Cordelli
    no, neppure quelli.

    ;-)

  8. Giovanna Bemporad 4 voti 4. Soltanto 4 voti per la mia vecchia amica Giovanna Bemporad? Il volume (graficamente na schifezza!), con una nota di Andrea Cirolla, giovane, volenteroso studioso, stampato in soli 50 esemplari (la mia è la copia n. 20) verrà ben presto pubblicato da un nuovo editore, Luca Sossella, con un saggio introduttivo di Alfonso Berardinelli e allora sarà disponibile per nuovi (e si spera numerosi) lettori, critici, etc.
    Ho molto apprezzato il libro di Matteo Campagnoli e anche quello di Eva Taylor, con i suoi giochini letterari, anche se Anna Maria Carpi dissente…

  9. I libri di poche pagine valgono poco, per questo sono gli ultimi della lista.
    Diego De Silva, per esempio, 1 pagina, e ce lo fanno anche pagare, ma tu vedi.

  10. Mi pare che non sia giusto – in termini di regolamento, dico – accettare in classifica “L’estrema funzione” di Walter Pedullà, perché è un libro del 1975, seppur pubblicato con una nuova introduzione.

  11. Anche io sono contento per Donati. E’ un libro che ho votato, ma come tutti i libri di critica letteraria ha poca visibilità. Mi ha fatto piacere che, invece, abbia ottenuto parecchi punti.

  12. L’unica posizione in classifica che condivido è quella di Franco Arminio, nella sezione ‘Altre scritture’. La classifica della sezione ‘Saggi’, poi, la ritengo davvero incommentabile.

  13. Io ho votato Bajani, per la narrativa; Testa per la poesia; Buffoni per Altre scritture. L’appello di Gallarani e Alcor affinché i giurati gli indiani e i critici giurati dei giurati escano dalla tana, almeno qui, con motivazioni piuttosto che con proteste mi pare giusto e proverò a scrivere qualcosa, spero, nei prossimi giorni.

  14. forse se qualche giornalone chiedesse un’intervistina a un grande lettore esso si degnerebbe di dichiarare i suoi criteri

  15. Buongiorno. Vengo allo scoperto. Come “lettore” della classifica pordenonense segnalo i libri che ho avuto modo di recensire nella mia rubrica sul settimanale “Gli Altri”. In questa tornata: Bosonetto (narrativa), Vallerugo (poesia) e Sabahi (saggistica). Non so se è un gran criterio, ma permette a me – come recensore – di segnalare opere su cui ho riflettuto un minimo; e permette al lettore, che ne abbia voglia, di recuperare o leggersi il mio approfondimento sul giornale. E magari aspettarmi sotto casa se non è d’accordo…

  16. Come coordinatore delle “Classifiche”, assieme ad Andrea Cortellessa e Guido Mazzoni, ho sempre guardato con interesse i commenti usciti qui su NazInd, anche se non sono portato a intervenire molto, perche’ preferisco una discussione in diretta e meno frammentata. Credo pero’ che sia giusto segnalare a tutti alcuni aspetti dell’iniziativa che ormai mi sembrano chiari.

    In primo luogo, non e’ che le “Classifiche” pretendano di essere uno strumento perfetto. Come abbiamo detto in varie sedi, i Grandi Lettori sono un gruppo rappresentativo di molte tendenze, in alcuni casi affini tra di loro, in altri no, e proprio per questo non emergono voti compatti ma si possono notare forze contrastanti. Pero’, in generale e’ vero che noi vogliamo continuare a segnalare opere che non rientrano, se non in pochi casi, fra quelle che hanno una risonanza garantita dal circuito delle vendite, ovvero dalla quantita’: le nostre sono classifiche non di qualita’ assoluta e inoppugnabile, ma di una che almeno si oppone ai valori dominanti, quando sbagliati. Poi, specie nel campo della poesia, dove gli accordi sui valori possono essere piu’ ampi, magari troviamo ai vertici i soliti noti, e allora le novita’ sono invece da cercare nelle parti piu’ basse delle classifiche.

    Che i libri segnalati siano tanti e’ forse un male, pero’ e’ segno di uno sguardo a 360°: idealmente, vorremmo che non sfuggisse niente di quello che esce in Italia, in un periodo non proprio brevissimo (6 mesi). Ma sono convinto che si potrebbe fare di piu’: per esempio, io da tempo sto insistendo per creare un apposito forum di discussione, in cui i Lettori ma anche altri mettessero in rilievo un libro in cui credono particolarmente, e che magari in una prima votazione non ha ottenuto molti riscontri perche’ poco noto, uscito da una casa editrice piccola ecc. Per ora non ci siamo riusciti, ma proveremo ancora.

    Stiamo anche lavorando per avere una visibilita’ maggiore nelle catene librarie attente a tutte le case editrici, e poi per creare gruppi di lettura nelle biblioteche, con la possibilita’ di intervenire sui libri almeno nelle prime 7-10 posizioni di classifica, magari organizzando incontri specifici.

    Poi c’e’ il Dedalus, premio biennale che dovrebbe avere una nuova edizione, se pordenonelegge confermera’ il suo sostegno, il prossimo anno. Il meccanismo di votazione che stiamo pensando dovrebbe consentire un ripensamento su tutti i libri arrivati nelle prime posizioni negli ultimi due anni, e quindi un’effettiva rilettura di giudizi che, pur dotati di una loro validita’ sul momento, debbono poi essere rivisti e calibrati a distanza di un po’ di tempo. Le opere che alla fine risulteranno vincitrici potranno davvero essere considerate quelle piu’ valide, almeno per i Lettori, e magari consentiranno uno specifico dibattito in rete, nel sito delle Classifiche (dove gia’ intervistiamo molti degli autori entrati nei primi posti), e poi in presenza a Pordenone.

    Io vorrei che questo grande sforzo venisse preso prima di tutto per quello che e’, un tentativo di allargare il pubblico dei lettori che sostengono opere comunque interessanti, al di la’ del giudizio specifico su ciascuna. Non abbiamo la pretesa di segnalare tutto e di segnalare sempre e solo il meglio. Pero’, nel contesto attuale, anche questo tentativo empirico di creare qualcosa di alternativo ai criteri dominanti nel campo di forze letterario e’ forse da sostenere e non da demolire subito per le sue inevitabili pecche.

    Un saluto a tutti da

    Alberto Casadei

  17. Questi titoli sono tutti bellilli , o almeno lo sono per me che non ne ho letto neanche uno. Sono accattivanti (penso a quello della suocera o all’altro dei cammelli polari), in parecchi casi si ha la sensazione che l’autore, l’editor o vattelappesca chi altro si sono spremuti, in modo da irretire il lettore che entra in libreria e viene attratto dal titolo o dalla copertina (secondi studi accreditati il 25% acquista perché “mi piaceva la copertina”). Non so quanti di questi libri reggeranno oltre la lettura di venti pagine. Io ormai non ci riesco, a superare quel limite, tant’è che i miei dieci dodici libri mensili sono di saggistica. Una cosa non la capisco, c’è stato un tempo – erano i 60, i 70 – in cui si divora narrativa e di sospendere la lettura di un romanzo non se ne parlava nemmeno, anche se il libro non pigliava, come se fosse doveroso verso se stessi e l’autore. Ricordo che per i 17 anni mi fu regalato “Dzan, ricerca di una terra felice”, di Platonov, una lettura impegnativa, ma la storia di un popolo che si trascina nella tempesta di neve e ci resta addormentato per sfinimento, questa storia condotta in terza persona da un narratore partecipe e zdanovista non andava persa.
    Oggi un libro si piglia e si butta. Come un keenex, più o meno.

  18. Non so rispondere alle domande iniziali con cui si intendeva aprire la discussione.

    I miei voti sono andati a Letizia Muratori per la narrativa e a Eraldo Affinati per la sezione Altre scritture. Non argomento ulteriormente perché ho già scritto in passato su entrambi esplicitando i motivi per cui apprezzo molto il loro lavoro.

    Non ho espresso preferenze nella sezione riservata alla saggistica.

    Per la poesia avrei voluto votare un libro che ho amato molto, ovvero “I mondi” di Guido Mazzoni, che però è escluso per conflitto di interessi (ecco un primato: l’unico conflitto di interessi ancora vigente in Italia!) e su cui quindi non mi intrattengo.

    “Corpo stellare”, che alla fine ho votato, è un bellissimo testo di “archeologia dell’amore” capace di racchiudere e dischiudere tempi, lingue, profondità spaziali e temporali, storie e metastorie con una coerenza e una tenuta notevoli; secondo me un libro in equilibrio davvero raro tra sapienzia e ispirazione, a differenza di molti altri libri la cui base mi è parsa, più che la poesia, la volontà: per esempio il libro della Gualtieri, che contiene alcuni testi bellissimi ma che mi è sembrato costruito per gran parte con materiali meno autentici.
    Ho dato quindi tutti i miei voti a “Corpo stellare” ma devo dire che
    – non ho letto il libro di Testa (per limitarsi a quello che gli si è notevolmente avvicinato nell’esito del voto)
    – ho escluso Bordini perché ritenevo che un’opera omnia non potesse compararsi con singoli libri
    – ho letto solo pochi giorni fa, quindi oltre tempo massimo, “Cuore comune” di Renata Morresi; altrimenti l’avrei sicuramente votato

    Invito comunque anche io, come ha scritto Alberto, a prendere tutto un po’ più alla leggera. Non è un concorso in piena regola, questo va ricordato. Anche solo per il semplice fatto che nessuno dei giurati ha letto gli stessi libri usciti nel periodo in esame; anzi sicuramente la sproporzione interna di conoscenze e competenze e notevole. La volontà comune è – credo – quello di segnalare strade alternative a quelle del mainstream giornalistico e delle classifiche di vendita. La mia sensazione è che ne venga fuori un misto di 1) classifica di qualità; 2) premio alla carriera/opera/reputazione; 3) tasso di popolarità “intra moenia”; 4) pubbliche relazioni. In sintesi: un sondaggio. E non ci vedo niente di male, se inquadrato nel giusto spirito. Spero che i fattori siano decisivi nell’ordine in cui li ho elencati e che gli ultimi due, e in particolare l’ultimo, siano quelli con meno peso. Io per me, nel mio piccolo, cerco di comportarmi così.

    Saluti a tutti.

  19. “pero’, in generale e’ vero che noi vogliamo continuare a segnalare opere che non rientrano, se non in pochi casi, fra quelle che hanno una risonanza garantita dal circuito delle vendite, ovvero dalla quantita”.

    Citati e Calasso, per l’appunto.

  20. @ Massimiliano Governi:
    non voglio creare una polemica, perché ognuno ha le sue opinioni, ma mi piacerebbe discutere la sua affermazione: “La classifica della sezione ‘Saggi’, poi, la ritengo davvero incommentabile”.
    Se è incommentabile, ovvio, non si commenta. Eppure, mi domando, cosa c’è dentro di così scandaloso, premesso che 140 persone hanno un mucchio di inevitabili opinioni diverse?
    La leggo, la rileggo, allora, questa classifica. Belpoliti vince, come quasi sempre qui a Pordenonelegge. Non conosco questo suo libro, ma di solito è un saggista di grande valore. Vince perché di solito è bravo o perché questo è un bel libro? Non so dirlo, tuttavia non mi pare una gran sorpresa.
    Il secondo libro è di Ezio Raimondi, scusate se è poco, ed è un libro bellissimo. Questo lo conosco bene. Un’antologia di saggi preziosi, per chi non li avesse letti al tempo della loro uscita (molti sono anche assai recenti, comunque), e preziosi in ogni caso, così riuniti tutti insieme. Un viagio dentro la critica d’arte e l’arte della critica insieme a Longhi, Arcangeli, Gnudi, Graziani, Supino, e allo stesso Raimondi.
    Zagrebelsky è un intellettuale verso il quale ho la massima stima, e il suo studio sulla lingua del presente mi pare assai meritevole di lettura. L’Atlante, al numero 4, è una classica Grande Opera Einaudi. Non sarà chissà che di innovativo, ma le grandi opere non sono mica solo delle strenne!
    Poi c’è Riccardo Donati, e che vi devo dire, l’ho votato! E’ un libro che parla del Settecento specchiato nel Novecento, un ottimo saggio di uno studioso giovane.
    Poi c’è la Bolzoni, un affascinante e dotto libro di studi rinascimentali sugli “Asolani” di Pietro Bembo (andrebbe letto in parallelo con quello, assai meno visibile, di un’altra valente, giovane, studiosa di Pietro Bembo, Elisa Curti: si intitola “Tra due secoli. Per il tirocinio letterario di Pietro Bembo”, e uscì da Gedit qualche anno fa).
    Poi c’è il gustoso pamphlet di un grande storico come Ginsborg, poi un saggio molto tecnico di metrica, nientemeno…
    Ecco, il primo libro che proprio non mi piace è Citati, ma diamine, è il nono, e comunque è solo una mia opinione, non trovo nulla di scandaloso se qualcuno lo ha votato. E potrei continuare.
    In sintesi, perché è incommentabile questa classifica?

  21. come titoli sono sempre belli i titoli, questo quello che penso. QUando sono belli. Il problema è leggerli, dopo. CHissà chi li piazza lì dove stanno come delle coccarde arricciate. oppure sarà che è stato quello che nomina gli sceriffi che ce l’ha a morte coi distintivi.
    Per me su dieci titoli, manco uno l’ha scritto l’autore. E’ troppo difficile. Poe per esempio avrebbe dovuto farseli scrivere da qualcuno. I fiori del male, non l’ha messo Charles. Gadda era un fenomeno, e Manganelli e Pirandello.
    Pasolini, passo. Proust, stratosferico. Joyce, ribaltante. Dante, integraturo. Raffaele la Capria resta, assolutamente, il migliore.

  22. Categoria di qualità? Ma andare a lavorare seriamente mai? Ah non c’è lavoro. Faccio il mio esempio: mi hanno praticamente fatto il lavaggio del cervello per la Policastro. Un libro con ambizioni, certo, ma orribilmente noioso ed irrisolto. Me lo trovo al quarto posto?

  23. @”andrea” Il mio libro te lo trovi al quarto posto con 38 voti provenienti da 140 votanti. I punti a disposizione di ciascuno dei votanti sono 6. Trovi così scandaloso che, a dir tanto, 7-8 lettori abbiano votato un libro ”orribilmente noioso e irrisolto”? Magari non tutti aspirano primariamente a divertirsi e risolversi, quando leggono (o scrivono). Questa considerazione di ”andrea”, però, pure molto rozzamente espressa, fa tornare d’attualità il problema dei punti assegnati a ciascun giurato, che a mio parere sono troppi, e, dalla prospettiva di votante di attribuire 6 punti, tra l’altro, mi è finora capitato ben di rado. Forse per evitare che l’andrea di turno si ”orripili” sarebbe opportuno riconsiderare l’ipotesi di ridurli, effettivamente, quei punti, avanzata già da alcuni di noi lettori qualche tempo fa.
    Io, dal canto mio, avrei preferito qui poter votare i libri (semi)postumi di Edoardo Sanguineti, consegnati per la stampa vivo l’autore, ma usciti fisicamente in libreria dopo la sua morte. ”Varie ed eventuali” ha una tensione ludicamente terminale che non è né divertente né forse interamente risolta, ma mi pare il miglior lascito di questo poeta immenso, oltre che un notevole compendio dei suoi modi poetici pregressi, dalla tensione linguistica di ”Laborintus” (spesso autocitato, in V&E) alla personale riappropriazione degli autori tradotti e travestiti nel tempo (sorprendenti i bellissimi versi da Neruda). Mi pare che quanto meno l’onore di una menzione, in una classifica di qualità, gli vada tributato.
    Detto questo, il numero dei giurati è aumentato, rispetto all’inizio, per far fronte alla richiesta di una maggiore ampiezza di sguardo e di giudizio. Si sono creati spazi di discussione come il blog di Pordenonelegge o qui, e giurati, votanti e votati sono a disposizione di discussioni e polemiche. E però ogni volta che apro, qui o altrove, una discussione sulle classifiche, si trovano più che altro pareri sarcastici o risentiti, attacchi all’iniziativa o al singolo. So che nel tempo alcuni di questi ”attaccanti” si sono tramutati in votanti, e dunque la contestazione era finalizzata, nella maggior parte dei casi, a un unico scopo: farne parte. Un po’ come la contestazione degli studenti che, come ha scritto qualcuno, non sembrano tanto dire, come nel ’68, ”cambiamo il sistema” ma, piuttosto, ”lasciateci entrare”. Purtroppo secondo me la discussione delle classifiche è una sfida impossibile al risentimento e alla frustrazione degli eslcusi: forse è più utile la prospettiva cui accennava mi pare Casadei di un lavoro organizzato su alcuni dei testi segnalati, magari in vista del Dedalus, che non necessariamente dovrà andare, a perer mio, ai titoli piazzatisi nelle zone alte, ma, piuttosto, a libri effettivamente penetrati nel discorso critico, possibilmente (riprendendo qui una istanza molto giusta di Gallerani) anche attraverso la permanenza nel tempo, e dunque quella che i culturologi una volta chiamavano la longevità. Magari allargherei l’arco temporale delle votazioni, per andare incontro a questa esigenza, ed effettivamente proporrei comunque, da parte dei responsabili, alcuni libri comuni su cui confrontarsi (il libro di Siti l’abbiamo letto tutti, ma magari la proposta dell’editore minimo e marginale può esserci sfuggita, e non si riesce a recuperare a posteriori tutti i libri di bassa classifica, specie se vanno e vengono come meteore).

  24. Scrive Gilda Policastro:

    “Detto questo, il numero dei giurati è aumentato, rispetto all’inizio, per far fronte alla richiesta di una maggiore ampiezza di sguardo e di giudizio”.

    Però continuano a essere assenti libri di TEATRO e libri sulla CRISI ECONOMICA … Di entrambi, com’è ovvio, le produzioni di livello non mancano … Eppure … Davvero non danno da pensare queste assenze?

    Nevio Gàmbula

  25. sottoscrivo il commento di Gilda (e l’annotazione di Nevio). sarebbe a mio avviso importante aggiungere una categoria Teatro, fra l’altro.

    su un elemento rilancio l’ipotesi di Alberto Casadei (spazio di discussione e proposta di testi, analisi, commenti): l’importanza di attivare un blog, che sia ovviamente diverso dall’attuale –linkato sul sito Dedalus ma non definibile a mio parere blog.

    personalmente sono molto felice della presenza in classifica del libro (a cui ho dato 6 voti) che dà conto dell’intero lavoro poetico di Giuliano Mesa, da Schedario a nun.

  26. per individuare percorsi, linee di tendenza, opere di ricerca, bisognerebbe cercare, frugare, esplorare anche i territori che non si battono abitualmente. è qui il punto: il novanta per cento dei libri che finiscono in questa classifica di qualità sono opere inviate dalla case editrici e dagli amici scrittori, il che rende ridicola tutta quanta l’operazione: ridicolaggine accentuata dall’etichetta che il gruppo si è attribuita: “lettori di qualità”. e gli altri cosa sono, lettori di scarto?

  27. @ Alan Fard:

    forse l’operazione sarà ridicola, e forse io sono nel dieci per cento che lei prudenzialmente ha lasciato scoperto, ma posso assicurarle che il sottoscritto, da quando è nato pordenonelegge, non ha mai ricevuto neanche UN libro omaggio da nessuno. E che dunque quel che ha letto se lo è comprato di tasca propria, o lo ha letto in biblioteca.

  28. weber, dire che l’operazione, così come si presenta, è “ridicola”, non significa, per quel che mi riguarda, mettere in discussione la buona fede di nessuno, tanto meno negare che tra le caterve di libri indicati ce ne siano alcuni che sono veramente di “qualità”. è il meccanismo in sé che desta più di qualche sospetto, a partire dall’autodefizione incensatoria dei “votanti” – tutti, o quasi, reclutati per cooptazione

    le faccio un esempio. in rete, tra i tanti, c’è un blog che fa critica poetica sul campo – “blanc de ta nuque”: come mai il gestore, guglielmin, non viene chiamato ad esprimersi in materia? forse perché è fuori dai soliti giri e giretti?

  29. Non lo so perché non viene chiamato, giacché io sono solo uno dei “votanti” e non uno dei responsabili dell’operazione.
    Osservo però che siamo partiti in 100, e siamo già saliti a 140, dunque non è esattamente un club esclusivo.
    Osservo anche che di persone competenti ce ne saranno moltissime, in italia, e può capitare che qualcuno rimanga fuori. Sono prontissimo a cedere il mio posto a codesto Guglielmin, se Andrea Cortellessa o Alberto Casadei me lo chiederanno. Non è una posizione di potere né di privilegio: io sono solo uno che legge dei libri ed esprime opinioni in assoluta libertà.
    Osservo infine che molti contestano l’alto numero di libri segnalati, non riflettendo sul fatto che probabilmente è inevitabile, dando il voto a 140 persone. Anzi, è sano, prché se 140 lettori votassero compatti gli stessi tre o quattro libri, si parlerebbe di maggioranza bulgara, o simili.
    “Giri e giretti” mi sa di polemica troppe volte già sentita, in rete. Se siamo troppo pochi per dar voce a tutti, e insieme siamo troppi perché votiamo troppi libri, allora forse ha ragione lei, l’operazione è ridicola e va annullata. Non vedo conciliazioni, a due obiezioni così in contrasto tra loro.

  30. @ Marco Giovenale
    il problema non è di “categoria”. Il problema è che i 140 lettori non leggono libri di teatro (che potrebbero tranquillamente rientrare nella categoria “saggi” o, per lo specifico della drammaturgia, in quella “altre scritture”). Diciamo che mi interessa come questione “sociologica”, di sociologia della lettura, se così posso esprimermi …

    A scanso di equivoci, e a fronte della (maligna?) frase della stessa Policastro:

    “So che nel tempo alcuni di questi ”attaccanti” si sono tramutati in votanti, e dunque la contestazione era finalizzata, nella maggior parte dei casi, a un unico scopo: farne parte”

    preciso che NON voglio fare parte della giuria (e che risponderei NO ad un invito in tal senso) …

    NeGa

  31. faccio un’ipotesi maligna anch’io. posso? Nevio, se qualche votante avesse proposto testi “sul” teatro in Saggi, o “di” teatro in Altre scritture, tu avresti probabilmente protestato per l’assenza di uno spazio specifico per il teatro.

    perdona, ma se lo faccio io non va bene? a me sembra che tra l’accontentarsi di uno spazio per il teatro in Saggi o in Altre scritture, e una proposta di creazione di categoria “Teatro”, forse la seconda possibilità non fa tanto ribrezzo.

    enfin: cosa ti impedirebbe (se invitato) di far parte della giuria precisamente per migliorare con il tuo voto quel che non ti convince dei risultati?

  32. Credo che la ricognizione critica sulla poesia edita contemporanea non possa che essere arricchita invitando nei 140 Stefano Guglielmin, Francesco Marotta e Giacomo Cerrai, che sono fra i più attivi, preparati e disinteressati lettori in rete, da anni, ciascuno con una storia personale ben delineata e una capacità di lettura superiore alla media.

  33. @ Marco Giovenale
    le malignità mi divertono …

    La mia è veramente una curiosità sociologica. Mi stupisce che tra i 140 lettori nessuno dedichi un voto a un testo che sia attinente, in un modo o nell’altro, al teatro … Tutto qui. Se esistesse la categoria “teatro”, molto probabilmente resterebbe vuota (o quasi; può darsi che domani vengano ri-editi i saggi di Pagliarani sul teatro, o che qualcuno scriva l’ennesimo libro sul “travestimento” sanguinetiano) … Se fino ad oggi non hanno ottenuto nessun voto un Tarantino, poniamo, o uno Sgorbani, che pure, dal punto di vista della qualità “letteraria”, hanno da dire molto di più che non molti dei votati, perché dovrebbe essere diverso con l’inaugurazione della categoria “teatro”?

    Ma non voglio fare polemica, non è questa la mia intenzione. Mi piacerebbe sapere come mai l’insieme dei votanti s’interessa poco al teatro, tutto qui … Se preferisci, m’interessa misurare la percezione che del teatro “scritto” (anche di quello praticato, certo, ma qui non conta) hanno i “grandi lettori” …

    Rispetto al mio eventuale voto: non mi considero un “grande lettore” …

    NeGa

  34. Mi fa un po’ ridere che la gente si aspetti da questa (o qualunque altra) classifica una specie verità rivelata. Nelle prime posizioni c’è un libro oggettivamente orribile? Significa semplicemente che tra i votanti ce n’è un gruppo (neanche foltissimo visto che ognuno assegna più punti) che ha reputato opportuno votarlo ugualmente… magari ha simpatia per chi l’ha scritto, magari sono amici. È un rischio implicito in qualunque cosa si basi su un gruppo di votanti.
    Mi pare che i meriti della classifica rimangano, dando comunque visibilità a libri invisibili; un lettore sufficientemente consapevole non avrà gioco difficile a capire quali sono i libri votati “perché bisogna” e quelli votati secondo coscienza.
    La coda lunga, poi, più che un difetto mi pare un pregio. Libri mai sentiti? Bon c’è Google per questo… Ora si pretende anche di farseli spiegare uno per uno? Ma va a ciapà i rat :)

  35. anch’io mi auguro maggiore attenzione per il teatro. (e, per parte mia, ammetto la mia disattenzione, che cerco di correggere). (l’ultimo libro – che ho preso solo pochi giorni fa – “sul” teatro – è la raccolta di scritti di Bartolucci che ha pubblicato Bulzoni tre anni or sono).

  36. Intervengo con qualche ritardo, rinviando alla puntuale risposta di Alberto Casadei e aggiungendo da parte mia qualche precisazione. Leggo in molti commenti che i lettori sarebbero 140. No, sono quasi 200. Torno a ripetere – ma tanto lo so che non basterà mai – che il lavoro di tenere i contatti con quasi 200 persone e di ordinare le loro segnalazioni in una tabella leggibile e commentabile (come qui non si manca di fare) è svolto su base pressoché volontaria, ormai da un anno e mezzo abbondante. Se qualcuno che trova così “ridicolo” questo strumento è in grado di approntarne un altro congegnato e gestito in modo da funzionare meglio, si accomodi.
    Che qui si leggano tutte le opere segnalate (e che ovviamente esse aumentino di numero con l’aumentare dei votanti), mi perdoni Alcor, ma 1) non inficia la segnalazione in prima fila dei primi in classifica (che non coincidono coi risultati delle classifiche di vendita) 2) è comunque utile a segnalare opere altrimenti non recensite né pubblicamente segnalate, le quali oltretutto nei circuiti Coop e ISBF vengono direttamente messe a disposizione dei clienti, i quali faticherebbero a procurarsele in altro modo nell’attuale sistema delle librerie-supermarket.
    Quanto al secondo posto di Cordelli, che fu tanto aspro all’apparire delle classifiche: in che senso, mi si spieghi di grazia, ciò sarebbe una contraddizione? Cordelli pensa che le classifiche fanno schifo, poi esce il suo nuovo libro, molti di noi lo trovano un gran libro e dunque lo segnalano (vorrei ben vedere che evitassero di farlo!). Semmai a farsi qualche domanda dovrebbe essere Cordelli, non noi (nella fattispecie). Che poi qualche bello spirito pensi che ci sia una cospirazione per far arrivare Cordelli secondo anziché primo, lo trovo persino comico. Quanto infine alla classifica di saggistica, mi spiace che una persona che stimo come Governi la reputi “incommentabile”, ma – mi associo a Weber – vorrei proprio capire perché.

  37. Ci riprovo, sperando che poi non appaiano tutti insieme, visto che il tenore è lo stesso, in questo caso, ti prego @Biondillo, massacrali.

    Grazie ai due GL che hanno motivato, qui sopra, ma penso che, così com’è congegnata, la classifica non sia profittevole.
    Per renderla più affidabile (e per “affidabile” intendo utile al lettore, più che all’autore eventualmente segnalato) si dovrebbe ovviare non a una sola mancanza, ma a tre:
    – la mancanza di una motivazione di voto.
    – la mancanza di una dichiarazione di voto, perché nella ormai pletorica schiera dei GL molti non li conosco e non so valutare se le loro indicazioni siano affidabili per il mio target, altri li conosco e non li ritengo affidabili per il mio target.
    – la casualità delle letture, per cui si può arrivare al paradosso che se per caso dieci GL si ritrovano in mano per le più varie ragioni, o vengono indirizzati in qualche modo, o sentono una convergenza diffusa e non verificata verso lo stesso libro o principalmente verso quello, c’è il rischio che lo votino facendolo schizzare in testa o relegandolo all’ultimo posto un po’ a capocchia.

    Temo che abbia ragione AMA, molto meglio, quanto a trasparenza, le classifiche commerciali, dove si sa con un buon margine di certezza perché mai certi libri siano al top delle vendite.

    Tra l’altro non so se gli altri PL l’abbiano utilizzata ma, per quanto mi riguarda, l’ho presto abbandonata per tornare alle vecchie pratiche del passaparola, dove so chi mi consiglia cosa e perché.

    Sarebbe sempre buona norma, quando si lancia un’iniziativa, verificare a un certo punto se ha raggiunto i suoi obiettivi che come ho detto sembravano orientati a una platea larga di lettori, visto che per una platea piccola basta una mailing list, invece di interpretare le critiche come mosse per motivi oscuri o pregiudizi, ricordo che all’inizio io non ne avevo, al contrario.

    @Andrea
    ti perdono volentieri, ma non so a quale commento mio fai riferimento, forse sono usciti e io non li vedo.

  38. Pochi commentano i risultati delle classifiche di poesia, che invece per me (insieme a quelle per le «Altre scritture») sono le più preziose, perché non c’è davvero uno strumento simile in circolazione. Sfido a trovare uno solo dei libri qui segnalati in una delle classifiche di vendita (o, se è per questo, nelle recensioni apparse sui maggiori organi di informazione). L’amico Giorgio Di Costanzo s’indigna per il fatto che “soli” 4 punti abbia ricevuto un libro o plaquette di Giovanna Bemporad, che però – ha poi l’onestà di aggiungere – è stato pubblicato in cinquanta copie. A me pare al contrario miracoloso che un libro pubblicato in cinquanta copie oggi, non ai tempi del Porto sepolto, venga segnalato da un mezzo d’informazione – quali sono queste classifiche – a diffusione nazionale, e che in conseguenza di ciò lo si commenti (come stiamo facendo in questo momento). Se poi Luca Sossella, come ha fatto con Carlo Bordini (infatti ampiamente votato), provvede a dare a questo testo una diffusione maggiore, sono sicuro che un numero maggiore fra i nostri lettori lo voteranno.

  39. Cara Gilda, non ho detto niente di offensivo, sarò stato rozzo ma il mio parere resta questo: libro interessante ma noioso a tratti (non “disturbante” che ci avete stufato con questo aggettivo), ambizioso. Più di così. sei al quarto posto. Al primo Siti, con il suo libro non migliore, ma converrai con me un’altra storia, un ‘altra scrittura. Devi chiedergli l’autografo invece di bearti del tuo finto quarto posto e tanti libri degni dopo il tuo. Poi rileggere, rileggere, che c’è tanta spazzatura. Per ora preferisco Lo Zibaldone di Leopardi alla tua prosa disturbante. Con rispetto. Andrea.

  40. @ Alcor
    Mi riferivo al tuo primo commento, quello del 16 dicembre. Dicevi che un gran numero di segnalazioni equivalgono a nessuna segnalazione, e ti dicevo perché secondo me ciò non sia vero. Quanto a quello che aggiungi ora, mi chiedo davvero perché ora tu ti unisca a chi trova poco trasparente l’iniziativa. I nomi dei votanti sono pubblicati sul sito di Pordenonelegge, che presto metterà on line anche le loro biobibliografie. Chi vuole può esplicitare lì o qui, comunque pubblicamente, le sue scelte individuali, e anche motivarle; sul sito di Pordenonelegge è stata anche attivata la rivista on-line «Stephen Dedalus» che ospita ampie interviste a molti degli autori più segnalati, o interventi critici scritti appositamente dai nostri lettori. Ma quel che conta, e che diversifica lo strumento dalle segnalazioni individuali (il passa-parola), è il risultato complessivo: da quello e solo da quello si può giudicarne la trasparenza o meno, l’efficacia o meno, la supinità o meno nei confronti del mercato. Se i risultati non ti paiono più convincenti è quelli che dovresti criticare, non il fatto che tu non conosca un certo numero dei votanti. Pare a me. E lo stesso, sempre secondo me, dovrebbe fare Massimiliano Governi, per esempio, anziché dare dell’incommentabile o del ridicolo all’una o all’altra classifica.
    Molti baci, A

  41. @Andrea

    te lo spiego volentieri, precisando che per “trasparenti” intendo chiaramente riconducibili a chi ha espresso il giudizio in modo da poter valutare l’attendibilità rispetto alle mie esigenze e in base a quello che so del votante, non per conoscenza personale, ma per conoscenza delle sue idee e posizioni.

    Io non prendo MAI in considerazione, e non per ingenuità, ma per programma, l’idea della manipolazione, della cricca, del do ut des, argomenti che piacciono tanto in rete.

    La classifica commerciale è trasparente per varie ragioni, si tratta di libri i cui autori sono popolari o perché sono personaggi televisivi, o perché sono diventati noti negli anni, o perché scrivono libri per i molti, e vengono molto recensiti e commentati sulle testate maggiori, vedi Eco, ma anche Faletti. Non posso avere dubbi, se mai decidessi di leggerli, su cosa andrò a leggere.

    Qui abbiamo autori non sempre noti, votati da [moltissime] persone non sempre note, per di più, come ha detto sopra Mazzoni, non omogenee e che non dicono quasi mai cos’hanno votato e perché.

    Non ho intenzione di criticare le scelte, anche perché le trovo legittime, sono i criteri che mi interessano, e dunque vorrei sapere chi le ha fatte queste scelte per poterle trovare, oltre che legittime, affidabili, data la disomogeneità.

    Ti faccio un esempio: al 36° posto della lista della narrativa trovo per esempio il libro di Nicola Bonazzi, che non conosco, pubblicato da Archetipolibri, casa editrice che non conosco, e procurarmelo mi costerebbe tempo e fatica, oltre che denaro. Ha preso un solo voto, potrebbe essere un solo voto dato da un lettore del quale mi fido ciecamente che lo ha letto per caso. O un solo voto dato da un lettore del quale diffido profondamente e che lo vota per ragioni che non mi convincono.
    Potrebbe essere un nuovo Joyce, un nuovo Pizzuto, o anche un nuovo Faletti.
    Mi spieghi perché non posso sapere chi e perché lo ha votato?
    E soprattutto, mi spieghi perché dovrei leggerlo, non sapendo chi e perché lo ha votato?

    Mi sembrano richieste di buon senso, queste mie, che come lettrice non ho avanzato all’inizio perché credevo che intorno all’iniziativa sarebbe nato un vasto campo di discussione che avrebbe surrogato le carenze. A distanza di tempo vedo le pecche.
    Non prendere le mie osservazioni come un attacco personale a voi che offrite generosamente il vostro tempo, non ne avrei motivo, trovo più amichevole dire pubblicamente cosa trovo insoddisfacente.

  42. @ Cortellessa: la classifica di poesia è incommentabile per svariati motivi. Il primo, quello della diffusione come dici anche tu, per cui nella stessa pentola bollono major e case semiclandestine con mezzi molto diversi; da cui il secondo, quello della distribuzione: sarebbe interessante sapere quanti dei libri letti dai 140 (quasi 200) siano stati comprati e quanti invece ricevuti.

    Il terzo è che la poesia in Italia è un affare di correnti e che per spurgare il coté -come suggerisce anche Alcor- andrebbe cambiata la formula: estendendo la finestra a dieci anni e considerando solo le opere omnia, cosicché i discorsi acquistino senso, passo e prospettiva. Dal 2000 ad oggi abbiamo avuto molte raccolte complessive: da De Angelis a De Signoribus, da Bacchini a Carifi, da Tiziano Rossi a Viviani, da Annino fino all’ultimo Mesa, altri più giovani (Sannelli per dirne uno) e tanti che ora dimentico.

  43. Un paio di domande, a titolo di pura e semplice curiosità.

    Non prima di aver ringraziato Giuseppe per la stima (che ricambio totalmente) e di aver aggiunto, ai due nomi che lui fa, almeno quello di Sebastiano Aglieco.

    (Per quel che mi riguarda direttamente, la penso esattamente come Nevio, e ad una eventuale richiesta risponderei di no: sono un “lettore” e basta, e ignoro quindi quali siano i compiti, l’abito e le prerogative di uno “di qualità”.)

    Allora, le domande.

    1) Come spiegare il fatto che duecento lettori “forti” (mi risulta che moltissimi siano i narratori tra loro) ignorino completamente un libro come “Bastardo posto” di Remo Bassini?

    2) Se l’indicazione di opere di qualità è la ragion d’essere della classifica e delle iniziative collaterali, come mai nella sezione “Altre scritture” non è mai comparso un nome come quello di Marco Ercolani?

    Così, en passant.

    fm

  44. @ Alcor
    Non prendo affatto le tue critiche come un attacco personale, o preconcetto, se no non staremmo qui a discutere. Penso però che i difetti che fai notare, e che non sono eliminabili fino a che tutti i lettori non correderanno le loro segnalazioni di una motivazione (il che la maggior parte di loro, mi pare assai evidente, non ha il tempo o la costanza di fare – non tutti del resto sono critici di professione; come dicevo all’inizio di questa avventura, nella mia formazione la “dritta” di un poeta o di uno scrittore da me amato che mi diceva semplicemente “leggi quello” è stata almeno altrettanto preziosa di quanto lo sia stato leggere, su “quello”, un approfondito saggio critico), non bastano a tornare a preferire – come hai scritto – il passa-parola individuale (che è proprio un’altra cosa) o a pensare addirittura (con la buona compagnia di AMA) che siano più trasparenti le classifiche di vendita. Le quali invece, come mi pare Senza scrittori contribuisca a dimostrare, sono semplicemente una statistica, condotta su base assai variabile e assolutamente non trasparente (proprio come nel caso dell’AUDITEL). Lo dimostra il fatto che, dopo aver terminato Senza scrittori (dove intervisto l’allora responsabile Demoskopea), la stessa Demoskopea ha cessato di fare le classifiche di vendita dei libri e nel giro di una sola settimana – semplicemente variando la base di osservazione e le categorie di suddivisione dei testi – le classifiche sui giornali sono cambiate radicalmente (per quanto riguarda i primi posti, non il trentaduesimo – il quale peraltro, ti prego di notare, oltretutto non viene pubblicato).

  45. @ Il fu GiusCo
    Per quanto riguarda il tuo punto 1, io penso che la compresenza di prodotti delle majors (le quali, come dimostrano i primi tre piazzati nella narrativa, malgrado tutto ancor oggi pubblicano libri di qualità) e di prodotti di piccoli editori, i quali magari si fanno conoscere inviando i loro libri in lettura (come facevano prima dell’introduzione delle Classifiche di qualità e come continueranno anche quando queste saranno solo un ricordo; il che farà godere immagino come scimmie molti dei presenti – buon motivo peraltro, basterebbe questo a ben vedere, per insistere a farle), sia un pregio e non un difetto di questo strumento. Nessuno ipostatizza solo i piccoli editori, come custodi della qualità letteraria; ma certo nessuno li esclude dal proprio raggio di osservazione. Per quanto riguarda il tuo punto 2, stai semplicemente invocando strumenti più tradizionali (come le antologie di poesia), che anch’essi c’erano prima e continueranno a esserci poi. Io personalmente mi sono macchiato anche di questa colpa, e trovo che i due strumenti possano coesistere e darsi man forte a vicenda (faccio notare, tornando al punto 1, che la più diffusa antologia di poesia contemporanea, quella pubblicata nei Meridiani e poi aggiornata negli Oscar Mondadori, si fa addirittura un vanto di escludere dal proprio raggio d’osservazione la piccola editoria).
    Più in generale: come è stato già detto, la maggior parte delle critiche si scandalizzano di una pretesa che nessuno di noi che abbiamo concepito e porta avanti le classifiche ha mai avuto: quella di dire l’unica parola, riguardo alla produzione italiana contemporanea. Si tratta di uno strumento in più, a me (che sono di parte) pare il migliore – cioè il più completo esteso trasparente e tendenzialmente/relativamente “oggettivo” – finora sperimentato, per informare sulla produzione dell’ultimo semestre. Ma ce ne sono altri, e altri auspichiamo se ne aggiungano.

  46. @ Andrea

    tu dici:
    «come dicevo all’inizio di questa avventura, nella mia formazione la “dritta” di un poeta o di uno scrittore da me amato che mi diceva semplicemente “leggi quello” è stata almeno altrettanto preziosa di quanto lo sia stato leggere, su “quello”, un approfondito saggio critico)»

    appunto, è quello che sostengo anch’io, la dritta di un poeta o di uno scrittore da te amato. Anch’io vivo, da decenni, di dritte di gente che conosco e stimo, è quello che chiamo il passa-parola individuale.
    E questo rapporto fiduciario è quello che non viene garantito qui, nel momento che non mi è dato sapere chi ha votato chi.

    La “trasparenza” di AMA con la quale concordo è la trasparenza paradossale del commercio, se so che il commercio droga le vendite e prima ancora droga i meccanismi e la lettura delle vendite, so anche come trattarlo, infatti non corro alcun rischio di leggere libri in classifica, credo di averne letto un paio dopo che avevano toccato il milione di copie ed erano diventati ormai fenomeni sociali che in quanto tali meritavano attenzione.

    Lo ribadisco, non è l’idea di classifica di Pordenonelegge che critico, è la modalità, la debolezza del rapporto di fiducia che viene a crearsi quando non sono in grado di individuare, in un numero così vasto, chi fa le scelte e le ragioni per cui le fa.

    L’autorevolezza – a mio modo di vedere, ovviamente – di questa classifica dipenderà molto dal fatto che riusciate a motivare i vostri voti, ma soprattutto, anche se mi rendo conto che non sempre può essere facile, a convincere i votanti a esporsi, fossero venti e omogenei non ce ne sarebbe la necessità, ma quasi 200 e disomogenei, anche se all’inizio può essere sembrato un allargamento democratico e inclusivo, non funziona.

  47. La “curiosità” non è uno scandalo, caro Cortellessa…

    E i lettori/commentatori di questo blog, come di qualsiasi altro, non sono scimmie.

    fm

  48. @fm
    con tutto il rispetto, ancora non lo capisci che alla gente di cultura sinistra non si può insegnare niente? sanno tutto, che devono imparà?

  49. Aggiungo qualcosa che forse può chiarire, anche a me, la nostra differenza di opinioni, ed è una questione di posizioni sul campo.

    La posizione in cui mi trovo io è quella classica della lettrice che vuole avere dritte affidabili, la vostra, ipotizzo, quella di persone che vogliono segnalare opere e che forse pensano che la segnalazione in sé sia già opera meritoria.

    Temo però che se le due posizioni non si incontrano, il matrimonio tra la segnalazione e il lettore non si celebrerà. Da un lato resteranno le segnalazioni di 200 lettori, un po’ fini a se stesse, dall’altro i lettori perplessi.

  50. > quella di dire l’unica parola, riguardo alla produzione italiana contemporanea

    Cortellessa, se coopti 200 lettori attivi (sui 300 totali) sotto una qualsiasi, unica, iniziativa, stai già avendo l’unica parola “di qualità” qui in rete. Motivo per cui un protocollo più rigidamente sperimentale aiuterebbe a distinguere doxa da episteme, almeno per robe di scarsa maneggevolezza come quelle poetiche. Non ho poi capito il riferimento alle antologie; al contrario: l’opera omnia di un autore in unico volume è quanto di più lontano dalla doxa venga offerto al singolo lettore.

  51. @ Il fu GiusCo
    In che senso 200 su 300? Non capisco a cosa alludi. Io da solo conosco ben più di trecento persone che leggono molto e bene, e immagino altrettanto valga per Casadei e Mazzoni. Senza contare i numerosi che si sono avvicinati e ci hanno avvicinato tramite altri lettori, ecc. E senza contare una classe di lettori di professione che, al di là dei propri interessi, sono malgrado tutto dei lettori di grandissima “qualità” e che però in partenza non abbiamo voluto coinvolgere: cioè o redattori e i dirigenti editoriali. Riuscire a intercettare il pensiero e le preferenze di tutti i lettori “di qualità”, questo sì che sarebbe impossibile. Ma, appunto, nessuno ha preteso né pretende di farlo.
    Delle antologie parlavo perché dicevi che sarebbe stato più interessante stilare graduatorie di valori, in poesia, allargando l’osservazione ad almeno un decennio: che è appunto quello che fanno, in genere, le antologie.

  52. @ fm
    Dire di una persona che “gode come una scimmia”, o che “fuma come un turco” non significa sostenere che è una scimmia, o un turco. Ma poiché, come qui si sostiene e come non ho motivo di dubitare, lei è un grande esperto di poesia, non sarò certo io a doverle spiegare la similitudine o la metafora.

  53. @ Alcor
    Continuo a non capire. Quando i lettori erano 100, riuscivi a fidarti del loro giudizio complessivo, sebbene anche allora non li conoscessi tutti di persona e anche allora (anzi, meno di adesso) essi non dichiarassero/motivassero individualmente il loro voto. Ora che sono divenuti 200 (e disomogenei come prima), invece, non ti fidi più. Resto dell’idea che tu non sia convinta, dunque, dell’unico parametro di giudizio per me valido, onde giudicare questo strumento: i suoi esiti. Ma allora vorrei che ti esponessi tu, e mi dicessi quali di questi esiti non ti convincono, e perché.

  54. Aggiungo una cosa, Alcor. Tu dici che ti fidi di più di un passaparola facie ad faciem. E sfido! A chi ti consiglia un libro puoi appunto chiedere il perché, e magari quella persona non ti dirà o scriverà una motivazione; magari basterà un suo gesto, un suo sguardo, e quel gesto e quello sguardo innescheranno in te la fiducia, la curiosità. Ma questo privilegio che puoi avere tu, o che posso avere io, non tutti i potenziali lettori di libri di qualità ce l’hanno. Le classifiche di qualità non sono che un tentativo di sistematizzare, estendere, “regolarizzare” e democratizzare (sempre tendenzialmente, perché la democrazia in letteratura è davvero e sempre solo una metafora) questo privilegio. Se c’è da lavorare ancora, per mettere a punto questo strumento, si lavorerà. Ma non si può dimenticare il punto di partenza del ragionamento che ci ha condotto a metterlo a punto: la società letteraria che esisteva ancora (con tutti i suoi difetti) sino a qualche decennio fa, ora non c’è più. E con qualcosa, sia pure un palliativo, bisognerà pure sostituirla: se non si vuole soggiacere, beninteso, alla trasparenza “drogata”, come dici tu, e solo apparente e dunque ingannevole, dico io, delle classifiche di vendita.

  55. @ Andrea

    Se non ricordo male, anche quando i lettori erano 100 era stata posta da qualcuno e anche da me, qui, la questione delle motivazioni. Ma debolmente, lo ammetto, almeno da parte mia. Allora mi sembrava più importante dare visibilità a libri ignorati, poi però mi trovo Veronesi con 32 punti e Piperno con 21 e mi chiedo se hanno bisogno di questa classifica.
    Ma il punto non è tanto questo, questo è piuttosto un portato della disomogeneità, anche se mi piacerebbe sapere, sì, chi li ha votati, anzi, mi piacerebbe sapere come chi li ha votati ha votato anche nelle altre classifiche.
    Ma tu vuoi che – se devo contestare qualcosa – io entri nel merito e contesti le scelte, e invece no, a parte questo accenno preferisco entrare nel merito contestando i criteri, che vengono prima e che col tempo mi sembrano essersi fatti più cruciali di quanto non mi fossero sembrati all’inizio. Converrai con me che modificare le proprie opinioni verificandole nel tempo non è una pratica inusuale o scandalosa. In altri campi sarebbe obbligatoria.
    Ovviamente alcune scelte le condivido, alcuni li sto leggendo, ma la difficoltà nasce per quelle opere e quegli autori sui quali non sono minimamente informata e che potrebbero anche interessarmi di più.
    Mi chiedo, chi li avrà scelti? i votanti di cui condivido i criteri, o quelli con cui non li condivido o di cui non ho idea di come facciano le loro scelte?

    Ricorderai certamente quella rubrichina dei Quaderni Piacentini, Da leggere e Da non leggere.
    Anonima, non motivata, anche arrogante, se vogliamo.
    Ma solo in apparenza, perché si sapeva bene chi erano i redattori dei QP, quali erano le loro posizioni. Si poteva essere d’accordo o meno con le loro indicazioni, ma erano trasparenti, si sapeva come maneggiarle.
    Qui il lettore non ha gli strumenti per maneggiare la classifica.
    E’ questa la mia obiezione, e anche la mia richiesta di lettrice.

    Potevo pensarci prima e dirlo chiaro all’inizio? Forse sì. Purtroppo per me mi è diventato evidente col tempo.

  56. Vedo adesso il tuo secondo commento, tu dici: «Ma questo privilegio che puoi avere tu, o che posso avere io, non tutti i potenziali lettori di libri di qualità ce l’hanno.»

    Ma è ben per questo che obietto, democratizzare vuol dire anche mettere a disposizione di tutti tutte le informazioni. La società letteraria di un tempo non c’è più, è vero, ma c’è sempre una comunità di lettori curiosa, ma anche diffidente, alla quale va detto, qui tutto è “in chiaro”.

  57. Cortellessa, non cerchi di prendere per il culo con la similitudine e la metafora, la prego. Le assicuro che, se mi ci metto, in questo campo, almeno in questo (della presa per il culo, intendo), lei ha proprio trovato pane per i suoi denti – nel senso che se li spezza tutti.

    Io non sono esperto di un bel niente, tanto meno qualcuno qui ha affermato qualcosa del genere; ma, se proprio ha bisogno, non ho nessun problema a farle dei nomi di vere autorità in materia, anche di sua strettissima conoscenza – magari con l’aggiunta delle case editrici a cui fanno capo, della “roba” che spacciano, e di parecchi annessi e connessi.

    Sono entrato qui solo per ringraziare chi, per troppa bontà, mi riteneva all’altezza della sua confraternita “di qualità”; e, visto che c’ero, ne ho approfittato per fare un paio di domande. Inevase. Come giusto che sia. Molto meglio continuare la chat con gli amici del *cuore* (questa è davvero una metafora, a lei tutto il piacere di decodificarla…).

    La saluto.

    fm

  58. Alcor, mi sembra che l’ipotesi di espressione di motivazioni sia posta proprio da Stefano Gallerani qui: https://www.nazioneindiana.com/2010/12/16/classifiche-pordenonenelegge-dedalus-dicembre-2010/#comment-144480

    condivido quanto Stefano dice. anche se, in effetti, continuo a ritenere un blog o sito ‘dedicato’ il luogo di espressione+discussione migliore per dichiarazioni di voto, critiche, analisi, osservazioni e commenti.

    nella (momentanea) mancanza di questo luogo dedicato, mi pare ottima & abbondante l’ospitalità di Nazione indiana.

    *

    un dubbio (a me personalmente) allo stesso tempo sorge: di carattere generale, ossia riferito agli strumenti propri dell’espressione, dell’analisi, della discussione, ma anche della semplice dichiarazione, legati a grandi numeri, cioè all’alto numero di partecipanti (in particolare in rete). ossia: se tutti e 200 i lettori del Dedalus dichiarano ed esplicitano e discutono le loro 4 scelte, come ‘gestire’ (organizzare, o anche semplicemente spulciare) gli ottocento items e le derivanti ottocentomila ramificazioni di commenti? il rischio non è l’overflow di materiali?

    allo stesso tempo, concordo sulla bellezza dell’idea che i lettori (e non solo quelli del Dedalus) approfittino dell’ospitalità di questo stesso thread, se vogliono, per esprimere loro voti, preferenze, motivazioni, eccetera, come qualcuno ha fatto e si spera farà.

  59. Alcor,
    scusa ma sono in pieno trasloco e oggi non ho maia cceso il computer. Comunque nel retrobottega s’era impigliato uno solo dei tuoi commenti (che ho cancellato,d ato che poi l’hai replicato in chiaro). Degli altri duew non so dove siano finiti.
    Andrea,
    fai bene a non dubitare, di poesia Marotta ne sa e mi fido anche quando non sono d’accordo con lui. Nel senso: ho cognizione della sua qualità di lettore (oltre che di poeta) appassionato.
    NG,
    pone una questione davvero interessante e ci mette di fronte a un limite dei lettori tutti: di teatro, diciamocelo senza fingere, leggiamo poco. Presi come siamo a dare ossigeno alla poesia (che se non ce l’ha dal punto di vista delle vendite, ha trovato il suo spazio di diffusione sul web) sembra che il teatro resti comunque qualcosa che abbia a che fare con la performance, non con la scrittura (“altra scrittura”, a questo punto, per antonomasia).
    In generale,
    la questione motivazione di voto è differente per ognuno di noi, me ne rendo conto quando ne parlo con altri giurati. Spesso si vota un libro per dargli visibilità, sapendo che non l’avrebbe mai. Ci sono, ammettiamolo, riflessi condizionati in molti di noi. chi chiedeva come fosse possibile che il libro di Helena fosse prima in classifica quando uscì (o quest’ultimo di Belpoliti), io posso rispondere, per me che li ho votati, che sono due libri che ho visto nascere e crescere, e quindi appena usciti li avevo già letti. Ma non è sempre così. Il Pusterla che ho votato la scorsa volta NON è stato votato da una poeta che lo ammira smisuratamente ma che “sapeva” che sarebbe stato votato da molti. Quindi non avrebbe avuto bisogno del suo volto che ha preferito indirizzare a un libro meno visibile.
    Io stesso ho votato in qusta mandata un romanzo che non reputo perfetto ma gli ho dato il mio voto perché “sapevo” (come facevo a saperlo? Istinto? Forse) che altrimenti non lo avrebbe votato nessuno. Ed infatti è così. C’è solo il mio voto che lo tiene in classifica.
    Spesso c’è “un’aria di famiglia” nei primi posti che mi da da riflettere. Certi voti sembrano prevedibili, insomma. Non che si voti il libro sbagliato (e di certo dimenticatevi la dietrologia lobbystica intrallazzosa che cerca chissà quale ritorno personale. Siamo seri, dai), ma si vota quasi col pilota automatico: questa è la mia sensazione, di giurato e lettore.
    In effetti, ora che ci penso, come mai non ho mai votato nei saggi un testo di architettura o urbanistica? (eppure li leggo!).
    Io non so come si comportino gli altri lettori. Forse ogni nostro diverso atteggiamento, nei grandi numeri, si compensa. Però se la Classifica voleva dare spazio a quei libri che la grande macchina editoriale uccide sul nascere, mi chiedo come mai, alla fine, nei primi posti, sistematicamente più della metà dei tomi è pubblicato dai tre più grossi gruppi editoriali. O la macchina non è così criminale come diciamo (e forse funziona meglio di quanto denunciamo) oppure siamo noi che veniamo attratti, inconsapevolmente, verso la macchina, come fosse un irresistibile magnete.
    Detto ciò apprezzo davvero il lavoro dei curatori della classifica del Dedalus. E’ la passione che li spinge. Quindi o si critica per migliorare (e ci sta) o lo si fa per il puro piacere di distruggere. Che dopo un po’ stucca.

  60. @ Giovenale

    infatti con gallerani mi sono detta subito d’accordo.

    L’overflow dei materiali in rete, se vuole, se li gestisce il lettore, se i materiali ci sono ed è interessato a controllarli, andrà a spulciarsi i files.
    Tra l’altro, quanto più i materiali sono a disposizione, tanto meno spazio ci sarà per la stucchevolissima paranoia lobbistica che alligna nel virtuale con molta maggior virulenza che nel reale.

    @Biondillo

    grazie [per i commenti], evidentemente non sono partiti.

  61. Si può misurare la ricaduta di queste classifiche? Voglio dire: si hanno notizie, dirette o indirette, di un miglioramento delle vendite (per lo meno di alcuni titoli) in seguito alla segnalazione in classifica?

    Io, come altri qui, per leggere un libro non mi baso sulle classifiche di vendita. Allo stesso modo, però, non ho bisogno di quest’altra classifica: i libri di qualità riesco a scovarli ugualmente. Per aprire l’ultimo Siti o il saggio di Belpoliti non mi serve sapere il numero di voti che hanno preso. E non credo di essere l’unico … E allora mi chiedevo se, per caso, gli animatori di questa iniziativa hanno valutato, a oltre un anno di distanza (e possibilmente in maniera non impressionistica), quale sia il tipo di lettore che trae giovamento dalla classifica di qualità …

    NeGa

  62. una curiosità, dove viene pubblicata questa classifica oltre che su NI e sul sito di PordenoneLegge?

  63. @ Gianni Biondillo
    Scrivi: «se la Classifica voleva dare spazio a quei libri che la grande macchina editoriale uccide sul nascere, mi chiedo come mai, alla fine, nei primi posti, sistematicamente più della metà dei tomi è pubblicato dai tre più grossi gruppi editoriali».
    Anzitutto quel che dici vale solo per la narrativa. Negli altri settori, per il semplice motivo che in media sono generi che vendono meno della narrativa, non è affatto vero che più della metà delle nostre segnalazioni vengano pubblicati dalle majors. Ma parliamo pure della narrativa, sembra che interessi solo quella (a me invece è la classifica che interessa meno, ma non importa). Ho già detto che è un valore, non un difetto, che si affianchino libri di serie (editorialmente parlando) A a libri di serie (editoriale, e davvero solo editoriale) B. Hanno da guadagnare entrambi, dall’accostamento, e così i rispettivi lettori: tanto quelli che leggono solo libri del primo tipo (magari perché nella libreria dove si riforniscono trovano solo quelli), tanto quelli (e ce ne sono, in numero ovviamente molto minore) che leggono solo quelli del secondo. Personalmente non ho mai nutrito il pregiudizio che solo i piccoli editori pubblichino buona letteratura; anzi, per me è sempre una grande soddisfazione se un grande editore dà il giusto spazio, il giusto appoggio, la giusta diffusione al libro “giusto”. Purtroppo capita sempre più di rado; ed è mia ferma convinzione che – se si lasciano le classifiche di vendita quale unica pubblica opinione autorizzata – capiterà sempre più di rado.

  64. Ummm. A me non interesserebbe poi tanto sapere le motivazioni dei voti. Mi basterebbe sapere il voto. Ci sono questi 6 punti che ognuno può gestire. Che può anche non dare, se non sbaglio. Ecco, vorrei sapere quanti punti il singolo lettore ha dato ed a chi. Con il tempo, capirei come i vari lettori votano, e mi farei un’idea dei loro gusti etc. Poi, se la classifica dev’essere più uno strumento di segnalazione delle opere, allora potrebbe forse bastare che ogni lettore avesse 1 punto per ogni categoria, così da dover segnalare 1 sola opera per settore. La scelta sarebbe forse più ardua, non so. Riduttivo? Beh, bisogna pensarci bene. Com’è adesso, se ho ben capito, se tutti e 200 i lettori danno 1 solo punto ad un libro, questo viene messo in cima alla classifica. Quindi si premierebbe un libro giudicato non, diciamo, ottimo, ma sufficiente. Se invece, nel caso di avere un singolo punto da dare, un libro ne totalizzasse un numero non indifferente, forse si sarebbe (noi che leggiamo la classifica) “più sicuri” del fatto che è un libro che vale. Poi, non so. Ciao.

  65. Sì Andrea C ti manca solo la giusta distanza, però. Per discettare di libri di serie A e di libri di serie B e di pregiudizi riguardo la piccola editoria. Sei infestato di tutto ciò, nemmeno il vaiolo. Cosa è il libro “giusto” e la sua giusta diffusione? La tua malafede in ogni non irrita, non dà fastidio. Quasi consolante. Chissà se per le feste ti predi 10 giorni di non lettura e intervieni in maniera limitata. La tua credibilità ne trarrebbe beneficio.

  66. Prima dell’assurda invenzione della definizione di cinema d’autore, prima dell’apertura dei cinema d’essai, tutti andavano a vedere i film di Visconti, Rossellini, De Sica, Germi, Fellini, Ferreri, Pasolini. Se tanto mi da’ tanto, non ci sarà nulla di peggio, per un qualunque scrittore, che essere segnalati dalla giuria di qualità. D’altra parte nessuno scrittore, già ora, può perdonare alla giuria di collocarlo, che so, al 35° posto. La parola giusta, ancora una volta, è AUTOREFERENZIALITA’. Ma, domando con il cuore in mano ai congiurati, vi conviene?

  67. Premesso che trovo pelosa come sempre la retorica di Cortellessa e che invece mi convincono le riflessuioni di Alcor, aggiungerei…

    Se spesso la classifica commerciale ci fornisce dati di interesse sociologico, questa qui invece, non palesando chiaramente le dinamiche che la sottendono, risulta quasi priva di rilevanza.

    I primi posti poi risultano piu’ che altro sintomatici di una sospetta autoreferenzialita’, priva di appeal.

  68. @Cortellessa: riprendendo, tre punti per la poesia.

    1 – La rete letteraria ha finora funzionato a gruppi di 1-3-5-10 o 15 persone al massimo (in forum, siti, adesso blog), tracciabili in biografia, produzione, pregi e difetti. Dai dilettanti agli autodidatti, dai semplici lettori ai critici di strapaese, si sa tutto di tutti: comunque una “comunità” di “cuore”, come dice Marotta. Se i tuoi 200 lettori di qualità calano i punti dall’alto, senza nessuna comunicazione, la tracciabilità viene meno e si avanza il legittimo retropensiero di autoreferenzialità. Se esiste una società delle lettere espulsa dai circuiti tradizionali, di cui ti fai portavoce, adeguarla un minimo alle modalità specifiche di questo mezzo non sarebbe negativo. Sarebbe un arricchimento.

    2 – major contro case semiclandestine. E’ come dire editoria vs stamperia, professionalità vs edizioni a pagamento, ufficialità contro sottobosco. Incrociando il vostro manifesto pubblico con l’insieme dei voti, emerge una qualche contraddizione, roba da pilota automatico come dice Biondillo. Sarebbe anche interessante capire quanti dei libri di poesia che segnalate sono a pagamento e perché non viene considerato il print-on-demand. Ognuno è sottobosco di qualcun altro, ma qui in internet tali pre-giudizi sono stati superati da tempo lavorando di “cuore”, come dice Marotta.

    3 – libri singoli, antologie ed opere omnia. In UK i libri di poesia sono prodotti di un mercato non del tutto asfittico, ma risultano in maggioranza frappuccini letterari a basso impatto, buoni per distribuire i soldi del Council Arts e far girare il sistemino delle relazioni pubbliche su giornali e riviste. L’ultimo di Muldoon in tale senso è esemplare. In Italia ci stiamo orientando su quella strada: ogni 2-3 anni è dovuto un librino, così, per essere ed esserci, a supporto della propria bottega (dai corsi di scrittura ai circoli culturali, dai premi ben avviati alle ospitate ai festival). Ad un certo punto, tenere la barra ferma su orizzonti temporali più lunghi, più consoni al respiro poetico -sia stilistico che sociale- ridarebbe senso anche logico al discorso valutativo. Discorso che non è in estinzione, è stato invece abbandonato per esigenze di mestiere e recuperato -come ai tempi delle riviste clandestine di inizio 900- solo qui in rete: appunto dai Marotta, dai “codesto” Guglielmin, dai Cerrai, dagli Aglieco, dai Lucini.

  69. c’è un po’ un problema di atteggiamento da entrambe le parti (difensori e attaccanti). da entrambe le parti si dovrebbero riconoscere i limiti naturali dell’operazione. mettere insieme tanti lettori e scrittori, stabilire e mantenere le relazioni con i giornali, con le case editrici etc comporta una serie di naturali compromessi, di vario genere e grado. d’altra parte necessita tempo, energia e costanza. una classifica poi esprime l’opinione dei votanti, esclude solo implicitamente. non credo che i grandi lettori di qualità sostengano di leggere tutto il pubblicato, o di attenersi a regole (per quanto minime) di esaustività della ricognizione. diciamo che da questo punto di vista basterebbe che i difensori dicessero: “siamo un gruppo abbastanza coeso, che rispecchia con una certa fedeltà una fetta della società letteraria italiana – anche per la sua costituzione e le regole (non scritte) della sua costituzione – cerchiamo di esser coerenti – nei limiti – con l’etichetta “classifica di qualità” (ma si sa che il giudizio sulla qualità non può essere così netto e così univoco come la stima del numero di copie vendute). detto questo, stiamo tranquilli, non vogliamo mostrarci più puri di quello che siamo, non vogliamo negare che all’interno nel grafo delle conoscenze associabile al gruppo di lettori si possano disegnare “cricche” (leggi “grafi completi”) molto estese, e che nei risultati si possano riscontrare costanti che esprimono una certa parzialità (connaturata) di giudizio. non infine vogliamo perdere tempo a giustificarci in eterno perché ci serve più tempo per leggere i libri.” una roba così.

    dall’altra parte mi piacerebbe vedere un po’ più di menefreghismo dei letterati per ciò che viene scritto sui giornali. lo aveva già consigliato renata morresi qualche tempo fa in un post analogo a questo. aggiungo: un menefreghismo simile a quello che esiste in altri settori della cultura: quanto stanno dietro un fisico o un biologo a quanto viene scritto sui giornali delle loro ricerche? ovviamente il paragone zoppica, ma zoppica solo perché il fisico e il biologo non vogliono – in generale – vendere i propri libri. allora bene: chi protesta contro la classifica lo fa all’interno di una logica di mercato, e non in difesa della corretta e completa rappresentazione della poesia contemporanea sui mezzi di comunicazione di massa. non saranno più i tempi di “porto sepolto” ma i letterati dovrebbero prima di tutto curarsi di avere un giudizio da persone che stimano. in secondo luogo e secondo la disposizione naturale di ciascuno, un letterato può adoperarsi con più o meno energia a intessere quelle relazioni sociali, dal vario grado di “purezza” e dalla varia mistura di “interesse” e “disinteresse”, “credo” e “compromesso”, che sono utili o talvolta necessarie a soddisfare l’altro grande desiderio trascendentale d’ogni letterato: far leggere le proprie opere al maggior numero di persone possibile. “Bonum est diffusivum et communicativum sui”.

    ciao!
    nubar

  70. Biondillone bello bellissimo, ma quale pilota automatico? Qua a volte siano alla marchetta involontaria!

    Buon Natale

  71. Non ricordo chi (non lo ritrovo, scorrendo il lungo thread) ha scritto ”trovarsi al quarto posto un libro oggettivamente noioso”. Il richiamo all’oggettività, così come alla trasparenza (qui, @alcor), mi pare particolarmente fuori luogo, in un contesto di segnalazione di libri di qualità, ovvero di libri assai raramente o non necessariamente inseriti in un circuito a larga distribuzione e che difficilmente accedono alle classifiche di vendita (questo, mi pareva il criterio iniziale proposto ai GL). Mi chiedo: la richiesta di oggettività e di trasparenza tiene mai conto di cosa c’è in ballo quando si parla, in Italia, di letteratura? Una macchina industriale comunque povera, che nella migliore delle ipotesi riesce a creare il ”caso”, ma che non riesce quasi mai a farlo durare, se non nella forme della serialità (da Eco a Faletti). E, quanto ai lettori che si dovessero fidare di una giuria di qualità, cosa c’è in ballo? La perdita di quindici euro, di una mezza giornata di lettura (ma basta meno, a capire se il libro soddisfa i nostri parametri estetici oppure no)? Oppure, d’altro canto, se il passaparola funzionasse anche in questo caso, se il libro mi fosse consigliato da persone di cui mi fido (ma non sono mai in disaccordo, con le persone di cui mi fido? Personalmente, non ho mai condiviso l’infatuazione di Edoardo Sanguineti per Ascanio Celestini, per dirne una), dovrei condividerne incondizionatamente il giudizio, e dunque arrivare a votare/leggere il libro su mandato/segnalazione/consiglio? E poi: su quali basi maturano queste segnalazioni/mandati/consigli? Sulla rete di amicizie ”che contano” (ma dove? in quali termini? con quali effetti?), sulla capacità autopromozionale del singolo, sulla ricchezza della sua mailing list? E dov’è lo scandalo, se un manipolo di amici si sceglie, si vota, ma, soprattutto, si legge? Gli amici a nostra volta li scegliamo perché ne condividiamo (non incondizionatamente, certo) scelte ed orizzonti, e siccome la posta in gioco è tutt’al più la gratificazione narcisistica di vedersi in classifica (un peccato davvero veniale, a petto della malafede con cui sempre si guarda a chi pubblica – al perché e al percome ci sia arrivato), nell’avere un voto in più o in meno da un amico lettore, non ci trovo proprio niente di male. Il problema è sostituire i termini consorteria, lobby, conventicola e quant’altro con quello di comunità: c’è una comunità, molto più ampia di quanto non si pensi, che legge libri, una comunità, un po’ più ristretta, che ama leggere libri di valore, e un’altra, ancora più ristretta, che ama conoscere quali siano questi libri, di volta in volta: piuttosto che telefonarsi o dirselo con la mailing list, adesso ci sono le classifiche. E, ripeto, secondo me il problema non è tanto la vetta, ma la resistenza dei libri nelle classifiche stesse, e la possibilità di accedere a libri (posso dire del mio, tirato in 3mila copie scarse?) che difficilmente si VEDONO o RESISTONO in libreria, e che dunque non hanno grandi opportunità spaziotemporali di raggiungere lettori non professionisti. Poi, chiaro che sulle singole scelte possiamo accapigliarci in thread infiniti, e personalmente non credo, come @andrea, che il libro in vetta sia il miglior libro di Siti, che non ha mai uguagliato, secondo me, il se stesso di Scuola di nudo. Va benissimo il tributo al suo nome, c’è da capire se è di singoli libri che stiamo parlando, o dei loro autori. Io starei sulla prima opzione, per approfondire il divario con le classifiche di vendita, centrate sui personaggi: ogni passaggio tv, vale x copie vendute a seconda della trasmissione cui si accede, senza contare che Faletti e Avallone li vendono nelle aree di servizio, in mezzo ai taralli.

  72. Tutto questo agitarsi per una classifica di una ininfluenza assoluta altrove, tranne che qui, stilata da “grandi lettori” dei quali poi ritrovi i libri nella classifica stessa, e che quindi si votano fra di loro, è davvero divertente.
    Sarebbe utile, più che le motivazioni dei voti, sapere chi ha votato chi. Si dedurrebbero le motivazioni quasi automaticamente

    A Nevio Gambula, uno fra i pochi qui ad avere disinteressata chiarezza di pensiero, vorrei porre un facile quesito dalla cui risposta si deduce che la categoria Teatro è in evanescenza irreversibile: “Chi ha vinto il premio Ubu per il teatro quest’anno?”

  73. Policastro scrive: “senza contare che Faletti e Avallone li vendono nelle aree di servizio, in mezzo ai taralli.”

    secondo questo reportage di La Repubblica Policastro preferisce stare accanto ai crackers dietetici, cfr qui:

    http://www.repubblica.it/2006/08/gallerie/spettacoliecultura/sveva-bellucci/7.html

    Policastro scrive: “c’è una comunità, molto più ampia di quanto non si pensi, che legge libri, una comunità, un po’ più ristretta, che ama leggere libri di valore, e un’altra, ancora più ristretta, che ama conoscere quali siano questi libri”

    interessante informazione: la comunità che ama conoscere quali siano i libri di valore è più ristretta della comunità che ama leggere libri di valore. devo dedurre che esiste un membro della comunità che ama leggere libri di valore ma che non ama conoscere quali siano questi libri.

    ciao,

    nubar

  74. @Policastro

    «l richiamo all’oggettività, così come alla trasparenza (qui, @alcor), mi pare particolarmente fuori luogo»

    eh no, il richiamo alla trasparenza non è mai fuori luogo, certo, è difficile praticarla, per tutti, a volte anche per ragioni in sé non pessime, delicatezza, per esempio, considerazione della difficoltà di certe situazioni, l’umano in genere, insomma, e non dimentico neppure il Parlar franco di Adorno; ma le teste&cuori di maggior valore che ho conosciuto, sia personalmente che via lettura, hanno sempre teso a questa pratica, polemiche anche feroci, battaglie culturali anche senza rete, ma “in chiaro”.

    La trasparenza, anche quando non la si può praticare, andrebbe difesa almeno come utopia positiva, anche a costo di perdere qualche amico e qualche alleanza, tra l’altro, almeno nella mia esperienza, le ferite da trasparenza si rimarginano, mentre quelle da opacità non si chiudono mai.

  75. santa polenta, “oggettività” e “trasparenza” (vabè che pure “classifica”)… sembra di stare in tribunale…

    la classifica non è mica giesù bambino. tranquilli. dico: si può o no pensare che persone che hanno votato X e Y ne parlino perché è interessante e utile e materia di riflessione parlarne e non soltanto perché l’occidente è in pericolo di perdere l’oggettività la trasparenza e tutti i valori su cui la specie umana si fonda, gli orologi si sincronizzano, e il sistema metrico decimale viene tarato?

    sarà tale classifica un (criticabile, certissimamente) modo tra altri, non il solo, per avere comunque un tot di indicazioni altrimenti irrintracciabili presso la gran parte delle veline informative mainstream?

    molti interventi vanno (come, penso, vari di Alcor) in direzione critica. bene. molti altri invece paiono divertirsi assai a suggerire la disintegrazione della classifica Dedalus. meno bene.

    riporto l’esempio che Andrea faceva a proposito di altro argomento in altro thread: il fatto che il sistema dei trasporti pubblici abbia pecche e problemi e sia perfettibile fa sì che noi se ne debba chiedere l’abolizione integrale? o non sarà forse buona idea – da cittadini e non da alieni col laser pronto – proporre migliorie?

    *

    ai lanciatori di tacchi e taralli: la vostra cattiva creanza è oggettiva e trasparente, a me pare. oibò che spiacevole livore…

  76. @alcor ma perché se un lettore rende aperte e manifeste le sue motivazioni, e ti argomenta ogni singolo punto assegnato con appropriata ermeneutica, questo esclude che vi siano influenze di altro tipo, sottese alla sua scelta? Questo intendevo. Il problema non è allora dichiararsi o motivare: quelle sono le recensioni o i saggi. Il problema è attribuire un valore dichiaratamente parziale alle classifiche (e ai lettori), tanto di qualità come di vendita, e ricordarsi, soprattutto, perché le prime sono nate: dando ragione ad Arbasino sull’idea che parlare dei libri più venduti come dei libri migliori sarebbe stato come affidare il nostro palato interamente ai cibi di mcdonald’s.
    Benjamin diceva che il pubblico è un esaminatore, ma un esaminatore distratto. Provare a richiamare l’attenzione su ciò che si perde, mi pare meritorio di per sé. E, anzi, riprendendo la domanda di qualcuno, dove, oltre che nella rete, vengono pubblicate le classifiche? Vengono proposte alle librerie della grande distribuzione? Vuoi mai che in mezzo ai taralli ci finisca, che so, Giuseppe Schillaci (tra i più interessanti esordi dell’anno), invece che Silvia Avallone. E perché no?

  77. @Policastro

    ovvio che no, sono d’accordo, ma il punto è a mio avviso un altro, o la classifica si pensa come interna a un gruppo di persone anche vasto che ha già la possibilità di accesso a tutte le informazioni, posizioni ecc, o si rivolge a un pubblico di lettori più vasto che questo accesso non ce l’ha.

    io ho visto con favore all’inizio la nascita della classifica perché pensavo che il suo obiettivo fosse quello, se non ho sbagliato ed era quello, motivazioni e argomentazioni, cioè trasparenza, sono fondamentali perché il pubblico che non ha accesso alle informazioni per vie personali e private, ne ha bisogno

    come diceva gambula sopra, neppure io ho bisogno della classifica, a certi libri arrivo da sola, ma se sono, per ipotesi un ragazzo ventenne, o un insegnante sessantenne che vive in provincia e accede alle informazioni solo attraverso le vie tradizionali, per considerare la classifica autorevole, un vero punto di riferimento, voglio di più

    ma cari amici, mi sembra ovvio, naturale, cosa c’è di scandaloso nel chiedere di mettere a disposizione del pubblico dei lettori al quale si vogliono segnalare dei libri lontani dai mezzi di informazione classici, un di più e non un di meno di informazioni?

    Io temo che davvero se non aprite le orecchie a critiche non pregiudiziali come per esempio le mie rischiate di diventare autoreferenziali anche se la vostra intenzione iniziale non lo era

  78. @ quelli che organizzano la classifica.

    mi pare sia rimasta inevasa la domanda di Alessandro Ansuini, che aveva la mia stessa curiosità: chi sono i lettori di questa classifica?

    Io posso dire che trovo utile la classifica sulla poesia, perché la ignoravo fino a qualche tempo fa, dunque non conosco i poeti di oggi; così posso pescare nomi a caso e andarmi a cercare i libri. Naturalmente non mi interessano i voti presi. Penso anche sia inutile stare a dire che tutto il meccanismo è assurdo, quello che vi interessa, giustamente, è far conoscere il più possibile i libri che vi stanno a cuore, spero per voi che sia stata e che sarà una buona iniziativa.
    Parlando di classifiche: quelle di vendita possono aspirare al massimo di oggettività, ma sappiamo solo che certi libri hanno venduto più di altri, non le copie vendute in assoluto ( qualcuno sa come si fa a conoscerle? ); mentre per la trasparenza, mica vorremmo sapere i nomi di tutti quelli che hanno comprato certi libri? Inoltre, ed è la cosa che mi fa sempre divertire, nessuno può sapere con certezza quanti hanno poi letto il libro comprato, e ancora più in là come gli è “saputo”. In questo Anobii si avvicina a quello che chiedeva @ Alcor

    @ Carlo Capone

    ma perché? perché scambiare la propria insoddisfazione, o una momentanea stanchezza con l’andazzo dei tempi? Un po’ di sconforto si capisce però poi dovrebbe passare…

    @ Andrea Cortellessa

    non dovrei dirlo, però anche io vorrei oggi ( intendo a lettura ultimata ) una spiegazione ( magari in altre sedi, o post ) della prosa disturbante de “il farmaco”. Io l’ho trovato semmai conturbante. ( dileggiatori astenersi prego, anche se le battute sui tacchi e sui crackers fanno ridere )

  79. autogrill e autoreferenzialità – giovenale scrive “ai lanciatori di tacchi e taralli: la vostra cattiva creanza è oggettiva e trasparente, a me pare. oibò che spiacevole livore…”. di taralli ha parlato qui sopra solo gilda policastro. sarebbe lei la livorosa? non ho capito.

    una madre

  80. comprato più copie del tuo libro. Detto questo non capisco perché debba dire che è bellissimo. Questo egocentrismo da shampista mi lascia perplesso quando si sta parlando di letteratura di qualità. Anche Siti piace a pochissimi, non se ne fa un cruccio. Non mi abbasserò al motivo perché tu sei quarta e la mURATORI NON SO NEMMENO dov’è., né che tu sei la protegé di Andrea Cortellessa. Me ne frega ancora dimeno.
    Poi per quello che scrivi:”Benjamin diceva che il pubblico è un esaminatore, ma un esaminatore distratto”. Lo sapevamo, grazie. O fai la maestrina o quella da quarto posto si qualità? Cordialità.

  81. caro @Andrea,

    anche per essere acidi ci vuole talento, “shampista egocentrica” = zero tituli , impara da AMA, se qualcuno mi avesse detto scendi dal tacco dodici lo avrei baciato in fronte.

  82. ma fai quel che ti pare, è che tre commenti su quattro a base di shampiste e protegés per dirle che non ti piace il suo libro stuccano, lo avevamo capito al primo, e pure lei, adesso basta

  83. Andrea Cortellessa, caro @ andrea minuscolo, il mio libro l’ha letto come e quando l’hai potuto leggere tu: già stampato e circolante. Non voglio e non devo dire nient’altro sulle tue basse insinuazioni (del resto, sono continuamente avvicinata in rete da rancorosi cui Cortellessa non ha mai dedicato la sua agognatissima attenzione critica, e mi prendo, insieme ad altri-scrittori-che-lui-ha-la-ventura-di-conoscere-anche-di-persona-vivendo-nella-loro-stessa-città – vedi Lagioia, Raimo, Pincio etc.-, la croce delle contumelie per esserne stata gratificata: pace). Oltre a non averti mai chiesto né imposto che il mio libro ti paresse ”bellissimo” (me ne preoccuperei, stando all’attenzione con cui leggi i commenti), mi sfugge altresì come mai tu ne abbia acquistato più copie avendolo trovato ”orribilmente noioso”: vuoi propagare la noia come gli untori? (A Natale, regalati un Farmaco?).
    Chiedo scusa per l’OT, ma con @alcor credo ci si sia chiarite abbastanza (salvo che porto solo Camper: tacco 4.5, al massimo).

  84. ” dov’è lo scandalo, se un manipolo di amici si sceglie, si vota… ” si elegge… è giusto, l’ha detto anche SCILIPOTI prima di tradire i suoi e votare la fiducia… anche con il professor Cortellessa, è inutile continuare a menar il cam per l’aia: se vivono nella stessa città, non si può pensare che ci sia qualcosa meno che corr tto nel loro rapporto, che del resto è inutile e di nessun interesse materiale, perché vale solo per la giusta comunanza, perché come testimoniano le classifiche, l’attenzionamento recensorio non fa nemmeno vendere, al massimo ti fanno qualche fottografia. insomma, cosa c’entra l’etica che vale per gli altri che se fanno sta ròbba so’ minimo camorristi, ma per noi è semplice comunanza sociale? cosa vogliono questi pezzenti di esclusi? l’hanno letto Sanguineti? che ne sanno della palinodia? e dell’ermeneutica? ma lo sanno che la Avallone si vende nelle aree di servizio? repressi! ecc ecc. la solita lezione di bon ton e marketing. una professoressa. che dico professoressa?! una mestra, anzi, una MAESTRINA.

  85. Massimo D’Alema: “Su tutti segnalo il racconto di Silvia Avallone. […] In Italia ci sono tanti giovani bravi scrittori”.
    (ore 20.56, “Che tempo che fa”).

  86. Andrea (Cortellessa),
    dici: “Anzitutto quel che dici vale solo per la narrativa. Negli altri settori, per il semplice motivo che in media sono generi che vendono meno della narrativa, non è affatto vero che più della metà delle nostre segnalazioni vengano pubblicati dalle majors.”
    E vedo che nei primi dieci della saggistica abbiamo un guanda, un mondadori e quattro einaudi. (sei su dieci).
    Nelle altre scritture: feltrinelli, 2 einaudi, mondadori e Laterza (che non è major, ma “semimajor”).
    Ma non si tratta qui di far la conta (è vero, nella poesia il gioco non vale. Tra l’altro “altre scritture” e “poesia” sono le classifiche che anch’io guardo con più attenzione). Io cercavo di capire – scremate le corbellerie dietrologiche dei soliti noti – se dopo le critiche propositive di alcuni non ci fosse il modo di tarare ancor meglio il sistema di voto. A meno che non ci si renda conto che non c’è modo migliore. E non lo nego: “facile criticare, proponete voi, in modo organico, un sistema alternativo!” viene da dire.
    Su, però, “l’aria di famiglia”, io ancora non mi do una risposta. Forse anche questa è inevitabile?
    (nel senso, per esempio: io votai Pusterla, come dissi. Ho molto amato qual libro. ma il fatto che sia stato votato da molti significa solo che era, “oggettivamente” un ottimo libro, o che era “inevitabilmente” un ottimo libro? Noi non possiamo leggere tutto, è chiaro. Ma forse anche leggiamo più naturalmente libri che stanno dentro un sistema di riferimento fin troppo condiviso? Non è una critica, ben inteso, e io in fondo non lo so, me lo chiedo.)

  87. Maestrina lo avevo detto già io. Poi basta, si può seriamente discutere con camper 4.5 cm che scrive “che il mio libro ti paresse ”bellissimo” (me ne preoccuperei, stando all’attenzione con cui leggi i commenti), Peccato che non piaccia nemmeno a te, mi par di capire, giacché continui con repliche assurde (Andrea Cortellessa si sa difendere meglio da solo, tu gli sparigli le carte). Io le regalo a Natale, in ogni caso le copie in più che ho comprato (almeno un grazie magari siamo arrivati a 500 copie e tutto per merito mio!) che poi ne facessero carta straccia gli untori o gli ammiratori. Guarda io sarò rozzo e tutto le contumelie che mi son preso, ma in un’ altra lista più leggera, non prendiamoci troppo sul serio, Gilda Policastro il premio come migliore Stronza te lo becchi senza se e senza ma.

  88. Bella stronza…che ti fai vedere in giro
    per alberghi e ristoranti
    con il culo sul ferrari di quell’essere arrogante
    non lo sai che i miliardari anche ai loro
    sentimenti danno un prezzo
    il disprezzo…perché forse io ti ho dato troppo amore
    bella stronza che sorridi di rancore…
    Ma se Dio ti ha fatto bella come il cielo e come il mare
    a che cosa ti ribelli di chi ti vuoi vendicare
    ma se Dio ti ha fatto bella più del sole e della luna
    perché non scappiamo insieme non lo senti questo
    mondo come puzza
    Ma se Dio ti ha fatto bella come un ramo di ciliegio
    tu non puoi amare un tarlo tu commetti un sacrilegio
    e ogni volta che ti spogli non lo senti il freddo dentro
    quando lui ti paga i conti non lo senti l’imbarazzo
    del silenzio
    perché sei bella bella bella
    bella stronza che hai chiamato la volante quella notte
    e volevi farmi mettere in manette
    solo perché avevo perso la pazienza…la speranza…
    sì…bella stronza
    Ti ricordi…quando con i primi soldi
    ti ho comprato quella spilla
    che ti illuminava il viso e ti chiamavo la mia stella
    quegli attacchi all’improvviso che avevamo noi di
    sesso e tenerezza
    bella stronza…sì perché forse io ti ho dato troppo amore
    bella stronza che sorridi di rancore…
    Ma se Dio ti ha fatto bella come il cielo e come il mare
    a che cosa ti ribelli di chi ti vuoi vendicare
    ma se Dio ti ha fatto bella più del sole e della luna
    esci dai tuoi pantaloni mi accontento come un cane
    degli avanzi
    perché sei bella bella bella
    mi verrebbe di strapparti quei vestiti da puttana
    e tenerti a gambe aperte finché viene domattina
    ma di questo nostro amore così tenero e pulito
    non mi resterebbe altro che un lunghissimo minuto
    di violenza
    e allora ti saluto…bella stronza

  89. @ Gianni Biondillo
    Non appulcro verbo sui fuori di testa che mi precedono. Però questa cosa dell'”aria di famiglia” vorrei che me la spiegassi meglio. Hai votato Pusterla per poi trovartelo primo in classifica. Beh, cosa c’è da sospettare? Vuol dire che come è parso a te un ottimo libro, è parso tale a diverse altre persone (spero che non subentri in te il paradosso del «non vorrei mai far parte di un club che abbia fra i suoi membri gente come me»). Primi tre nella classifica di narrativa si sono classificati tre dei migliori romanzi usciti negli ultimi anni, fortunatamente pubblicati tutti e tre da tre grandi editori. Beh, su cosa c’è da storcere la bocca? È un guaio se Belpoliti o Arminio, che quando li leggevamo dieci anni fa non erano certo “popolari” (se ora poi lo sono diventati, il che è tutto da dimostrare), ora raccolgono così tanti consensi?
    Mi pare paradossale che sia proprio io a doverlo dire, ma non ho proprio nessuna nostalgia degli happy few. Anche perché so benissimo che, commisurati ai rapporti di forza “reali” (di vendite e dunque di glamour editoriale), questi consensi così vasti restano ahinoi molto ma molto few. (Vuoi sapere quante copie ha tirato Autopsia dell’ossessione e come viene trattato il suo autore dal suo editore? Rinvio all’ultimo numero di «Nuovi argomenti».)
    L'”aria di famiglia” che ravvisi potrebbe anche voler dire che quella comunità di senso sulla produzione editoriale italiana, della quale in partenza si lamentava l’assenza, dopo quasi due anni di lavoro e con duecento teste che comunicano le proprie scelte con ammirevole regolarità (anche se si sottraggono – ma non tutti – all’esprimere le proprie motivazioni), ora, si sta forse creando. Del che, francamente, mi compiaccio: così come dei risultati di questa puntata.
    Se qualcuno dei presenti di grazia mi spiega perché non vadano bene questi risultati, anziché disquisire sull’altezza dei tacchi che si presume indossino gli autori, dà un contributo alla discussione – e dunque alla formazione e all’irrobustirsi di quella comunità di senso. Altrimenti si limita a dare voce al proprio risentimento. Il che (forse) farà bene a chi ce l’ha, ma agli altri spero si renda conto che non interessa davvero un fico secco.

  90. @ Andrea Cortellessa
    ho posto, molto sopra, una domanda:

    Si può misurare la ricaduta di queste classifiche? Voglio dire: si hanno notizie, dirette o indirette, di un miglioramento delle vendite (per lo meno di alcuni titoli) in seguito alla segnalazione in classifica?

    […] mi chiedevo se, per caso, gli animatori di questa iniziativa hanno valutato, a oltre un anno di distanza (e possibilmente in maniera non impressionistica), quale sia il tipo di lettore che trae giovamento dalla classifica di qualità …

    @ le luci della città
    sì, quel premio è sintomo dell’evanescenza conclamata della critica teatrale …

    NeGa

  91. @ ng
    Mi chiedo come ti vada di interloquire con chi tanto hai in uggia (il che si denota dall’acidità del tuo commento al post di Belpoliti, oggi alle 13:06). Comunque. No, non ho modo di contare quante copie in più venda il libro tale o talaltro una volta entrato in questa classifica. Del resto, anche una recensione a piena pagina, su un quotidiano a larga diffusione, non ha più assolutamente l’effetto immediato che poteva avere sino a una decina d’anni fa (oggi solo i passaggi televisivi alla trimurti Fazio-Dandini-Bignardi hanno questo potere). Ma un’iniziativa come questa che abbiamo preso si fonda su un presupposto che immagino tu non condividerai (dal momento che ti ostini in questa curiosità a fini solo polemici): che esista cioè anche un prestigio simbolico, di quanto chiamiamo “letteratura”, che non si misura in termini di copie vendute. Altrimenti, appunto, le classifiche di vendita sarebbero l’unico metro di giudizio sulle opere d’ingegno. E comunque, come è stato ripetuto a più riprese, l’iniziativa delle librerie Coop e del sito ISBF di informare i loro clienti dei nostri risultati e, in prospettiva, di mettere a loro disposizione tutte le opere segnalate (non solo dunque quelle delle majors), ha sorpreso noi per primi per la non programmata e non programmabile ricaduta (ancorché esigua e, appunto, non misurabile) di un criterio di giudizio come questo sul terreno del mercato “reale”.

  92. Nella saggistica non mi pare che il problema sia il teatro.
    Non c’è traccia di volumi storia, di filosofia, di religione, di politica, di diritto, di psicologia, di sociologia che abbiano più di 6 punti (a parte Viroli).
    Forse sarebbe meglio chiamarla “classifica dei saggi di lingua e letteratura”, no?

  93. Aggiungo che persino nella realtà umiliante del capitalismo reale in cui viviamo, può accadere che uno scrittore come Franco Arminio, per esempio, sino al 2002 sostanzialmente inedito e sconosciuto, venga oggi pubblicato da editori di qualità (ma non punitivi) come Laterza e nottetempo, e che forse possa ancora migliorare la propria diffusione in futuro. Il che non mi pare dubbio che dipenda dall’investimento simbolico e culturale che molta parte della critica e degli addetti ai lavori, in questi anni, ha fatto sui suoi testi. È l'”aria di famiglia” di cui parla Biondillo, certo. Ma non tutte le famiglie sono gli Atridi (per dirla col Truffaut di Effetto notte).

  94. @ josip
    Finalmente leggo una critica alla quale si sia in grado di rispondere, e sia di qualche utilità farlo. Sì, quello che dice è giusto. Io credo personalmente che i migliori libri di saggistica pubblicati in Italia negli ultimi anni siano Padre Pio di Sergio Luzzatto, che è uno storico, e Profanazioni di Giorgio Agamben, che è un filosofo. Lo penso per l’importanza dell’argomento trattato, per il rigore dell’analisi e, non da ultimo, per la qualità letteraria della loro scrittura. I libri in questione sono usciti nel 2007 e nel 2005, e dunque non abbiamo la controprova, ma c’è da temere che in queste classifiche opere simili risulterebbero sottostimate. Naturalmente lei potrebbe proporre altri titoli che io, da umanista ampiamente ignorante in materie scientifiche, potrei ignorare del tutto. In ogni caso il parco dei Lettori è stato selezionato fra coloro che leggono d’abitudine e con competenza letteratura, e letteratura italiana contemporanea in particolare. Ci siamo sforzati di mettere dentro il maggior numero possibile e la maggiore varietà possibile di sociologi, antropologi, filosofi, storici, persone del teatro del cinema e della musica, ma non c’è dubbio che la grandissima maggioranza sia costituita da scrittori e critici letterari. D’altra parte siamo abbastanza onesti da intitolarci a Stephen Dedalus, non a Évariste Galois o a Giambattista Vico.

  95. Oh, mio dio, salvaci dalla seriosità!

    @ Andrea Cortellessa
    mi chiedo come tu possa interloquire con un libro visto che riesci sempre a non comprendere il senso di cosa scrivono gli altri (il che si denota dall’acidità del tuo commento alla mia domanda, oggi alle 14:43). Comunque, grazie della risposta …

    Nevio Gàmbula

  96. @ una madre:

    lei dunque subordina la buona creanza alla esatta numerazione delle occorrenze di nominazione dei taralli. bene: ne prendono tutti scrupolosa nota.

    *

    p.s. (alla redazione di NI): ma gli insulti pieni rotondi e frontali a una persona passano così lisci lisci senza problema?

  97. > siamo abbastanza onesti da intitolarci a Stephen Dedalus, non a Évariste Galois o a Giambattista Vico.

    game set match

    buon natale a tutti voi (di arminio sono fan anch’io, galoisiano)

  98. ng
    Io ho risposto a una tua domanda, in modo assolutamente non acido, sebbene fossi e resti tuttora convinto che il tuo intento – nel porla – fosse unicamente polemico. Penso infatti che tu sia abbastanza intelligente da sapere perfettamente, prima di domandare, che non potevo conoscere il dato che mi chiedevi. Penso dunque che tu ce l’abbia con me – il perché, francamente, non lo so. Penso pure che, siccome in questa cosa delle classifiche ci credo, mi tocchi rispondere pure a una persona che inteloquisce con me solo per malevolenza, e per sovrabbondanza di tempo libero. Ma magari sbaglio.

  99. Risentimento? No, diffidenza!

    S.F.I.D.U.C.I.A

    Il mondo poi non ruota necessariamente attorno a gruppetti tediati dal cupolone. Fatevene una ragione. Se dei giurati si arrogano il diritto di esprimere giudizi di valore, devono risultare autorevoli e cristallini. Ad esempio sarebbe interessante sapere chi vota chi, con quale punteggio e perche’. Perfino grado di parentela con eventuali autori-giurati .Tutto il resto e’ baroccame retorico. Pelo. Teatro della vita. Tedio del quotidiano. Bettola con coda alla vaccinara. Una puttana cinica e sfatta. Smandruppata nel suo piumino scuro senza neve. Batuffoli. Le cose che VOGLIO vedere e che mi titillano maggiormente quando scendo a Roma.

    BYE BYE

  100. @ Andrea Cortellessa
    Sei fuori strada. Proviamo a non deragliare.

    Non ce l’ho con te. Non ne ho motivo, anche se in realtà di motivi ce ne sarebbero tanti: normale dialettica. Tra l’altro, se in questa sede ce l’avessi con te non dovresti supporlo: lo capiresti immediatamente (ricorderai, credo, la polemica sulla Maria di Aldo Nove). Non sono il tipo che si nasconde …

    La mia battura su La Stampa era veramente una battuta; sorta così, del tutto spontaneamente, e che rimanda solo a se stessa: ovvero rimanda alla contraddizione tra l’invitare a non scrivere su un giornale di destra e trovarsi a scrivere per un giornale “che ha una maggioranza di lettori di centrodestra” (la definizione è di Belpoliti, non mia). Prendila alla lettera.

    Sulla classifica non ho mai fatto polemica. È la seconda volta che intervengo, ravvisando l’assenza di libri di teatro (ma ho segnalato anche l’assenza di libri sulla crisi economica). Se lo faccio io, sto facendo polemica. La stessa cosa la scrive, anche se riferita a generi diversi, Josip e tu scrivi “finalmente leggo una domanda …”. Misteri della fede …

    La domanda che ti ho posto non è una domanda retorica. Se la classifica serve, è perché fa aumentare l’attenzione rispetto a certi titoli. E un’attenzione non può non trasformarsi anche in “vendita”, giacché si presume che il lettore medio, quale posso essere io, il libro se lo deve comprare. Che senso ha tirare in ballo il “prestigio simbolico” della letteratura? Se prendo questa frase alla lettera, ne potrei dedurre, del tutto legittimamente, che non conta tanto che il libro sia letto, ma che appaia in classifica … È così? Apparire in classifica dà automaticamente prestigio? Spero di no, perché se così fosse avrebbe ragione da vendere Alcor e quanti hanno espresso dubbi sull’aria di famiglia … E se non è così, allora è normale chiedersi quale sia – e se esiste – il fruitore della classifica medesima. Ovviamente, dal mio punto di osservazione (arroccato sul cucuzzolo della polemica) non posso avere dati su ciò. E quindi domando. Se poi, come mi dici, a oltre un anno di distanza non avete fatto una verifica sul tipo di lettore che fruisce della classifica (ovviamente diverso dai “grandi lettori”, altrimenti …), allora c’è qualcosa che nel meccanismo non funziona, ed è normale avanzare il sospetto di autoreferenzialità …

    Nevio Gàmbula

  101. @ ng
    Sei tu molto fuori strada, credimi. Cosa c’è di autoreferenziale nell’ignorare se la libreria Tuttifrutti di Radicofani vende o meno una copia in più del libro di Siti dopo l’apparizione delle classifiche di qualità? E cosa c’è di autoreferenziale se non vedo da nessuna parte un qualche gruppo di persone le quali, nel loro insieme, dicono che il libro di Siti è “meglio” di quello, che so, di Ammaniti? Vedo al contrario, attorno a me, eteroreferenzialissimi chilometri quadrati di pubblicità ad Ammaniti, diretta (a paginate di quotidiano) e indiretta (a interviste a editor di Ammaniti).
    Tu e Alcor sostenete che non avete bisogno di questo strumento per saperlo benissimo, che è meglio Siti di Ammaniti. Mi fa molto piacere. Mi permetti di credere che nelle stesse condizioni tanti ipotetici lettori di Siti potrebbero non essere?
    Quanto ad Aldo Nove e al fatto che resto dell’idea che scrivere su Libero sia una cosa e scrivere sulla Stampa sia un’altra, resteremo di opinioni diverse; pazienza. Ma non per questo mi sembra di dovermi per questo sottoporre a una tua continua, puntigliosa, esasperante richiesta di precisazioni, risposte, battute battutine repliche e controrepliche. Finora le tue obiezioni – nel merito – alla cosa di cui si sta parlando si riassumono nel fatto che in essa non sono compresi libri di teatro e di critica teatrale. È un’obiezione che hai già posto mesi fa, e allora ti si è risposto nei termini – non mi pare acidi – che ho impiegato ora per rispondere a un’obiezione, analoga alla tua ma della tua pare a me meno autoreferenziale (questa sì), di Josip. Non credo che ti si debba rispondere all’infinito su questo punto specifico, altri però non ne poni. Se ti pare che questo strumento possa avere una sua qualche utilità, è opportuno che tu ci indichi altri suoi limiti oggettivi (come quello relativo al teatro), se possibile fra quelli che si sia in grado di correggere; se invece ti pare, come ad altri che vengono qui a perdere tempo (non solo il loro), che sia tutta una cazzata di chiattoni alla vaccinara, mandaci a quel paese e chiusa lì. Grazie.

  102. Anche la mia domanda era tesa a capire la finalità della proposta, che potrei trovare anche utile, fermorestando che le osservazioni di Alcor mi trovano d’accordo. Se è per il “prestigio” di apparirci è purtroppo poca cosa, nonostante gli sforzi dei tanti volontari, mi pare di aver capito, che la compongono. A questo punto era meglio scegliere cinque lettori “autorevoli” e far corredare i loro voti da motivazioni. Non ne servono duecento. Se deve apparire solo su internet, come canale, al di là del presunto prestigio vale come la mia che ho fatto sui libri di poesia imprescindibili degli utlimi dieci anni su facebook. (una boutade comprendente solo libri i editrici clandestine) Purtroppo, e temo Cortelessa lo sappia fin troppo bene, la maggioranza delle persone si nutrono di altri canali, televisione, classifica di repubblica, pubblicità nelle librerie (eh si perché mi dicono che le vetrine di feltrinelli si pagano) etc.

  103. La cosa che mi fa piu’ tenerezza resta il fatto che Essi credano di aver lasciato fuori dal portone – sempre socchiuso – persone a loro lontanissime. Ma quando vi avrei cercato? Boh! Mi pare pero’ legittimo esprimere le mie perplessita’ col mio stile.

  104. @ Alessandro Ansuini
    Appunto perché la maggioranza delle persone si fanno un’opinione, sulla letteratura contemporanea, che si vale di canali non disinteressati, mi pare essenziale che a una minoranza di persone sia data la possibilità di farsene un’altra attraverso questo, di canale (anche se, certo, ci sarà sempre qualcuno che vorrà che accanto a ogni libro ci sia un bollino che – come ai tempi delle leggi razziali – certifichi di non essere parente di un lettore entro il quarto grado; anche questo ho dovuto sentire, qui). Poi come ho ripetuto decine di volte, si giudicherà quali fra queste due indicazioni, sono più rispondenti al vero (e mi pare un assurdo che tu citi a paragone un’iniziativa nella quale segnali solo… titoli da te stesso pubblicati, se quest’ultimo termine è adeguato).
    Quanto all’autoreferenzialità o meno, penso che non la si possa decidere a priori. Così come non immaginavamo, all’inizio, che ci fosse una catena di librerie non minima che sua sponte ci contattasse per fruire di quello che ai loro occhi pare un servizio (e non una consorteria di potere guidata da losche code alla vaccinara), così non immaginavo di incontrare – ciò che mi è successo solo pochi giorni fa, all’Università di Siena – un gruppo di studenti, ventidue-ventiquattrenni (cfr. http://quattrocentoquattro.wordpress.com/), che sulla letteratura italiana contemporanea sono informati, informatissimi, che pensano con la loro testa (e obiettano nel merito, vivaddio, alle scelte mie o di altri critici) e che si valgono anche dello strumento delle Classifiche di qualità, per selezionare le loro letture e per intavolare le loro discussioni. Alcuni di loro hanno cominciato negli ultimi mesi a intervistare gli autori da noi segnalati per la rivista «Stephen Dedalus» (cfr. http://www.pordenonelegge.it/index.php?session=0S1434409085D836771O838668&syslng=ita&sysmen=-1&sysind=-1&syssub=-1&sysfnt=0&syslay=13), offrendo così approfondimenti di qualità – su queste scelte – che io non trovo facilmente sulla stampa, né su quella generalista né su quella specializzata.
    Ma certo, poi, va aggiunto che noi tutto questo lo si fa unicamente per la coda alla vaccinara che tutti ci lega e affratella.

  105. Condivido la tenerezza di Ama. Anche lo spirito critico di chi non si fa dire ” NON DISTURBATE IL MANOVRATORE “. Il fatto è che l’autoreferenzialità non beneficia chi è partecipe al meccanismo, ma DANNEGGIA chi non lo è, magari per ovvie questione di etica. E’ danneggia l’etica in generale, anche di chi non ha mai letto un libro in vita sua. Forse questo si sta cercando di dire, mi pare in tanti. Forse per questo si continua a pigliarsi le peggiori accuse dai maggiorenti del blog.

    Per far perdere ulteriore tempo al professor Cortellessa (che tanto il mio, diovolendo, non vale nulla) ho inventato il softuèr massinanalizescion per capire chi vota chi nel premio dedalus. Risulta ciò: presi in considerazione solo i primi 5 posti delle rispettive classifiche, tra meno di duecento congiurati, una quarantina risultano piazzati o vincenti nelle varie classifiche. E lo risultano più volte, alcuni mi pare con opere diverse. Che dire?! NON SI E’ MAI VISTO CHE GIURATI E PREMIATI SIANO LE STESSE PERSONE. MA TANT’E! Cosa direste se un giudice emettesse sentenze su propri parenti’ o addirittura su sé stesso? Ecco i nomi usciti dal softuèr:

    Antonella Anedda (vincente)
    Giuseppe Antonelli (piazzato)
    Franco Arminio (piazzato)
    Andrea Bajani (piazzato)
    Marco Belpoliti (vincente)
    Mario Benedetti (vincente)
    Franco Buffoni (vincente)
    Maria Grazia Calandrone (piazzato)
    Andrea Cavalletti (piazzato)
    Milo De Angelis (piazzato)
    Giorgio Falco (piazzato)
    Massimo Fusillo (piazzato)
    Marco Giovenale (piazzato)
    Andrea Inglese (piazzato)
    Helena Janeczek (vincente)
    Nicola Lagioia (vincente)
    Valerio Magrelli (piazzato)
    Raffaele Manica (piazzato)
    Stefano Massari (piazzato)
    Francesca Matteoni (piazzata)
    Lorenzo Pavolini (vincente)
    Gabriele Pedullà (piazzato)
    Tommaso Pincio (piazzato)
    Gilda Policastro (piazzato)
    Laura Pugno (piazzato)
    Fabio Pusterla (piazzato)
    Stefano Raimondi (piazzato)
    Andrea Raos (piazzato)
    Massimo Rizzante (vincente)
    Domenico Scarpa (piazzato)
    Tiziano Scarpa (piazzato)
    Elena Stancanelli (piazzato)
    Italo Testa (piazzato)
    Emanuele Trevi (vincente)
    Antonio Tricomi (piazzato)
    Chiara Valerio (piazzato)
    Giorgio Vasta (vincente)
    Paolo Zanotti (piazzato)

    Ps: dato che tanti di voi siete in naturale comunanza a Roma, potreste fare una nuova corrente letteraria. Per il nome potreste ispirarvi a un movimento politico di successo molto caro in oltretevere: potreste chiamarvi COMUNIONE E ALLITTERAZIONE, maanche, meno formalmente e più contenutisticamente, COMUNIONE E GIUSTIFICAZIONE.

  106. No Andrea il termine non è adeguato, non ci sono libri pubblicati da me nella mia classifica. Le editrici clandestine non sono io. Facevo riferimento alla fetta di mercato che raggiungi su internet. che è quella che è.

  107. Larry,
    non c’ho manco uno straccio di piazzamento? Che sfigato!
    Questa cosa del giudice che non può giudicare i parenti: al di la del fatto che le opere degli organizzatori sono escluse per regolamento, e che nessun autore vota se stesso, ma io mica sono parente degli altri scrittori! Che cazzo dovremmo fare, dunque? Escludere a prescindere un libro solo perché scritto da uno dei giurati (dei quali ne conoscerò, su 200, il 10%)? Allora, ti chiedo: come lo faresti TU?
    Andrea,
    Concordo: coda alla vaccinara uber alles!
    (però la battuta di NG era carina, dai).

  108. @BIONDILLO

    architetto, io penso, in generale, che una classifica con centinaia di nominati è dannosa per tutti, però, se proprio si deve fare, farei che i lettori giudicano gli scrittori: semplice e etico. altrimenti il rischio autoreferenzialità è altissimo. così come il rischio effetto boomerang. come il cinema d’autore: gli spettatori normali, che prima andavano tranquillamente a vedere qualunque film, adesso dicono così: quel film lì è per quelli che hanno cultura? allora non ci vado, perché sono ignorante. capì? a meno che i libri segnalati dalle classifiche non aumentino le vendite in maniera cospicua. ma è così?

  109. Larry,
    ok. la tua posizione mi sembra chiara, lineare e coerente. (più vicina ad Anobii, per capirci).
    E’ inevitabile, perciò, che ogni possibile “aggiustamento” strada facendo, non può portare a nulla che possa soddisfarti. In un certo senso credo che tu non debba neppure più considerare l’idea di aprire i prossimi post sul tema e commentarli, perché fuori dal quadro normativo che tu consigli.

  110. a me pare che la classifica di dedalus vada aiutata a essere conosciuta
    e meriterebbe di approdare sui grandi media.

  111. Franco, sottoscrivo quello che dici ma a condizione che non sia tu a dirlo. Mi spiego meglio. Io credo che ogni autore che si rispetti debba avere anche un po’ di rispetto verso i lettori (delle cose in generale) che solleciti una forma di pudore. Ecco allora, sia con l’intervento della Policastro che con questo tuo, delusa quest’aspettativa da minimo pudore garantito. E mi rendo conto anche che quando si fanno notare certe cose si passa quasi automaticamente per moralisti, puristi, talebani eppure reputo altrettanto legittimo manifestare il mio disagio, qui, ora e non incorrere nella solita autocensura.

    effeffe
    ps
    un solo consiglio agli animatori dell’iniziativa. L’aumento del numero dei giurati lettori forti mi ha fatto pensare a Borges. Nel suo “rigore della scienza” scrive:

    “In quell’impero, l’Arte della Cartografia raggiunse una tale Perfezione che la mappa di una sola provincia occupava tutta una Città e la mappa dell’Impero tutta una Provincia. Col tempo codeste Mappe Smisurate non soddisfecero e i Collegi dei Cartografi eressero una mappa dell’Impero che uguagliava in grandezza l’Impero e coincideva puntualmente con esso. Meno Dedite allo studio della cartografia, le Generazioni Successive compresero che quella vasta Mappa era inutile e non senza Empietà la abbandonarono all’Inclemenze del Sole e degl’Inverni. Nei deserti dell’Ovest rimangono lacere rovine della mappa, abitate da Animali e Mendichi; in tutto il paese non è altra reliquia delle Discipline Geografiche.
    (Suarez Miranda, Viaggi di uomini prudenti, libro quarto, cap. XLV, Lérida, 1658)

    ecco, non è che si corre il rischio con questa mappatura sempre più allargata e perfezionata, di lettori e testi, di far coincidere carta e territorio? Ovvero di trovarci in futuro con un numero di libri “consigliati” con un solo voto, quanto il numero dei giurati?
    effeffe

  112. Ogni tanto e’ proprio un piacere leggere effeffe, neh!

    _________________________________________________________

    Poi magari uno di questi giorni capirete che quando scrivevo di “grado di parentela” non mi riferivo necessariamete a legami di sangue…

    Comunque un saluto a tutti quelli con cui in qualche modo sono stato in sintonia. Non arrendetevi mai.

  113. Dedalus dovrebbe prendere il suggerimento da Larry e l’esempio dal milanese Premio Baghetta. Che siano i puri lettori a giudicare i libri, così che l’unica passione a muovere i voti sarebbe quella autentica delle emozioni mosse dalle pagine, senza sospetti (legittimi, se pur lamentosi) di nepotismo o di qualsiasi altra sorta. Ovvio che l’insieme dei lettori e quello degli scrittori hanno una loro zona d’intersezione, ma facile è la soluzione: che la narrativa sia votata, nella fattispecie, da non narratori; la poesia da non poeti; e via così. Pensate a cosa potrebbe essere una classifica formata dalle preferenze di operai, massaie, cuochi professori e lavanderine, impiegati, librai, scrittori spazzini e idraulici. (Quasi) Una novità assoluta!

  114. caro forlani
    ti rispondo alle cinque del mattino. sono a lavoro da mezzanotte. non sono uno che vive grazie alla letteratura, ma vivo provando ogni giorno a fare qualcosa che possa essere sentito come letteratura, buona letteratura.
    mi pare che non ci sia niente di impudico nel dire che questa classifica meriterebbe una maggiore notorietà.
    trovo molto generosi gli interventi di cortellessa. io non lo perderei il tempo che perde lui a replicare con tanta puntualità.

  115. Franco ti rispondo copia incollando la mail di risposta alla tua

    no franco
    sarei il primo a dispiacermene
    se intervengo così è proprio
    perché ritengo che certe cose non vadano sprecate
    c’è una classifica ok
    che secondo me ha un sicuro valore
    si crea una polemica intorno a questa
    si dicono cose molto interessanti
    tu (e la policastro) che per delle ragioni
    che i lettori non capiscono in un caso o di più in un altro
    siete stati” portati ” dal dedalus
    orbene
    non puoi intervenire dicendo è bene che tutto il mondo sappia di questa classifica in cui sono primo
    insomma
    cose così
    effeffe

    ps
    credo inoltre che la generosità di Andrea C stia proprio nel considerare tutti come interlocutori

  116. caro forlani a me tutto si può dire
    tranne che sono un raccomandato….
    questi sono i titoli dei libri che ho pubblicato dal 2003
    non posso farci niente se non solo libri allineati alla mediocrità imperante.

    viaggio nel cratere

    circo dell’ipocondria

    vento forte tra lacedonia e candela

    nevica e ho le prove

    cartoline dai morti

    confermo: il dedalus meriterebbe una maggiore notorietà

  117. “credo inoltre che la generosità di Andrea C stia proprio nel considerare tutti come interlocutori”

    ne sei proprio così sicuro? prova a rileggere il colonnino dei commenti, e non solo di questo thread

    resta il fatto, piaccia o meno all’illustre ospite, che fuori dai *luoghi* per molti di voi deputati alla letteratura (all’unica, alla vera: alla vostra), esistono scrittori di rango e opere di qualità che, per loro grandissima fortuna, voi continuerete, glielo auguro di tutto cuore, a ignorare

    e allora continuate pure il teatrino, continuate a ritenere che ng sia un troll e che gilda policastro sia una interlocutrice plausibile all’interno di qualsivoglia contraddittorio

  118. non capisco le persone dei doppi registri – come in politica-
    in pubblico ci si chiama per cognome magari usando anche la politesse e in privato pacche sulla spalla…
    e allora per finirla qui, franco
    uno) non ho mai pensato che potessero esserci delle raccomandazioni (e poi a cosa?)
    due) ribadisco che questa iniziativa merita tutta l’attenzione che merita
    tre) che trovo non da poco il tentativo degli organizzatori di aprirsi a suggerimenti
    quattro) trovo detestabile invece il trincerarsi dietro a un noi (di qualità9 contrapposto a un voi, loro (di quantità)
    cinque) che in queste cose bisognerebbe avere più umiltà (parlo agli autori) e porsi delle domande più centrali rispetto alla propria opera piuttosto che valutazioni soggettive e opinabili del tipo: io sà meglie dell’avallone, o la mia opera è l’antidoto alla mediocrità imperante. questo per dire che non è così che si costruiscono ponti. a me piacerebbe che la letteratura detta di ricerca (riconoscibile dal fatto che il numero dei critici recensori sia lo stesso dei propri lettori)e quella popolare (dove per lo più, non sempre, accade il contrario possano entrare in contatto fra loro per quella inconfessabile finalità condivisa di fare della buona letteratura. Perché, e qui lo dico veramente senza alcuna dietrologia possibile, la tua opera caro Franco, che è supe recensita, super premiata, super considerata (e ti assicuro che la cosa in sé mi fa piacere) non abbia avuto accesso al grande lettorato com’è desiderio anche dei ragazzi del dedalus? Ci sono opere- penso a Moresco – che probabilmente per loro intrinseca natura, pur essendo del’eccellente letteratura, al grande pubblico non possono accedere, ma allora perché crucciarsi così tanto?
    effeffe

  119. caro forlani
    scrivo dal 1978 e fino al 2002 avevo pubblicato solo con editori della mia provincia.
    non sono un autore commerciale, come sai bene, ma posso permettermi il lusso di mettere poesie su fb e di vederle apprezzate, come accadeva anche qui su nazione indiana.
    non sono affatto un superpremiato: ho preso solo il premio napoli.
    oltre al lavoro di scrittura
    faccio molte cose che si possono definire “battaglie civili”.
    sono uno scrittore comunitario, uno dei pochi ancora in circolazione, come spiega bene franco cassano nella prefazione al mio prossimo libro.

  120. Franco,
    la lamentela di uno che negli ultimi 5 anni ha pubblicato 5 libri (assai recensiti) è davvero fuori luogo. Porta rispetto per chi non ha trovato il modo di pubblicare le sue cose, anche se valide. Fare quello che ha sofferto per trovare visibilità vale col primo dei libri, col quinto fa posa, fa maniera.
    L’autoincensazione, mantecata alla lagna del misconosciuto profeta in patria – non sono commerciale, non sono allineato alla mediocrità imperante, faccio battaglie civili – irrita non poco. Il pudore, insomma, che chiede Effeffe. Che altrimenti qui siamo tutti geni incompresi.

  121. ecco, appena uno si espone, appena uno dice quello che pensa
    subito viene fuori l’accusa di autoincensazione.
    caro biondillo
    uno scrittore deve dire quello che pensa, altrimenti diventa tutto un ballo in maschera….
    perchè non dovrei dire che ho combattuto per anni contro una mega discarica? perchè non dovrei dire che non ho mai ricevuto favori dalla politica e da nessun altro?
    quanto ai libri: il prossimo anno ne usciranno due
    e così pure l’anno successivo,
    ma non sono libri fatti al momento, sono libri che vengono fa tanti anni di lavoro

  122. Gilberto Severini appare sorprendentemente nella classifica di narrativa: un autore appartato, schivo, magari non ‘di ricerca’, ma significativo. Non è uno che mostra le sue medaglie, nè dice io, nè elenca i bei titoli editati in una ultratrentennale castigatissima e buona carriera. Ho trovato bello che almeno un giurato si sia ricordato di lui.

    A fondo classifica di poesia c’è una seria e promettente Renata Morresi, giunta all’opera prima dopo una ultradecennale elaborazione, indecisione, tanti tagli, ripensamenti, poche certezze: il risultato è notevole. Un augurio a lei che comincia dalla fine, e che andrà sicuramente avanti (Renata, se valesse un popolare paradigma sanremese: Vasco arrivò ultimo o giù di lì con Vita spericolata :-). Lo stesso In bocca al lupo va a una giovanissima (1988) neodialettale che esordisce con buone potenzialità: Dina Basso.

    Prendo le classifiche come uno strumento di aggiornamento: so che non acquisterò qualche titolo, ma so che mi procurerò qualcuno qui suggerito e sfuggito all’attenzione (mia). Un piacere quando poi alcune scelte incontrano anche il mio palato: Pusterla, Testa, Buffoni, Affinati.

    Non entro nelle polemiche risolte a insulti gratuiti, ma non posso non rilevare che c’è un che di esilarante e involontariamente ironico in quel tormentone scatenato dalla Gilda dei taralli (e dei crakers)

    Sorrida, la prego! e poi i taralli sono così saporiti, mica postmoderni .

    Trovo offensivo che anche qui si ricorra ad epiteti da trivio rivolti a Roma e ai romani (un luogo molto comune evidentemente contro cui scagliare malessere, pregiudizio e ansie frustrate propri di una vulgata razzista e di bassa lega).

  123. @manuel cohen

    se legge meglio, con rispetto parlando, si renderà conto che il mio sarcasmo antiromanesco non ha nulla a che fare con il campanile (per chi mi ha preso?), ma è solo una risposta all’innocente affermazione della Policastro: ” del resto, sono continuamente avvicinata in rete da rancorosi cui Cortellessa non ha mai dedicato la sua agognatissima attenzione critica, e mi prendo, insieme ad altri-scrittori-che-lui-ha-la-ventura-di-conoscere-anche-di-persona-vivendo-nella-loro-stessa-città – vedi Lagioia, Raimo, Pincio etc., la croce delle contumelie per esserne stata gratificata: pace ” Giusta o sbagliata, la mia era solo ironia, non del tutto fuori luogo. La saluto.

  124. non pensa che la stessa cosa possa accadere anche a Milano? Un noto critico raccontava che ogni qual volta si recava alla Scala, si imbatteva in un autore di versi che non faceva altro che ringhiargli contro. Non per questo lei ora si sentirebbe autorizzato a tirare in ballo la cotoletta, così come ha fatto per la coda ala vaccinara e altre romanità.

  125. @manuel cohen

    lei vuol per forza metterci, nelle mie parole, lo scontro di campanile, che non c’è. penso e so che succede di peggio, assolutamente di peggio, ovunque. ma penso pure che chi fa della superiorità etica e dell’impegno civile la propria bandiera, debba comportarsi in modo da non suscitare il minimo dubbio. penso così, da sempre, non ci posso far nulla, pur sapendo che chiudere gli occhi (precetto massonico) sarebbe più favorevole al mio bilancio familiare. buona giornata di nuovo.

  126. caro gianni
    il discorso è complicato. il bel pezzo di belpoliti uscito qui dice cose che forse hanno a che fare con quello che stiamo dicendo qui.
    quando si sta in uno spazio come questo già si è in un clima da coccarde, è inevitabile. nessuno fa le cose per farle e basta, ci interessa la risonanza, forse anche di una sola persona, ma è questo che ci sta a cuore, secondo me
    il signore che si festeggia nei prossimi giorni pure lui non è che faceva le cose per farle e basta.

    e poi dipende dal contesto: a volte l’esibizione è necessaria, a volte è una coccarda…..

  127. @ Gianni Biondillo & Effeffe
    Non capisco bene cosa si rimproveri ad Arminio. Ha solo detto che a suo parere (e io ovviamente sono d’accordo con lui) la vera pecca di queste Classifiche, l’unico suo spicchio di autoreferenzialità per usare questo termine-tormentone, sia il non essere più conosciute dal pubblico dei lettori. Da tempo infatti mi batto, presso gli organi di stampa a cui collaboro (Nevio Gàmbula permettendo) perché le riprendano, proponendole almeno in alternativa – se non in sostituzione – delle classifiche di vendita; finora ci sono riuscito solo con «alfabeta2». Nazione indiana ha fatto moltissimo per rompere quest’embargo, e noi le siamo sinceramente grati: tanto che si continua a partecipare alle discussioni, qui, anche quando prendono pieghe vaccinare o quando si ripetono, come fossero nuovi e dirompenti, argomenti già all’infinito trattati nelle precedenti discussioni, come quello della parziale – 40 su 200 – sovrapponibilità di elettorato attivo e passivo. Lo si è ripetuto sino a sfiancarsi: l’idea fondamentalmente era e resta quella di chiedere dei pareri sulla produzione contemporanea, oltre che ai critici, agli scrittori, almeno quelli sotto una certa fascia d’età; e il fatto che questi scrittori siano gran parte dei migliori (se non quasi tutti: la maggior parte di quelli che mancano non hanno voluto partecipare o si sono allontanati in un secondo momento) è un preciso obiettivo, non un bug, dell’inizativa; dal momento che nessuno ovviamente vota per se stesso, il problema è solo nella malizia e nel risentimento di chi lo vede. Mi pare che a Franco Arminio si rimproveri la stessa cosa: siccome, allora non puoi difendere questa iniziativa. Ma davvero pensate che a uno come Arminio cambi la vita, questa medaglietta? E non riuscite neppure a immaginare che una persona possa tentare di valutare senza secondi fini o conflitti d’interesse un insieme del quale fa parte? Oppure lo può giudicare solo chi non fa parte (magari desiderandolo con tutte le sue forze), col corredo di risentimenti del caso?
    Facciamo un esempio molto concreto. Io sono stato un precario dell’università sino alla verde età di 38 anni. Naturalmente vedevo le storture del sistema che mi escludeva; ma le mie critiche al medesimo le ho fatte quando in quel sistema ero entrato, e anzi dallo stesso ero stato appena promosso. Secondo uno come Larry Massino, questo vuol dire che prima non le esprimevo perché terrorizzato dalle loro possibili conseguenze; secondo voi, invece, probabilmente quelle critiche sono depotenziate proprio dal fatto che le muovo dall’interno dell’istituzione. Invece molto più banalmente le ho potute fare solo quando ho avuto a disposizione uno spazio d’intervento pubblico interessato al mio parere in merito (nella fattispecie la succitata «alfabeta2»).
    Non mi pare che ci sia troppo bisogno di insistere sul fatto che riuscire a procurarsi una possibilità di ascolto, nel nostro tempo, non è un accidente: è parte sostanziale della nostra capacità politica. Come sanno bene, per esempio, gli studenti dell’attuale movimento; e come loro stessi in questi giorni, prima di ogni ulteriore iniziativa, devono ripetersi una, due, cento volte.

  128. Domanda: un libro a cui vengono dati 6 punti da parte di 5 lettori, si ritrova con 30 punti. Un libro cui vengono dati 3 punti da parte di 10 lettori, idem. E così via. Ma un libro che viene segnalato da 5 lettori su 200 è davvero di qualità migliore di altri che sono stati segnalati magari da più lettori, ma con punteggi più bassi? Che c’è chi vuole segnalare più libri, quindi divide i suoi punti in vario modo. Non sarebbe più appropriato che i lettori avessero non punti, ma un numero definito di segnalazioni da fare per ogni categoria? In questo modo un libro che ha 30 punti si sa che è stato segnalato da 30 lettori (e non da 5 o 6), e così via, e quindi è stato meritevole di essere segnalato da una parte consistente dei lettori. Così com’è, basta che un 5% dei lettori dia il massimo ad un libro, che questo si ritrova nelle primissime posizioni. Il 5% dei lettori è sufficiente perché un libro abbia 60 punti. Dal punto di vista di me lettore che mi trovo davanti questa classifica, senza sapere come un libro è arrivato fin lì, in quante persone hanno ritenuto degno di segnalarlo, beh, trovo difficile interpretarla. Chi ha 8 punti, è stato segnalato da 2 persone, o da 4? Chi ne ha 80, è stato votato da 14, o da 30? Non sapendo chi ha votato chi, e quanti punti gli ha dato, come faccio a interpretare queste classifiche? Se leggo una classifica di vendita, so le posizioni a cosa si riferiscono. Ma qui? A pochi è piaciuto moltissimo un libro, o a più persone è piaciuto lo stesso libro, ma è piaciuto meno che a quei pochi…va beh. Scritto pure troppo. Ciao.

  129. @ Andrea Branco
    Per la verità è già come dice lei, ogni lettore ha a disposizione «un numero definito di segnalazioni da fare per ogni categoria». Per la precisione ne ha due. Dunque può dare tutto il suo coefficiente di approvazione a una sola opera (e in genere, ma non necessariamente, dà ad essa il massimo, cioè sei punti) oppure può suddividerlo a suo piacimento, utilizzando del tutto o in parte i punti a sua disposizione. La logica è che si tratta di valutazioni comparative su un insieme auto-selezionato (mi diverte la critica di chi sostiene che tutti dovrebbero votare gli stessi libri selezionati in partenza e poi si lamenta della mancata trasparenza dell’intero sistema, o del fatto che si votano troppo i soliti noti: chi dovrebbe operare questa selezione di partenza? e non verrebbero così preventivamente selezionati gli autori già noti, appunto?; oppure ci si lamenta del fatto che i lettori, terribile dictu!, ricevono a casa certi libri e altri no; ma con le preselezioni tutti i libri da votare arriverebbero immagino, sempre che gli editori decidano di investire duecento copie il che mi pare improbabile; come se questo particolare poi incidesse sul nostro giudizio… io a casa ricevo una quantità di ciofeche che non prendo neppure in considerazione, mentre è capitato varie volte – specie per la classifica di fine anno sulle opere tradotte – che sia dovuto andare di corsa ad acquistare certi libri, per poter esprimere il mio voto). Dunque il procedimento-tipo è questo: un lettore in libreria o con altri mezzi viene a conoscenza di un libro che lo interessa; se lo procura; lo legge; quello che nel bimestre lo convince di più lo vota; se sono due i libri che apprezza, divide la propria selezione in due (sapendo che questo depotenzia entrambe le segnalazioni). Sono tutte scelte, a mio modo di vedere, che pongono in primo piano la responsabilità di chi segnala – altro che S.F.I.D.U.C.I.A.! Non ha fiducia chi vuole a tutti i costi sapere chi vota chi, ma anche questo è stato chiarito sin dall’inizio: la maggior parte dei lettori contattati, all’inizio (specie fra gli scrittori, che sono la nostra parte più strategica e qualificante) ha posto come condizione, per partecipare, che il voto fosse segreto. Su pregi e difetti del voto segreto, in tutti i campi, non credo necessario aprire qui una parentesi dottrinaria. Quello che chi si scandalizza tanto non capisce, o vuole far credere di non capire, è che proprio dal momento che quasi tutti noi lettori abbiamo rapporti con editori e altri autori, il voto segreto è per molti la garanzia di una serenità e un’indipendenza di giudizio. Ma certo, nel caso che si voglia dare addosso a priori all’iniziativa, di fronte al voto palese si direbbe che è un modo per accaparrarsi benemerenze, coccarde, ecc. ecc.

  130. Secondo uno come Cortellessa le critiche le possono fare solo gli inclusi e solo quando gli vengono richieste dal sistema che gli mette a disposizione gli spazi per farlo. Che dire di questa mentalità democratica? In omaggio ai milanesi, va a ciapà i ratt!

  131. Non capisci una ceppa. Ho detto che le possono fare anche gli inclusi. E nel caso da me citato lo spazio non è stato messo a disposizione dal sistema in questione. Basterebbe che leggessi tutto quello che scrivo, prima di accendere la modalità-latrato al solo apparire del mio nome. Alla romana: vattelapijanderculo.

  132. @ Alan Fard
    Siccome per lei la disponibilità all’ascolto si misura dal fatto che si risponda a tutti coloro che intervengono, rispondo anche a lei. (La mia dépense oggi non ha limiti.)
    Mi spiega di grazia cosa c’è di male nel fatto che lei conosce «scrittori di rango e opere di qualità» che io non conosco? Io le «opere di qualità» che conosco vengo qui a proporgliele, lei invece mi pare che non lo faccia. Come mai? Trovi il modo, escogiti una forma sensata di proporre delle scelte alternative, che paiano a lei «di qualità», invece di sputare il suo risentimento e il suo disprezzo nei confronti di chi pare «di qualità» a qualcun altro. Cerchi di procurarsi una qualche attendibilità, cerchi di argomentare e corroborare le sue valutazioni, poi però per favore non tardi oltre a esprimerle. Chi o cosa le fa credere che nessuno la ascolterebbe? Ci illumini, la prego. Siamo qui per questo. (Ah, mi raccomando: è esplicitamente richiesta una sua risposta.)

  133. al tgi parlano di certi libri di merda. e va bene. ma a mezzanotte, magari su rai 3 ci potrebbe essere un luogo dove si parla di una classifica come dedalus.
    certe volte ho il sospetto che certe battaglie non si vincono perché non le si combatte fino in fondo e con tutte le forze che abbiamo.
    se gli amici di dedalus fossero affiancati
    sarebbe meglio per tutti.
    in fondo lo fanno per il bene della letteratura, mica sono pagati dalla cia?

  134. Ci mancano solo gli amici di dedalus su raitre. Il bene della letteratura sarebbe l’abolizione di queste classifiche.
    Molto triste.

  135. @ Andrea Cortellessa: Intendevo dire: non potrebbe la segnalazione corrispondere con il punteggio? Se segnalo un libro, dò a questo 1 voto, 1 punto. Non 1 segnalazione = 6 punti. O 5. O 4. O 3. etc. Forse, così, non ci si chiederebbe più chi ha votato chi, perché prevarrebbe il quanti hanno votato cosa. Non so.

  136. @ Andrea Branco
    Non lo so se la correzione al meccanismo da lei proposta basterebbe a rendere meno triste Massimo. Ma i sei punti servono a graduare la propria adesione a un titolo rispetto a un altro. Ipotizziamo per esempio che fra i romanzi che ho leto in questo bimestre ce ne siano due che per me eccellono sugli altri, per esempio quello di Siti e quello di Cordelli. Fra i due, comunque, intravedo una disparità: e per esprimerla do quattro punti a uno e due all’altro. Oppure i sei punti possono servire anche in assoluto. Voglio dire: ipotizziamo per esempio che il mio preferito sia, senza ombra di dubbio, quello di Siti. Ma ipotizziamo che sia anche convinto che, rispetto ai suoi precedenti, questo rappresenti un passo indietro. Vorrò comunque segnalarlo ma non con la piena convinzione che i sei punti pieni stanno a simboleggiare, e dunque lo voterò (per es.) con tre o quattro punti. Si capisce che, se accortamente impiegati, i sei punti consentono ai Lettori una certa sfumatura di giudizio: non sarà una motivazione pubblicamente espressa ma è pur sempre meglio del voto secco, mi pare.

  137. Caro Franco,
    magari fossimo pagati da qualcuno, per fare questo! Almeno per dare soddisfazione ai dietrologi a tutti i costi…
    Complimenti per il tuo lavoro, tuo A

  138. @Larry Massimo h.11.46

    non la seguo, non capisco a chi si riferisce.
    Non ho una bandiera e non appartengo ad alcuna lobby.

  139. Ho ricevuto anche io tre e-mail di “invito a proseguire”, come fosse una guerra.

    Boh, nei dieci anni spesi ad intervenire qua e là, ho solo sostenuto che certe prassi interne al mondo letterario andrebbero sostituite dal metodo sperimentale. Ho peraltro capito, mano mano, che delicatezza umana, equilibri di amicizie e lavoro, “arie di famiglia”, anni di studi su una strada mano mano resa minoritaria dall’evolversi economico mondiale, rendono impossibile la totale trasparenza. Insomma, dove è riuscito Gorbaciov, dove provò ad entrare Tangentopoli, dove sta riuscendo Assange, non riusciamo in arte & scritture italiane.

    E la continua accusa di risentimento non fa onore: è la stessa che usa il buon Alfonso Luigi Marra: «A coloro che, in questa cultura degli orifizi e delle strullate, si sperticano a definire lo spot di Arcuri il più brutto possibile, si può solo rispondere che la gelosia è il più umano dei sentimenti». Piccolo mondo antico. E’ allora meglio precisare, anche a beneficio dei miei tifosi, che vanno sempre ammirati i libri, non le persone che li scrivono.

    Grazie a Biondillo e Forlani per il tentativo di cogliere il succo delle osservazioni altrui: si vede che sono uomini di piazza e non di salotto… del resto qui in NI le turbolenze non sono mai mancate e anche il loggione ha un suo ruolo funzionale alla messa in scena.

  140. @Andrea Cortellessa

    Questo è il testo dal quale io dovrei dedurre che lei ha sostenuto che si possono fare critiche anche da esclusi. Lo sottopongo per tre anni agli ermenueti di Cuneo, che sono uomini di mondo:

    ” Facciamo un esempio molto concreto. Io sono stato un precario dell’università sino alla verde età di 38 anni. Naturalmente vedevo le storture del sistema che mi escludeva; ma le mie critiche al medesimo le ho fatte quando in quel sistema ero entrato, e anzi dallo stesso ero stato appena promosso. Secondo uno come Larry Massino, questo vuol dire che prima non le esprimevo perché terrorizzato dalle loro possibili conseguenze; secondo voi, invece, probabilmente quelle critiche sono depotenziate proprio dal fatto che le muovo dall’interno dell’istituzione. Invece molto più banalmente le ho potute fare solo quando ho avuto a disposizione uno spazio d’intervento pubblico interessato al mio parere in merito (nella fattispecie la succitata «alfabeta2»).
    Non mi pare che ci sia troppo bisogno di insistere sul fatto che riuscire a procurarsi una possibilità di ascolto, nel nostro tempo, non è un accidente: è parte sostanziale della nostra capacità politica. Come sanno bene, per esempio, gli studenti dell’attuale movimento; e come loro stessi in questi giorni, prima di ogni ulteriore iniziativa, devono ripetersi una, due, cento volte “.

    Alla napoletana: chist pare ca niènt fa e ‘nvec’ scass ‘o cazz!

    @manuel cohen

    ho solo detto che stava travisando le mie parole. il resto non riguardava lei, ma la questione in generale: mi scuso se è stato passibile di diversa interpretazione.

  141. @ Arminio

    «certe volte ho il sospetto che certe battaglie non si vincono perché non le si combatte fino in fondo e con tutte le forze che abbiamo.
    se gli amici di dedalus fossero affiancati
    sarebbe meglio per tutti.»

    Adorno per tutti:

    «Agli occhi di chi, in un modo o nell’altro, è impegnato nella prassi, persegue interessi o realizza progetti, gli uomini con cui viene a contatto si trasformano automaticamente in amici e nemici. Esaminandoli alla luce delle sue intenzioni, li riduce a priori ad oggetti: gli uni sono utilizzabili, gli altri sono di ostacolo. Ogni opinione discordante appare, entro il sistema di riferimento degli scopi di volta in volta prestabiliti, di cui nessuna prassi può fare a meno, come fastidiosa resistenza, sabotaggio, intrigo; ogni consenso, e sia pure determinato dal più basso interesse, diventa promozione della causa comune, utile contributo, prova di fraternità. Il rapporto con gli altri si impoverisce: vien meno la capacità di avvertire l’altro come tale, e non in funzione della propria volontà, e soprattutto l’attitudine al fecondo contrasto, la possibilità di sollevarsi su di sé attraverso l’incorporazione del punto di vista del contraddittore. …»

    Detto questo, che è rivolto però a tutti gli intervenuti, anche da parte mia complimenti per il tuo lavoro che seguo e apprezzo.

  142. @ Il fu GiusCo
    Mi interessa questa cosa che dice: cosa sarebbe il «metodo sperimentale» da applicare al «mondo letterario»? La domanda non è polemica: sono sempre interessato ai metodi, nonché agli esperimenti.

  143. @ Andrea Cortellessa: Ecco. Secondo me ci sono troppe sfumature, che al fruitore della classifica non arrivano. Fra i commenti dei lettori, si capisce che qualcuno ha votato un dato libro non solo perché lo ritiene buono ma perché l’ha visto nascere, oppure non l’ha votato perché sa che ha già ricevuto molti punti (e quindi voto altri che meritano altrettanto, meritano meno?), oppure che l’ha votato ma non lo ritiene il migliore della produzione del tale autore. Come faccio io fruitore a capire queste cose? Il punteggio basta a pareggiare tutte queste sfumature? Perché il punteggio finale non rende conto di tutto ciò, è univoco. Capisco che dare la possibilità di sfumare i propri giudizi sia, per chi quei giudizi li deve dare, una ottima possibilità. Ma per chi, di quei giudizi, ne dovrebbe fare tesoro? Poniamo che un titolo prenda 1 punto da 30 persone. Finisce con l’avere 30 punti. Poniamo che queste 30 persone diano gli altri 5 punti a 30 libri diversi. 30 libri con 5 punti ciascuno. Però ognuno di questi 30 libri è considerato migliore (dal singolo lettore) rispetto all’unico comune cui è stato dato 1 solo punto. Io fruitore compro il libro da 30 punti e lo trovo mediocre. Prendo quello da 5 e mi esalta. Io da questa lunghissima discussione deduco che devo non guardare al punteggio dei titoli, ma solo ai titoli, che tanto i punteggi, con tutte le loro possibili sfumature, non li trovo indicativi.

  144. @ Andrea Branco
    Lei mette il dito nella questione. Queste classifiche esprimono una media dell’apprezzamento che le novità letterarie italiane, piaccia o meno, riscuotono in quella che, piaccia o meno, si avvicina di più a somigliare alla nuova società letteraria italiana (naturalmente ancora ben lungi dal potersi considerare tale, mi affretto ad aggiungere). È chiaro che il concetto di media mal si combina con quello di eccellenza che, a torto o a ragione, siamo consueti associare al giudizio di valore in materia artistica (questa, al netto della furia polemica, era la sostanza dell’obiezione originaria di Cordelli). Ed è del pari evidente che sia “meglio” la dritta individuale dell’autorità (soggettivamente percepita come tale) che ce la elargisce individualmente, come nella situazione-modello qui evocata da Alcor. Anch’io, se esistessero oggi singoli critici massimamente autorevoli e potessero esprimere con regolarità i propri giudizi su organi d’infomazione a me continuativamente accessibili, tenderei a preferire (cioè a confidare in) questo tipo di valutazione a quella espressa da una media. Il problema però è che, per una serie di motivi sui quali non è il caso di tornare qui, questi singoli critici massimamente autorevoli, se esistono ancora, non hanno oggi modo di esprimersi con continuità ecc. ecc. E infatti io non vedo affatto, in giro, quell’evidenza di valori condivisi alla quale in questa discussione hanno fatto riferimento la stessa Alcor o Nevio Gambula. Vedo al contrario una confusione totale di categorie di giudizio, di parametri, di materia stessa alla quale applicarli. Nel film che ho realizzato, Senza scrittori, il responsabile della narrativa Mondadori, Antonio Franchini, sostiene che questa confusione è, sopra ogni cosa, «divertente». Intendendo dire che è perfettamente funzionale a una politica di puro inseguimento del massimo profitto di mercato possibile. Lo strumento delle Classifiche tenta, più o meno adeguatamente ma con la massima onestà intellettuale (checché se ne dica), di porre un limite a questa desolante deregulation. Ogni ribellione al canone – che storicamente in genere mi trova acceso fautore – si fonda sul fatto che valori stabiliti, contro i quali scagliarsi, ci siano. Oggi al sistema vigente non è possibile alcuna obiezione perché esso ha l’astuzia di non sostenere – in forma pubblica e dunque responsabile – alcuna tesi. Quella che appare una «felice» anarchia, o anomia, è in realtà segno del dominio assoluto e incontrastato di un unico e incontrovertibile parametro: quello di dio mercato. Da tempo paragonato, non a caso, alla divina provvidenza.

  145. “Ogni ribellione al canone – che storicamente in genere mi trova acceso fautore – si fonda sul fatto che valori stabiliti, contro i quali scagliarsi, ci siano”.

    “Quella che appare una «felice» anarchia, o anomia, è in realtà segno del dominio assoluto e incontrastato di un unico e incontrovertibile parametro: quello di dio mercato”

    In media: citati e calasso.

  146. “Quella che appare una «felice» anarchia, o anomia, è in realtà segno del dominio assoluto e incontrastato di un unico e incontrovertibile parametro: quello di dio mercato. Da tempo paragonato, non a caso, alla divina provvidenza.”
    scrivi tu, Andrea, in conclusione.
    La questione però, e lo sai, non è così semplice. Altrimenti non si spiegherebbe come opere studiate per il mercato siano dei flop e viceversa opere concepite per la nicchia esplodano poi anche attraverso il mercato. Perché? perché forse la variabile indipendente dei lettori, non è assoggettabile né al mercato né alla nicchia identificabile attraverso un canone di letterarietà. Io ci credo ai lettori, andrea, all’equo canone!!
    Aggiungo a questa riflessione un’osservazione. A mio parere certe letterature godono già del successo (in termini di lettori) che meritano, così dicevo di Arminio (mi riferisco all’ultimo suo libro) e di Moresco (quello dei canti del caos)
    effeffe

  147. Ottimi Biondillo e Forlani. Ovvio.

    Larry Massimo, a proposito di milanese, questa andrebbe bene qui a conclusione, prima degli auguri di Natale, neh! CIAUZ.

    Quand la mèrda la munta a scragn o la spüssa o la fà dann

  148. @Cortellessa: nel caso specifico delle classifiche e con minimo impatto sul vostro lavoro, fornire -oltre ai numerini- una qualche descrizione dei punti di forza dei libri segnalati.

    Più astrattamente: aumentare l’informazione condivisa per diminuire l’intrinseca opacità (non della vostra operazione ma del funzionamento del mondo letterario), fermi restando i punti di necessaria cautela descritti da Alcor ed altri.

  149. Ma questo Senza scrittori, Cortellessa, riusciremo a vederlo anche noi? C’è un dvd, una proiezione? Grazie. Andrea

  150. (ANSA) – BRUXELLES, 11 DIC – Rischia di avere vita breve la pizza napoletana ‘Doc’, cioe’ il prodotto che appena nel 2009 – dopo una battaglia durata anni e anni – ha ottenuto dall’Ue il riconoscimento europeo di Specialita’ tradizionale garantita (Stg). La proposta approvata oggi da Bruxelles per rafforzare la politica di qualita’ degli alimenti in Europa prevede infatti di sopprimere quelle ‘Stg’ che non hanno protetto il loro nome, come appunto la ‘Pizza Napoletana’, ma solo la ricetta. Lo hanno indicato all’Ansa esperti comunitari spiegando che – se la proposta della Commissione sara’ accolta dal Consiglio Ue – la ‘Pizza Napoletana Stg’ potrebbe sopravvivere al massimo per un periodo transitorio che finirebbe nel 2017. L’Italia, sostengono gli esperti, per salvaguardare il marchio Sgt dovrebbe quindi presentare una nuova domanda di Registrazione all’Ue con l’aggiunta di un’altro termine all’attuale denominazione: ad esempio ‘Pizza Napoletana Verace’ o ‘Pizza Napoletana Tradizionale’. Insomma, e’ il ragionamento degli esperti, si vuole ridurre al minimo il rischio che il consumatore possa essere tratto in inganno evitando che si possa trovare davanti sia a una ‘Pizza Napoletana Stg’ – che deve rispettare precise regole di produzione – che a una ‘Pizza Napoletana’ che di napoletano ha solo il nome. (ANSA).

  151. @effe

    prego:-)

    @Andrea

    vorrei chiarire, non ho fatto riferimento a un’ «evidenza di valori condivisi», magari, tutto sarebbe più semplice, ma anche più noioso, le cose che ho imparato da giovane al di fuori della sede deputata al canone, che era l’università – canonica e canonizzante, certo, ma anche sempre, almeno allora, di un pelo in ritardo nella trasmissione del sapere rispetto alle nostre esigenze – sono state, se non maggiori, almeno altrettanto importanti. Se posso fare un esempio: ho sentito parlare per la prima volta della Weil a vent’anni, da un’amica di poco più grande di me che ne aveva sentito parlare da Traverso che a sua volta l’aveva conosciuta attraverso la Campo che l’aveva conosciuta attraverso Luzi, credo. E così dunque ho sentito parlare per la prima volta anche della stessa Campo. Valori “condivisi”? negli anni ‘60? in Italia? Direi piuttosto valori di settori molto specializzati, se non marginali, della cultura italiana. La stessa amica mi ha indirizzata a Philip Dick. Solo per dire che la palette era piuttosto ampia ed eccentrica ed “esterna” all’autorità deputata.
    Lo mismo posso dire per Benjamin, del quale mi ha parlato per primo, sempre a vent’anni, un compagno di università che tra l’altro lo chiamava Uolter Bengiamin e se l’era scoperto da solo frequentando una di quelle scomparse agenzie Einaudi dove tutti avevamo un conto. Benjamin non si aggirava nelle aule allora, ma nei cortili, e nei bar.
    Persino di Sraffa ho sentito parlare al tavolino di un bar.
    E’ diverso oggi? non so.
    Lo scambio e la condivisione tra pari che si sceglievano liberamente i loro referenti erano molto più proficui dell’autorità, che allora tra l’altro ci era generalmente invisa, com’è noto.
    C’era una società letteraria? Boh, c’era, sì, ma noi eravamo troppo giovani per farne parte, era lontana, fatta di adulti quasi sempre inarrivabili, tuttavia eravamo lettori avidi e curiosi e per nulla disposti a farci imbeccare passivamente. Quelli, credo, ci sono anche adesso, e come allora sono purtroppo una minoranza e gli va dato quel che chiedono. Poi magari non chiedono le cose che chiedo io, è possibile.
    Le informazioni mi arrivano anche oggi con le stesse modalità con cui mi arrivavano allora, e arrivano oggi a chiunque altro, attraverso lo scambio con persone anche non pubblicamente autorevoli ma alle quali riconosco una certa attendibilità e di cui conosco gli orientamenti. Facciamo l’ipotesi che x, y e z mi segnalino un libro, anzi, guarda, facciamo che tu, Franchini, Mimmo Scarpa e Berardinelli mi segnaliate un libro, se ho letto tutti voi e vi ho inquadrati, saprò più o meno che cosa aspettarmi da ogni segnalazione e valuterò a seconda di chi mi parla e anche a seconda di come me ne parla.
    E proprio perché quei valori condivisi non ci sono.
    Il lettore, qualsiasi lettore, non è quasi mai un vaso vuoto, vive nello scambio di persone di cui si fida, critici, ma anche – e oggi soprattutto – lettori come lui. Per fidarsi – e non dico, ovviamente, per fidarsi della loro onestà personale, che è scontata – è meglio, o almeno così la penso io, che sappia chi sono i suoi referenti.

    Mi scuso per gli accenni personali, che di solito non faccio, ma era solo per ribadire che le modalità con cui si arriva ai libri sono molte e non sempre lineari e non sempre canoniche, soprattutto quando si è giovani, come quelli che dovrebbero trarre oggi il maggior beneficio dalle classifiche.

    Mi rendo anche conto che questo discorso è in qualche modo laterale, rispetto al tuo, che la situazione culturale del paese è profondamente cambiata rispetto a quarant’anni fa, come quella dell’università e dell’industria libraria, e che, aggiungo, per quanto riguarda la letteratura propriamente detta, la letteratura colta, diciamo, per utilizzare la stessa differenza che si usa per la musica, la sua trasmissione dipende molto di più e più linearmente dall’autorità di quanto non ne dipenda il dibattito delle idee. Ma la ricchezza dell’informazione – e in questo concordo pienamente con l’intervento di effe delle 16:04, – abortisce se non considera il lettore un interlocutore attivo ed esigente e detentore di diritti. Lasciamo che sia l’industria libraria a considerarlo un mero utilizzatore finale.

    Ti prego, e prego tutti, di non vedere in nessuna delle parole che ho usato intenti polemici, sono la cosa più lontana dalle mie intenzioni, vorrei dialogare, se è possibile.

  152. @ andrea cortellessa

    ringrazio per la limpida descrizione della deregulation letteraria, tristemente vera anche in politica.

  153. questa discussione ha preso vie tortuose e rancorose in modo inspiegabile, per chi la legge “dall’esterno” come me.
    hanno perso la misura (ma entro certi limiti) anche alcuni indiani solitamente tutt’altro che polemici.
    da parte mia, mi limito a ringraziare

    Andrea Cortellessa

    per le reiterate e precise spiegazioni, e per la pazienza mostrata verso commentatori che nei suoi confronti non sono stati esattamente corretti e lucidi.

    solo una mia osservazione: mi trovo d’accordo con Alcor sulla richiesta di trasparenza di voto. Se è vero infatti che il voto segreto protegge i “giurati” dalle solite malelingue, è altrettanto vero che l’interesse del lettore a sapere per chi ha votato il suo critico di riferimento ha un suo perché: che mi sembra più importante, se mettiamo al primo posto – come dovrebbe essere – la lettura dei libri e non le preoccupazioni tutte italiane su come evitare il fango dei soliti noti.

  154. @ Lorenzo Galbiati
    Grazie. In ogni caso mi scuso anch’io, con tutti, per l’eccesso polemico cui mi sono lasciato andare (nei confronti di Larry Massino). Il problema della trasparenza cui anche tu ci richiami, però, non prevede soluzioni intermedie. Il voto o è segreto (e molti solo per questo non possono darci fiducia, o più semplicemente non sono interessati: perché vogliono sapere esattamente per chi ha votato la singola persona che stimano – ma questo appunto non rientra nel meccanismo delle “medie” che ho provato a spiegare) o è palese (e allora gran parte degli scrittori-elettori non vorranno più partecipare; e comunque mi sentirei di prevedere, nel caso, risultati più conformisti nei confronti dell'”air de famille”, non certo meno). Noi possiamo solo sforzarci per mettere a disposizione, come nello spazio «Stephen Dedalus», luoghi di approfondimento e discussione, oppure a non ritrarci dalle discussioni che, come in questo caso, pur con modalità pesanti, comunque di svolgono.
    @ Alcor
    Io per motivi ovvi non ho vissuto gli anni di cui mi parli. Un ventennio dopo, più o meno, quando cioè mi sono formato io, avevo invece l’impressione che all’università, o in libreria, o persino attraverso le pagine culturali dei giornali, i “valori” reali mi venissero messi a disposizione. Naturalmente una scala di valori non è, non dev’essere, un oggetto rigido. Prevede che chi la utilizzi si rapporti con essa, prenda da essa quanto gli serve, e butti via il resto. Io infatti quelle scale, all’epoca, naturalmente le contestavo – in quegli anni ero attratto per esempio dall’ultimo movimento d’avanguardia che abbia provato a fare capolino in questo paese, il Gruppo 93 – però conoscevo, con buon grado di approssimazione, quello che stavo contestando. E uno strumento fondamentale – che però retrospettivamente mi pare funzionasse piuttosto bene anche negli anni Sessanta – erano le collane editoriali. Di saggistica, ma soprattutto di narrativa e di poesia.
    Oggi, passati altri vent’anni, mi pare che tutti questi luoghi non riescano più ad assolvere la funzione di cui stiamo parlando. L’informazione c’è, anzi oggi ce n’è molta più che in passato attraverso la rete. Ma non riesce a coagularsi attorno ad autori-chiave, a questioni forti (che interessino cioè, almeno tendenzialmente, l’universo della comunità letteraria), ecc. Le grandi discussioni mediatiche (penso a quella che si è provato a imbastire attorno a Fame di realtà di David Shields) non fanno altro che ripetere, pari pari, discussioni appunto di vent’anni fa. È per questo che io, che appunto vent’anni fa vedevo come il fumo negli occhi una sola disciplina letteraria, la sociologia della letteratura, ho avuto in sorte il contrappasso che l’unico mio prodotto che abbia riscosso un interesse reale sia stato un lavoro sostanzialmente di sociologia della letteratura come Senza scrittori. Ma non è stato un caso. Perché a un certo punto mi sono reso conto che o proviamo a ricostruire un senso comune, e dotarci degli strumenti di cui sopra (ovviamente aggiornati ai tempi cambiati), o la deregulation sarà la nuova “regola”. Come già per molti versi si constata.
    @ Andrea
    Una prova che l’informazione letteraria è quantitativamente molta ma qualitativamente scarsa (e dunque non serve a niente) è che io di questo film credo di aver fatto ormai una ventina di anteprime, tutte corredate di consistentissimo dibattito, in una quindicina di città italiane diverse (l’ultima a Roma l’altroieri), ma lei non se ne sia accorto.

  155. @Andrea

    Io invece ho sempre avuto un occhio di riguardo per la sociologia della letteratura – e per l’economia – che sebbene non vadano a toccare il valore “intrinseco” delle opere, ci fanno capire alcuni meccanismi che intervengono pesantemente sulla loro distribuzione, recezione, diffusione e alla fine anche, ahimè, sull’attribuzione di valore.
    Non aprirò qui il konvolut, e perché le mie non sono per mancanza di strumenti specifici riflessioni di gran peso e anche perché non potrei seguirlo, ma butto lì due accenni. Un libro è come un giano bifronte, da una parte ha “valore letterario”, dall’altro ha “valore commerciale”. E’, che lo si voglia o no, merce, o aspira a diventarlo [a meno che non sia una stampata che si fa girare tra amici, persino i blog personali rientrano in modo complesso nel circuito delle merci] e non solo è anche merce, è merce in un modo molto più complesso, e variegato, e massiccio anche nell’offerta, di venti, quaranta, sessanta anni fa.
    Nella massiccia offerta della merce libro, valgono, credo, benché le resistenze a considerarla tale siano forti e anche simpatiche, le stesse modalità dell’offerta di merci diverse.
    Le collane editoriali d’antan vivevano in un regime, se non di monopolio, di molto maggiore semplificazione, anche ideologica. Se questi luoghi, che tra l’altro si sono ampiamente sfrangiati, non riescono più ad assolvere la loro funzione, è per ragioni indipendenti da una sola volontà.
    Quando dici « L’informazione c’è, anzi oggi ce n’è molta più che in passato attraverso la rete.» è uno dei punti. L’informazione oggi è molto più ricca che in passato per tutto, non solo per il libro, e produce nicchie di lettori-consumatori. E i lettori- “consumatori” chiedono, tra le molte cose, informazioni sulla merce. Quando dici «Ma non riesce a coagularsi attorno ad autori-chiave, a questioni forti (che interessino cioè, almeno tendenzialmente, l’universo della comunità letteraria)» è perché questo “universo” ha molto accentuato la sua natura di sistema di pianeti, o anche, che mi piacerebbe di più, di arcipelago, a svantaggio di una sua immagine unitaria. Le questioni forti hanno molto maggior possibilità di venir sentite come tali quando toccano il destino degli uomini in generale, piuttosto che quando toccano frammenti di destino, com’è il caso delle opere letterarie oggi. Un’opera che pur indirizzando la luce su un frammento di destino riesca a illuminare quella parte di destino (anche linguistico) che è sentito cruciale per tutti, è cosa rara. Per questo, tra l’altro, capita anche a me come a Capone e credo come a molti altri, di inziare e raramente portare a termine la lettura di un testo di narrativa, cosa che non mi capita quasi mai con la saggistica o con altre scritture non narrative. Persino la poesia, nonostante l’enorme quantità di opere e autori, si sfila in qualche modo da questa sorte disgraziata.
    A svilupparlo sarebbe un discorso lungo e, temo, un’incubatrice più che di discussioni, di polemiche per le quali anch’io, come Casadio, preferirei una discussione in diretta. Ma non voglio tediare più nessuno, un saluto e auguri di Natale e soprattutto Buon Anno a tutti voi.

  156. uno dei tanti guasti dell’italia odierna è il fatto che appena qualcuno riceve qualche apprezzamento viene percepito come un trafficante.
    si può arrivare con grandi fatiche e completa innocenza a ottenere qualche riconoscimento (questo penso sia il mio caso ma anche di tanti altri).
    a questo punto c’è sempre qualcuno che immagina di essere più onesto di te, meno corrotto, qualcuno che attribuisce i riconoscimenti che non gli arrivano con il fatto che sono arrivati ad altri. questo fenomeno, insieme a tante altre ragioni, impedisce il riconoscimento degli autori chiave e ci porta anche in letteratura all’autismo corale…..

  157. Stamane il professor Cortellessa ha indossato la maschera del mite comunardo, chiedendo scusa a destra e a manca, addirittura a me che mi permetto quando mi pare di insolentirlo trattandolo da paria a paria… si vede che si attiene al precetto che la notte porta consiglio. Anche io lo faccio, ma nella versione estrema di un eccentrico scrittore francese minore dello scorso secolo di cui non ricordo il nome: dato che la notte porta consiglio, non manco mai di dormire con la pistola sotto il cuscino. Tuttavia… sono ancora vivo… E anche oggi vegeto… nel senso che poltrisco a meraviglia. stante così le cose, immagino che la prima cosa da mettere in agenda, oggi, sia chiedere a mia volta scusa al professore per le mie intemperanze, sopraditutto per la mia irriverenziale sfacciataggine di rivolgermi a lui con insolenza inusitata, come fossimo tra paria a paria…

    Intemperanza egotica. Per la seconda cosa, stamane, chiedo aiuto a tutti quelli che mi vogliono un po’ di bene (se ce ne sono…), perché da ieri sono a rischio: mi sto alcorizzando. Proprio lei, che mi odia dal primo momento che mi ha letto qui. Ma è così, lo so, suscito odio, e anche il suo contrario, magari prima l’uno poi l’altro nella stessa persona (dove sono finite Lucia, Rita che facevo ridere, Maria, Francesca che facevo incazzare?). Va spesso a finire che le cose si rovesciano. Infatti quasi sempre, quando incontro qualcuno che mi mostra amore immediato, penso che va a finir male. Al contrario, quando incontro qualcuno che ferocemente mi odia, va spesso a finire che è l’unico a proteggermi. Sono fenomeni strani del comportamento che si potevano una volta imparare nei libri di dialettica, più o meno negativa, o di strambi filosofi come Kojevé, che hanno insegnato a mezza Francia, attraverso i suoi discepoli, come il pensiero si comporta…

    Pur’io, allora, voglio spiegare, almeno ai miei paria, com’è andata con i’ letterativo. Dapprima leggevo i giornali nelle pagine dello spettacolo e dello sport. Avrò avuto non più di dieci. Anche i fotoromanzi Lancio di mia sorella, mi ricordo che c’era la sorella bella di Ornella Muti, che mi pareva una dea. Poi, intorno 15-16 cominciai a comprare il giornale in edicola. Il babbo era comunista che la domenica comperava l’Unità. Io che potevo comprare in edicola per sgallettare almeno in casa? LOTTA CONTINUA… Ci ho messo tanti anni a capire che si poteva anche chiamare FAMIGLIA CONTINUA. Per il resto, nei miei ricordi rimane un bel giornale. Alla casa del popolo c’era un cazzeggiatore professionale che lo chiamava POTTA CONTINUA, per via che con noi un poco più estremisti ci erano le ragazze, che al circolo i comunisti regolari non avevano mai visto. Il cazzeggiatore, comunque, faceva ridere tutti, anche noi, anche le ragazze…

    Poi cominciai a leggere i libri, per via che nella mia città tessile alla cultura ci si teneva parecchio, specie al teatro. Allora io mi misi a leggere Dario Fo, che in tv dava scandalo anticlericale ma io lo vedevo a casa di un monsignore. Davvero! Poi Pirandello e Brecht e un sacco di altri fino ai tragici che se non leggi in greco che li lèggi affa’? No, leggere li puoi leggere: ma come ti permetti di metterli in scena? Vabbuò, non so com’è andata, ma dal Pirandello teatrivo passai a quello letterativo, e mi innamorai della Sicilia e quindi andai con ordine e mi lessi Verga, Tomasi, Brancati, Sciascia (poi D’Arrigo, Pizzuto, Bufalino e qualche altro di Sellerio, anche un giallista bravo che non ricordo il nome che non è Camilleri maanche Camilleri che è comunque un bello spirito). Com’è come non è mi ritrovai in una biblioteca oscura che la dritta via… e c’erano i libri a vista che potevi prendere e rimettere. Allora io prendevo e rimettevo, prendevo e rimettevo. Nei due tempi leggevo. Se mi piaceva. Altrimenti no, che non dovevo rendere conto a nessuno. L’avrò fatto per una decina di anni dalla mattina alla sera. Passavo da uno che mi piaceva a un’altro affine, magari fonte del primo, o viceversa trattato dal secondo in termini di suo studioso, senza farmi dire dai giurati di qualità, ma approfittando dell’apporto di alcune riviste tipo Alfabeta 1, che se non leggevi i francesi Lacan, Derrida, Deleuze, Baudrillard, Guattari, Lyotard, Foucault, Bataille, Blanchot, Barthes, Queneau ecc. eri proprio un pezzente. E io un pezzente non ero. Almeno non volevo sembrarlo. Approfittavo anche dell’opinione di amici stimati, magari di loro libri in prestito. Con questo metodo, usando i libri delle biblioteche e comprando quello che le biblioteche non avevano, ho letto, anche a fondo, tanta romanzeria non ortodossa, lo stesso la poesia, la saggistica, la filosofia, l’epistemologia, la linguistica, l’antropologia ecc. Sia tradotti che affaticandomi nelle loro originali versioni.

    Giusto per dire, cari Biondillo TU e Effeffe, che concordo con voi, che l’autore deve scrivere i libri, possibilmente belli, ma poi li deve lasciare in pasto al fato, che non sempre gli è immediatamente favorevole. E li deve lasciare al lettore, che gli ha da essere considerato creativo anche lui medesimo: uno che se vuole legge, classifiche o non classifiche il modo lo trova. Se non vuole, tanto vale che si tenga davanti al cesso il Reader’s Digest. O no? Se poi è un non lettore conformista comprerà i libri della classifica di vendita ecchissenefrega se rimangono intonsi nei loro bei scaffa letti quasi sempre rococò. Ma noi mica si vuole un lettore di qualità che non legga i bei libri per metterli anche lui nei bei scaffa letti rococò, così come già fa lo spettatore cinematografico di qualità coi suoi dvd di cinema autoriale? Questa distribuzione di bollini di qualità ai libri che garbano a noi, insomma, siami (pl) sicuri che sia la soluzione? Senza voler offendere nessuno, io propendo a pensare che sia la parte più complicata del problema.

    Ps: spero davvero nel metodo sperimentale auspicato da Il fu GiusCo

    Ps2: il gossip qui ricevuto circa la Avallone che si vende sulle autostrade mi tormenta da giorni… Ora chi glielo dice a D’alema? Ma sarà vero? Sembra una ragazza così perbene… E in che tratto?

    Ps3. mi impegno a prescindere a riconoscere qualunque merito a Franco Arminio. Qualunque.

  158. signor lm
    non ho bisogno dei suoi riconoscimenti.
    l’epoca che viviamo e gli io in cui abitiamo richiedono comunque di fare i conti con una certa dose di narcisismo.
    io sono morto da tempo e per questo ho dato perfettamente la voce ai morti del mio ultimo libro.
    sono un morto che aspetta la vita e non un vivo che aspetta la morte….

  159. Alcune osservazioni indirizzate alla Classifica si inseriscono in un contesto cercando di far assumere a quel contesto quasi soltanto i connotati identitari che lo disegnano, senza avvedersi che nessun contesto è determinato solo dal paesaggio attorno, ma anche da paesaggi distanti (e tempi distanti).

    Mi spiego, specifico.

    Una società piramidale anche se democratica (=la base larga vota per eleggere quello che è comunque un vertice, e governa “in rappresentanza” della base) continua a reggere le fila – anche sul piano dell’immaginario – di una ormai attestata (nelle comunicazioni) società reticolare.

    Il mezzo è il messaggio ma è anche l’aria che lo trasporta, e che i messaggeri respirano, ed è ciò in cui i messaggeri medesimi pian piano si trasformano. Dunque una società la cui base linguistica, comunicativa, culturale sia la rete, sempre più va a trasformarsi in questa. (Ma non in tutto: le file si fanno sempre secondo un ordine seriale, i corpi occupano ancora fisicamente uno e un solo spazio, la bocca è portata ad articolare una sola frase per volta, ecc.)

    Essendo il denaro entità dualista e medievale, la società dello spettacolo manovrante miliardi è addirittura pre-democratica (e profondamente amante della serialità; dei corpi che mette in fila e delle bocche che colonizza, serialmente, seriamente). Rientriamo dunque d’un balzo da una posizione apparentemente OT al tema del post:

    La società letteraria non spettacolare tenta di essere democratica. Fa tentativi in tal senso, però, attraverso strumenti che ancora non sono o non riescono a essere reticolari.

    Dunque le critiche della rete al contesto democratico vertono sull’essere il suddetto contesto “solo” democratico (o oligarchico: 200 giurati, non 50 milioni di italiani) e non reticolare.

    Quello che però la rete non vede, è che

    1) Una società reticolare mantiene per non illogiche ragioni storiche e perfino di conduzione materiale politica delle cose, una struttura gestionale piramidale (o trapezoidale! a vertice superiore allargato).

    2) L’incapacità di essa rete di proporre alternative propriamente reticolari è dovuta (PROBABILMENTE, cosa non verificata) all’indisponibilità della stessa rete ad articolare formare stabilire costruire, per i corpi e le voci, strutture selettive mantenendo però l’orizzontalità che le è appunto propria. (L’orizzontalità, che esclude il taglio verticale, ha non solo il rischio di un certo livellamento ma proprio il risultato, e anzi il pregresso obiettivo, della non-selezione). {In ciò sposandosi – detto per inciso – alle brame di riscatto del sottobosco; che però togliamo ora dal nostro orizzonte di analisi}.

    3) Se il sistema democratico o oligarchico venisse sostituito da un sistema integralmente reticolare (50 milioni di italiani e non 200 giurati) la complessità di gestione dei flussi di dati richiederebbe non una struttura piccola ma addirittura uno Stato per validare i risultati e comunicarli.

    4) L’attenzione che la rete dedica a trasparenza e controvertibilità dei risultati ottenuti da una votazione di carattere democratico (o oligarchico: 200 giurati invece della totalità dei leggenti la lingua italiana anche non letteraria) è paradossalmente più occhiuta, diffidente e totalitaria di quella solitamente messa in atto da strutture piramidali o trapezoidali: queste ultime prevedono dei sistemi di controllo dei dati e dei risultati delle ‘elezioni’, e a quelli si affidano; la società reticolare al contrario è non lievemente paranoide, e non smette di controllare se stessa, nella (irrealizzabile e davvero borgesiana) ossessione della “mappatura fedele”, che in realtà non renderebbe ‘giustizia’ a niente e a nessuno perfino e anzi proprio se arrivasse a coincidere punto per punto col territorio da “controllare”. Le direttive gridate “Oggettività! Trasparenza!” non potrebbero essere ottenute nemmeno all’interno della stessa rete, infine. Perché l’unica oggettività-trasparenza che darebbe soddisfazione ai paranoici reticolanti dovrebbe coincidere con l’insieme (daccapo reticolare e sfuggente) dei nodi della rete stessa, nemmeno diversamente disposti.

    La rete è lo specchio del sistema neurale che in piccolo gestisce il cervello e in grande la società. Ma raramente uno specchio – a sua volta specchiato – è di qualche utilità per far altro che (tentare di) prendere atto di uno stato di cose. Per passare su un piano selettivo, per prendere una decisione, scegliere, amare, insomma vivere, è imprescindibile – almeno di tanto in tanto – umanamente rinunciare all’ossessione del controllo e uscire dal quadro dello specchio. Solo smettendo di osservarsi “ossessivamente” si opera nella realtà fisica, reale, anche seriale, ingovernabile, incircoscrivibile.

    Concludo.

    Se tutti prendessero cioè interpretassero il Dedalus come uno strumento non reticolare, certo imperfetto (come la rete), ma certo non antidemocratico non mainstream e non pilotato dal denaro delle majors, per affiancare e magari correggere o proprio scalzare i dettami delle classifiche mainstream invece pilotate e prevedibili, e se tutti prendessero i risultati della Classifica Dedalus come suggerimenti e non come direttive, tutto sarebbe meno teso, ogni dialogo meno puntiglioso. Non perché conflitti non debbano esserci. Anzi. Ma perché questi diventerebbero scontri di opinioni sul merito dei testi, su analisi e stili e forme e temi; e quindi non comparirebbero nella forma di ricorrenti e infine estenuanti critiche di principio che lasciano in effetti in chi legge l’impressione che ogni strumento per migliorare l’esistente fa fatica a lavorare non solo per le responsabilità imputabili all’esistente medesimo.

    NB: la “classifica” è intrinsecamente “verticistica” e piramidale. Il rifiuto di “ogni” classifica dovrebbe essere la base delle critiche mosse da parte della rete e dell’orizzontalità. L’accanimento contro la classifica Dedalus ha allora o il connotato di livore che veniva citato sopra, o è difficilmente comprensibile esattamente in considerazione dell’identità dei soggetti che emettono le critiche.

  160. Quante polemiche, noiosissime. Chevvefrega del come e dove e quanti e chi. Ammaniti non lo avrei messo nemmeno al settantesimo posto, Policastro al quarto mi ha sorpreso ma si tratta di spunti, no? Idee.

  161. @egregio/a signor/a op aque

    questo suo intervento piuttosto complesso sembra Lacan, ma che dico Lacan, sembra l’arzigogolato Verdiglione, Armando, che si diceva suo allievo, invece era allievo di Craxi e fu arrestato come un mariuolo qualsiasi perché lo accusarono di derubare i propri pazienti, magari ingiustamente, non so… (non so neanche che fine abbia fatto, magari è lei, Verdiglione…). Insomma, tutta questa pippa per dire che chi critica è un represso? Non va bene. Non va bene prima di tutto perché lo stesso si potrebbe dire di chi fa le classifiche di qualità: si potrebbe dire che le fa perché non vende abbastanza e usa le proprie sentenze come clava per menare quelli più popolari, magari per infangarli, accusandoli di vendersi negli autogrill…

    Ma la questione principale è quella relativa ai congiurati che si classificano regolarmente nei primi posti, facendo nascere il sospetto che ci sia qualcosa di non del tutto pulito nei risultati. Vuol dire che il premio si è dato una forma organizzativa poco trasparente, vale a dire sbagliata. In uno Stato di Diritto ciò non va bene, perché in uno stato di diritto le forme debbono salvaguardarci dal male, maanche, il più possibile, dal sospetto che si stia facendo del male. In uno Stato Etico, al contrario, bisogna fidarsi dell’autorità, che è buona a prescindere e sostanzialmente ingiudicabile perché sta facendo il bene del popolo. Lei vuole lo Stato Etico? Voi volete lo Stato Etico?

  162. Effettivamente, se l’intento è quello di proporre nomi altri e alternativi lavori non allineati a strategie aziendali, o commerciali, non si capisce che ci facciano in una simile classifica i vari Ammaniti, ad esempio, come pure Cotroneo con la sua prosa esile, Eco, Piperno e Veronesi.

    Di contro, la classifica della poesia tende a rappresentare quasi per intero il parlamentino in versi: dalla Copioli alla Lorusso, più intrigante la seconda, più araldica la prima; da Mussapi a Mesa e Giovenale, passando per Pusterla, Testa e una serie di outsiders: Vallerugo, Febbraro, Gualtieri, Guglielmin. Questa rappresentazione di varie aree o tendenze depone a favore dei giurati, presumibilmente non allineati a un unico standard, forse.

    @Larry Massimo

    Gent.mo, le faccio notare che due tra i migliori titoli di poesia del 2010, per il semplice fatto di appertenere a due giurati, non sono stati neppure presi in considerazione: e la cosa ha falsato non poco i valori in campo: mi riferisco ai lavori di Massimo Gezzi e di Guido Mazzoni.

  163. @Manuel
    secondo me quello di Giuliano Mesa resta il più bello. D’accordo che bisognerebbe dire perché, e poi come, e poi quanto, però credo nessuna parola valga quanto quella diretta della pagina
    effeffe

  164. Ciao francesco, probabilmente hai ragione, e devo confessare che non l’ho ancora letto, non l’ultimo. Lo cercherò in questi giorni nell’urbe. saluti estivi.

  165. Scambiare una pacata complessità per un maligno arzigogolo potrebbe essere giustappunto un tratto & cicalino allarmante a rivelazïon di personalità paranoide, Massino. No?

    Quando la pertinenza di un’analisi a una situazione si fa sostenibile o almeno plausibile non per un posizionamento strategico dell’analizzante, ma forse per un qualche rapporto reciproco [di reciproco riflesso, di non differente complessità] tra analisi e situazione, l’analizzante diventa intollerabile. Esce dal quadro dei partiti, dalla ‘strategia’. (E allora via alle domande: stai con la Classifica? e perché? chi sei? chi sei tu che parli? la canna o il can di verdiglion? eticetera).

    Mai considerare gli argomenti, sempre l’argomentante, nevvero?

    Andremo tuttavia per gradi. Qui chiudo per breve tempo. Ma prima:

    Si domandi, non gentile Massino, a che pro mettere “potrebbe essere” in corsivo, nel primo paragrafo di questo mio commento.

    [ la soluzione nel prossimo ] [commento, ovviamente]

  166. @egregio/a signor/a op aque

    Il vostro ragionare, da paranoide quale modestamente sono, continua a somigliarmi all’arzigogolare.

    Comunque, per amor di analisi, voi come lo chiamate uno che comincia con il dare del paranoico al suo interlocutore e dopo neanche dieci righe si lamenta in questi termini: ” Mai considerare gli argomenti, sempre l’argomentante, nevvero? ” Per la chiamata definitoria fate voi. Io aggiungo solo che le vostre parole di risposta mi confermano che non siete un interlocutore da prendere in considerazione. D’altra parte, scusate la sincerità, che eravate per me poco interessante l’avevo capito subito e non l’ho nascosto; infatti la risposta, sebbene indirizzata a voi, non era una risposta a voi… voi la retorica l’avete studiata di sicuro, sapete di certo di quella figura che spiega il parlar a nuora perché suocera intenda.

  167. Soluzione:

    il corsivo (“Scambiare una pacata complessità per un maligno arzigogolo potrebbe essere giustappunto un tratto & cicalino allarmante a rivelazïon di personalità paranoide”) indica che – non paranoicamente – l’/la egregio/a signor/a op aque non ritiene il suo interlocutore senz’altro paranoico.

    E dunque non lo apostrofa in tal modo con certezza di diagnosi. (Ma nel prossimo commento avremo ancora una sorpresa: follow the thread!)

  168. @egregio/a signor/a op aque

    senz’altro non c’è niente di male a frequentare le ipotetiche, ma tutti sanno che i servizi linguistici che forniscono sono a pagamento. non volerli pagare, i servizi linguistici delle ipotetiche, non è giustappunto da persone ammodo.

  169. Allacciare qualche loop e spietta linguistica sarà utile. (Anche se inefficace, prevedibilmente).

    1) Nel commento 23 dic. h. 16:55 (https://www.nazioneindiana.com/2010/12/16/classifiche-pordenonenelegge-dedalus-dicembre-2010/#comment-145006) nessuno nomina o si sogna di nominare Massino. Che però si sente chiamato in causa.

    2) Egli marzulleggia invocando Lacan e poi lanciando lui l’epiteto Verdiglioxi al suo (?) “interlocutore” o “interlocutrice” (ossia all’egregio/-a op aque che per niente se lo fila/-ava).

    3) Se il Massino – in risposta all’eroico lancio d’epiteto – si sente dire “mai considerare gli argomenti, sempre l’argomentante, nevvero?” ipso facto rovescia l’accusa che pensa di sentirsi rivolgere (di paranoia) sull’argomentante medesimo (-a).

    4) Nello stesso commento, Massino passa dal “lei” – di commenti precedenti – al “voi”, aggiungendo: “le vostre parole di risposta mi confermano che non siete un interlocutore da prendere in considerazione” e “che eravate per me poco interessante l’avevo capito subito e non l’ho nascosto”. Tutte cose niente affatto richieste. Ma evidentemente a lui necessarie.

    ((continua))

  170. Sto per portare mia figlia a comperarsi un cellulare. Non ho tempo per commentare. Lo farò appena torno. Scrivo ora per vedere se il sito funziona. Non sono pratico. Il mio romanzo Les nouveaux anarchistes pubblicato con Transeuropa ha avuto 6 voti. Sono 17° pari classifica con altri. Mi è sembrato una medaglia al merito.

  171. Volevo dire, in breve, che le argomentazioni ineccepibili di Casadei e Cortellessa andrebbero meglio valutate senza imbrogliare le carte con zaffate di contumelie e caccia alle streghe. PordenoneLegge tenta di storicizzare il presente proponendo con la sua classifica un’ipotesi di futuro per la narrativa italiana. Dico ipotesi, perché i quasi 200 lettori accreditati non credo siano chiamati a votare sistematicamente, e in questo aspetto casuale, frammentario, deducibile e reversibile, sta, forse, l’aspetto più interessante di questa iniziativa. Iniziativa che esprime una tendenza, come il primo posto a Belpoliti e il secondo a Raimondi. Se Raimondi è storicamente uno dei massimi italianisti del ‘900, la nostra attualità ha ora più bisogno di Belpoliti. Belpoliti non potrà mai assumere il ruolo di Raimondi nel mondo della tradizione umanistica, ma oggi il critico coraggioso e spericolato, innovatore non può essere Raimondi. Per la narrativa, che è quella che attualmente mi sta a cuore, convengo che aprire un forum o che altro che giustifichi le ragioni del voto sarebbe un traguardo importante, ma, alla fine, se non si giungesse a questo resta l’importanza rizomatica di una classifica che in parte già storicizza l’importanza di un narratore (vale l’esempio di Siti) e in parte mette in luce autori esordienti o esorditi dando loro un’angolazione di merito.

  172. Concludendo. Massino dice in un commento che “in uno stato di diritto le forme debbono salvaguardarci dal male, ma anche, il più possibile, dal sospetto che si stia facendo del male” (corsivo mio). Finalmente. Finalmente.

    È di quasi commovente importanza questo riferimento al sospetto, perché (parola grossa, via daccapo col corsivo:) invera, almeno un po’, suvvia, quanto si sussurrava.

    Ecco allora una risposta: è vero, in uno stato di diritto le forme debbono salvaguardarci dal male, sì; ma è altrettanto vero che molti cittadini, non solo nello stato di diritto ma in qualunque altro stato e contesto, non rinunceranno a nessun prezzo al loro profondo nutrientissimo proprio ipercalorico “sospetto del male”, nemmeno in presenza di una certezza del bene, o sospetto del bene.

    (Attenzione: “non rinunceranno al sospetto del male” significa sempre invariabilmente anche “non faranno NESSUNA concessione, nemmeno per distrazione, a qualsiasi anche pallido sospetto di bene”).

    Sommamente importante, per alcuni tratti caratteriali, è diffidare a prescindere (alé, à la De Curtis).

    Da ciò, come la mela sulla cocuzza di Newton, sgorga limpida fresca sorgiva l’impossibilità/inutilità di dire o fare alcunché per dare rassicurazione circa la propria buona fede e buon operato, da parte di qualsivoglia classifica.

    Vuoi mettere – da una parte – la palla di dover pensare che Mesa o Ceriani o Donati o Giovannetti o Alfano o Parmiggiani siano stati segnalati dalla Classifica perché meritevoli; CONTRO – dall’altra parte – l’orgasmo di sospettare che Siti Cordelli Nove Pusterla De Angelis Belpoliti Raimondi Buffoni Magrelli svettino in classifica per oscure trame dei giurati del Dedalus?

    Su, non c’è storia. Fine.

  173. sì, in questo senso: che ad alcuni commentatori – in questo thread e altrove – le classifiche Dedalus non servono a dire “toh c’è un libro che non conoscevo, vado a dare uno sguardo”; ma a dire “io ho commentato” (negativamente, chiaro).

  174. La classifica è interessante, mi ha permesso di scoprire due libri diversi come quello di Bonetti e quello della Tomassini. Direi che è uno strumento utile soprattutto per i nuovi che altrimenti si perderebbero nel mare delle pubblicazioni. Per i più affermati, invece, si tratta di una conferma (spero) meritata e non frutto di pressioni indebite.

  175. @manuel cohen
    Hai ragione da vendere: lavori commerciali come quelli di Ammaniti, Cotroneo, Eco, Piperno e Veronesi non dovrebbero comparire, mi sembra, in una classifica che pone come essenziale la necessità di far emergere una letteratura che apra nuove strade, nuove possibilità. Estranee al mercato, naturalmente.
    @Andrea Cortellessa
    Lei dice che la presenza di autori noti insieme ad altri meno noti sia virtuosa per entrambi, ma a me non sembra che in questo modo si risolva la questione. Bisogna o no uscire dalle strettoie della dittatura opprimente del mercato che colonizza cultura e mondo editoriale fino a soffocarne ogni forma di originalità e di ricerca?

  176. Mi rifaccio agli autori che non ci dovrebbero essere in questa classifica, partendo dall’idea che non si dovrebbe fare la politica dei due forni in questa classifica. Dividere gli autori commerciali dagli autori che pubblicano con editori di nicchia, più aperti a testi sperimentali. Intanto Cotroneo ha preso 2 punti e Ammaniti 5. Va bé, Ammaniti sta vendendo 500.000 copie, ma 5 punti sono una squalifica. Soprassediamo sui 2 punti di Cotroneo. Sembra beneficienza a chi elemosina alla porta della chiesa. Anche Eco (Eco! L’autore che ha sdoganato il romanzo italiano all’estero col suo In nome della rosa) ha preso 11 punti. In questa direzione PordenoneLegge esprime in modo limpido una presa di posizione verso libri-panettone (infatti escono a dicembre). Più interessante il caso di Veronesi (32 punti) e di Piperno 21 punti). Non giudico: registro.

  177. @ Piero Pieri

    Anche i tre punti di Guglielmin e della Morresi (nella sezione “Poesia”) sono “beneficienza a chi elemosina alla porta della chiesa”?

    Ammesso che li abbia letti anche uno solo, si è trovato in mano due gran bei libri. Dove sta l’elemosina?

    O forse, per i meno conosciuti, il “tuo” criterio non vale? Bisogna rovesciarlo?

  178. forse i libri panettone non dovrebbero proprio figurare in una classifica di qualità.
    C’è una evidente schizofrenia tra classifica di qualità e classifica di vendite. Si dovrebbe forse ripensare all’impostazione della classifica, e all’attribuzione dei punteggi. Sarebbe più semplice che i giurati attribuissero tre voti (3-2-1) a tre libri scelti per ogni genere.

    Quanto alle scelte, sono, ovviamente di gusto, e non è detto che un libro che tira non sia anche un libro qualitativamente ineccepibile. Ma non sembra questo il caso dei narratori succitati.

    p.s. Eco nella migliore delle ipotesi ha sdoganato se stesso.

  179. Io mi sono limitato a segnalare come vendutissimi narratori abbiano avuto pochissimi voti. Non pensavo alla classifica dei poeti, né l’ho citata. Se ci sono poeti bravissimi che hanno avuto pochissimi voti forse può esserci stato un difetto di comunicazione fra il testo e gli elettori. Peraltro c’era un gioco ironico nella beneficienza alla porta della chiesa. Si davano 5 punti a chi intanto vendeva 500.000 mila copie. Quindi, sì, i pochi punti che prendono autori innovatori (ma sconosciuti al gran pubblico) rispetto a autori meritevoli, non è beneficienza alla porta della chiesa. Ovvio. Riguardo a Eco (che ho smesso di leggere dopo Il pendolo di Foucault), rilevavo un dato sociologico: dopo il planetario successo di In nome della rosa, l’editoria internazionale ha scoperto che esiste il romanzo italiano contemporaneo (non solo, quindi, Pirandello, Svevo, Moravia, Calvino). Tanti giovani narratori sono stati tradotti all’estero e continua ancora oggi l’attenzione per il romanzo italiano. In questo senso ho detto che Eco ha sdoganato il romanzo italiano. In ogni caso inviterei i dialoganti a organizzare le proprie idee e convinzioni sulla base di una concettualità che ambisca alla misura dialettica. E’ troppo semplice cavarsela con uno “Stendhal vi dispezzerebbe”. Perché, alla fine, anziché trovarmi in un blog letterario che discute problemi attinenti alla letteratura a volte ho l’impressione di trovarmi dentro logiche isteriche da assemblea condominiale.

  180. @ Piero Pieri

    E’ bello avere a che fare con voi, qui, egregio Pieri. Succede sempre più spesso che uno vi si rivolge direttamente, nei commenti, e quando la risposta c’è, come in questo caso (e la ringrazio: ormai succede sempre più raramente), non è mai rivolta a “quel” preciso interlocutore. E infatti, perché riconoscergli un’identità? Molto più facile, invece, chiamare per nome gli amici e darsi tante cordiali pacche sulla spalla…

    @ Redazione

    Potreste cortesemente sbloccare il mio commento in moderazione, se possibile? Volevo salutare un “amico” qua sopra – una nostra comune conoscenza, a quanto sembra.

  181. Chiedo scusa. Se ho ben capito nelle mie risposte non segnalo esattamente a chi mi rivolgo. Dovendo, da quel che capisco, fare un @e aggiungere il nome. Se è così, non c’è problema. Lo farò in seguito.

  182. @Piero Pieri
    Concordo con l’esigenza di avere nella classifica sia autori di chiara fama sia autori meno conosciuti. Ma forse l’idea di Manuel Cohen di affidare ad ogni votante tre voti (3-2-1) per ogni genere potrebbe rendere più interessante ancora la classifica. Anche perché quest’idea di classifica di qualità è proprio ciò di cui si aveva bisogno. So che è stata adottata da alcune librerie e bisognerebbe cercare di estenderla alle grandi catene librarie.

  183. @eleonora

    C’è un problema “tecnico” che, se non risolto, blocca ogni buon proposito per stilare una classifica (anche selezionata). Ci sono 200 elettori, se ho ben capito. Ognuno di questi dovrebbe ricevere da parte delle case editrici copia del libro che si vuole sottoporre all’attenzione. Ma questa
    disponibilità manderebbe in rovina proprio quelle case editrici di nicchia che scovano stili innovativi. 200 copie… impossibile, quando se ne stampano solitamente 400\500. In questa direzione la classifica di PordenoneLegge si regge sulla buona volontà di elettori che si scovano il proprio autore nelle case editrici di nicchia e lo votano; oppure votano autori che si sono via via affermati per la serietà della loro proposta, per cui Siti è d’obbligo, Cordelli pure etc…
    E poiché in questo caso tutto è lasciato alla buona volontà di chi gestisce il sito e di chi vota comprandosi i libri o avendoli letti quasi sempre occasionalmente… (su FB parlando con una narratrice ho scoperto che ha sul tavolo il mio libro. Mi sono detto. Che bello! L’ha comperato. No. L’ha avuto in omaggio dall’editore. E’ nel comitato degli elettori. Forse un punto me lo dà, forse no. Ma se lo ricevo è per un fatto occasionale. Passava dallo stand, e poiché recensisce libri su alcuni quotidiani, l’editore ha fatto il suo mestiere pensando alla recensione e non credo a PordenoneLegge -mica sapeva che era nella lista.) Per concludere: immagino che se inviassi 200 copie del mio romanzo sarei “re per una notte” (forse alla fine un punticino arriva, anche se non in gran quantità). E poiché, credo, che questo, statisticamente non accade, le classifiche di Pordenone Legge sono forse previdibili per le classifiche alte e imprevedibili per le medio basse. Resto del parere che sia piuttosto difficile dare un ordine alla buona anarchia di questo sistema lettorale. Evietrei così di buttare il bambino con l’acqua sporca. In fondo, dove quasi tutti i concorsi letterari sono formati da una giuria di pochi votanti; quasi tutti ideologicamente configurati, il movimento alternativo scomposto di 200 elettori (non sempre riuniti da parentele geografiche determinate; ma ci possono stare pure quelle -mica siamo faziosi) dà alla festa elettiva un’aria eccecntrica, rizomatica, ingovernabile.

    @fm
    mi sto comportando bene? Una domanda: perché mi hai chiamato “egregio”. Sono forse un direttore di banca? Volevi ammantarmi di benevola ironia? Inoltre, chi sono questi amici cui si danno pacche sulle spalle? Insomma, se ho creato qualche involontario motivo di disappunto, proviamo a usare il pedale pedagogico, prim’ancora di irridere il gonzo che ci prova (ed è la prima volta) a partecipare a un dibattito; dove, peraltro, noto che non pochi si siglano. Il pudore del nome proprio? Riservatezza, cautela? Nulla da dire, in ogni caso. Io preferisco prendere sberle col mio nome. :):):)

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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