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Nuovo cinema paraculo/Hereafter

di Piero Sorrentino

Va bene, la scena di apertura è bella. Il risveglio nella stanza d’albergo, il sole, le biciclette per le strade, la passeggiata indolente per il mercatino, i mucchietti di collanine e pietre colorate esposte sui banchi. E poi, di colpo, incomprensibile, immotivata, la Tragedia, lo tsunami, l’acqua risucchiata da una forza invisibile e poi scagliata contro i palazzi, le persone travolte e annegate, le macchine che si trasformano in proiettili impazziti, la distruzione, la morte. Ma, insomma, per il nuovo film di Clint Eastwood ci dobbiamo stracciare le vesti – ancora una volta – soltanto per questo?

Tutti quelli che applaudono Eastwood per Hereafter – e, prima, lo hanno applaudito per Invictus – per una gran parte, danno l’impressione di quelli che fanno qualcosa perché pensano che si debba farla. Nessuno sembra capire che per preservare la bellezza di un film come Gran Torino si dovrebbe invece iniziare a dire che gli ultimi lavori del regista americano sono abbastanza penosi, anche se questa pacata proposta può facilmente provocare reazioni violente perché al dogma Clint Eastwood Fa Capolavori (A Prescindere) molti sono pateticamente incollati. A parlare male di Eastwood c’è tutto questo immediato inarcare di sopracciglia dell’interlocutore, questo incremento di espressioni offese, queste serate-con-birra- tra- amici che si trasformano in psicodrammi galoppanti nutriti da una cordiale solidarietà nella voglia di buttare all’aria il tavolo e far scattare la rissa. Eastwood è un intoccabile, anche se realizza filmetti noiosi come Hereafter, dove dopo un’ora e cinque già cominci a illuminare il display del cellulare (in modalità silenzioso, ovviamente) per vedere che ore sono; in cui le tre linee narrative – quella dei gemelli, della giornalista francese e dell’ex medium Matt Damon – partono magari pure bene, ma poi si agitano penosamente senza costrutto, senza un filo capace di renderle parte di un contesto che non si risolva nella ridicola trovatina della fiera del libro; dove compare il personaggio di un cuoco italiano, naturalmente coi baffi, che sembra ritagliato paro paro dallo chef Luigi dei Simpson, e schiaffato in una sequenza rubata all’indimenticato Lezioni di cioccolato con Luca Argentero e Violante Placido; in cui i Gemellini Sfortunati E Teneri, parlando della loro mamma, manifestamente zoccola, alcolizzata e strafatta, passano le informazioni allo spettatore con dialoghi del tipo: “Ce la farà la mamma, stavolta, a uscire dal terribile tunnel dell’alcol?” “Non lo so, sono tre anni che prova a disintossicarsi senza successo, ma noi dobbiamo starle vicino e aiutarla nel suo processo, in fondo è buona e ci vuole tanto bene” (e dire che c’è stato pure qualcuno che s’è commosso, in sala, quando Quello Col Cappellino è stato messo sotto dal furgoncino); dove Matt Damon – che ovviamente s’è beccato i superpoteri da medium dopo un’operazione complicata che lo ha quasi accoppato – in una scena dell’agognato finale sta facendo una cosa manifestamente stupida e, mentre cammina, a un certo punto si ferma, quasi guarda dritto in macchina e, giuro, dice: “Devo essere proprio impazzito, sto facendo una cosa molto stupida!” (e prima aveva ovviamente fatto al fratello arraffone il discorsetto “Questo Del Parlare Coi Morti Non È Un Dono Ma Una Maledizione”) ; un film in cui – vado a memoria, magari qualche altra disgrazia me la scordo – capitano, nell’ordine: lo tsunami in Asia, un investimento mortale di un pedone minorenne, gli attentati con morti e feriti nella metropolitana di Londra, una bambina violentata da suo papà, una encefalomielite quasi mortale; in cui a farla drammaturgicamente da padrona per TUTTO il film è quella trovatina da ultimissima spiaggia narrativa che gli sceneggiatori chiamano il “Guardacaso”; e dove, alla miliardesima scena in cui sei costretto a guardare le ombre scure dei morti che si agitano nell’aldilà, hai un profondo desiderio di stare pure tu da quella parte, finalmente in pace, lontano da Clint.

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58 Commenti

  1. Non l’ho ancora visto, ma sono con Sorrentino: Eastwood è il regista più sopravvalutato di tutti i tempi e Gran Torino, per dirne uno, è un film ridicolmente didascalico.

  2. Solidarizzo con Pierino La Peste. Ho rotto amicizie solo perché ho osato dire che Eyes Wide Shut in fondo era una mezza cagata (io, adoratore di Kubrick).

  3. Film obiettivamente brutto e sconclusionato, imbarazzante in alcune scene immotivate e parodistiche. E’ purtroppo vero che il regista e l’autore, il credito che si rivolge loro, valgono più dell’opera che creano.

  4. Eyes Wide Shut? Assolutamente! Una mezza cagata…

    Sara’ che lo vidi in una sala enorme e deserta nel centro di Firenze, fuori tempo massimo, subito prima che ne togliessero la locandina, ma Million Dollar Baby di Clint Eastwood mi piacque taunto taunto.

    GRANDE kubrick. Da non rivedere neanche i suoi capolavori, una volta superati i 30 anni.

  5. Però: io che non ho visto il film (e che non trovo affatto Gran Torino didascalico, né Eyes Wide Shut una “mezza cagata”) trovo qui, come capita purtroppo spesso, una critica alla sceneggiatura più che al film in sé.

  6. Appoggio Biondillo: Eyes Wide Shut è indubitabilmente una cagata lenta e pesante da digerire. La Kidman poi non è affatto la gnocca che vogliono darci a bere. Sembra la casalinga della porta accanto.

  7. d’accordo con piero, magari non nella stroncatura totale, ma di sicuro nel fatto che sia un film sopravvalutatissimo, leggo commenti nel segno dell’estasi che proprio non corrispondono alla mia esperienza.
    avrei aggiunto che la parte francese è recitata male quasi quanto una fiction di rai1.

  8. La Kidman la signora della porta accanto (espressione molto da film porno). Pecoraro che neanche legge ma è d’accordo a prescindere? Vedo che la banda della bile accresce.

    Circa la recensione mi vedrò il film e poi vi dirò. Gran Torino è bellissimo. Anche Lettere da Iwo Jima era la fine del mondo. Ma cosa dannazione dite.

    Invictus retorico ma forte.

    Insomma occhio indianini sta roba secondo me è bellissima e bisogna difenderla magari farna di ancora più bella, ma non trattiamola come se fosse Natale a Iwo Jima eh….

    abbraccio a tutti

  9. La Kidman non e’ gnocca e Tom Cruise non e’ uno stallone sventrapassere. Ma allora erano la coppia del Gossip.

  10. La Kidman non è .. ma cosa dite ? è..è meravigliosa.. è una fata.. ma ..ma che dite ? in Moulin Rouge.. era.. meravigliosa..

  11. A me fa ridere e in fondo dispiace (perchè significa che le alternative son poche) che il vecchio Callagan venga sdoganato a sinistra ed appaia come uno che può insegnare qualcosa a proposito di rapporto tra individui di culture diverse; soprattutto a partire dal notevole, ma certamente sopravvalutato Gran Torino.

  12. la cosa incredibile era che damon prendeva un attimo la mano, la lasciava subito e dava il responso; uno non dice che doveva fare come whoopi goldberg in ghost che faceva un certo effetto a vederla; stucchevole mi è sembrata anche la “estetizzazione” dello tsunami “iniziale” con valore di super-metafora; e va beh

  13. Non parliamo della Kidman di Moulin Rouge, ma della Kidman di Eyes Wide Shut. Semplicemente sciapa.

    Aggiungo che col materiale umano a disposizione, Kubrick – fermo restando che trattasi di genio assoluto – ha ampiamente fallito la scena dell’orgia nel castello. Lì veramente poteva toccare le vette dell’arte e invece ha fattoun pornazzo di serie b.

  14. D’accordissimo con l’articolo. Io stimo abbastanza eastwood come regista, anche se più come attore. Ma qui come si suol dire l’ha fatta fuori dal vaso. E non è mica che lo si può perdonare solo perchè ha più di 80 anni e magari sente voci e vede ombre. Nessuno glielo ha imposto di pensare pubblicamente alla morte. Purtroppo nemmeno a me hanno imposto di andare a vedere il suo film e ho buttato via 6 euri.. e vabbeh…

  15. Questo non l’ho visto e a essere sincero non mi attira particolarmente. Ma da qui a dire che Clint non vale nulla o vale poco! Perdio, oggi si può dire di tutto (io x esempio non reggo Lynch), c’è stato anche un tipo sul web che ha scritto che Kafka era in realtà un mediocre scrittore, ma Clint ha fatto ottimi film, compreso Gran Torino, ma chi è che non sbaglia mai 1 colpo?

  16. Ho visto un film che riflette sul caso, sul destino, proprio come Hereafter, eppure è passato via inosservato: Feast of love di Robert Benton, un grandissimo film, lo consiglio…è sulla stessa onda di Hereafter, che si basa su un dato scientifico: il famoso tunnel che tutti coloro che sono stati a un passo dalla morte hanno visto…Bravo Eastwood a indagare questo spazio: poi ho trovato immensa la storia di Marie e George e il film è filato via che è una bellezza,con la musica dolente di Rachmaninov..eh sì, un gran bel film!

  17. Macché, tranquillo e sereno. Però non mi chiedere chi è, perché quando accadono certi fenomeni io provo un singolare senso di pudore, come se mi vergognassi al posto di un altro.

    Comunque tornando a Clint, sono d’accordo con questo passo dell’articolo:
    “per preservare la bellezza di un film come Gran Torino si dovrebbe invece iniziare a dire che gli ultimi lavori del regista americano sono abbastanza penosi”, è vero, non ha senso osannare qualcuno sempre e comunque, anche se il nostro ha girato un capolavoro come “Gli spietati”. Il fatto è che quando troviamo un autore che ci fa amare profondamente un’opera poi proviamo come un senso di gratitudine che ci fa in qualche modo perdonare anche i buchi nell’acqua.

  18. A me è sembrato un film semplicemente normale, come erano film normali Invictus e Gran Torino: si possono vedere e non vedere, non ci vedo tutta questa infamia nè urlo al capolavoro.

  19. Hereafter non l’ho visto, ma non ho nessun problema a dire che Eastwood mi piace a tal punto che apprezzo anche i suoi film meno compatti o riuscite, o più “normali” come Invictus. Perché in quasi tutti ci trovo alcune scene, alcune intuizioni veramente belli. Poi ha fatto gli Spietati, Mystic River, Million Dollar Baby, Lettera da Iwo Jiwa, Gran Torino.

  20. e per fortuna che c’è chi ha il coraggio di dire quel che pensa…
    Io non ho visto il film (e mai lo vedrò) perchè da quando ho passato i 40 ho deciso che mi hanno già fatto tanto male gli altri, che non vedo perchè io mi debba infliggere, da sola, torture.
    C’è un sacco di gente che non mi saluta da quando ho raccontato loro che di Million Dollar Baby, non sono riuscita a superare i titoli di testa (in tv), e che Mystic River quando ho deciso di vederlo, sempre in tv,(perchè tutti me la menavano, con “guardalo che è un capolavoro”), mi sono accorta a metà che lo avevo già visto e non me ne ricordavo una virgola (che vuol dire che mi aveva veramente colpito. a furia di botte di sonno).

  21. e per fortuna che c’è chi ha il coraggio di dire quel che pensa…
    Io non ho visto il film (e mai lo vedrò) perché da quando ho passato i 40 ho deciso che mi hanno già fatto tanto male gli altri, che non vedo il motivo per cui io mi debba infliggere, da sola, torture.
    C’è un sacco di gente che non mi saluta da quando ho raccontato loro che di Million Dollar Baby, non sono riuscita a superare i titoli di testa (in tv), e che Mystic River quando ho deciso di vederlo, sempre in tv,(tutti me la menavano, con “guardalo che è un capolavoro”…), mi sono accorta a metà che lo avevo già visto e non me ne ricordavo una virgola (che vuol dire che mi aveva veramente colpito. a furia di botte di sonno).

  22. sottoscrivo quasi tutto, per quanto riguarda Hereafter. La scena di apertura è forte e lasciava presagire qualcosa di meglio – ecco, io guardando questo film ho pensato ad un altro Eastwood dove la relazione tra i vivi e i morti è descritta con tutt’altra efficiacia, Mezzanotte nel giardino del bene e del male, che non sarà ritenuto dalla critica uno dei migliori Eastwood, forse, ma regala personaggi indimenticabili come la donna del vodoo Minerva o Lady Chablis o l’uomo delle mosche. Invictus lo salvo, non mi ha particolarmente entusiasmato, ma la forza della storia e del personaggio sono tali da renderlo comunque dignitoso. Gran Torino è buono, credo che tra i meriti di Eastwood ci sia quello di saper ancora raccontare delle storie, ad esempio diversamente da Lynch (che preferisco fino all’ossessione), che non racconta nulla – o quasi -, mostra materiali onirici.
    Ecco per mia esperienza si scatenano reazioni forti quando dico che non mi ha appassionato particolarmente Million Dollar Baby, per me uno dei più sopravvalutati di C.E. forse anche perchè non ho mai capito per quale ragione il protagonista deve impararsi il gaelico per leggere Yeats che non sapeva una parola di gaelico e scriveva in inglese. I più belli di Clint, Mezzanotte, Gli spietati e Un mondo perfetto.

  23. il film è secondo me più complesso di quel che sembra. c’è una dialettica continua tra civiltà dell’essere e quella dell’apparire e un soffocato grido d’allarme sui rapporti virtuali o telematici o audiovisivi che dir si voglia. il personaggio della giornalista francese appare sdoppiata tra la propria esistenza corporea, convalidata dalle trascinanti acque dello tsunami che la sballottano in tutta la sua tridimensionale concretezza e le immagini patinate della pubblicità dei cellulari di cui è testimonial (da notare che la sua antagonista virtuale, la moracchiona che la sosituisce in video, la sostituirà anche nel letto dell’ex-capo-amante.) poi: il bambino assiste alla morte del fratello al telefono (e a causa del telefono perchè vogliono rubarglielo), anche qui LA REALTà è contundente rispetto alla sicurezza della rete in cui i due tendono a rifugiarsi. e il personaggio di matt damon è uno che vuole sfuggire alle visioni che sa distruggeranno il suo rapporto reale con la tipa (non a caso con il naso evidentemente rifatto e il senso del gusto e dell’olfatto atrofizzati:carne in scatola cranica ormai irrimediabilmemte morta). credo che si possa continuare con un’analisi in questo senso (l’esaltazione della letteratura e degli audiolibri contro lo società della visionarietà di massa saturante e micidiale per l’immaginazione e molto altro, i 12 figli di dickens, quello sì che un corpo ce l’aveva etc etc.). il tema è peraltro caro a eastwood che lo aveva già incrociato in flags of our father (anche qui la dicotomia tra reale e finzionale con un inizio di altrettanto disturbante realismo), gli spietati (il mito e le sue miserimme radici concrete) e potere assoluto (la doppia faccia e la lingua biforcuta della politica, tra parentesi uno dei miei preferiti).
    infine: ma siamo proprio sicuri che il film ci voglia propagandare una storielletta new age sull’esistenza dell’aldilà (un luogo in cui, come al cinema, puoi essere qualunque cosa, dice al ragazzino il fratellino) e non invece un disperato richiamo al qui e all’adesso dell’aldiqua, ALL’HEREAFTER dei rapporti non medializzati, nonostante tutto?
    insomma un film leggibile a più livelli come nella migliore tradizione della hollywood contemporanea. certo, il nostro è anche un regista hollywoodiano e deve stare a qualche gioco. AL CONTRARIO DEL DIDASCALICISSIMO e quello sì davvero deludente gran torino, un film che ha senso solo per clint che voleva uccidere simbolicamente il personaggio che lo aveva accompagnato da sempre.

  24. Sono d’accordo che Hereafter sia abbondantemente sopravvalutato. L’ho visto e non mi è dispiaciuto del tutto ma da questo alle 5 stelle (!!!) assegnate dal giudizio de La Repubblica ce ne passa! Da quando hanno iniziato ad assegnare le recensioni dei film ai giornalisti di costume o politici (Natalia Aspesi, Curzio Maltese….) non ne hanno più azzeccata una. Qualcuno sta forse liquidando la critica cinematografica (supponente ma almeno rigorosa) per tagliare i costi e favorire l’ennesimo processo di uniformità?

  25. @Luigi: sulla tua domanda finale – penso che il mondo new-age delle sicurezze nell’aldilà fosse l’ultima cosa su cui Eastwood ci voleva rassicurare, anzi secondo me la tua analisi è condivisibile. Tuttavia non basta l’idea per fare un bel film e sono uscita dalla sala perplessa, con l’impressione che, al di là degli intenti, questo film non lo ricorderò. A me, che il rapporto tra vivi e morti interessa molto, colpisce ancora di più Mezzanotte. Forse, direi, pensandoci, uno dei problemi è che non riesco a voler bene, ad attaccarmi a nessuno dei personaggi di Hereafter, e, soprattutto, ho avuto l’impressione di un film non concluso, dove il finale arriva sbrigativamente su 3 episodi che restano per buona parte slegati – se non per il tema della realtà in cui siamo immersi, di quello che ci aspetta, del modo di intendere i legami. I tre personaggi, come in molto Eastwood, riflettono uno stato isolato, una solitudine di fondo, che però invece che farli emergere con forza li sbiadisce, ne fa “personaggi a tesi”. Pensa che invece Gran Torino lo trovo apprezzabile proprio per quello che secondo te ha senso solo per il suo regista! Anche Kowalski (si chiamava così?), è un solitario, uno che riflette questa condizione della modernità occidentale e che per di più la sceglie. Ma, finale prevedibile o meno, il suo sviluppo fino alla sconfitta/vittoria finale, gli dà una qualche memorabilità. Tanto che mi ricordo il suo nome e nemmeno uno dei protagonisti di H. che ho visto 5 giorni fa.

    @FF -Francesco, guarda che Million Dollar se passa in TV, per dire, lo rivedo. Solo che non mi ha lasciato grandi segni.

  26. Clint Eastwood mi piace tutto, tra i suoi film Mystic river è forse uno dei più belli insieme agli Spietati e a Million dollar baby, ma tutti hanno qualcosa che colpisce come diceva Helena.

    Riguardo a Hereafter sono completamente in disaccordo con sorrentino quando crede di ridicolizzare i due fratellini, il piccolo marcus, episodio del cappellino a parte, rappresenta la forza del desiderio e dell’amore in modo straordinario

  27. ciao a tutti,

    ancora non ho visto il film, conto di recuperarlo al più presto: però volevo dire questa cosa.

    uno dei modi per evitare che i registi, gli scrittori, gli artisti – chiunque spenda se stesso nella produzione di un’opera – diventatino intoccabili, sia studiare e argomentare come e perchè le loro opere riescano o falliscano, senza arrendersi alle prime superficiali impressioni, ma partendo soprattutto dall’analisi del linguaggio impiegato.

    proprio qui su “nazione indiana”, dove si è soliti spaccare il capello in quattro su poesie, racconti, romanzi, a volte mi viene difficile leggere i post sul cinema perchè non fanno altro che mettere in bella forma una semplice impressione appena suffragata da accenni al plot, per altro del tutto uguale e contraria a quella che circola sui media, e così se nei telegionarli si innalza il film al rango di capolavoro, qui – non sempre, in alcuni casi – basta affibbiargli l’etichetta di paraculo per regolare i conti, uno a uno e palla al centro, quando invece uno dei modi per sbilanciare la discussione sarebbe mettere al centro dell’attenzione concetti vintage, ma pur sempre validi: tipo lo stile, il punto o la molteplicità dei punti di vista, il dispiegamento dei mezzi linguistici, l’inscindibilità o meno di forma e contenuto.

    per non parlare poi di quella cartina di tornasole che sono i paragoni: chi ci dice di più sui processi onirici che tanto orientano l’agire umano, “inception” o “mulholland drive”? e sull’america di bush padre e figlio, “indipendence day” o “mystic river”? e della sottilissima frontiera tra immaginazione e realtà, “avatar” o “eyes wide shut”?

    scusate la tirata, ma credo che questo sforzo vada fatto, quanto meno per allontanarsi dal pensiero e dai comportamenti dominanti: fuori dalla logica del mercato, che spinge o rigetta film musica libri elargendo l’appellativo di capolavoro o di boiata pazzasca, magari poi le opere resistono ai giudizi sommari, e continuano nel tempo a farsi interrogare e, come se non bastasse, ad interrogarci.

    giuseppe

  28. l@Francesca lo so, lo so, le ragioni del “cuore” o quelle del “gusto” sono sempre più forti di quelle dell'”analisi” anche per me che come te non ricordo i nomi di nessuno dei protagonisti (ma quello dello sceneggiatore sì, peter morgan, già autore di the queen e frost-nixon che ha confessato di non aver avuto il tempo necessario per completare la sceneggiatura secondo i propri standard abituali e a quetso forse si può attribuire l’evidente scivolone del cappellino) e proprio per questo ho sentito il bisogno di amalizzare il film, per capire da dove venivano tutte le emozioni che ho vissuto vedendolo: lo choc dello tsunami che ridà sentimento di realtà ad una tragedia giornalisticamente ormai archiviata, l’inquietudine che trasmette il viso sfigurato dalle plastiche della tipa, la postura da vinto che solo un attore del “metodo” come damon è in grado di “indossare” dando l’impressione (lui altrove sempre così fico) semplicemente di essere imbolsito e invecchiato, la schizofrenia dell’immagine della protagonista replicata nelle pubblicità e nella pubblicità sostituita come nella vita, la morte al telefono, le imposture dei ciarlatani di you tube: tutti elementi che mi hanno colpito anzi ferito e che ho sentito la necessità di mettere infila per capire perchè.
    quoto zucco già che ci sono

  29. Un suo indimenticato capolavoro rimane Bronco Bily. Solo per ricordare che Eastwood come regista, come grande regista, parte da lì.

  30. La recensione mi pare un po’ grossolana, con uno stile smaccatamente disinvolto e strafottente alla D.F. Wallace pur senza i guizzi e le intuizioni del genialoide scrittore americano. A parte ciò, ieri ho visto il film, e la mia opinione è che si può dire tutto di Hereafter meno che sia una sequenza di incidenti e catastrofi e nulla più. Il film non vuole commuovere nè fare proselitismo in tema di vita ultraterrena, e questo mi sembra è già un punto a suo favore. I tre personaggi principali non fanno del proprio dolore uno spettacolo, come capita in molti, troppi film e romanzi contemporanei: cercano di esorcizzarlo, il dolore, ognuno alla propria maniera (George con un lavoro duro e normale, Marie e il bambino fuggendo da tutto per cercare una risposta alla propria inquietudine). Un film che può indignare per la vulnerabilità e umanità dei personaggi, che cercano la solitudine e solo nel confronto con l’altro trovano un po’ di pace. C’è molto di Dickens nell’evoluzione della storia, nelle scelte dei personaggi e, soprattutto, nel finale. E c’è anche molto di Chaplin, a pensarci bene, con il bambino sfortunato e ostinato (Il monello), la donna umiliata e coraggiosa (Luci della ribalta) e l’uomo modesto, timido e dal cuore grande (Il grande dittatore, Luci della città, Luci della ribalta), che un po’ si vergogna dei propri sentimenti (per questo dice di sentirsi stupido mentre va a cercare Marie) e un po’ vorrebbe condividerli con qualcuno (per questo cede alle richieste prima del fratello, poi della ragazza conosciuta al corso di cucina, e infine al bambino). Per me, questo film, anche a distanza di molti anni resterà nella storia del cinema come uno dei tentativi più coraggiosi di raccontare come proviamo, oggi, a rapportarci alla morte senza perdere di vista la vita.

  31. La recensione mi pare un po’ grossolana, scritta con uno stile smaccatamente disinvolto e strafottente alla D.F.Wallace pur senza i guizzi e le intuizioni del genialoide scrittore americano. Del film si può dire tutto, ma non che si limiti a una sequenza di incidenti e catastrofi e nulla più. Il film non vuole commuovere né fare opera di proselitismo in tema di vita ultraterrena. E i personaggi non fanno mai spettacolo del proprio dolore, come capita in molti, troppi film e romanzi contemporanei: cercano piuttosto di esorcizzarlo, il dolore, ognuno alla propria maniera (George con un lavoro duro e banale, la donna e il bambino cercando una risposta alla propria inquietudine). C’è molto di Dickens, poi, nell’evoluzione della trame e dei personaggi e, soprattutto, nel finale. E più ancora di Dickens, si avverte l’influenza del cinema di Chaplin: il bambino sfortunato e coraggioso (Il monello), la donna umiliata e tenace (Luci della ribalta), l’uomo timido, riservato e dal cuore grande (Il grande dittatore, Luci della ribalta) che si vergogna dei propri sentimenti ma che vorrebbe condividerli con qualcuno. Questo film, per me, resterà nella storia del cinema come un tentativo, riuscito in pieno, di raccontare quello che significa, oggi, confrontarsi con la morte senza perdere di vista la realtà.

  32. Dopo averlo visto anch’io l’altra sera, non posso che essere sostanzialmente d’accordo con Sorrentino nel non considerare Hereafter quel che si dice “un capolavoro”. Tuttavia, oltre la statura grottesca di alcune storie e dei personaggi, i veri colpi mancati del regista mi sembrano altri, come il fatto di essersi lasciato sfuggire dalle mani la possibilità di trattare in maniera davvero nuova il difficile tema della morte, che purtroppo da Eastwood non viene problematizzato ma risolto troppo semplicisticamente nel segno di una teoria concepita sulla falsa riga del film “Ghost”…il merito di un film come Hereafter avrebbe davvero potuto essere quello di ispirare degli interrogativi a questo riguardo; Eastwood invece non instilla alcun dubbio.

  33. Concordo con tutta la recensione, parola per parola.
    E aggiungo che la scena degli attentati era talmente telefonata che ho realizzato cosa stava per succedere nell’istante in cui è stato inquadrato il cartello “Charing Cross”.
    Anche io consideravo Eastwood intoccabile, infatti non ho creduto alle numerose recensioni uscite in questi mesi e gli ho dato una possibilità, andando comunque al cinema… purtroppo.

    Sono certa si riprenderà con Hoover, anche perchè diciamocelo, Di Caprio non è Matt Damon.

  34. Mi permetto di notare qualche bizzarria argomentativa.

    Massimiliano Governi scrive (qui): “Non l’ho ancora visto, ma sono con Sorrentino: Eastwood è il regista più sopravvalutato di tutti i tempi e Gran Torino, per dirne uno, è un film ridicolmente didascalico”. Mi domando come possa Governi “essere con Sorrentino”, visto che Sorrentino (a) non ha sostenuto che Eastwood sia “il ragista più sopravvalutato di tutti i tempi” (b) parla come di “Gran Torino” come di un film del quale “va preservata la bellezza” (che, perché si possa preservarla, deve esserci).

    Francesco Pecoraro scrive (qui): “Non ho letto una parola di questo post, ma se parla male di Hereafter sono d’accordo”. Dove, al di là del fatto che questo post non “parla male” del film, bensì lo critica succintamente, c’è da domandarsi se per “essere d’accordo” sia sufficiente condividere la conclusione d’un ragionamento, o se sia necessario condividere anche il ragionamento stesso (gli argomenti ecc.). Mi vengono in mente quelli che sostengono che in fondo Mussolini fece (anche) cose buone: le bonifiche, le colonie, eccetera.

    Un passaggio importante del pezzo di Sorrentino, scondo me, è: “Tutti quelli che applaudono Eastwood per “Hereafter” – e, prima, lo hanno applaudito per “Invictus” – per una gran parte, danno l’impressione di quelli che fanno qualcosa perché pensano che si debba farla”. Ho alcune domande: in quale ambiente avviene questo? Perché le persone appartenenti a questo ambiente sentono questo dovere?

  35. Confesso di essere una di quelle persone che si sono commosse quando è morto il bambino. Ma come riflesso condizionato, controvoglia, lottando contro l’assurdo magone in gola come il Dottor Stranamore che cerca di tenere a posto la mano… questa frustrazione da spettatrice cosciente di guardare una brutta accozzaglia di luoghi comuni ma incapace di schivare completamente le manipolazioni emotive del regista è una sensazione grottesca che di solito associo ai film di Spielberg. E infatti, è il produttore.

  36. Finalmente! Ho adorato Mystic river, ma dopo quell’insopportabile polpettone melenso di Million dollar baby non ho più preso in considerazione il tanto osannato regista. E di quest’ultimo “capolavoro” mi sono bastati i trailer…

  37. Per me il film non è brutto, anzi lo trovo abbastanza poetico, ma non mi ha presa. Nel senso che le tre storie sono staccate e nessuna di loro mi ha appassionata. Ciononostante mi è rimasto dentro e il giorno dopo, stranamente, ripensavo spesso al film e al suo significato. Sicuramente in altri film, Eastwood è stato più appassionante, qui mi è sembrato più freddo e distaccato come se non si fosse voluto compromettere, trattando un argomento così complicato e ambiguo ed è rimasto sul vago. Per questo il film risulta non essere incisivo e convincente e rimane un pò l’amaro in bocca.

  38. Non intervengo molto spesso, perciò mi scuso in anticipo dell’incursione, per di più ritardata. Faccio i complimenti a Luigi Socci e a Giuseppe Zucco e a Luca, per l’attenzione, ovvero soprattutto per l’intensità, non lontane a ben vedere dalla tela opaca e romantica (come sono sempre le linee fragili e tragiche scivolate attorno ai bordi di tutti, proprio tutti, i film di Clint) dipanata intrecciata da Eastwood. D’altronde, va bene così o proprio non sembra poter andare diversamente nel disperato e necessario cinguettio e balbettio in rete (di cui, per automatica integrazione dello nello spettacolo fa parte anche quella pieguzza e questo commento): Eastwood era fascista negli anni settanta, rivalutato negli ottanta novanta, sopravvalutato nel nostro incerto futuro (ma sempre invictus). Ciò che tuttavia stupisce e di cui mi rammarico, qui su NI, è davvero la modalità scelta (è vero, soprattutto col cinema – non diversamente dalla stampa ufficiale, dispiace dirlo, per cui la scrittura sull’immagine non è altro che una velina sulla riuscita minore o maggiore delle sceneggiature: ma il cinema per fortuna, anche su questo, è hereafter), vorrei dire superficiale, ma sono costretto a notare, nel caso in questione, anche volgare, fra paraculate e cagate, colpi d’accetta neanche troppo bene assestati e dichiarazioni di non visione. Al di là degli amori o delle delusioni di fronte al film, sempre tutti legittimi, ma non legittimati da una debolezza di pensiero (e dunque di parola), che sinceramente su questo blog sgomenta. Amaramente, me ne dispiaccio.

  39. io non ho visto il film e non ho letto il post. mi sono fatto raccontare da un amico balbuziente che stava perdendo il treno cosa dicevano i commenti, e voglio intervenire per dire che la penso come giulio mozzi: la amatriciana è il piatto più sopravvalutato di tutti, e quelli che lo applaudono come fosse un dovere vuol dire non hanno mai assaggiato l’aglio e l’olio di ricino.

  40. @Simon Bar Kokhbà & Mozzi
    Benché lordo di bile, ho letto il post. Una stroncatura che poteva essere argomentata meglio. Ma sono sostanzialmente d’accordo. Inoltre, dopo Gran Torino, che pure aveva qualche difetto di sceneggiatura nel finale ed era recitato in modo discutibile proprio da Clint, i film successivi di Eastwood (sono 2 o 3?) non mi sono piaciuti. Ma non lo darei per spacciato: già gli è capitato di sbagliare di brutto qualche film. La mia dichiarazione nel commento più sopra scaturiva dal fastidio per i peana che ho visto levarsi da ogni parte per un film sostanzialmente farlocco. Occo.

  41. Son basito. A parte i commenti sulla Kidman, da bar dello sport e anche peggio (lo sventrapassere, ma che è? Una marmaglia di potenziali stupratori e ste sceme che scrivono qui, mai a dire di abbassare i toni, di trattare le donne in maniera diversa. Stiamo a mezze cagate e minchia. Kubrick è andato. Poi arriva il turno di Clint, devo dire che la recensione mi piace assai, ma è talmente compiaciuta che mi sa che mente un poco, ovvero il film per me non è un capolavoro, ma guarda come ve l’ho distruggo con scrittura muscolare e al contempo lieve. Insomma Clint e Kubrick appaiati insieme da un gruppo di cinefili della domenica.

  42. Io ero al cinema accanto a Lei. Volevo dirLe che è molto fastidioso quando qualcuno accende il telefonino per vedere che ore sono, anche se silenzioso. La fonte di luce distrae molto, e ha poco di che vantarsi di aver tolto la suoneria se poi mi illumina durante il film.

    cordiali saluti

  43. p.s: secondo me è un film molto bello, non un capolavoro, e trovo un certo conformismo nell’affermare che se non è un capolavoro allora fa cacare. mi pare, eh.

  44. Caro Sorrentino, l’invidia è proprio una brutta bestia…
    Ah per la cronaca: è un film meraviglioso nella sua struttura, nei suoi ritmi, nelle inquadrature. Così come Gran Torino.
    Andate a vedervi 2012, quello fa sicuramente per voi…

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