Articolo precedente
Articolo successivo

un’altra storia di Johnny Tossi (1977-2006) [2]

di Davide Orecchio

In autunno Coloccini apre una tipografia e gli offre lavoro, al che Johnny mette da parte la diffidenza per l’esule che fa troppe domande e accetta. All’inizio sbrigherai le consegne. Nel frattempo guardando il mestiere impari. Ce l’hai un motorino? Se lo procura ma troppo fragile per uno che continua a ingrassare. In curva trema, deve gonfiare le ruote ogni settimana e in salita non lo porta, per fortuna ci sono i pedali. Consegna carta in città, perlopiù a certi sindacati coi quali Coloccini ha i suoi agganci. Sembra che Coloccini conosca tutti, eppure è arrivato da un anno, non è mica nato qui (pensa Johnny). La tipografia sta in un garage sulla Casilina. Un corridoio, due stanze. Insieme a Coloccini lavora Aurora Maturáno, che non è la sua donna ma è chiaro che si vogliono bene. Johnny non l’ha mai vista al Centro. È magra, riccia di capelli e secondo Johnny “non bella bella ma sus tetas!”. Poi è scaltra, pensa Tossi. È nervosa, “fumatrice senza sorrisi” (Johnny sostiene che più le donne fumano, meno sorridono). Coloccini dice che sono amici da una vita. A Buenos Aires lui la salvò e poi lei ha salvato lui. Aurora chiama Johnny gordito, a volte stringendogli il collo tra il pollice, l’indice e il medio come a un gatto. I tre pranzano insieme. Johnny e Aurora divorano panini. Coloccini beve vino o birra e poi chiude con un Fernet, non il primo della giornata, infatti ha il naso rosso e pencola come se i pensieri lo trattenessero, esita sulle gambe e sembra prigioniero della mente. Johnny immaginava che fosse un aspetto del suo carattere, volendo anche un fascino. Adesso ha capito che si tratta di sbornie. Ma il succo della faccenda è Aurora, che “ha più di trent’anni, è una donna fatta”, dice Johnny al diario cui confessa che a lui non lo “considera”, “però secondo me le sto simpatico e ha un corpo che io lo sogno sveglio e addormentato”. Sul conto di Aurora appunta anche altro per eccitarsi e arriva a scriverlo spinto dall’eccitazione. Aurora è senza difetti. Più elegante di una gatta. Più riservata di una spia, tanto è vero che “non mi ha chiesto nulla dell’Argentina”. Forse ha delle antenne per intercettare i desideri del mondo, ma Johnny ha un solo desiderio.

Passa del tempo registrato distrattamente sul diario intimo che illustra fatti rari ma ricorrenti come tralicci della luce nella campagna. Molti pasti che Johnny descrive nel dettaglio, passeggiate verso lo Stadio Olimpico, domeniche trascorse ad ascoltarne l’urlo da fuori struggendosi per il River lontano, asfalto e motorino, risme di carta, tubi di scappamento, mani luride di catena e manubrio, chiazze di affumicamento da smog sul viso. Poi viene Capodanno. Un uomo e una donna camminano abbracciati. Si tirano e spingono e non riescono ad andare dritti. Ridono incespicando tra i petardi già esplosi e lo sporco, valicando ruscelli che potrebbero essere spumante ma anche urina, o spumante tramutato in urina. Lui la tiene per un fianco e la sua mano vigila al confine tra l’anca di lei e dove inizia il sedere, non senza malizia. Lei si lascia tenere e sorveglia il braccio di lui col proprio. L’esito è una creatura fatta di due corpi asimmetrici, non in sintonia, munita di coppie di gambe anarchiche che fanno due passi, due velocità e inciampano. Dal bacino gemellare crescono due tronchi come estranei eppure s’intuisce la smania di stare appiccicati, sebbene il buon senso suggerisca di staccarsi.
Escono da una festa. Dove sono diretti? Lui è Johnny, lei Aurora. Sembra proprio che vadano a casa del primo. L’alcol s’è messo con la solitudine e tutt’e due insieme hanno congiurato con la generosità per dare un’occasione al vergine di Buenos Aires. Del resto poco fa è stata Aurora che ha preso Johnny da parte per chiedergli di fare un giro. Così hanno detto ciao alla festa senza festa, agli esuli, al vino e alle empanadas, all’ipocrisia del buon anno, alle lacrime nascoste nelle tasche, agli ubriachi per non pensare più alla morte. Usciti su Porta Maggiore, schivando la lussuria stradale dei romani, Johnny e Aurora soli assieme, poi soli assieme sul motorino, lei domandando: Dove mi porti, mi hai rapita?, hanno iniziato ad annusarsi, i seni di lei dal nascondiglio del cappotto, dell’abito e della biancheria intima assaggiando le spalle di Tossi, le braccia di lei perlustrando i fianchi del mai-felice-troppo-giovane-portegno, un corpo attratto dall’altro come il burro dal pane e la fetta di salmone dal pane e burro.

L’ha portata nella sua camera. L’ha spinta verso il portone del palazzo come un canotto sull’acqua. Sono entrati evitando parole. Poi l’appartamento. I boliviani dormono. L’ingresso è buio e odora di cucina. Nessun rumore se non il frigorifero che era spento e adesso s’accende. In punta di piedi sul corridoio fino alla porta di vetro, aperta per far passare Aurora e subito chiusa come si chiude la bocca.
Nella stanza.

Johnny e la donna. Prima volta di Johnny e una donna nella stanza di Johnny, in una qualsiasi delle camere abitate da Johnny. La luce resta spenta, ma le persiane della finestra sono aperte e trasmettono quelle del lampione e dei fari sotto per strada che incontrano i corpi di Aurora e Johnny e li proiettano sul vetro della porta, così dall’altra parte uno spettatore li vedrebbe come pesci nello schermo di un mare appena mosso, fatti di piccole onde, più grossi, allungati, tirati verso sinistra, tirati verso destra, poco più di un impasto tra due mani, spettinati sui porri della lastra. Aurora si slaccia la camicia. Johnny vede un reggiseno bianco e si fa serio. Johnny è seduto sul letto. Aurora gli si accoccola sulle gambe. Aurora slaccia la camicia di Johnny, gli accarezza il petto, sbottona i pantaloni. Johnny bacia Aurora. Esce allo scoperto la lingua di Johnny come un serpente dalla tana (serpente, serpente / su questo bel sentiero / tieni a freno il dente / risparmiami il tuo siero). La lingua di Johnny ha fretta. La bocca di Aurora riesce a calmarla. Una mano di Aurora si posa tra il mento e il collo di Johnny. Aurora poggia le ginocchia sul letto e contro i fianchi di Johnny. Da qualche minuto non avendo trovato divieti le mani di Johnny toccano tutto quello che desiderano e compongono sul corpo di Aurora una cornice di polpastrelli e dita. Ora indossano solo gli slip e Aurora mostra il petto nudo. Sempre sotto di lei e baciandola Johnny tira indietro l’inguine per non fare sentire cosa è diventato il suo sesso ma lei risponde premendo. Johnny calcola la tabellina del due. Aurora si è tolta gli slip. Lui ha tolto i propri e con la luce del lampione vede lo scuro tra le gambe di Aurora e s’impressiona. Johnny non sa. Non ha la minima idea. I suoi tessuti non sanno. La sua pelle non sa cosa proverà. Il suo sangue aspetta e non sa nulla. Adesso Aurora l’accompagna dentro di sé.

E Johnny cambia.

Sullo schermo della porta un’ombra striscia e si rincorre. Si contrae sui bitorzoli del vetro. Preme. Va indietro e poi avanti. Si inarca. Saltella. Geme. Dal corridoio si può vedere appena, e ascoltare. Sembra il passaggio di una nuvola in un video velocizzato. Sembra Topolino che si nasconde, acquattato contro la parete. Sembra la macchia di un sogno, una chiazza sognata che si infrange sull’occhio. Ora sembra una donna nuda. Ora sembra un uomo che la prende. Ora sembra di nuovo una donna, impigliata in un uomo. Ora sembra un rimbalzo di seni. Forse invece sono i fianchi di una donna a saltellare. O è il sedere di un uomo che si spinge verso qualcosa, dentro qualcosa? Si intravedono molte mani, almeno quattro. Ogni tanto sbuca un braccio, oppure un piede. Si intravede un ritmo, la crescita di un ritmo. Ad ascoltare bene, sembra che qualcuno sia felice.

[Questa è la prima parte (in quattro parti) di Un’altra vita di Johnny Tossi (1977-2006), una storia inedita di un manoscritto inedito di un autore inedito. Il primo libro di narrativa di Davide Orecchio esce per Gaffi nel 2011. La prima puntata di Un’altra vita di Johnny Tossi è qui]

Print Friendly, PDF & Email

2 Commenti

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

metti una sera al…

di Maria Angela Spitella La sera andavamo al Kino E se l’ultimo mercoledì del mese ci si vedesse tutti al...

la confusione è precisa in amore

di Luca Alvino Uno dei meriti più importanti della poesia è quello di saper rendere il disordine tollerabile. Come ogni...

carta st[r]ampa[la]ta n.47

di Fabrizio Tonello Gentile Signorina/Signora Mariarosa Mancuso, come vedrà dai miei commenti qui sotto la Sua tesina “Addio al radical chic”,...

hanksy

di Sabina de Gregori Il mondo si sa, gira e rigira su se stesso, ma ogni tanto improvvisa e sorprende...

se c’è una cosa che non ti fa stare zitta, è un segreto

di Chiara Valerio Ha i suoi vantaggi essere nel posto più brutto, perché non ti preoccupi di perderti qualcosa. Nella...

è tutto compresso in un istante

di Chiara Valerio La sera festeggiammo. Stappammo una bottiglia di vino rosso, lo stesso del nostro primo incontro, il Chianti,...
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: