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Il male maggiore, Saviano e i letterati

di Andrea Inglese

Vi è un grande compiacimento quando due o più italiani, siano essi di destra o di sinistra, si trovano a parlare del proprio paese. “È tutto una merda” è divenuta una formula senza colore e altrettanto proverbiale di “governo ladro”. Da sinistra viene detta in modo apocalittico, da destra in modo cinico.

La catena del vizio, naturalmente, non compie salti: essa lega in una stessa vischiosa fratellanza chi ha eluso qualche fattura sino al rapinatore in armi, passando per corruttori e frodatori dal colletto bianco. Questo atteggiamento fornisce una straordinaria narrazione corale, compiutamente sottratta alla logica del divenire storico e immersa in un’eterna commedia delle basse passioni. In tale contesto ogni forma di analisi critica, che si voglia porre come preludio a un possibile cambiamento, giunge sempre tardi. Tutto è già stato, da tempo immemore, denunciato e denigrato; tutti i mali sono risaputi. Accade, poi, che certi mali siano talmente risaputi, da scivolare in una zona inerte della coscienza nazionale, dove galleggiano in una sorta di foschia definitiva, né compiutamente rimossi né inclusi una volta per tutte nella zona vigile.

Ora, se c’è una cosa che distingue le piaghe dell’Italia da quelle di altri paesi europei, nonostante il comune male degli attacchi allo stato sociale e della recrudescenza xenofoba e razzista, è senza dubbio la sua disponibilità ad ospitare sul proprio territorio quattro delle maggiori organizzazioni criminali di tipo mafioso del pianeta: cosa nostra, camorra, ’ndrangheta e sacra corona. Vale la pena di ricordare che, in fatto di crimine, non tutto il mondo è paese. Scrive Ugo Di Girolamo, in uno studio del 2009 sull’argomento: “Ciò che sappiamo è che il crimine organizzato è presente in tutte le moderne società industrializzate e non, ma il crimine mafioso, quello che si intreccia simbioticamente con i poteri pubblici, no! Nell’Europa occidentale è presente solo in Italia” (1). Distinzione cruciale, in quanto rende conto della difficoltà di combattere un fenomeno che, nonostante una ricorrente percezione, non si caratterizza né in termini di antagonismo allo Stato (l’antistato) né in termini di sostituto perverso di esso. La condizione perché si dia un’organizzazione di tipo mafioso è una stabile simbiosi tra due soggetti distinti, criminali e uomini dello stato (politici e amministratori pubblici). La mafia prospera non contro o al posto dello Stato, ma grazie ad esso.

In un saggio sulla geopolitica del crimine organizzato (2), il criminologo Jean-François Gayraud include le nostre mafie nel G. 9 delle mafie transnazionali, considerate nel rapporto annuale dell’ONU per il 2007, intitolato State of the future, come uno dei maggiori problemi del decennio a venire, assieme al riscaldamento climatico, al terrorismo, alla corruzione e alla disoccupazione. Di queste minacce globali, però, solo quella costituita dalle mafie continua a godere di una generale sottovalutazione, di una distrazione mediatica e politica che è, da sempre, il suo maggiore alleato.

Più di un secolo e mezzo di mafie in Italia dovrebbero, almeno su questo punto, averci immunizzato. Abbiamo compiuto il fondamentale passo verso la guarigione, ossia le mafie sono entrate definitivamente nella coscienza vigile del paese, palesandosi come il più endemico, peculiare e grave dei nostri mali nazionali? Di mafie ne stiamo finalmente parlando troppo? Sono diventate un argomento abusato, che ossessiona giornalmente gli editoriali dei nostri opinionisti? I talk-show sono stati invasi da esperti e studiosi, da magistrati e criminologi, che ogni giorno ridisegnano le geografie del crimine, tracciano le parabole dell’infiltrazione, fanno l’inventario delle connivenze istituzionali? I politici speculano sul cavallo di battaglia dell’antimafia, ingaggiando lo stato sul versante oltre che giudiziario e repressivo anche culturale, sostenendo ovunque associazioni e singoli, artisti e persone comuni, che si battono contro la mafia? La mafia è stata dunque – lei che teme lo spettacolo più di ogni altra cosa – posta sotto i riflettori in modo sistematico? Vi è, insomma, un fenomeno di ridondanza, che segna la fuoriuscita irreversibile dal cono d’ombra dell’elusione?

Se qualcosa di simile è accaduto, o sta accadendo nel nostro paese, allora la vicenda di Roberto Saviano è, attualmente, la più significativa. Molti sono gli studiosi della criminalità mafiosa, molti sono gli artisti, gli scrittori, i giornalisti, anche giovani, che si occupano con coraggio e intelligenza di criminalità mafiosa. Alcuni di essi, come Saviano, vivono sotto scorta. Ma una cosa è certa: Saviano ha realizzato un exploit senza precedenti. Ha destato un’attenzione nei confronti del crimine mafioso pari al livello di importanza e pericolosità che esso costituisce per il nostro e per gli altri paesi. E lo ha fatto grazie al successo realizzato dal suo libro e al ruolo che ha assunto, a livello internazionale, di giornalista e scrittore in grado di utilizzare efficacemente i vari media di massa (cinema, radio, tv, teatro). Saviano ha saputo parlare del fenomeno della criminalità mafiosa al di fuori dei contesti discorsivi che ne riducevano e limitavano inevitabilmente la percezione da parte dell’opinione pubblica, ossia al di fuori della cronaca locale, del dibattito politico regionale, dello studio specialistico, dell’opera letteraria. Forse esistono scrittori meno noti con più talento, ma sarebbe riduttivo ricondurre l’impatto di Saviano a meccanismi mediatici pensati a prescindere dalla specifica efficacia di denuncia e divulgazione delle sue parole.

Eppure proprio il caso di Saviano ha finito per costituire un rilevatore prezioso del diverso grado di consapevolezza che il paese ha del suo male maggiore. Mi limito qui a considerare le reazioni di due gruppi sociali ben distinti, quello dei politici e quello dei letterati. La classe politica di governo, attraverso il suo maggiore rappresentante, ossia il presidente del Consiglio, si è espressa in modo inequivocabile sulla popolarità della campagna antimafia di Saviano. Nel corso di una conferenza stampa il 16 aprile 2010, Berlusconi accusò fiction televisive come la Piovra e autori come Saviano di enfatizzare il fenomeno mafioso in Italia agli occhi dell’opinione pubblica mondiale. Non potendo più essere nella negazione pura e semplice (“la mafia non esiste”), il potere politico assume quelle che Di Girolamo chiama responsabilità omissive: “quando si sottovaluta il fenomeno mafioso ritenendolo un problema marginale della politica nazionale, di natura solo criminale e relativo ad alcune aree meridionali”. Naturalmente queste responsabilità non sono prerogativa dei soli politici del centrodestra, ma emergono ovunque l’insistenza della denuncia è screditata come eccessiva, e si richiede che venga ridimensionata, magari in nome dell’orgoglio napoletano o campano…

L’altro caso significativo è costituito dalla reazione dei letterati (3). Che in un paese di lettori riluttanti come il nostro, esistano ancora dei letterati, è in un certo senso merito di Saviano avercelo ricordato. Gomorra e il lavoro giornalistico successivo restituiscono centralità, nel dibattito pubblico, al fatto che milioni di cittadini italiani non siano ancora passati, nel XXI secolo, dall’arcaico “Stato dei favori” al moderno “Stato di diritto”. Questa circostanza, agli occhi dei letterati, è del tutto secondaria, in quanto i problemi importanti sono tutti e sempre di ordine esclusivamente letterario. Un letterato, d’altra parte, si distingue da uno scrittore proprio perché dimostra che il “mondo può attendere”, e che prima di tutto vengono le questioni del bello scrivere e del buon intreccio. Non si vuole qui riesumare l’opposizione solita tra “impegno” e “disimpegno”, ma riconoscere quanto sosteneva Fortini: “Non c’è lettura-scrittura, per degradata che sia, che non contenga, foss’anche in minima parte, un appello alla libertà-azione”. Se Saviano ha fatto di questo appello il motore della propria scrittura, ciò non toglie che anche l’opera letteraria meno immediata e accessibile custodisca in sé il medesimo sogno d’emancipazione e giustizia. Soltanto i letterati se ne dimenticano, vedendo come una minaccia il rapporto troppo stretto tra la scrittura e il mondo.

In un’epoca dove tanto si lamenta la marginalità della parola letteraria, Saviano, con i suoi libri e i suoi interventi, ha smosso montagne, strappando la mafia dalla zona anestetizzante del risaputo. I letterati, dal canto loro, si sono soprattutto dati da fare perché venga contrastata la comune opinione che Gomorra sia un’opera letteraria importante. Questo costituisce, per loro, il male maggiore della cultura italiana .

°


1) Ugo Di Girolamo, Mafie, politica, pubblica amministrazione. È possibile sradicare il fenomeno mafioso dall’Italia?, Guida, 2009, p. 28.

2) Jean-François Gayraud, Le Monde des mafias, Odile Jacob, 2005 e 2008.

3) Una vecchia definizione ancora buona la si può trovare in Parise “Uno scrittore, un poeta, un artista, dando per scontato sia una persona colta (…) può essere o no un letterato. Se non lo è i suoi strumenti di conoscenza, di espressione, d’arte insomma, sono diretti, salgono direttamente dalla vita e quasi dalla vita del corpo (…). Se uno scrittore è un letterato, tutto, cose viste, esperienze dirette, vita insomma (…) passa attraverso il filtro della letteratura (…)”, in Goffredo Parise, Opere, vol. II, Mondadori, Milano 1989 e 2005, pp. 1434-1435. Quanto a Saviano, valgano le parole di Walter Siti: “Saviano non è un letterato, è un intellettuale: dalla propria esperienza di scrittura trae, e vuole trarre, indicazioni teoriche”, “Saviano e il potere della parola” in Roberto Saviano, La parola contro la camorra, Einaudi, Milano 2010, p. VII.

[Questo articolo è uscito sul numero di 4 (novembre) di “alfabeta2”]

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91 Commenti

  1. Sai bene, Andrea, che non condivido il finale di questo tuo scritto. Così come non condivido l’idea che Saviano stia usando efficacemente il teatro: sta contribuendo a farlo diventare giornalismo. Ma non è di questo che voglio scrivere. Mi chiedevo se tu e gli altri intellettuali che avete opportunità di scrivere in riviste importanti e, talvolta, anche in quotidiani, mi chiedevo, insomma, se avrete mai la voglia di rispondere alla lettera odiosa che oggi Saviano indirizza al movimento. E sì, perché è una lettera odiosa, fin’anche reazionaria, che si accoda tranquillamente, e con tutta la forza del “personaggio”, al mantra del potere istituzionale che tende a dividere i buoni dai cattivi, i violenti dai pacifici: chi era in piazza – ma lo riportano tutti i giornali – questa differenza non l’ha vista. Mi auguro che alcune menti pensanti si espongano, rompendo questo muro di unanimità ufficiale che vuole isolare il movimento dal resto del corpo sociale.

    Nevio Gàmbula

  2. a corollario della lettera citata da NG,
    premesso che le frange violente, nazionali con filtro o senza infiltro vadano isolate, certamente e che il teorema dei compagni che sbagliano è odioso quanto quello dei compagni che sbadigliano, propongo una battuta di un certo tipo di teatro che NG conoscerà senz’altro a prescindere dall’amarne o meno il drammaturgo che la scrisse.
    effeffe

    Les mains sales (Jean Paul Sartre)

    « … Toi, je te connais bien, mon petit, tu es un destructeur. Les hommes, tu les détestes parce que tu te détestes toi-même, ta pureté ressemble à la mort et la Révolution dont tu rêves n’est pas la nôtre : tu ne veux pas changer le monde, tu veux le faire sauter. »

    è mmane ‘nzevate

    “Ie a te te sacce, guagliò, tu vuò appiccià tutte cose. L’ommne, te fanne i ‘n freve pecché ‘o primme ca te fa i ‘n freve sì tu, st’assoluto ca tieni me pare assai na morte e à rivoluzzion ca suonne nun è è pe nnuie: tu non vò cagnà stu munne, tu ‘o vo fà zumpà per aria, (comme e botte che se sparane à Natale)

    effeffe

    ps
    a quando una riflessione vera sul tema del conflitto e della violenza?

  3. auspicando anch’io, come francesco, un dibattito sulla violenza e il conflitto, dato che come si dice qua e là “europe is burning”, devo dire che ho appena letto anch’io la lettera e non sono certo entusiasta. di tutte le cose che si potevano dire di fronte agli scontri di roma, questo appello moralistico mi sembra il meno efficace. serve solo a continuare a obliterare la rabbia e a farla crescere e non propore percorsi non (auto)distruttivi.

    cito giusto tre frasi tra le tante:
    “Ogni gesto violento è stato un voto di fiducia in più dato al governo Berlusconi”: non è vero, berlusconi la sua fiducia se l’è comprata, prima degli scontri, e questo vuol dire parecchio, anche per spiegare gli stessi scontri
    “Così inizia la nuova strategia della tensione”: no, non scherziamo, le strategie della tensione non iniziano in piazza nella furia ma attorno a un tavolo con tutto il sangue freddo necessario.
    “Questo governo in difficoltà cercherà con ogni mezzo di delegittimare chi scende in strada”: anche questa lasciamola stare, il governo fa il suo lavoro e delegittima chiunque non gli sia allineato, con o senza scontri.

    va beh, chiudo perché immagino avremo modo di parlarne a lungo.

  4. caro nevio,
    ti dirò che una lettera di Saviano su questi fatti me l’aspettavo, e ero abbastanza certo che non mi sarei stavolta trovato d’accordo con lui. E così è. Il pregio di Saviano è di avere il coraggio di andare subito al sodo. E qui lo fa. Tocca una questione centrale: la violenza nelle contestazioni popolari (che riguarda movimenti dagli USA all’Europa, in conseguenza della crisi). E’ un tema che tutti dovrebbero e dovremo affrontare. Ma Saviano corre troppo facilmente alla soluzione, laddove è necessario che ci sia un ampio dibattito su questo.

    Saviano scrive:
    “Questo governo in difficoltà cercherà con ogni mezzo di delegittimare chi scende in strada, cercherà di terrorizzare gli adolescenti e le loro famiglie col messaggio chiaro: mandateli in piazza e vi torneranno pesti di sangue e violenti.”
    Qui l’impiego del futuro falsa la realtà: la delegittimazione del dissenso è stata presente in questo governo da sempre, è una delle pietre angolari della retorica berlusconiana.

    Poi qui:
    “Anche dalle istituzioni di polizia in piazza bisogna pretendere che non accadano mai più tragedie come a Genova. Ogni spezzone di corteo caricato senza motivazione genera simpatia verso chi con casco e mazze è lì per sfondare vetrine. Bisogna fare in modo che in piazza ci siamo uomini fidati che abbiano autorità sui gruppetti di poliziotti, che spesso in queste situazioni fanno le loro battaglie personali, sfogano frustrazioni e rabbia repressa. Cercare in tutti i modi di non innescare il gioco terribile e per troppi divertente della guerriglia urbana, delle due fazioni contrapposte, del ne resterà in piedi uno solo.”
    A Genova nessuna tragedia, a genova ci furono crimini, alcuni dei quali riconosciuti dalla legge, dopo due gradi di giudizio. A Genova la catena delle responsabilità saliva molto in altro. Nessuna possibilità di dare la colpa a qualche poliziotto frustrato o “impaurito”.

    Ma non è questo il tema del mio post. Io voglio riconoscere lucidamente a Saviano i suoi meriti, che riguardano il nostro male maggiore e peculiare. Riconoscere un merito reale, per me significa permettere poi una discussione senza apriori su tutto il resto. In ogni caso, sulla questione violenza sto scrivendo proprio un pezzo, che spero esca sul prossimo alfabeta.

  5. io penso invece che la lettera di Saviano non sia affatto “odiosa”, come asserisce ng, ma che rappresenti l’unica risposta oggettivamente oggi possibile a fatti come quelli di Roma di martedì: se si vuole fare la rivoluzione occorre partire in un altro modo, nessuno sa bene come, ma certo non così; partendo così, non vedo come dar torto a Saviano, si forniscono solo armi alla propaganda del potere. E la frase “Ogni gesto violento è stato un voto di fiducia in più dato al governo Berlusconi” criticata da Gherardo non va ovviamente intesa in senso letterale, quando mai, ma nell’ovvio senso del rafforzamento del potere e della sua malsana ideologia.
    Sì, questo governo, per quanto in gravi difficoltà, cercherà di superarle anche facendo leva sulla “violenza della sinistra”, è sempre stato così, come possiamo immaginare che incendiare camionette dia un qualche anche minimo contributo ad un processo rivoluzionario?

  6. Ringrazio Andrea Inglese per questo post bellissimo.

    Roberto Saviano ha ricevuto un premio a Bruxelles.
    La sua opera ha un un influenza luminosa in Europea.
    Una voce italiana venuta da una terra solare
    prigioniera di una notte disperata. Prima c’era il fracasso
    della tragedia (Giovanni Falcone, Paolo Borsallino), dopo il silenzio,
    il ritorno
    all’indifferenza, l’oblio.
    Dolori passati sotto silenzio,
    vita blindata, in gabbia
    noi sotto il cielo aperto,
    al mare, nella città,
    senza conoscenza di questa vita blindata,
    parlo della mia parola straniera,
    prima per me la mafia era cinema,
    non realtà.
    Dopo aver letto Gomorra, La parola contro La Camorra,
    ho incontrato uomini, donne della realtà nella mia mente
    ho conosciuto la loro storia,
    e questo il potere di un grande scrittore
    dare libertà con la parola, spaccare la crosta di gelo.
    E’ come una mattina d’inverno, sembra un paesaggio pietrificato,
    e un raggio viene illuminare lo spazio, dare vità,
    la qualità di un grande scrittore è di svelare il male
    per cercare un raggio nella scrittura e scovare
    la bellezza addormentata.
    Credo che la risposta da offrire a Berlusconi
    è questo premio a Roberto Saviano.
    L’Italia non è Berlusconi, è altrove.

  7. aggiungo l’ultimo OT, e poi rimando tutti, possibilmente, ad un’altra occasione…
    una riflessione sulla violenza diversa da quella di Saviano non può porsi in termini simmetrici: troviamo degli argomenti per giustificare chi lancia bottiglie o brucia i blindati. Che queste cose accadano in Europa, non ci stupisce, potremmo dire. Ma – in questo concordo con Sparz – una riflessione sulla violenza nella contestazione è urgente, perché solo quando la rivolta sarà canalizzata in forme di consapevole e condivisa disubbidienza civile, ci sarà qualche speranza di ottenere obiettivi politico con la protesta. Il discorso di Saviano è insufficiente, perché non ricorda che la disubbidienza civile, anche se non violenta, è illegale, e come tale è sempre stata repressa con la stessa violenza con cui si reprimono movimenti violenti in piazza. Solo che, reprimere violentemente un non-violento che infrange la legge, non produce lo stesso consenso sulle masse che reprimere uno studente che brandisce un bastone.

  8. Continuare a parlare degli episodi di violenza (e delle infiltrazioni che ci sono sempre state all’interno delle manifestazioni), concentrarsi più che altro su questo aspetto, significa fare il gioco di chi la strumentalizza, la violenza (altrimenti non cercherebbe poi di farla esplodere, di pilotarla), e allo stesso modo ci distoglie dal punto nevralgico, che è quello d’interrogarsi sulle motivazioni che spingono alla protesta.
    La violenza serve a farea audience, da una parte e dall’altra, evidentemente con obiettivi diversi (ricordate cosa dice Anna ne “La vita agra” di Luciano Bianciardi?) Ma la violenza esiste, dentro e fuori dalle manifestazioni, per quanto ce ne vogliamo scandalizzare, come ha scritto anche Giancarlo Liviano D’Arcangelo qui: http://precariementi.splinder.com/post/23745954/lentropia-borghese-il-paese-virtuale-il-paese-reale-la-miopia

    Continuare a puntare il dito contro le immagini di auto e cassonetti in fiamme serve però a ben poco, se non ad appoggiare la tesi del brutto spettacolo prenatalizio…

  9. a simone e gli altri,

    per parlare di violenza e movimento direi di traslocare nel post successivo di FF, che sarà ben contento di ospitarci, dacché saremmo IT

  10. Allora, ci provo (prima di passare al post annunciato):

    il mio primo commento voleva essere un invito a uscire dal solito applauso a Saviano e a cominciare ad analizzare quali siano le sue reali posizioni politiche. Nessuno nega che abbia avuto il merito di focalizzare l’attenzione sulla criminalità organizzata; allo stesso modo, però, e proprio per il tipo di risonanza che ha, Saviano veicola anche altri contenuti. Lo fa direttamente con le parole e lo fa, in forma più indiretta, con le forme. Quali sono questi contenuti? Spero che chi, in qualche modo, ha accesso a certi mezzi di elaborazione culturale cominci a porre il problema.

    Sullo specifico di Roma. L’articolo di Saviano è pieno di falsità. Dal Manifesto di oggi: “Non ci sono stati (teppisti, black blok, etc,), quella che abbiamo visto è stata una reazione di massa (…) ci sono state azioni che hanno ricevuto il consenso della piazza”. Come chiunque può verificare da sé, a parte il dissenso esplicito su due azioni (bancomat e auto), tutto il corteo ha considerato come propri gli atti palesemente violenti: nessuna divisione, all’interno, tra buoni e cattivi. Su ciò, tra l’altro, Saviano non dice niente di diverso da quanto dicono Maroni&C..

    Altra precisazione: questo movimento non parte da Roma. Roma è, semmai, un punto d’arrivo. È in continuità con l’Onda precedente. In mezzo ci sono state discussioni, elaborazioni di pensiero, critica alal didattica, iniziative di lotta variegate, etc.. Esattamente come a Torino due anni fa, a Roma il movimento ha deciso di dare un segnale …

    Più che chiedersi se sia o meno produttiva la violenza di piazza, bisognerebbe domandarsi se la scelta delle forme, anche di quelle più radicali, è stata condivisa. Se è il movimento nella sua interezza, o comunque nella sua parte maggioritaria, che l’ha deciso, io che ne condivido le motivazioni di fondo non posso che sostenere quella scelta. E solidarizzo con i ragazzi arrestati. Stare a fare disquisizioni astratte sulla violenza non ha senso (ed è facile farlo dall’esterno).

    Così come non ha senso discutere in astratto di conflitto o di violenza. Di queste discussioni ce ne sono state a migliaia; io le seguo ormai dal ‘77. Una rivoluzione – per stare ai termini usati sa Sparz – non aspetta la forma giusta o il momento opportuno: si crea le sue forme nel momento in cui si sta facendo (e quando si fa, altro che camionette bruciate!).

    NeGa

  11. ot
    ma che bella letterina tutta compostina!
    alla messa di natale ogni parroco dovrebbe leggerla alle sue pecorelle smarrite e impaurite
    la fu

  12. l’articolo mi è dispiaciuto molto, soprattutto perché dimostra l’assoluta incompetenza di chi l’ha scritto su certi argomenti.
    mica si deve scrivere di tutto, a volte si può anche seguire in silenzio, cercare di capire, informarsi.

    ma soprattutto dovrebbe pensarci due, tre, dieci, cento volte prima di dare degli idioti e dei codardi a quei fratelli e figli che ora pagano con la privazione della libertà le loro azioni, giuste o sbagliate che possano sembrare.

    perché questo trasforma un pessimo articolo in un articolo vergognoso.

  13. @NG

    come ti dissi ieri ” capisco il tuo entusiasmo, ma credo che la fiction gente che mena gente sia assolutamente funzionale al sistema neoliberista, lo rilegittima… ” figuriamoci se i maggiori cantori del neoliberismo, quello dell’europeismo dirigista che li premia non a caso, si lasciano sfuggire un’occasione del genere. nel circo neoliberista, faccio notare a tutti, saviano e la spinelli in coppia possono produrre un numero funambolico di valenza epocale.

    prendo atto con relativa gioia che una voce autorevole del blog ci comunica ufficialmente la NUOVA LINEA: saviano non è uno scrittore, ma un intellettuale. è quanto andiamo dicendo da mesi, infamati dai più. tuttavia, mi pare che le parole finali dell’articolo siano a un solo passo dal baratro dell’accusa di arte degenerata a chiunque scriva facendo notare che saviano sbaglia a promuovere un’estetica letteraria attorno ai suoi comportamenti scrittori.

    d’accordissimo con le parole di walter siti, che mi erano sfuggite.

    osservo pure che improvisement veronique ecrive in italiano meglio di tant giuornalisti. me compliment avec lei.

  14. michele di quale articolo parli?

    questo post non riguarda l’articolo di ieri di Saviano, se è a quello che ti riferisci, e per la discussione sulla violenza e il movimento, reindirizzo tutti al post successivo, che mi sembra più pertinente.

  15. Che il popolo di NI si stia gradualmente svegliando dal sonno della ragione (che, come si sa, crea icone)?
    Che ci si accorga che per cambiar qualcosa altro che camionette?
    Che c’è una lotta di classe in atto, che non è letteratura?
    Che Saviano NON è mai stato di sinistra ed è forse per questo che il suo scrivere nella libreria del Caimano, non è una gran contraddizione?
    CHe siamo in un vicolo cieco e che se i toni apocalittici sono stupidi, i toni integrati, non sono certo più intelligenti?
    Mi verrebbe da dire Lotta dura senza paura, ma il sospetto che sia l’ennesima farsa per gabbare il popolino mi trattiene.

  16. in effetti l’onda emotiva ha trasformato i commenti all’articolo di andrea inglese su nazione indiana nei commenti all’articolo di roberto saviano su repubblica.
    io mi son fatto prendere dall’onda e me ne scuso con l’autore (andrea inglese, per non andare oltre nell’equivoco).

  17. Mi stringe il cuore: constato che il senso di un post è sviato per sfogare rabbia.
    Questo post meritava commenti sull’inflenza bellissima della scrittura.

  18. A me Saviano non sembra né un grande scrittore, ma neppure un grande comunicatore. Le sue imprecisioni sono tanto più gravi quanto più la sua figura è esposta e carismatica (sul suo carisma ci sarebbero da dire parecchie cose).
    La sua proprietà di linguaggio è nella norma. Non propone mai uno scarto, un lampo cognitivo. Mi sembra manchi nei suoi discorsi la profondità di pensiero; il suo è un talento cronachistico, e di ben altro c’è bisogno – nessuno pare in grado d’analizzare i reali motivi della guerriglia romana, e la mancanza di traduzione culturale del travaglio sociale in atto è drammatica, è essa stessa vettore di violenza.
    Certo, i letterati della frase ornata sono stucchevoli (dei politici poi preferisco proprio non parlare): ma ciò rende Saviano uno scrittore o un oratore o un pensatore migliore di quello che è?

  19. Ma chi sarebbero i letterati? I letterati, si evince dal post, sono i tronfi parrucconi che negano il valore letterario di Gomorra, per pura invidia, si capisce. E invece non capiscono che , grazie a questo caposaldo della letteratura debut se siécle, dalla finissima scrittura e dall’analisi inarrivabile, si sono poste le basi per la sconfitta definitiva delle maggiori organizzazioni criminali del pianeta. Gomorra eclisserà, nelle antologie letterarie del XXII secolo, la Rechérche, Il processo e L’Ulisse, opere notoriamente poco engagée e che non hanno minimamente impedito l’ascesa del nazionalsocialismo e la II guerra mondiale. ‘Ntu u culo i letterati parrucconi!

  20. ho aggiunto un commento sotto il post che indicava andrea ma, in effetti, non considero questa discussione sulla lettera di saviano off topic rispetto al post. e se è vera la contraddizione che sottolinea andrea (una contraddizione che ripropone ancora una volta una debolezza strutturale della figura dell’intellettuale italiano su cui non ci interroga mai abbastanza) è anche vero che la strumentazione di senso approntata da saviano in gomorra e quella per la lettera di oggi qualcosa in comune ce l’avranno pure.

    e qui rispondo a sparz: capisco che si tratta di un uso lato della lingua ma la metafora è uno strumento di produzione di significato fortissimo e come tale non dovrebbe essere usato in modo così leggero. perché, ripeto, si capiscono le metafore, come anche gli argomenti che implicano, ma questo non rende meno disperante, per esempio, la compravendita dei voti per la fiducia, anzi acuisce la costernazione rimuovendola.

  21. io sono sempre daccordo con robbi ma secondo me questa volta con questa lettera ai giovani no. infatti lui non ha proprio considerato l’interesse che possono avere tali scontri per persone come noi. io penso che vieni via con me è stato lo spettacolo più bello di tutti i tempi, ma non si può fare tutti i giorni e quindi non c’era niente di male se in questi giorni senza ottimi programmi guardavamo un po’ di scontri e io già aspettavo la prossima manifestazione sperando che i scontri erano ancora più violenti. oltretutto come si parlava l’altro giorno sulla scuola pubblica bisogna anche dare spazio a persone formate in tali scuole e università che sicuramente sanno quello che fanno e non è che sono degli imbecilli che vanno a rompere le cose senza un motivo e poi si vantano tra di loro per quei simboli del capitalismo che hanno rotto (cioè i black bloc). io spero che i giovani stavolta non ascolteranno robbi e andranno di nuovo in piazza a creare quegli scontri che io potrò seguire in televisione assieme alla mia ragazza commentandoli. questo almeno fino a san remo che se non sbaglio è a marzo. grazie e scusate

  22. questa volta non sono del tutto daccordo col mio collega rotowash perché lui non considera che quei scontri sono sia illegali e sia pericolosi per i ragazzi. è vero che lo stato sta già facendo uscire tutti quei fermati perché sicuramente si rende conto che alla fine sono ragazzate però comunque restano pericolosi e quindi secondo me per un buon spettacolo bisogna mandare magari i filmati vecchi degli anni 70 che comunque sono interessanti e poi magari fare delle interviste a quei giovani che oramai sono diventati famosi e cioè la classe dirigente italiana in cui spiegano che con la violenza non si va da nessuna parte.

  23. non si deve protestare, tutti a casa a consumare.
    non si deve gettar carte, né sputare, insudiciare,
    far saltare sampietrini, spaccar teste o vetrine,
    non si deve mica fare, non è affare
    da buoni cristi, non si confà mica
    al buon ordine sociale, l’arrendevolezza, la morigeratezza
    dei buoni padri di famiglia, di coloro che, insonni, vegliano
    sulla nostra testa, sul buon ordine sociale, sull’equa distribuzione
    dei beni e dei servizi. Mica si deve fare… che volete, voi,
    cambiare?

  24. Una discussione seria, ma soprattutto priva d’ogni tabu’ ipocrita sulla violenza e’ necessaria oggi come non mai. Concordo con Francesco e Andrea, bisogna cercare di andare oltre ‘pompieri’ e ‘apocalittici’, riportando il discorso a livello della strada, sul ‘che fare?’, ognuno secondo la sua vocazione e la sua disponibilita’.

    Una e’ certa pero’: davvero nessuno se la sente piu’ di proteggere un Potere che ha protetto ogni credibilita’.
    Nel 2001 a Genova venivamo da 10 anni di crescita lenta, svolte che non arrivavano, una Storia che non ingranava e poi ci fu l’11 Settembre.
    Oggi parliamo di post-catastrofe, di crisi gia’ avvenuta per l’insipienza dei governanti, che corrompono con la compiacenza degli organismi preposti a sorvegliare.
    Siamo sicuri che i cittadini romani siano preoccupati per le vetrine delle banche, o che i cittadini greci non abbiano applaudito la mazziata subita dal loro ministro?
    Che alla violenza di piazza risponda una violenza mille volte piu’ organizzata e pericolosa da parte delle polizie, e’ un dato certo che bisogna prevedere. Affrontare, pianificare, ma soprattutto prevedere.

    Non ha senso ragionare come se fossimo nel 2001 o peggio nel 1977. Occorre ridefinire l’album di famiglia di chi e’ sceso in piazza. Nel ‘kettle’ londinese, cosi’ come nel Day X del 9 dicembre, non c’erano blac bloc o centri sociali, ma il 70% dei manifestanti era composto da minorenni delle periferie incazzati a morte e che giravano a volto scoperto. Picchiavano, e avevano il volto scoperto. Senza scudi a forma di libro davanti.
    E questa e’ solo una delle forme che la lotta di piazza – vedi il caso Assange – puo’ assumere nel XXI secolo.

  25. Sugli scontri e i “black bloc” (argomento che esce in parte da questo post), gli appelli alla non violenza vanno bene, perché vanno sempre bene, e dovrebbe essere – la non violenza – l’azione positiva, che ci distingue da loro, cioè da chi specula, da chi vuole delegittimare, da chi ha come unico obiettivo il mantenimento del potere con ogni mezzo ecc. e quindi offre la vera opportunità di cambiare. Questo è vero, perché è sempre stato vero.

    Ma.

    I ragazzi in piazza che manifestano (e sono decine di migliaia), sono lasciati soli. Chi li appoggia veramente? Chi si fa carico dei loro problemi? La sinistra tradizionale va a sua volta in piazza, ma la sua politica è quella di inseguire la destra sul suo terreno, e cioè liberalizzazioni, privatizzazioni, precariato, aiuti continui a imprese e banche a scapito dei ceti più deboli. Qualcuno può contraddire questo? E la sinistra cosiddetta radicale appare in fase di stallo, peraltro brancolante tra crisi d’identità e parole d’ordine vecchie, o almeno da ridefinire.

    Sono lasciati soli, ed è operazione abbastanza opportunistica caricare sulle loro spalle quelle opzioni di cambiamento democratico, di massa e non violento che nessuno porta avanti veramente, al di là delle prediche televisive. E’ opportunistico pretendere da loro un ritorno a quei movimenti di massa conflittuali di cui tutti parlavano negli anni Settanta. A una massa di studenti pieni di rabbia e cinismo e insofferenza, di delusione o forse di indifferenza verso i predicatori televisivi di sinistra che fanno le riforme liberiste come quelli di destra (qualcuno può contraddire che il precariato è stato introdotto dal governo D’Alema?), che non hanno nessun vero progetto di uscire dalla cosiddetta crisi perché non hanno nessun vero progetto di modifica dell’attuale modello di sviluppo e tirano avanti dicendo che bisogna “rilanciare” l’economia e i consumi e intanto non esagerare troppo coi sacrifici dei lavoratori e poi vanno in televisione a ballare allegri insieme a quelli della destra in un patetico “volemose bene” (Paola Concia con un tale leghista in un coro di “che bello” in un programma col figlio di quel famoso doppiatore cinematografico che un tempo era di Rifondazione e quella signora spagnola che ride sempre – e non ricordo i loro nomi) viene chiesto di rimediare al “nostro” fallimento (e devo mettermici anch’io, come uomo-massa di un presente sfracellato).

    E se va avanti così – andrà avanti così? – ci sarà un bel fare appelli alla non violenza e al senso di responsabilità, ma le masse di studenti lasciati soli a dovere togliere le castagne dal fuoco a una sinistra che non c’è perché ha il terrore di perdere non si occuperanno più della violenza, non si porranno il problema, perché in questo stato di abbandono, di solitudine, di mancanze di prospettive e di opposizione televisiva assisteremo alla nascita di gruppi di “Ragazzi Selvaggi” come li immaginava Burroughs, o i giovani vampiri di “Io sono leggenda”, altro che i “black bloc”, mentre il potere sarà sempre più militarizzato e stragista, e gli appelli al senso di responsabilità ai giovani si moltiplicheranno all’infinito.

    Per cui ben vengano i centri sociali, col loro presunto radicalismo e massimalismo, sosteniamoli e appoggiamoli perché sono rimasti gli unici punti di riferimento contro la loro solitudine pubblica, che vi piaccia o no.

  26. il massinalismo io non lo sopporto e i centri sociali che ho visto io erano abbastanza sporchi. però mi unisco a sergio e suggerisco ai giovani di menare, soprattutto se hanno ambizione e vogliono prendere il posto ai vecchi. quelli che comandano ora menavano quasi tutti, addirittura d’alema, che è tutto dire.

    ps: i tempi sono cambiati, chi vuole la garanzia di un posto dirigenziale stia concentrato e attento di menare in favore di telecamera.

  27. Condivido il pezzo di Andrea, che reputo assai lucido.
    sull’OT: Questo di Mauro – “I ragazzi in piazza che manifestano (e sono decine di migliaia), sono lasciati soli” – mi sembra un punto imprescindibile del discorso.

  28. Mettiamola così: la lettera di Saviano non mi piace. Per tutte le ragioni che sono già state elencate da altri commentatori, ma anche perché, di analisi lucide, lì non c’è traccia. Saviano parla dell’allegria dei book block: non c’è nessuna allegria in una generazione che come slogan ripete ossessivamente “Se ci bloccano il futuro, noi blocchiamo la città”. E non c’è nessuna allegria nel “farsi scudo” della cultura, soprattutto alla luce del fatto che questi ventenni hanno sotto gli occhi la fine tutt’altro che allegra di chi è solo un po’ più grande di loro e, nonostante tutti quei libri e quella cultura, ha diritto solo a qualche lavoretto precario. E qui arriviamo al peggio: Saviano parla della rabbia dei precari con una melensaggine che dà il voltastomaco. “Beh quella rabbia, quella vera, è una caldaia piena che ti fa andare avanti, che ti tiene desto, che non ti fa fare stupidaggini ma ti spinge a fare cose serie, scelte importanti”. No, non è vero. La rabbia dei precari (tra i quali, si sarà capito, rientro anch’io) fa proprio il contrario: ti fa stare fermo, te le paralizza le scelte importanti, ti si attacca addosso e altro che caldaia piena. O meglio: piena, sì, ma di ansia, frustrazione, immobilismo, che lentamente diventano disperazione e indifferenza. E sinceramente non permetto a Saviano di servirmela in questa salsa patetico-paternalistica. Scriva di camorra e mafia, quello sì, lo fa bene. Ma lasci stare quella rabbia di cui non sa nulla.

  29. Mi fa piacere che Andrea descriva Saviano come un autore che ha saputo usare in modo efficace i media. Finalmente non lo si presenta come una vittima di un meccanismo mediatico che lo ha reso icona pubblica. Finalmente si dice che è stato lui a usare quel meccanismo mediatico per diventare icona.

    Andrea aggiunge anche che grazie a questa sua abilità Saviano ha potuto portare avvenimenti relegati alla cronaca locale all’attenzione politica nazionale e internazionale. E non c’è dubbio che Saviano ha il merito di aver fatto diventare di dominio pubblico il discorso sulla lotta alla camorra e alle mafie facendo esempi concreti, narrando fatti che non si volevano dire e facendo in qualche modo anche dei nomi.

    Se limitiamo il discorso su Saviano a questo, sono completamente d’accordo con Andrea. (Non mi esprimo sul valore letterario di Gomorra e sul giudizio che ne danno i “letterati”, perché ne so troppo poco).

    Se però vogliamo fare un discorso più ampio, non posso non notare due punti salienti sul modo di porsi di Saviano.

    Il primo. Saviano, da molto tempo, non è più solo uno scrittore-intellettuale anti-camorra o anti-mafie. E quindi non può più essere valutato solo in veste di esperto in quell’ambito. Lo spazio che generosamente i media gli hanno offerto, e che lui ha voluto prendersi, lo ha reso un intellettuale che esprime giudizi a 360 gradi sulla vita pubblica italiana. Saviano, in altre parole, fa politica. Fuori dagli schieramenti politici – ma sempre politica è. Anche dire che la lotta alle mafie non è né di destra né di sinistra è fare politica. Di destra, per la precisione. Perché la sinistra sa bene che non ci sono temi rilevanti di portata nazionale o internazionale che possano essere affrontati in modo neutro. Le politiche di destra o di sinistra, anzi l’essere di destra o di sinistra non lo si vede dai temi che affronti, a cui sei sensibile, ma da come li affronti. La disoccupazione, la guerra, i diritti personali, la sicurezza e, appunto, la lotta alla criminalità organizzata non sono questioni la cui risoluzione interessi solo la destra o la sinistra. Sono questioni che riguardano tutti – come del resto, direttamente o meno, tutte le questioni politiche. Sono gli strumenti che si usano per affrontare questi problemi, e la prospettiva storico-ambientale in cui li si inserisce, che rende un politica di destra o di sinistra.
    Saviano che parla della macchina del fango contro Borsellino e Falcone e cita Sciascia (ossia un morto) e Alfredo Galasso (ossia uno sconosciuto ai più) compie una precisa operazione politica. Tralasciando il discorso su Sciascia (su cui Saviano aveva ragione, nel merito), Saviano
    – identifica in Borsellino e Falcone gli eroi antimafia abbandonati e isolati dalla sinistra (ben sapendo che l’esser lasciati soli, l’uccisione civile, è il preludio all’uccisione fisica)
    – identifica in Galasso l’esempio di persona “perbene” che abbandona Falcone, l’eroe antimafia, squalificando così ogni tipo di lotta alla mafia che non sia in tutto e per tutto in linea con le scelte di Falcone (e presentare un avvocato antimafia di valore come Galasso quale persona perbene è di fatto un insulto)
    – indica come unico mezzo per combattere la mafia la superprocura ideata da Martelli: chi non lo capisce è privo di senso dello stato, secondo Saviano.

    In questo modo, Saviano ha dato un giudizio politico su tutta la sinistra, rea di aver abbandonato Falcone, favorendone l’uccisione, e rea di aver abbandonato la lotta alla mafia; ha, inoltre, indicato come la lotta alla mafia possa seguire una sola via, ossia quella della stretta collaborazione della magistratura con il governo: ogni distinguo da questo pensiero è fango.

    Nell’articolo-lettera agli studenti troviamo nuovamente delle considerazioni politiche nette e pesantissime, come quella che attribuisce agli studenti o meglio ai manifestanti violenti la colpa di iniziare una nuova strategia della tensione, che secondo Saviano sarebbe sempre la stessa. Dal che si deduce che per Saviano sono i manifestanti e non lo stato a provocare la strategia della tensione in Italia, da sempre.
    E’ superfluo dire che connotati abbia un simile pensiero.
    Ma arriviamo al secondo punto, che ormai scaturisce naturalmente da queste premesse.

    Secondo. Saviano ha la pretesa di presentare come oggettivo il suo pensiero.
    E forse questo è il motivo per cui è riuscito ad uscire dalla cronaca e a diventare eroe nazionalpopolare, unica voce al di fuori dei partiti e della magistratura che combatte le mafie. E’ infatti grazie al suo ruolo di icona nazionale che Saviano ha ottenuto gli spazi di intervento nei media che contano; ed è grazie a quegli spazi che il suo “sapere” sulla camorra è diventato pensiero politico, senza soluzione di continuità.

    Dal presentare dei fatti, dal fare informazione Saviano è passato a presentare il suo pensiero politico come l’unica oggettività possibile. Negli esempi già fatti questo è evidente.

    Per essere più espliciti, e citare dettagli significativi.
    Saviano dice mai “secondo me”?
    Produce delle analisi con tanti distinguo?
    Ci sono nei suoi discorsi punti lasciati in sospeso? Fatti passibili di diverse interpretazioni?
    Si confronta con altri studiosi/esperti/politici su analisi e strumenti da usare?
    Esprime opinioni in divenire, dubbi, tentativi di soluzione diversi con relativi pro e contro?

    Non mi pare sia questo il modo di porsi di Saviano.
    Saviano non indaga, non discute, non si mette a confronto, non accetta soluzioni pluraliste.
    Saviano emette giudizi. Pontifica. Il suo stesso narrare – penso a Vieni via con me – è tutto una oggettivazione del suo pensiero che risulta così l’unico possibile.

    Non a caso, Saviano scrive lettere che non attendono risposta, articoli che non aprono discussioni perchè non pongono domande ma danno solo risposte, e va in tivù per fare monologhi senza contraddittorio.

    Non saprei dire se una persona così sia uno studioso, un intellettuale.
    Uno studioso analizza, si confronta, si pone domande e dubbi, lascia questioni aperte, è aperto al pluralismo di interpretazioni e al contraddittorio.

    Al momento, effettivamente, Saviano è più che altro ciò che molti hanno già notato. Un predicatore. E pare voglia continuare ad esserlo.
    Io mi (e gli) auguro che qualche persona autorevole, un vero esperto/studioso/intellettuale che gli sia vicino o gli capiti vicino, prima o poi gli faccia notare che ha scritto una cosa, che riguarda il suo ambito, che è solo una sua opinione, non la realtà dei fatti, e che secondo lui è pure una cazzata.

  30. Non seguo piu’ Saviano. Un pretino spretato di incerte inclinazioni, amico dei carabinieri. Nazionalpopolare. E tanto tanto semplice. Semplicemente non m’interessa.

    Sono molto felice che i manifestanti siano stati rilasciati.

  31. Saviano si metta in politica: l’Italia dei Valori sarà ben felice di metterlo in lista. La violenza degli studenti apartitici -in Italia come altrove- non ha quale obiettivo le forze dell’ordine e nemmeno genericamente le Istituzioni, ma la classe dirigente stessa: le persone della casta, le clientele, gli “arrivati” che avrebbero bruciato il futuro della nuova generazione (vero e non vero, viste le dinamiche economiche occidentali e oramai mondiali). Sostanzialmente si chiede un patto generazionale e gli “arrivati” nostrani, furbi cinici criminali, se ne strafottono allegramente.

  32. Rispondo a Lorenzo e, in qualche modo, a Gherardo,

    Saviano ha svolto un ruolo importante intorno a un tema prettamente italiano, quello delle mafie, che sono innanzitutto forme criminali di sfruttamento del lavoro; questa sua battaglia poteva creare consenso anche a destra, in un paese minimamente democratico; in questo ritengo che Saviano non abbia sbagliato;

    detto questo, Saviano come ha dimostrato palesemente ieri, non è l’uomo di tutti i temi e qui sconta i limiti, certo, della sua impostazione intellettuale; stavolta Dal Lago lo dice bene: il movimento degli studenti inserisce un elemento nuovo che, per altro, acquista significato in un’ottica europea, facendo eco alle contestazioni del regime di austerità varato dalla comunità europea; questo scenario sociale ed economico sfugge a Saviano, e stavolta concordo con le critiche dure che gli sono state fatte: non si deve parlare su tutto, e – come dici ben tu Lorenzo – e men che meno non si deve neppure parlare in termini apodittici su tutto;

    ora, però, possiamo anche dimenticarci della lettera di Saviano, andare oltre; se non ci fosse stato lui a scriverla su Repubblica, avrebbero trovato un altro, magari Adriano Sofri o magari il figlio di Calabresi… anche perché se no davvero siamo noi che continiamo a dargli quell’importanza che in questo caso non si merita

  33. tanto per stare su cose “reali” copio e incollo da CDC parte di un post di Paolo Barnard “come si arriverà al giorno…”
    gli uomini hanno bisogno da sempre di santini e di vittime sacrificali
    saviano non è il primo e non sarà l’ultimo degli “eroi” funzionali al “sistema” di potere
    umanamente mi fa molta pena
    baci
    la fu

    Scrive il Prof. Robert E. Prasch, economista del Middlebury College, USA:

    “L’Irlanda poteva semplicemente dichiarare il fallimento, rinegoziare il suo debito e far capire ai suoi creditori che l’alternativa era prendere o lasciare un’offerta unilaterale del governo di Dublino. Ma il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la UE hanno intuito questa via d’uscita e hanno inserito nei termini per il ‘salvataggio’ dell’Irlanda la pretesa che il suo governo si giocasse come garanzia per gli investitori i soldi del Fondo di Riserva delle Pensioni Nazionali Irlandesi… detto in parole povere, la sopravvivenza dei pensionati d’Irlanda sarà ostaggio di questo accordo.” E poi: “Non deve sorprendere venire a sapere che fra le condizioni del medesimo accordo di ‘salvataggio’ d’Irlanda ci siano dettagli inspiegabili come l’obbligo per le famiglie di dotare ogni casa di un contatore dell’acqua a unità separate, precondizione essenziale per la privatizzazione del servizio. O la riduzione dei già miseri stipendi minimi. Cos’hanno a che fare i contatori dell’acqua e gli stipendi minimi con le frodi bancarie, le deregulation, e la condotta folle del governo che hanno creato e nutrito questa crisi? Li hanno incastrati: il FMI, la UE e il governo di Dublino sono d’accordo che la via migliore è di smollare i rischi e i costi associati col salvataggio delle banche a coloro che non c’entrano nulla con quella frode e che ne hanno beneficiato zero.” E ancora: “Gli appiopperanno più tasse e più alte, abbasseranno gli stipendi dei dipendenti pubblici, alzeranno le rette per gli studenti, crollerà l’assistenza ai poveri e ai disoccupati, saranno tagliati i benefici alle famiglie con bimbi piccoli, mentre saranno salvati i gruppi di ricchi, le corporations, quasi tutti i dirigenti di banca e gli speculatori stranieri.” Infine: “Senza dubbio i banchieri e i burocrati del Fondo Monetario Internazionale e della UE hanno colto nella crisi irlandese un’opportunità eccezionale… di imporre agli irlandesi una politica economica decisa da un potere non eletto e fuori controllo, esattamente come sotto l’egemonia britannica dell’800… Il capitalismo della catastrofe è approdato in Irlanda.”

    Per favore, rileggete, pensando che stiamo parlando di esseri umani come me e come te, che hanno una sola vita, e in questa sola vita si giocano tutta la già minima quota di speranza, di amore, di autostima, di bene per i propri figli, un poco di gioia magari ogni tanto, prima che una malattia o la sofferenza gli spengano le luci. Non avranno una seconda chance, questa vita è tutto ciò che hanno, ma cento uomini nelle stanze del loro potere hanno deciso, per profitto, che milioni di loro, e i loro figli, devono schiattare da vivi, piangere, sentire il degrado, la melma della precarietà alla gola sempre… e poi morire. Ci può essere una cosa più infame?

  34. @Inglese

    ma cosa vuol dire che trovavano un altro o Sofri o Calabresi? E’ come dire che è inutile pigliarsela con Sandokan, tanto se non lo fa lui il capo dei malamente lo fa un altro… è come dire: pensate a tutto quello che ha fatto di buono Berlusconi, non solo alle piccole magagne…

    Saviano si autoerge a unica voce di dissenso nazionale, se ne rende conto o no? Lui dice che come dissente lui non dissente nessuno, e che si può dissentire solo alla sua maniera (senza confrontarsi in tv con un vero intellettuale come Dal Lago…)… Se ne rende conto, Inglese? Se ne rende conto che così facendo toglie libertà a tutti noi, che diventiamo dei pezzenti di sofisti non appena si cerca di uscire dal melmoso delle generalizzazioni?

    Stando così le cose, cari inglesi, saviano rappresenta tutto ciò che non si deve fare né con il giornalismo, né, me lo permetta Galbiati, con la letteratura. Eh no che non bisogna lasciar perdere…

    @ama

    fai benissimo, ma sei lì… Qui è praticamente impossibile: come ti muovi te lo trovi davanti (o didietro, non so…). Ci vorrebbe Alberto Sordi: eh lèvete, aoh! Che sta’ a fa’, Saviano, che te metti sempre da dietro?!

    @galbiati

    mi sorprende quello che scrive, con il cui contenuto sono assolutamente d’accordo, perché l’ho scritto io per mesi proprio qui, e anche di più, dileggiato da tanti, anche da lei, mi pare…

  35. Mi accodo a Larry … perché è innegabile che la lettera di Saviano (e la sua insistenza di oggi!) abbiano un rilievo importante, e non è propriamente la stessa cosa se a scriverla fosse stato un altro. Andrea sottolinea positivamente il Dal Lago di oggi … Ma le stesse cose Dal Lago le scrisse in alcune pagine del suo libro, individuando in Saviano un personaggio pubblico che esprimeva contenuti politici precisi, e tutt’altro che di sinistra. Ciò che scrive oggi Dal Lago è in continuità con quello che lo stesso autore scrisse in “Eroi di carta”, così come quello che ha scritto Saviano nella lettera agli studenti è perfettamente in linea con altre sue dichiarazione, a partire da quelle (di gran lunga peggiori) su Israele. Capisco lo smarrimento dei suoi estimatori. Però, allo stesso tempo, è uno smarrimento che mi lascia perplesso …

    NeGa

  36. io non sono per nulla smarrito, e ribadisco la mia stima per il lavoro fatto sulle mafie; allo stesso modo, con la lettera di repubblica saviano si è allineata alla posizione moderata che Repubblica ha sempre avuto nei confronti dei movimenti; allineamento con Repubblica che immagino per voi sia un organo d’informazione della destra…

  37. Repubblica è un giornale che ha svolto un ruolo ben preciso, fin da quando nacque: contro i movimenti, sempre; e in particolare a favore dello sbaragliamento di quanto si rifaceva, in un modo o nell’altro, all’esperienza comunista. La sua funzione anti-democratica si è esplicitata ai tempi del referendum sul maggioritario … In questi giorni, parlando del dissenso di alcuni studenti rispetto alla violenza di Roma, citava (senza dirlo, of course) studenti vicini al PD, che sono per nulla rappresentativi … E ha parlato, fin dall’inizio, di Black bloc … Non mi stupirebbe scoprire che Saviano ha scritto la lettera basandosi sulle notizie di Repubblica …

    [per amore di contraddizione: ciò non toglie che possa ospitare articoli interessanti]

    ng

  38. io invece sono smarrita e sgomenta caro andrea e la repubblica non è certamente il mio referente informativo e la borghesia “illuminata” mi fa senso e anche schifo :)
    bacio et pissenlove
    la fu

  39. Repubblica è un centro di potere. A un certo punto, durante il centrosinistra di fine millennio, ci scrivevano una ventina di ministri + il futuro presidente della REPUBBLICA… I suoi riferimenti ideologici sono l’unione europea, quella che decide tutto a prescindere dalle elezioni, la BCE e il Fondo monetario internazionale. L’ha spiegato bene La Fu dove questa ideologia sta portando la povera gente. Non Inglese, che potrebbe anche diventare un’autorevolissima firma di quel giornale, visto che pensa a girandola come da sempre le sue migliori firme, prima scrivendo che quello che ha scritto ieri Saviano non va bene, poi, se sbaglio mi corriggerete, dicendo che Saviano si è giustamente allineato alla posizione moderata del giornale su cui scrive. Boh! Aprirei un dibattito a parte sul concetto di moderatismo (che secondo me in Itaglia uguaglia quello di cameratismo)

  40. Io leggo Repubblica online sempre di meno. Molto meglio il Corriere per tenersi aggiornati. Non su quello che succede, ma su come gli organi istituzionali italiani lo raccontano.

    Ezio Mauro poi – col passare degli anni – sembra sempre di piu’ una Signora. Non priva di fascino. Credo che Savianone ne subisca molto il fascino. Intellettuale.

    Resta il fatto che fin da Gomorra ho avuto numerose difficolta’ a considerare il suo autore di sinistra.

  41. Bruciare macchine e azzuffarsi con la polizia non serve? Bisogna ammettere che nemmeno non azzuffarsi con la polizia e non bruciare macchine e bancomat serve. I manifestanti pacifici servono altrettanto poco di quelli violenti. Le manifestazioni non servono a niente da generazioni. Ogni volta che c’è una manifestazione il Manifesto il giorno dopo ci fa il titolo : DOBBIAMO RIPARTIRE DALLA MANIFESTAZIONE DI IERI un’occasione per la sinistra etc. e poi la riforma della scuola, delle pensioni, della cassa integrazione etc è approvata e le classi subalterne hanno un po’ meno diritti di prima. Quindi chi moralisticamente ponifica che la violenza non serve dovrebbe dire peró anche che cosa serve perché se dice solo la violenza non serve sottintende che invece manifestare pacificamente ed educatamente si che serve, E quindi è un ideologo della classe dominante perché la veritá è che cosí come stanno le cose non serve né la violenza né la non violenza. Quello che servirebbe è teoria politica, organizzazione politica, militanza politica organizzata che è quello che manca e che rende inutile la semplice buona volontá. Se poi il discorso sulla violenza lo si pone in termini generali peggio ancora. La violenza è uno strumento legittimo della lotta politica e le classi subalterne hanno tanto diritto ad usarla come quelle dominanti, il punto è semmai che le classi subalterne non sanno usarlo questo strumento come è dimostrato dai tempi di Fra’ Dolcino fino alla Comune di Parigi e allora devono imparare a usarlo e a modularne l’uso anche esercitandosi di quando in quando per vederne in pratica la dinamica, Chi fa propaganda della non violenza nelle classi subalterne ño fa nell’interesse di quelle dominate, Perché se le classi subalterne soffrono di un qualche tabú della violenza o semplicemente ignorano l’uso di questo strumento non potranno ribellarsi o le loro ribellioni saranno sempre velleitarie. Questa è la funzione oggettiva della dottrina della non violenza, difatti gli apostoli della non violenza la predica la rivolgono sempre alle classi subordinate e mai a quelle dirigenti Gandhi fece propaganda perché i lavoratori si arruolassero come volontari nell’esercito inglese nella prima guerra mondiale per massacrare altri lavoratori nell’interesse delle diversi borghesie nazionali e mi pare che per Saviano la violenza di Israele a Gaza o in Libano serva eccome e sia buona e sacrosanta. Quindo Saviano è un pubblicista delle classi dominanti il che non vuol dire che sia stupido, malvagio o corrotto o traditore o cattivo scrittore o quant’altro, Vuol dire semplicemente che fa il mestiere che si è scelto in gran parte per convinzione e in piccola parte per interesse come tutti noi. Da una parte e dall’altra,
    genseki

  42. tranquillo larry il mio primo editoriale di repubblica lo dedichero’ tutto a te (a larry, vox clamans in deserto “indiano”)

  43. sottoscrivo Nevio e Gherardo (e Valerio Evangelisti e Giuseppe Genna): la lettera di Saviano è vergognosa, come certe sue parole sullo stato di Israele.
    E – insisto – il fatto che quella lettera avesse in coda il copy Santachiara la rendeva addirittura grottesca…
    Al di là di tutto, contano le scelte politiche e la sua scelta politica Roberto sembra averla fatta con estrema chiarezza. Non è la mia…

    Mi piacerebbe sapere cos’ha da dire sulla violenza di chi ieri ha picchiato a Roma, l’altro ieri ha torturato a Bolzaneto… Su ciò che accade a Brescia…

    Per il resto penso che abbia ragione ff: occorre una riflessione eria sulla ‘violenza’: se tirare uova è violenza, calpestare un manifestante, probabilmente minorenne, mentre altri colleghi lo massacrano a manganellate cos’è? Cos’ha da dire Saviano al proposito?

    mi scuso lo so che sono OT, ma forse Andrea doveva aspettarsi che pubblicare un pezzo così adesso avrebbe generato una valanga di OT:
    Che senso ha parlare di Gomorra, mentre Roberto si schiera così chiaramente dalla parte della violenza di Stato? Stimo Andrea, ma non credo che ‘lavorar di sponda’ serva a sminuire, sdrammatizzare…

    A Roma si è tentato di impedire a una moltitudine pacifica di giungere sotto le finestre di un democratico Parlamento per esprimere democraticamente dissenso. E’ lì che c’è la radice della violenza e nell’enorme scandalo di quest’Ytaglia, a cui non è estranea buona parte dell’opposizione..

    ignorare questo significa – citando il Maggior nostro – mentire sapendo di farlo

    un saluto a tutti

    Lello

  44. Non so quanto sia centrale discutere di quanto Saviano sia un intellettuale borghese o un tuttologo superbo. Nemmeno il contendere relativo al giornale della sinistra educata.
    Io vedo solo cosa succede a chi non sa quale università scegliere, o di quale fallimento morire.
    I nostri insegnanti non ci dicono che i nostri diplomi, e poi le nostre lauree, per chi ce la farà, nella maggior parte dei casi non serviranno a farci trovare lavoro. Tralasciano l’aumento della disoccupazione italiana, la dissuasione delle nascite, il calo del potere d’acquisto, il primato delle relazioni utili sulle competenze. Non ci avvertono del fatto che la nostra pensione sarà a malapena un quinto della media dei nostri ultimi compensi, che saremo sfruttati e malpagati trascinandoci di lavoretto in lavoretto, che le nostre famiglie, magari anch’esse ferite dalla vita e dalla povertà, dovranno continuare ad assisterci fino a quarant’anni e passa, sostituendosi allo stato sociale. Ancora si rifiutano di dirci che questo paese pieno di dinosauri deve essere distrutto, come sentenzia il docente universitario nel film “La meglio gioventù” di Giordana. Omettono tutto questo perchè sperano che noi continuiamo a studiare ed a combattere coraggiosamente, come se l’Italia non fosse in rovina. L’altro giorno ho letto che anche per fare le escort bisogna studiare, però in questo paese solo 5 dipendenti dell’industria su cento hanno fatto l’università. E decine di miei coetanei andranno a fare Scienze della comunicazione, cioè un cazzo, insieme a tanti futuri deejay, buttafuori, cubiste, autisti, strappatori di biglietti al cinema.
    Che cosa rimane oltre allo sfascio? Mi spiego: come facciamo ad organizzare la nostra ira se non attraverso uno sfogo anche disordinato e aggressivo che attiri l’attenzione mediatica? La violenza non ha nessuna giustificazione. Vili i lanci di pietre, ributtante il prendersela col singolo poliziotto, idiota incendiare le automobili.

    Ma davvero non possiamo fare altro che scrivere lettere, buttarci nel calderone delle proteste di massa, metterci in fila nella richiesta dell’attenzione? Non esiste un devasto non violento? Uno sfogo, un incendio, cntro un’Italia che spende miliardi negli interventi di guerra all’estero e taglia i fondi all’università e alla ricerca? Delle ragioni della protesta non frega niente ai giornalisti, loro vogliono lo spettacolo, vogliono il denudamento di massa, il flash mob danzante, la teatralizzazione della sofferenza sociale. Sembra un doppio vincolo. Non ci resta che cedere al ricatto?

  45. Sono d’accordo Andrea sul fatto di non fissarsi su questo articolo di Saviano – e infatti io gli ho dedicato poche righe.
    E anche sull’aprire una discussione sulla violenza.
    Io peraltro sono in linea di principio d’accordo con l’intento che ha mosso Saviano a scrivere la lettera agli studenti, nel senso che la violenza di massa alle manifestazioni è sempre un boomerang per i manifestanti.
    Per inciso, non ho nulla da ridire, sempre in linea di principio, neanche sul concedere interviste e interventi e presenza a media o gruppi di destra per parlare di camorra o mafie: il punto è cosa si va a dire – per esempio se si denunciasse come mafiosa la cultura del governo B….

    @massino
    io ho provato tempo fa a leggere i tuoi commenti, e giudicandoli deliranti, poco sensati, spesso fuori tema e dai toni a volte irrispettosi, ho evitato di continuare a leggerli. e infatti con te ho scambiato solo qualche battuta poco seria, una volta accortomi che non sei un anonimo (io non dialogo con anonimi). non ricordo di averti dileggiato su saviano, se l’ho fatto sarà stato brevemente per i tuoi toni, senza rivolgermi a te.
    se quel che scrivo su di lui ti stupisce, significa che non hai letto i miei precedenti commenti su saviano, tutti critici. ma non credo uguali ai tuoi.

    @genseki,
    un po’ delirante il tuo discorso su Gandhi, che chiedeva prima ai vicerè inglesi e poi a Nehru di abbandonare il loro palazzo per farne un ospedale, e di vivere in una casa privata senza servitù, per non dire della richiesta di scioglimento del Partito del Congresso una volta conquistata l’indipendenza, e delle richieste fatte a proprietari terrieri e principi.
    L’arruolamento per la guerra era dovuto non a questioni di classe ma a questioni di nazionalismo, Gandhi credeva ancora di poter ottenere dagli inglesi più diritti per gli indiani dimostrando lealtà alla Corona. Il suo atteggiamento lealista è durato fino al 1921 circa: poi ha riconosciuto di aver sbagliato poiché ha identificato come malvagio il dominio britannico.

  46. @ lello voce

    lello, tu non sai che emozione rileggere un tuo commento. c’erano dei giorni in passato che mi chiedevo che fine avevi fatto. addirittura stavo incominciando a preoccuparmi figurati. comunque mi fa piacere che sei tornato scrivendo sempre le stesse cose come prima esprimendo la tua coerenza. io penso che se ci fossero più lelli voce le cose sarebbero state diverse a tutti i livelli (della società). lello… guarda… non so che dirti, sono troppo emozionato. a presto e non sparire. smack

  47. anch’io sono contento che è tornato il grande lello voce è spero che i suoi guai giudiziari si siano risolti – anche se io non ho mai creduto a tali guai (spero anche che non sto sbagliando persona). comunque ben tornato. – raga comunque su un altro post c’è anche il commento di di costanzo che quindi è tornato anche lui. a presto

  48. @lorenzo galbiati

    mi scusi, ma come si permette? i miei commenti su saviano erano così deliranti che la stessa helena janeczek, pazientissima e onestissima, ha scritto qui che preferiva le mie fondate argomentazione a quelle di dal lago, che trovava pregiudiziali (secondo me ingiustamente). mah, te guarda che gente! non si finisce mai di incontrare… ce lo metta lei il resto e continui a ignorarmi che è meglio.

    monologo interiore: siamo arrivati al punto che tentare uno stile, in un sito di letteratura, sarebbe delirante, mentre i loro cazzo di compitini brufolosi generalisti in nazitaliano… adius, come dice piero ciampi

    http://www.youtube.com/watch?v=ntsSDuwIAHw

  49. a lello

    “mi scuso lo so che sono OT, ma forse Andrea doveva aspettarsi che pubblicare un pezzo così adesso avrebbe generato una valanga di OT:
    Che senso ha parlare di Gomorra, mentre Roberto si schiera così chiaramente dalla parte della violenza di Stato?”

    sì, sei OT, la discussione sulla violenza, assai articolata, è sotto il post qui accanto di FF

    il pezzo qui sopra, invece, è uscito su alfabeta2 1 mese fa e lo programmai per ieri; il post parla innanzitutto di anomalia italiana come simbiosi di stato-mafia, e in seconda battuta di come i media e l’opinione pubblica reagiscono a questa situazione; il caso di Saviano è particolarmente rivelatore di come ha reagito la politica, quando si pone la mafia sotto i riflettori;

    spiegami ora in che cosa questo articolo difende le posizioni espresse da Saviano ieri e che io stesso ho criticato in questo thread?

  50. Credo che per Saviano l’aggettivo corretto sia: necessario.
    Non lo è la camorra che racconta, e neanche chi lo denigra.

  51. E chi ha detto che le difende? datti una calmata Inglese. Ho detto che sminuisce, e ‘lavora di sponda’, distrae… Tutt’altra cosa.
    Sono OT come molti, quasi tutti, Inglese. Quando e dove l’hai pubblicato lo so, visto che è una testata a cui collaboro anch’io.
    Come sempre nelle tue risposte, Inglese, non rispondi alla domanda principale, o meglio lo fai parlando di programmazione pregressa. farai mica troppo affidamento sull’ingenuità altrui, nelle tue argomentazioni?
    Ai casi, sia pur dovuti alla pregressa progammazione non credo dall’età di dodici anni. E se vado OT – e se ironicamente me ne scuso – se posto qui lo faccio apposta.
    Vedi, Inglese, alla Fortuna, diceva Nicolò, va opposta la Virtù del Principe…
    Se avevi programmato, avresti potuto sprogrammare, se non l’hai fatto hai scelto di non farlo e per me questo significa pur qualcosa. Scusa la durezza, ma a me risenntire certi audio genovesi, rivedere certe sequenze à la Tolemaide mi fa venire il nervoso, Saviano sparge sale su ferite aperte e ha perso un’ottima occasione per tacere, come su Israele. Parlare di Gomorra, oggi, di letteratura oggi è menare il can per l’aia, a mio modesto parere…

  52. Gentile signnor Galbiati,

    un pochino di pazienza per favore, sia cortese, suvvia si risparmi il “delirante” perché vede se lei poi scrive che l’arruolamento per la guerra non era dovuto a questioni di classe ma a questioni di nazionalismo questo mi fa pensare che lei non sappia che il nazionalismo è appunto una ideologia borghese sorta, infatti, proprio con la grande rivoluzione borghese, quella francese, e che in quegli anni, non ora, purtroppo, in quegli anni ad essa si contrapponeva con grande vigore e con grande forza un’altra ideologia che era l’internazionalismo, anarchico, sindacalista, bolscevico, che era appunto l’ideologia della classe salariata e quindi è proprio lei, che afferma che Gandhi mandó a morire molti lavoratori e ad ammazzare altri lavoratori nel nome di un’ideologia, quella nazionalista, e quindi di un interesse della classe dominante che era la borghesia di cui Gandhi era un rappresentante politico e intellettuale, Era avvocato. Altri da Zimmerwald e dall’Ucraina negli stessi anni lanciarono l’appello ai soldati di fraternizzare con il nemico e di rivolgere le armi contro i loro ufficiali mettendo immediatamente fine al massacro, altri ancora organizzarono scioperi generali per bloccare la produzione di guerra e salvare la vita di tanti giovani, Furono colpiti dalle decimazioni e dalle cariche contro le donne scioperanti come a Torino e a Savona. È davvero una cosa molto brutta cominciare un contradditorio con un insulto come fa lei, sa. Possibile che non possa cercare di prendere in considerazione le idee degli altri con un po’ di rispetto. Noi non abbiamo le stesse idee su Gandhi e le spiego perché, le mie sono le opinioni che su Gandhi ha espresso piú o meno sempre la scuola marxista le sue sono altre che io appunto non condivido, ma per favore lasci stare il delirio, Su NI ho notato che con troppa facilitá si indulge all’insulto ove manca la qualitá sostanziale dell’argomentazione.
    Un po’ di educazione
    genseki

  53. @genseki,
    c’è poco da dire in aggiunta, quindi glielo ripeto: quel che ha scritto e che ha aggiunto sulla nonviolenza e Gandhi è delirante, nel senso che è al di fuori della realtà. Se vuole le dico semplicemente che è falso cioè sono false le cose che lei scrive. Devo proprio specificarne la falsità una a una?
    C’è poco da interpretare, se i fatti non sussistono. C’è da sapere la storia. E poi, magari, ci si può interrogare sul perché certe cose sono state fatte (ma non si può cercare di spiegare in senso marxista perchè si son fatte delle cose che in realtà NON sono accadute).
    Sul nazionalismo: Gandhi non era un nazionalista, era un patriota e un cosmopolita (e un anarchico socialista, a suo modo). Ho scritto nazionalismo nel senso che Gandhi si preoccupava dell’autonomia della nazione indiana ma lei è troppo infarcito di ideologia per capirlo.
    Del resto, visto quel che scrive, io temo che lei proprio non ci capisca un acca di Gandhi e della nonviolenza.

  54. a lello,

    nessuna durezza, caro lello, non dobbiamo mica suonarci violini…
    la mia risposta è nel merito: l’ho programmato, e non lo sprgrammo, perché se lo avessi sprogrammato sarei stato opportunista rispetto all’attualità; ma a differenza di te, e di molti, per me è importante riconoscere anche oggi il merito di Saviano, anche se ha sparato del tutto fuori bersaglio sugli studenti; la cazzata di oggi per me non cancella i meriti di ieri; scusa se penso in modo un po’ articolato, ma a me viene da fare così

    dopodiché, il tema che mi interessa, oggi sì, è quello del post a fianco, su Londra e le forme di contestazione… e se vuoi dirmi che il mio articolo è oggi stonato, visti i fatti, ti dirò pure che è vero… ma nella vita un sacco di cose sono stonate e imprevedibile, e non per questo meno vere

  55. ad Andrea, pur apprezzando sinceramente il tono e il merito della risposta ribadisco che il tema che mi interessa oggi è Roma (di cui Londra è sineddocche o se vuoi metonimia, o il contrario, che è uguale) e chi mi interessa difendere anche oggi sono gli studenti i precari i manifestanti. Oggi sono loro a ridare dignità a questa Ytaglia.
    sai bene che su roberto non mi sono mai abbandonato a pettegolezzi o a inutili polemiche, sai che l’ho stimato, sai che ho polemizzato con lui letterariamente. Niente a che fare con certi altri. Ma molti come me – colleghi che gli erano vicini – oggi e per ragioni ben più profonde della polemica strumentale o del pettegolezzo maligno sono stupefatti da ciò che dice. Abbiamo bisogno di intelletuali, di predicatori ne abbiamo già a iosa
    Non credo che saresti stato opportunista, credo che saresti stato opportuno… cioè che oggi è opportuno parlare di QUESTO Saviano e non di QUELLO: Ma questa non è una mia scelta (né di altri che come me polemizzano) ma di Roberto: nessuno lo obbligava a prendere posizione: l’ha fatto, l’ha fatto così e mi sembra giusto e opportuno OGGi parlare di questo…
    Tutto qua…
    Intanto qui nevica…

  56. Gentile Lorenzo Galbiati,

    se lo ha scritto lei che Gandhi era un nazionalista. Adesso mi dice che non lo è. E vabbé lei è un professionista dell’insulto ma la sua coerenza non è granché. Allora Gandhi non era un nazionalista me un patriota cosmpolita, Un patriota cosmopolita, o bella! Che strana creatura! Io ho fatto una sola affermazione di carattere storico e cioè che Gandhi si impegnó perché gli indiani si arruolassero nell’esercito inglese nella Prima Guerra Mondiale nella speranza che fossero cooptati alla guida dell’Impero in nome della comune razza ariana e dell’antica civiltá, e lei ha risposto che lo fece per motivi di nazionalismo. Adesso mi dice che quello che io scrivo è falso quando nel post precedente aveva scritto che è vero. Lei non puó criticare ad una una le cose che ho scritto, perche io ne ho scritto solo una, e cioè che Gandhi era un nazionalista e non un internazionalista e che il nazionalismo è un’ideologia borghese. Non ho scritto altro mi pare. Lei non puó specificare la falscitá di nessuna delle mie affermazioni se no lo avrebbe fatto, anche perché si tratterebbe di specificare la veritá di una sola affermazione, perché io ne ho fatta una sola.
    Mi dispiace davvero dover discutere a questo livello.
    È davvero fastidioso questo tono e questa agressivitá argomentativa.
    Concludo davvero questa discussione invitandola a leggere in che modo nell’Italia degli anni trenta era vista la figura di Gandhi dal filosofo ufficiale del Fascismo: Giovanni Gentile:

    L’orientamento di questa possente forza spirituale e religiosa, affatto orientale, che Gandhi riceve dalla sua gente, verso gli interessi sociali e politici, è dunque probabilmente un frutto dell’innesto europeo nel tronco indiano, per cui la massa enorme del sentimento profondo dell’individuo che religiosamente sente in sé la vita del tutto, e si sente perciò nel profondo accanto a tutti i viventi, si riversa dalla contemplazione sterile del pensiero astratto, nella vita degli uomini che sulla terra vivono lavorando, e per lavorare si assoggettano a rapporti giuridici e questi rapporti definiscono e mantengono in una convivenza politica ordinata e garantita da una volontà superiore. Questa, che è la grande profezia del Mahatma Gandhi, scuote tutta l’India, perché vi porta un nuovo principio e sopra la base secolare dell’antica anima indiana edifica perciò una costruzione nuova.
    È una rivoluzione interiore prima di essere quella rivoluzione politica […]

    Dalla Prefazione di Gentile all’edizione dell’Autobiografia di Gandhi del 1931. La autobiografia apparve in inglese a cura di Charles Freer Anders.
    Gentile vedeva in Gandhi un socialista nazionalista indiano, cioè un nazionalsocialista, cioè una specie di fascista indú, Gentile aveva i suoi interessi, Mussolini ricevette Gandhi a Palazzo Venezia in funzione antibrittannica ma Gentile non era uno sprovveduto e le su parole sono ben ponderate.
    Purtroppo il clima che si respira qui su NI rende impossibile ogni ulteriore discussione. L’insulto sostituisce l’argomentazione in modo troppo frequente e l’arroganza agressiva la pacatezza e la paziente analisi degli argomenti degli altri, questo toglie credibilitá al lavoro di NI, lo situa al di fuori dell’etica dell’aromentazione e della ricerca intellettuale in modo tale che per me ha perso ogni interesse continuare a seguirlo,
    Grazie comunque per aver fin qui ospitato i miei commenti
    genseki

  57. Provo a fare una riflessione a freddo partendo proprio da quest’ultimo scambio tra lello e andrea. E lo faccio prendendo spunto dal video forum pubblicato su repubblica in cui Roberto rispondeva alle mail degli studenti sulla lettera di cui si sta discutendo.

    http://tv.repubblica.it/copertina/universitari-incontro-con-roberto-saviano/58461?video&ref=HREA-1

    bene, la sensazione che ho avuto, netta e precisa è che ci fosse un senso di profonda inadeguatezza tra quelli della nostra generazione (40-50) e la loro (20-30). Ho sentito una vera e propria spaccatura generazionale, che tra l’altro Roberto rivendicava a chiare lettere nel video rivolgendosi ai maestri del dissenso. per quanto spietato e impreciso nella sua generalizzazione io vi ho colto tutta la mia inadeguatezza – potrei anche parlare di inettitudine in senso letterario- soprattutto riflettendo sulla storia di questi ultimi venti anni, la storia della mia generazione. ecco, la questione chiave è secondo me tutta qui. Che cosa ha prodotto di vero, profondo, rispetto ai mutamenti in atto proprio nel meglio della nostra gioventù, la generazione mia, di lello, andrea, genna, evangelisti, wu ming, tiziano scarpa, aldo nove ecc. Non dico che questa generazione avrebbe dovuto rifare il mondo ma se guardiamo con sincerità ai nostri percorsi, tralasciando gli innumerevoli tentativi di alterizzazione delle cose, tipo, un’altra poesia è possibile, un’altra letteratura è possibile, un’altra società o modo di amare, di lavorare, di stare insieme, è possibile, mi spiace ammetterlo, ma vedo molto silenzio, Non ci sono state le rivoluzioni editoriali sognate, né tanto meno quelle letterarie, diciamo una sana mediocritas che permetteva a tutti, autori rivoluzionari compresi di entrare e uscire dai salotti buoni, strega, ostrega, e via dicendo senza aggiungere o togliere nulla a nulla. Così, in questi ultimi anni ci troviamo nous malgrè a interloquire con nuovi modi di comunicare (vd la rete) nuove forme di protesta (vd l’eccellente video postato qualche giorno fa da Christian Raimo su minima moralia, http://www.minimaetmoralia.it/?p=3465 , o perché no, quella profonda rivoluzione in atto sul web che si chiamano socialnetwork. La sensazione che ho avuto guardando quel video di Roberto era che lui veramente si rivolgeva ai suoi, a quelli della sua generazione e di colpo ho visto e letto noi, a insorgere, dicendogli ma che cazzo dici, adesso mi vuoi dire tu come si fa una molotov? o la differenza tra miccia lunga e miccia corta? Ben coscienti che nessuno di noi prenderà una molotov in mano, a prescindere dalle idee che ciascuno di noi ha della violenza, giusta o sbagliata che sia, ma perché, più semplicemente, a cinquantanni non ce la fai, non ce la fai a correre, né in un senso, verso le barricate, né in un altro, lontano dagli sfollagente. La nostra generazione, diciamocelo apertamente, non ha fatto una mazza perché le cose andassero meglio per il nostro paese, e infatti se le cose sono così come sono non è certo dall’arrivo di berlusconi. Poi per carità ognuno nel suo piccolo ha fatto probabilmente il migliore dei piccoli possibili, ma nell’insieme, anche mettendo tutti i pezzi assieme, ben poca cosa rispetto a quella forza titanica che è la giovinezza.
    questo volevo dirvi
    effeffe

  58. io penso che ci sia proprio bisogno di predicatori, invece, è di belle forme che ne abbiamo a iosa – e le più perfette sono proprio quelle del mondo estetizzato di mediaset – ci mancano i savonarola che abbiano cercato in sè un modo giusto e linguisticamente corretto di porsi di fronte al mondo – perchè nell’asserzione e la proposta etica, qual’è gomorra, c’è più lingua e investimento letterario che in troppi esercizi lessicali e sintattici ben eseguiti. se la camorra di saviano è reale, è perchè è ben scritta – la scienza è una lingua ben scritta, disse foucault – lo stesso si può dire del giornalismo corporeo, verificato dal corpo, di saviano. che poi ci siano molte altre scritture altrettante necessarie e potenti che nessuno legge, perchè adottano un codice più complesso, è un altro problema…

  59. d’accordo anche con ff – anche se penso che la ns generazione ha fatto molto… che sarebbe saviano senza le ns rivoluzioni culturali e percettive?

  60. Boh che ne so dando una scorsa al sito mi è sembrato che lei ne fosse una specie di redattore o comunque un collaboratore abituale, Naturalmente non ho nessuna voglia di contattarla, questa discussione è stata molto sgradevole come lo scambio di opinioni con l’Architetto di ieri.
    Insomma la sensazione generale è per me sgradevole.
    Ringraziando per l’ospitalita
    genseki

  61. La querelle su Saviano scrittore è per davvero infinitamente stucchevole. Scrive – solo per fare un esempio, e non me ne abbia – Enrico Macioci: “La sua proprietà di linguaggio è nella norma. Non propone mai uno scarto, un lampo cognitivo. Mi sembra manchi nei suoi discorsi la profondità di pensiero: il suo è un talento cronachistico, e di ben altro c’è bisogno”.
    E allora? E se mai fosse che è così? Siamo ammorbati dalla cronaca – vero e proprio instrumentum regni -; Saviano, se mai fosse che il suo talento è solo cronachistico, e non è così, fa cronaca ottima contro cronaca stronza o servile.
    E poi l’abbiamo visto gli scarti e i lampi che hanno prodotto.
    Un caro saluto

  62. caro franzisko,

    “a nostra generazione, diciamocelo apertamente, non ha fatto una mazza perché le cose andassero meglio per il nostro paese, e infatti se le cose sono così come sono non è certo dall’arrivo di berlusconi.”

    ma che cosa stai dicendo – con tutto l’affetto fraterno – i discorsi generazionali lasciamoli a Raimo… Non ho mai sopportato queste generalizzazioni: ognuno parli per sé, per quelli con cui lavorava, lottava, pensava. E poi: io l’ho subito detto: non esaltiamoci, noi (i quarantenni), perché finalmente ci sono delle reazioni forti a questa orrenda classe politica. Il lavoro da fare, di tutti, più giovani e meno giovani, è enorme. E di fronte abbiamo gente senza scrupoli, allenati a navigare in una democrazia sempre più di cartone. Quindi inutile distribuire trofei adesso, né tantomeno dare un’indistinta mazzata alla nostra generazione – che poi Francesco cazzo c’entra il discorso degli scrittori con il discorso politico? Genova 2001 non era mica una faccenda di scrittori…

    a lello: sulle critiche alla lettera di saviano siamo d’accordo, come sulla solidarietà ai manifestanti di roma…
    e il mio articolo pure ci sta per me – perché anche Saviano non è né bianco né nero: il Saviano che scazza oggi, è anche quello che ci ha interessato ieri. E allora venga fuori tutta la stonatura e la contraddizione del personaggio, che lo renderà più reale di chi lo ha ridotto a caricatura fin da subito.

    Dopodiché, per me il discorso di Saviano è chiuso. Sono il primo ad avere ben altre cose che lo interessano oggi.

  63. Non è necessario provenire da posizioni marxiste per criticare duramente la politica demagogica e insidiosa di Gandhi e Nehru. E’ molto interessante l’opinione, per esempio di Alain Danielou, conforme a quella dei letterati indu ortodossi più coerenti, i quali avevano previsto con decenni di anticipo le conseguenze negative della divisione del Pachistan. Di Nehru e della classe dirigente che ruotava intorno a lui, formata da elementi tutti provenienti dalle prestigiose università inglesi (Gandhi compreso), si racconta tra l’altro che non avrebbero neppure capito con esattezza un semplice discorso in lingua indi.
    Per questo i ragazzi dovrebbero diffidare da ogni maestro santificato in vita. Più compolesso da giudicare sarebbe il caso di Tolstoy.

  64. @effe.
    come prima d’accordo sulla necessità di riflettere, approfondire, ma poi ogni prassi è anche riflessione e approfondimento. Nel frattempo che rifletto se posso dò una mano a difendere quelli che sento più vicini, che sono proprio i giovani. Non ho voglia di stare alla finestra. camminare domandando, ma anche domandarsi camminando :D

    E poi siamo proprio sicuri di avere solo l’età dei nostri anni. Io sono solo il ventenne del 77? Per sempre? e Sarei anche il 40enne di Genova, ecc. Loro presto saranno altro. Siamo condomini nel tempo, occorre capirsi e parlarsi.
    per quanto concerne le molotov, io ne so poco, nel 77 non stavo con autonomia ma con gli Indiani (quelli metropolitani) accendevo ( e tutt’ora accendo) ben altro. Mal me ne incolse a Roma sia quel benedetto giorno di Lama (le prendemmo da tutti: autonomi, CGIL e Polizia) sia quelli dopo (certi autonomi sparavano, la polizia sicuramente anche e già lo aveva fatto, ho passato qualche mese a scappare, da tutti praticamente, se ci penso su ora mi pare fin comico)…

    Insomma è la storia della simultaneità dei differenti livelli storici di Bloch: nello stesso presente abitiamo entrambi, l’ultimo degli Aymarà e Lady Gaga, io e i ragazzi di Roma… Roma Piazza e Roma Parlamento e pure le magagne contabili della Ministra del Turismo e il dito alzato di La Russa da Santoro.

    Ma alcune cose nel tempo non cambiano: continuano a picchiare, continuano a non essere riconoscibili (LORO) in piazza senza che si sia ottenuto di appicicargli sul casco un bel numero di matricola che sarebbe ben più efficace del tardivo ordine di un tardivo Superiore: non toccate i ragazzi (forse si ricordava di Cossiga: non picchiate quelli piccoli dei licei, o dell’università, massacrate gli altri, centri sociali, attivisti sindacali o politici, per quelli non si commuoverà nessuno).
    Rifletto, Effe, ma intanto mi incazzo e generazione o meno la mia ai giovanotti (Saviano e studenti) la dico chiara, se solo posso….

    @Andrea: concordo due volte stavolta… è vero da questa discussione esce evidente la ‘contraddizione’ è questo credo anch’io sia utile… e concordo che a questo punto il discorso è chiuso e possiamo passare avanti, ad altro…

  65. l’anonimo maurizio scrive:

    “E’ molto interessante l’opinione, per esempio di Alain Danielou, conforme a quella dei letterati indu ortodossi più coerenti, i quali avevano previsto con decenni di anticipo le conseguenze negative della divisione del Pachistan.”
    E infatti né Gandhi né Nehru né del resto Lord Mountbatten erano favorevoli alla divisione dell’India, che è stata imposta a rischio della guerra civile da Jinnah. Gandhi arrivò a dire che era meglio la guerra civile, ma il Congresso e Mountbatten a quel punto cedettero a Jinnah; il giorno dell’indipendenza indiana Gandhi disse che era un giorno di lutto.
    Il libro di D. Lapierre e L. Collins “Stanotte la libertà”, 530 pagine descrive minuziosamente tutto il processo di spartizione.

    Sempre Maurizio scrive:
    “Di Nehru e della classe dirigente che ruotava intorno a lui, formata da elementi tutti provenienti dalle prestigiose università inglesi (Gandhi compreso), si racconta tra l’altro che non avrebbero neppure capito con esattezza un semplice discorso in lingua indi.”
    E infatti fu Gandhi a iniziare a parlare in indostano anziché in inglese ai congressi del partito.

    Internet: il posto dell’ignoranza senza vergogna (e senza responsabilità: l’anonimato).
    Mi scuso per l’OT ma è difficile stare zitti davanti a tanta scempiaggine.

  66. @lello
    certo, del resto (e qui rispondo anche ad andrea) non ci sono nemmeno le finestre da cui affacciarsi. Voglio con questo dire che l'”en plein air” che naturalmente ci coinvolge tutti, attraverso mobilità coatte o volontarie, reti trans generazionali e processi socialmente condivisi e subiti ( si pensi all’emergenza monnezza a napoli) dovrebbero aiutarci a identificare un nuovo concetto di cittadinanza. Se in questi venti anni siamo stati incapaci di produrre modelli di cittadinanza più al passo dei tempi, sicuramente in opposizione a quelli vigenti, e soprattutto linguaggi capaci di raccontarli, quei modelli e quindi prendersene anche la responsabilità dell’ammanco, non significa che tutto sia perduto, anzi,
    I segnali che giungono dalle piazze sono importanti, fondamentali ma li reputerei imprescindibili solo se fossero in grado di fare quel salto, di scavare degli interstizi tra i muri delle parole e dei servizi d’ordine. I ragazzi e le ragazze che in questi giorni si stanno mobilitando nelle scuole e nelle università, quella moltitudine, secondo me, si sta cercando e trovando, anche attraverso un desiderio di demarcazione. Ben vengano lello allora il tuo, il nostro di tutti, desiderio di entrare in contatto, trasmettere, scambiare, esattamente come proprio qui su NI sergio bologna qualche tempo fa
    https://www.nazioneindiana.com/2008/11/13/a-gamba-tesa-sergio-bologna/ aveva fatto
    comunque d’accordo con Iglé sul fatto di chiuderla qui con il rammarico che il post iniziale non abbia potuto sviluppare il dibattito che meritava sui temi proposti,
    effeffe

  67. Lorenzo Galbiati@
    Il libro di D. Lapierre e L. Collins “Stanotte la libertà”, 530 pagine che descrive minuziosamente tutto il processo di spartizione rientra in quel genere di divulgazione che precisamente e implicitamente stigmatizzavo col mio intervento. Le considerazioni durissime su Gandhi di Alain Danielou le puoi trovare in: “Le chemin du labyrinthe” Edition du Rocher Monaco 1993 e pure nel suo “Shiva et Dionysos”, reperibile anche in lingua italiana. Egli ha trascorso oltre vent’anni a contatto strettissimo con gli ambienti e i gruppi dei letterati ortodossi indu, entrando in contatto col loro leader riconosciuto Swami Karpatri, simpatizzando a lungo con gli indipendentisti e frequentando anche la casa di Nehru ed è stato poi l’unico in grado di spiegare all’esterno dell’India il punto di vista dei tradizionalisti.
    Ricordo per chi non lo sapesse che la spartizione del paese costò un esodo (praticamente) forzato di decine di milioni di persone durante il quale alcuni milioni persero la vita.
    Se riferisco il punto di vista di Alain Danielou, vai a verificare i suoi scritti Galbiati e, eventualmente, dopo qualche anno di studi, contestali.
    Quanto all’anonimato, il mio nome e cognome veri sono contenuti nell’indirizzo mail usato per postare, non mi sembra un grande anonimato.
    Sull’India pare tu abbia letto un solo libro, anche se voluminoso. La sai la storia di quelli che leggono un solo libro… I politeisti indu invece leggono molti libri, da prima che i libri esistessero.
    Queste risposte isteriche danno ragione a Genseki.

  68. io non voglio avere ragione. Mi accontenterei di un sereno scambio di opinioni tra persone appassionate ma civili, Qui non è stato possibile. Che cosa me ne faccio della ragione? La ragione si dai agli scemi si diceva in Riviera.
    genseki

  69. Per rispondere al bellisssimo commento di EFFEFFE. Lo penso come lui. Siamo i bambini degli anni 1970, frutto della libertà 1968) e negli anni d’infanzia, si respirava questa liberta lieta ( in Francia).
    Anni 80, anni Punk, rivolta più artistica, disperata.
    Poi abbiamo provato a trovare un cammino dopo la scuola e noi abbiamo dimenticato tutto della rivolta. Oggi la giovinezza non più perdere quello che ha mai avuto. Sento una grande simpatia per questa giovinezza e ammirazione. Solo ho paura che sia ricuperata dall’estremo.
    Noi dobbiamo lasciare lo spazio alla giovinezza affinché sia scritto l’avvenire.

  70. maurizio,
    io non sono interessato a leggere il libro sul pensiero dei tradizionalisti indù né tantomeno a leggerlo per contestarlo. non sono l’avvocato di gandhi o di nehru. constato solamente che sei venuto qui per esprimere critiche a gandhi e nehru e hai portato come esempio le conseguenze della spartizione e il non parlare hindi: il che squalifica totalmente il tuo intervento – e se quel che dici è preso da quel libro, squalifica totalmente anche quel libro.
    per il resto, non ti conviene metterla sul quanti libri (e articoli) ho letto su gandhi e l’india, e scusa se non ti dico il numero, perchè mi ci vorrebbe molto tempo per riuscire a essere preciso.

  71. I signori intellettuali sputano sentenze condite di colte citazioni e di indignate posizioni.
    Dove sono le soluzioni ? E’ tutta qui la nostrana sapienza ?
    Vorrei comprendere, da cittadino peone, cosa fate per questi ragazzi ? Quali sono le vostre proposte ?
    Vorreste rivoluzionare la società con una rivoluzione che preluderà ad una futura opposizione scontenta, violenta e rivoluzionaria al fine permettere altre ed infinite rivoluzioni ?
    No alla violenza. Non è possibile sgomberare mille piazze pacifiche, non è possibile arrestare mille cortei non violenti, non si può combattere con la violenza la pacifica e democratica contestazione di migliaia di cittadini. In uno stato democratico non si può.
    E’ il coinvolgimento di pochi che diverranno tanti che accompagna la piazza verso una scelta elettorale cosciente.
    Marzsp della fula

  72. Gandhi buono, Obama buono, Tex Willer buono, Pol Pot cattivo, Corrado Alunni cattivissimo, Ulrike Meinhof peggio della peggiore suocera.
    Contento tu… neanche io sono avvocato di Danielou; se tu sapessi chi egli sia stato e quello che rappresenta, squalificheresti i suoi libri con ben altra circospezione.

  73. dopo aver letto la lettere di saviano a repubblica – moralista, irritante, saccente – mi è venuto da pensare che saviano stia diventando un utile idiota.

    non so quanto sia bravo lui ad usare i media o i media ad usare lui, come una gallina dalle uova d’oro (dell’antimafia).
    credo che l’icona saviano sia diventata così “potente” da aver perso il contatto con la realtà.
    non mi meraviglierei di leggerlo presto su “tutta cucina”, ammesso che non lo abbia già fatto

    http://www.controlacrisi.org/joomla/index.php?option=com_content&id=10200&view=article

  74. ps concordo in pieno con quanto ha scritto lorenzo galbiati, specialmente nel primo intervento.
    analisi lucidissima

  75. Ieri il personaggio che veste i panni di Ministro dell’Interno e che non perde occasione per vantare (in televisione, ovviamente) i successi del suo ministero nella lotta contro la criminalità, ha fatto affermazioni gravi in parlamento: ha detto che il rilascio dei giovani fermati è pericoloso perché “potrebbero reiterare i reati degli scontri di piazza.” Affermazione che avrà certamente raccolto milioni di consensi tra i milioni di italiani che una volta appartenevano alla cosiddetta “maggioranza silenziosa”, cioè masse di persone immobili, spaventate e ostili a qualunque cambiamento, sempre pronte a votare chi alimenta la loro paura per proporre poi il rimedio (in televisione). Non ho sentito repliche a queste affermazioni, a parte forse Di Pietro. Non ho sentito qualcuno dell’opposizione che si sia alzato e gli abbia detto: Lei, signor Ministro, non è degli Interni, ma della Paura Popolare. Lei è il ministro della Falsità e della Demagogia. Lei ha identificato i giovani fermati, la loro posizione giudiziaria, con le immagini viste in televisione, andando così incontro all’emotività popolare, alla voglia di punizione, di reazione, e il suo collega, che è notoriamente un ministro di paglia, ha inviato immediatamente gli ispettori con lo scopo di intimidire quei giudici che hanno scarcerato 22 persone su 23 per mancanza di indizi. Lei, signor Ministro, costituisce una vergogna per questo paese.” Qualcuno dell’opposizione ha detto questo? Invece è toccato al presidente dell’ANM dirlo (non con questi toni, ma questo è il senso). Io non guardo quasi più la tele, per cui può darsi che mi sia sfuggito, ma per esempio qualcuno del PD l’ha detto, oltre ai proclami roboanti di condanna della violenza e agli auspici di alleanze col terzo polo?

    Perché è questo il punto. Il movimento degli studenti, come i precedenti, l’Onda, la Pantera e via indietro fino al ‘77 ha bisogno di movimenti di massa, non di proclami o di sensi di colpa di scrittori e intellettuali. Ha bisogno di politica, di sostegno e di coraggio. Invece questo non si percepisce. Non si è mai percepito. Io c’ero nel 77 a Bologna, quando gli autonomi di Scalzone lanciavano le sedie sopra la platea delle assemblee mandando tutto in vacca, mentre il sindaco Pci Zangheri ci chiamava “poveri untorelli”. Nel 68 non c’ero veramente, ero troppo giovane, ma c’era Rossana Rossanda, che ha scritto nel suo libro “La ragazza del secolo scorso” della latitanza colpevole e imperdonabile del Pci di fronte a una saldatura senza precedenti tra studenti e operai. E non mi va di caricare sulle mie spalle il senso di colpa dei fallimenti altrui, perché non “abbiamo saputo” e “non abbiamo voluto”. Col cazzo. Io ho fatto la mia parte, sono loro, è la politica che ha fallito e ci ha sempre abbandonato perché troppo terrorizzata dalla condanna dei moderati, che invece bisognava blandire e corteggiare. Proprio come oggi. Il Terzo Polo. Ma che vadano all’inferno tutti. Ho qualche speranza in Vendola, ma ha contro gli sceicchi, i califfi, sempre loro, fantasmi, mummie, attaccati come zecche alle loro poltrone, e stanno pure lavorando per affossare le primarie.

    Sono loro i predicatori televisivi cui mi riferivo in un commento che ho messo molti commenti fa, non Saviano. Saviano è uno scrittore, può anche scrivere cose non condivisibili, come ne scrivono spesso su repubblica Francesco Merlo, o che so, tutti quei liberal fautori di un immaginario capitalismo perbene ed etico mentre qualcuno sa che il capitalismo è etico finché non vede messi in discussione davvero i suoi interessi profondi, nel qual caso non esita a scatenare guerre, massacri, pestilenze, mafie e evocazioni woodoo di demoni dell’inferno. Come aveva ben capito Manchette. Saviano non è un predicatore politico, ma si carica su di lui una responsabilità enorme, si fa di lui un’icona, un monumento su cui sfogare frustrazioni e rabbie. E’ uno che sta perdendo il contatto con fette di realtà, come ha scritto Evangelisti in quel pezzo linkato. Ma non andiamo oltre. Non è lui il responsabile di questo disastro. E’ solo uno scrittore.

  76. E’ vergognoso che censuriate gli interventi sgraditi.
    In questo luogo dov’è la democrazia ?
    marzsp della fu

  77. Su una critica a Gandhi (da sinistra marxista ) puntuale e senza ipocrisie consiglio di dare una scorsa a La non violenza di Domenico Losurdo. In questo momento non ricordo l’editore, forse Laterza, ma è uscito quest’anno. Dice tante belle cosette anche su Hanna Arendt e il Dalai Lama.

    Per quanto riguarda manifestazioni, manifestanti, potere e opposizione c’è una sconsolante sensazione di dejà vu.

    Su Saviano c’è poco da dire: è sempre il solito andazzo della sinistra che si illude per qualunque flatus voci. Saviano NON è mai stato di snistra.
    Il fatto che il popolo di NI ci ha messo tre o quattro anni ad accorgersene la dice lunga sulla lucidità o la buona fede di tante persone.

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Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
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