Attilio Manca, storia dell’ennesimo suicidio-omicidio mafioso

di Giulia Tesauro

La morte è, dopo la nascita, l’unico elemento certo nella vita di una persona. Ma le cause della morte di una persona, quelle sono un optional che solo i più fortunati possono permettersi. Il 12 febbraio di sette anni fa veniva trovato privo di vita, nel suo appartamento di Viterbo, Attilio Manca, medico urologo siciliano. Avrebbe compiuto trentacinque anni otto giorni dopo. L’autopsia certificò la presenza nel suo sangue di eroina, alcol e barbiturici. Non si ebbero dubbi nel parlare di overdose e nell’archiviare il caso come suicidio. Dubbi invece li ebbe la famiglia di Attilio, che notò un particolare piuttosto strano: vicino al corpo di Attilio c’era una siringa e nel suo polso sinistro due fori. Fin qui nulla di strano: il giovane urologo si sarebbe iniettato la dose fatale. Peccato, però, che Attilio era mancino e che quindi, se avesse compiuto tale gesto, i due fori si sarebbero trovati nel polso destro. I dettagli che non convincono sono molti, come ad esempio i numerosi lividi riscontrati sul corpo di Attilio, o la presenza nel bagno dell’appartamento delle impronte di Ugo Manca, parente di Attilio, in passato coinvolto in un’inchiesta. Dubbi, perplessità che vennero acuite nel 2005 dalle rivelazioni di un pentito, Francesco Pastoia. Pastoia dichiara che all’operazione alla prostata a cui si sottopose Bernardo Provenzano nel giugno 2003 in una clinica di Marsiglia, partecipò anche un urologo italiano, ma si rifiuta di fare il nome di quest’ultimo. Pochi giorni dopo Pastoia si impicca in cella. Le ipotesi che quell’urologo sia Attilio diventano quasi certezze dal momento che lui era uno dei pochi medici italiani ad operare con il metodo della laparoscopia, utilizzato in quell’intervento e che proprio in quel periodo si trovava a Marsiglia. Il fratello di Attilio, Gianluca, ha dichiarato tempo fa in un’intervista pubblicata sul sito Caffè News che “[…] i colletti bianchi di Barcellona per incrementare il potere della mafia locale hanno offerto Attilio per operare il boss corleonese, perché è nato a Barcellona Pozzo di Gotto e perché tra i pochi ad operare in quel modo. Penso però che in un primo momento Attilio non sapesse che avrebbe operato Bernardo Provenzano. Credo che a lui avessero comunicato di operare un certo Sign. Troia, che la Magistratura ha poi scoperto essere il nome falso con cui Provenzano avrebbe aggirato i controlli in caso ce ne fossero stati visto che per l’operazione avrebbe dovuto recarsi in uno stato estero. In un secondo momento penso che mio fratello abbia capito chi fosse in realtà Troia e per questo è stato ammazzato. Ma attenzione, sono convinto che Attilio non sia stato ammazzato dalla mafia, ma da apparati deviati dello Stato”. Che ci sia un collegamento tra la morte del giovane medico è palese e palesemente ignorato da chi invece dovrebbe analizzare quel collegamento, portarlo alla luce facendo il proprio dovere come lo fece Attilio. Sono sette anni che la famiglia chiede ai magistrati di analizzare le due siringhe presenti sul luogo del delitto, senza aver ancora ricevuto risposte positive. Nel sito web dedicato ad Attilio Manca c’è un contatore dei giorni, delle ore, dei minuti e dei secondi passati senza che sia iniziato alcun processo. Sotto questo contatore c’è una domanda: quando si avrà giustizia?

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2 Commenti

  1. Una storia orribile …
    Mi fa pensare al film Cento Passi,
    quando l’immaginazione della mafia
    sposa il crimine lo più crudele.

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andrea raos ha pubblicato discendere il fiume calmo, nel quinto quaderno italiano (milano, crocetti, 1996, a c. di franco buffoni), aspettami, dice. poesie 1992-2002 (roma, pieraldo, 2003), luna velata (marsiglia, cipM – les comptoirs de la nouvelle b.s., 2003), le api migratori (salerno, oèdipus – collana liquid, 2007), AAVV, prosa in prosa (firenze, le lettere, 2009), AAVV, la fisica delle cose. dieci riscritture da lucrezio (roma, giulio perrone editore, 2010), i cani dello chott el-jerid (milano, arcipelago, 2010), lettere nere (milano, effigie, 2013), le avventure dell'allegro leprotto e altre storie inospitali (osimo - an, arcipelago itaca, 2017) e o!h (pavia, blonk, 2020). è presente nel volume àkusma. forme della poesia contemporanea (metauro, 2000). ha curato le antologie chijô no utagoe – il coro temporaneo (tokyo, shichôsha, 2001) e contemporary italian poetry (freeverse editions, 2013). con andrea inglese ha curato le antologie azioni poetiche. nouveaux poètes italiens, in «action poétique», (sett. 2004) e le macchine liriche. sei poeti francesi della contemporaneità, in «nuovi argomenti» (ott.-dic. 2005). sue poesie sono apparse in traduzione francese sulle riviste «le cahier du réfuge» (2002), «if» (2003), «action poétique» (2005), «exit» (2005) e "nioques" (2015); altre, in traduzioni inglese, in "the new review of literature" (vol. 5 no. 2 / spring 2008), "aufgabe" (no. 7, 2008), poetry international, free verse e la rubrica "in translation" della rivista "brooklyn rail". in volume ha tradotto joe ross, strati (con marco giovenale, la camera verde, 2007), ryoko sekiguchi, apparizione (la camera verde, 2009), giuliano mesa (con eric suchere, action poetique, 2010), stephen rodefer, dormendo con la luce accesa (nazione indiana / murene, 2010) e charles reznikoff, olocausto (benway series, 2014). in rivista ha tradotto, tra gli altri, yoshioka minoru, gherasim luca, liliane giraudon, valere novarina, danielle collobert, nanni balestrini, kathleen fraser, robert lax, peter gizzi, bob perelman, antoine volodine, franco fortini e murasaki shikibu.
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