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Caro Maroni, ecco che succede appaltando gli immigrati alle dittature

di Andrea Segre

Devo ringraziare il Ministro Maroni, perché nella sua indubitale intelligenza di uomo politico offre sempre l’occasione di smascherare l’ipocrisia delle politiche italiche sull’immigrazione.
Stanno arrivando centinaia di ragazzi tunisini sulle coste italiane.
E come li definisce Maroni? “Esodo biblico di fronte al quale l’Europa non può lasciarci soli”.
Ci sono tre motivi che spingono un uomo politico a pronunciare rapidamente la definizione di un problema: per alimentare un’emozione, per indicarne una soluzione e per coprirne altre spiegazioni.
L’emozione da alimentare è chiaramente quella paura per l’invasione dei clandestini che tanto rende elettoralmente.
La soluzione suggerita è che l’esodo va fermato e va fatto rafforzando i poteri militari tunisini con soldi europei.
Ma quali sono le spiegazioni che invece Maroni rapidamente vuole coprire?
Sono principalmente tre:
1. L’Italia ha costruito la sua strategia di gestione dei flussi d’immigrazione sul finanziamento ai regimi dittatoriali del Maghreb, facendo finta che tali non fossero, mettendosi in balìa dell’arbitrarietà dei loro poteri privi di controllo democratico, nonchè consegnando alle violenze e  torture delle loro polizie migliaia di esseri umani. Nel momento in cui questi regimi crollano sotto il peso di popolazioni stremate, l’Italia non ha più strumenti di gestione dei flussi stessi. Anzi
2. L’Italia si è progressivamente privata di sistemi di accoglienza, per sostituirli con sistemi di respingimento. Così un flusso di 4 o anche 10mila persone in fuga diventa un esodo biblico, mentre si tratta sempre di numeri facilmente gestibili da un Paese di 60milioni di persone dotato di sistemi di gestione delle emergenze avanzato e spesso sovra-blasonato dai nostri stessi governanti. Ma il sistema di gestione delle emergenze non può essere scomodato per gli stranieri invasori: politicamente non rende. Per questo è meglio far finta di non prevedere l’inevitabile flusso ( che come sappiamo era ampiamente prevedibile, visto l’impatto storico che le rivoluzioni nordafricane stanno avendo sulle vite di milioni di persone) e aspettare di poterlo definire “esodo biblico”.
3. L’Europa fatica a rispondere alle richieste italiane, non solo per le sue intrinseche e note lentezze diplomatiche, ma anche o forse soprattutto, e questo è ciò che Maroni e Frattini non possono dire, perché l’Italia ha più volte non rispettato o bypassato le direttive europee in termini di immigrazione: l’Italia è in ritardo storico sulle politiche d’asilo, ha violato più volte la Convenzione di Ginevra con le politiche di respingimento, ha ignorato i richiami di Parlamento e Commissione Europea sul Trattato con la Libia, è sotto giudizio della Corte di Strasburgo, ha perseverato con relazioni bilaterali con i regimi meghrebini bypassando le procedure multilaterali volute dall’Europa. E perchè l’Europa dovrebbe aiutare l’Italia se l’Italia non la ascolta e non la rispetta?

Questo è ciò che Maroni vuole nascondere, oltre a voler mantenere l’imbarazzato silenzio italiano (di Governo ma ahinoi anche di opposizione) di fronte alla caduta dei regimi dittatoriali nordafricani. Non c’è stato nelle ultime settimane nessun pronunciamento ufficiale di plauso alle rivoluzioni tunisine ed egiziane e non c’è stato per un semplice motivo: per oltre vent’anni, ma con particolare fermezza negli ultimi dieci, l’Italia ha sostenuto i governi di Ben Alì e Moubarak (per non parlare di Gheddafi e Bouteflika) , ritenendoli fidati alleati e ottimi partner commerciali e chiudendo non uno ma entrambi gli occhi di fronte alla profonda illiberalità e antidemocraticità dei due regimi. I cittadini tunisini che oggi scappano dal loro Paese sono i ragazzi cresciuti sotto l’oppressione e la violenza di un regime con cui l’Italia è stata ottima amica e con cui i governi italiani avevano stretto costosissimi trattati per fermare in qualsiasi modo (spesso violento e disumano) i flussi di emigrazione e per effettuare rimpatri di centinaia di cittadini destinati, una volta rientrati, alle torture e alle segregazioni della polizia di Ben Alì. Quando crolla un regime amico, non si può festeggiare la libertà dei suoi sudditi; e quando i suoi sudditi finalmente possono fuggire non si può accoglierli, ma bisogna definirli “esodo biblico”. Se il regime che crolla è nemico, la storia è ben diversa, come successe con la caduta delle dittature comuniste. Semplice.

Domanda: cosa succederà quando a cadere sarà anche Gheddafi? Ci stiamo pensando o attendiamo l’ennesima occasione per urlare all’emergenza e poter scavalcare o schiacciare i diritti e le vite di altre migliaia di migranti in fuga?

Allora, utilizzando una sua altrettanto celebre definizione sulle manifestazioni dei migranti a Rosarno, mi permetto di suggerire al Ministro Maroni un’altra definizione del problema che in queste ore stiamo affronatndo sulle coste di Lampedusa: “è frutto dell’eccessiva tolleranza dell’Italia nei confronti dei regimi dittatoriali, a cui abbiamo appaltato negli ultimi anni la gestione dei flussi migratori.”

via Voci Globali

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5 Commenti

  1. Aveva ragione Monicelli, “ci vorrebbe una rivoluzione”. Civile, ma ci vorrebbe.

    Oggi mia madre, anziana e ultimamente un po’ disinformata, mi ha chiesto “Ma cosa ci faceva con tutte queste donne Berlusconi?”. Be’ ci ho pensato un po’ e poi mi sono vergognato di rispondere.

  2. Purtroppo tutte queste informazioni non arriveranno mai al popolo italiano medio. E come ogni volta, la paura dell’invasione darà i suoi frutti.
    Funziona, attacca e colpisce. La lega avanza inesorabile e continuerà a farlo, perché ormai punta tutto li.

  3. I flussi migratori sono la cosa che salvera’ l’Italia, o meglio: l’Italia vecchia morira’ e ne nascera’ una nuova. Come sempre una cultura morendo ne genera una nuova. E intravedo un mondo in cui ci saremo finalmente tutti mescolati e finalmente il cervello avra’ abbandonato la paura dell’altro, del diverso. Abbracciando le differenze create dal clima, e guardando ai nostri figli, per allora di culture miste, alla loro novita’. A Maroni una lettera cosi’ andava scritta ma non gli direi “Caro” in apertura!

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