CONTINO GIACOMO

di Franco Buffoni

Ho pensato a te, contino Giacomo, vedendo
Su una rivista patinata
Le foto degli scavi in Siria a Urkish,
A te e ai tuoi imperi e popoli dell’Asia
Quando intuivi immensamente lunga
La storia dell’umanità.
Altro che i Greci il popolo giovane di Hegel
O il mondo solo di quattromila anni della Bibbia
Credendo di dir tanto, fino a ieri.
Tu lo sapevi che sotto sette strati stava Urkish
La regina coi fermagli
L’intero archivio su mille tavolette
Già indoeuropea nella parlata
L’accusativo in emme. Capitale urrita
Dai gioielli legati all’infinita pazienza
Dei ricami in oro. Tu lo sapevi che poi gli Hittiti
Sarebbero giunti a conquistarla,
Già loro vecchi e di vecchi archivi nutriti…
Sono stufo di preti e di poeti, conte Giacomo.
E di miti infantilmente riadattati.

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35 Commenti

  1. mi è piaciuta molto, l’unico neo in tanta esattezza sulla lunga durata della storia, è che una lingua indoeuropea non esiste, nè mai è esistita, è una “recente” invenzione “di vecchi archivi nutrita”. Sembra che invece discendiamo tutti da una antichissima lingua akkadica (quindi semita), ma in epoca “recente”, quando hanno deciso di essere gli unici creatori di storia (e quindi di lingua), gli “occidentali” si sono inventati una loro antica lingua da cui discendere, l’indoeuropeo appunto, di cui non esiste alcun documento, alcuna tavoletta, alcuna iscrizione, una documentazione storica fantasma insomma, un po’ come la donazione di costantino e l’attentato dei musulmani saraceni (in realtà di baschi cristiani e pagani) ai paladini di carlo magno … da cui è nata tanta letteratura: tanto fumo storico, ma però anche tanto ottimo arrosto letterario che però andrebbe spiegato ogni volta nasce su una balla cosmica a scapito di altri.

  2. Poesia che mi ricorda un altro testo di Franco che mi e’ caro, in cui si accennava a tutte le stratificazioni presenti nel Nord Africa.

    @ Georgia
    piccola notazione un po’ OF. Una lingua s’impara, una lingua s’impone, il fatto che un gruppo la parli non significa che “discenda da”.

  3. il rapporto tra ‘verità’ storica e poesia è sempre conteso, ma, mi pare, che trarremmo assai più beneficio migliorando non già i nostri metodi storiografici quanto la nostra lettura (i modi in cui leggiamo)

    non solo perché c’è, come dire, una situazione poetica da accettare, che attiva in me un diverso regime di identificazioni e affetti, ma anche perché la complessità del *pensare* poetico (anche sulla storia) è più sintetica, e io che leggo sono chiamata a dispiegarla a partire da un verso dove molto è condensato

    quindi (senza polemica, giorgia, per carità), a mio modesto parere questo testo non va a infiocchattare, a “fare letteratura”, di una “balla cosmica”, semmai il contrario, propone cioè una critica dei “miti infantilmente riadattati”, tra cui, forse, ci sono anche quelli di una storia fatta di feticci (“le foto” su “una rivista patinata”), di una poesia decorativa (i “fermagli”, i “gioielli”), di una religione nutrita di miti

    che sono, appunto, “infantili” ma non salvano, non consolano il bambino, “il contino”, la sua intuizione di qualcosa di profondissimo

    vabbè, chiedo scusa a franco per essermi permessa questa piccolissima esegesi; è che mi è piaciuto molto vedere come il gesto critico dei saggi su keats e leopardi si è trasformato in versi, come se chi scrive si immergesse in un continuum da cui possono riaffiorare entrambi i gesti, critico e poetico, e anzi mescolarsi inevitabilmente

    un saluto caro e buona domenica,
    rx

  4. Una lingua s’impara, una lingua s’impone, il fatto che un gruppo la parli non significa che “discenda da”

    mai messo in dubbio quanto da te detto … ho solo detto che la lingua indoeuropea NON esiste, è una lingua creata a tavolino a posteriori, per avere dei supporti etimologici (e spesso cattedre universitarie) … e temo il motivo sia stato perchè allora gli europei (un pochetto razzisti) non volevano andare a ricercare etimologie originarie in una lingua semita … e così si sono inventati di sana pianta una lingua fantasma indoeuropea da cui far discendere le radici di tutte le nostre parole … alcune parole penzolano ancora nel vuoto, ma fa lo stesso ….

  5. @Georgia

    mi pare che tu dia qui per assodata un’potesi – la teoria “semitista” di Giovanni Semerano – che a quanto mi risulta non gode di grande credito (per usare un eufemismo) nel mondo della linguistica diacronica. Questo discredito, a meno di prender per buono il presupposto che tutti i linguisti meno Semerano e i suoi seguaci sono accecati o in malafede (ovvero che vi è una cospirazione glottologica mondiale per tenere nascosta la terribile verità eroicamene scoperta da S.), vorrà pur dire qualcosa.
    Con ciò non voglio affermare che la sua teoria sia per forza errata (del resto basta approfondire un poco per capire che l’indoeuropeistica si trova ancora oggi a fare i conti con una voluminosa massa di lacune, punti oscuri e aporie); ma, insomma, mi pare che diversi dati oggettivi concorrano a giustificare chi definisce come minimo controversa la teoria di Semerano.

  6. Caro sergio prima di tutto mettere in crisi la teoria indoeuropea metterebbe in crisi migliaia di cattedre universitarie ;-)

    Io non so se la teoria (che teoria non è, anzi lavora proprio su parole su tracce, su tavolette) di semeraro sia tutta giusta, certo molte lacune le riempie, so però per certo che l’indoeuropeo NON esiste ed è una costruzione di chi volle andare a cercare l’origine delle parole europee fra quelli che, molto sospettosamente, chiamò “avanguardie bionde”, mentre la lingua akkadica (ma anche l’assiro, il babilonese, l’ugaritico) esiste e riempie anche molte attuali lacune, poi da lì a dire che tutte le nostre lingue provengono dall’accadico (e li si ferma) forse ce ne corre, ma almeno cavolo esiste qualcosa, esistono documenti. Se mi trovi un solo documento che testimoni l’esistenza della mitica lingua indoeuropea io ti ascolto ;-).
    Gli studi di Semeraro vengono confermati in parte proprio dagli scavi di Ebla.
    Fra gli ammiratori di semeraro (che non sono così pochi come dici e che non sono solo in italia anzi) c’era anche fabrizia ramondino che addirittura lo aveva paragonato, molto audacemente a Galileo ;-)
    Le sue opere sono state pubblicate da Olski e da Bruno Mondadori (il datore di lavoro di Lorenzo)

    Scusa sergio ma prima della fine del novecento sono in molti a mettere in dubbio che a roncisvalle fossero stati i musulmani ad attaccare? Eppure era il 778. Prima di lorenzo valla ce n’erano molti a mettere in forse la donazione di costantino? eppure risale al 313. La lingua-fantasma indoeuropea in fondo viene inventata solo nell’ottocento , abbiamo davanti a noi ancora secoli e secoli per poter dimostrare che l’indeoeuropeo è una bufala di un manipolo di avanguardisti biondi, ne più ne meno della razza ariana ;-).

  7. Franco, di scriverlo non sono mica buona, ma sun stufa anca mi:-) (“u” con lombardischer umlaut, ovviamente, cosa che trascende le mie capacità tecniche)

  8. Starei attenta a lavorar d’accetta sostenendo – se ho capito bene quello che vuole dire @georgia – che l’idea di una lingua indoeuropea nasce per impulsi razzisti. Tra i primi a scoprire l’affinità tra sanscrito da un lato e greco e latino dall’altro ci sono Jones (1746 -1794) e prima ancora Filippo Sassetti (1540- 1588). Le «avanguardie bionde» erano di là da venire. E’ una storia lunga e ricca e andrebbe maneggiata, almeno la storia della linguistica, con una certa prudenza.
    Non voglio dire con questo che l’indoeuropeo è esistito, ma non vorrei che si passasse da una moda all’altra.

  9. @Georgia

    Non sarete mica esponenti della famigerata lobby fiorentina? ;-)
    Ma a parte gli scherzi:

    “…So però per certo che l’indoeuropeo NON esiste ed è una costruzione di chi volle andare a cercare l’origine delle parole europee”…

    Che l’indoeuropeo comune sia una lingua congetturale è la prima cosa che s’impara. Ma, come certamente sai, una lingua ricostruita non ambisce che a essere un simulacro il più possibile vicino a quella che si pensa sia esistita realmente (anche il protoslavo è una lingua ricostruita, ma a nessuno passa per la mente di dedurne che una lingua progenitrice comune delle moderne lingue slave non è mai esistita, quantunque qualsiasi slavista sappia che il protoslavo ricostruito non coincide necessariamente con il protslavo realmente esistito).

    “Le sue opere sono state pubblicate da Olski e da Bruno Mondadori… ”

    Be’, mi concederai che ciò di per sé non è una prova della giustezza delle sue intuizioni.

    Detto questo, la linguistica diacronica nel Novecento si è evoluta molto, quando menzioni le belve bionde mi sembra che ne parli come se fosse ancora ferma alla indogermanische sprache, come impropriamente la chiamavano i glottologi tedeschi, e a teorie come quella di Gustaf Kossinna sull’Ur-Heimat indoeuropeo in terra germanica, che da decenni sono state scartate con consenso unanime, tanto più alla luce delle recenti scoperte della genetica storica.

    E poi, lo dico da persona mediamente informata, ahimè non da specialista, mi chiedo se Semerano abbia mai considerato la questione esulando dal punto di vista meramente comparatistico-lessicale… Voglio dire che, per la classificazione di una lingua, la sintassi e la morfologia sono più impotanti del lessico: le parole si prestano e si trasmettono, le strutture grammaticali generlamente no. E le lingue afroasiatiche, compreso il ramo semitico, hanno strutture grammaticali molto diverse dalle lingue che si è presunto appartenere alla famiglia indoeuropee, le quali tra loro mostrano invece grosse analogie.
    Ti ripeto, non ho verità, né credo di appartenere alla schiera degli indoeuropeisti fanatici, ma la manciata di cognizoni accumulate nel corso degli anni mi costringe per lo meno di pormi certe domande, a dubitare.

    In altre parole, posso benissimo pensare che molte parole indoeuropee siano state prese dall’akkadico o da qualche altra lingua semitica, ma questo non comporta necessariamente una parentela o una derivazione.
    Esempio banale, il primo che si fa sempre in questi casi: l’inglese ha mutuato la maggior parte del lessico dal latino, ma resta grammaticalmente una lingua germanica.

    [In nahuatl “dio” si dice “teotl”: non ne discende che per ciò stesso il greco derivi dall’azteco (o viceversa).]

  10. Alcor non ti inquietare :-) hai in parte ragione, ma solo in parte, perchè la nascita dell’indoeuropeo non fu innocente come credi, ad ogni modo le “avanguardie bionde” le cita semerano (ma la frase non è sua non so chi l’abbia detta) ed erano gli ittiti.
    Semerano può piacere o meno, ma ha fatto delle geniali scoperte nel campo della etimologia, la sua origine della parola “infinito” capovolge in parte tutta la filosofia presocratica.
    E visto che siamo nel periodo che ricorda la nascita dell’italia, almeno la sua ricera da quale radice venga italia la potremmo anche recuperare, almeno è più carina e plausibile del padaneggiante Terra dei vitelli ;-)

  11. va bene sergio, detta così è interessante, a me basta che ti venga il dubbio che l’indoeuropeo PROPRIO NON esiste e poggia sull’acqua … poi da dove si venga, quando si parla, vattelapesca (probabilmente veniamo da ovunque) … però anche sull’azteco non è che puoi avere quella certezza i popoli sono sempre stati in cammino, mica hanno aspettato colombo per muoversi ;-)

  12. “Le sue opere sono state pubblicate da Olski e da Bruno Mondadori… ”
    Be’, mi concederai che ciò di per sé non è una prova della giustezza delle sue intuizioni.

    naturalmente era solo una indicazione (caso mai …) non voleva essere prova di nulla, almeno fino a che uno non lo abbia letto ;-)

  13. non mi sono inquietata, ci vuol altro:–) ma direi che condivido la posizione di Baratto.
    Poi che le ipotesi di Semerano siano affascinanti, è vero, ma non sarà certo l’ammirazione di Ramondino o Cacciari o Zolla o Cardini, rappresentanti di discipline molto lontane dalla linguistica, a renderle “di per sé” attendibili.

    Poi ammetto anche che le mie cognizioni di storia della linguistica risalgono a Tagliavini, e perciò sono datate, ma faccio fatica a considerare Schleicher, Curtius o Ferdinand de Saussure manipolatori razzisti, che poi ogni studio (OGNI) possa essere utilizzato ideologicamente e politicamente, è vero e bisogna ricordarselo, ma storicizzando con una certa oculatezza. Che poi è quello che fa Buffoni, mi pare.

  14. Questa poesia (ed i testi che Franco ha postato su Keats e Leopardi) dovrebbero essere presi in considerazione dagli insegnanti quando si arriva a Leopardi, per uscire dalla solita muffa. Proprio ieri ho partecipato ad una piccola discussione amicale sulla storia: perchè guardare così indietro, perchè non limitarsi agli ultimi secoli. Il problema sta sempre nel metodo, nell’uscire dalla somministrazione cronologica degli eventi, creare connessioni ed usare, per esempio, il concetto di “tempo profondo”, di cui credo sui banchi nessuno o quasi senta parlare. C’è una direzione che occorre prendere, secondo me in modo urgente, contraria all’antropocentrismo e alla centralità stessa di un certo occidente. Senza per questo indugiare in visioni cupe sulla vita, piuttosto appropriandosi di un nuovo linguaggio consapevole. Più limitati, più umili, più curiosi, più ironici, più leopardiani – di conseguenza più solidali.

  15. OT

    @ Francesca

    Se ti dicessi che tanti insegnanti la “muffa” la spazzano via fin dall’inizio, prima ancora di “arrivare” a Leopardi? Che tanti praticano, quindi ne “ragionano” con gli studenti, il concetto di “tempo profondo”? Che tanti, messi al bando “antropocentrismo” e “centralità di un certo occidente”, cercano di stimolare consapevolezza, curiosità, ironia, umiltà, solidarietà?

    Cosa fai, allora, cambi opinione? Non ce n’è bisogno, credo: basta l’umiltà di pensare e credere che, forse, non tutta la scuola è merda e muffa (quindi non tutti gli insegnanti lo sono) e che certe pratiche che ci stanno a cuore esistevano, per fortuna, ben prima della rete, tanto meno sono state create da un post…

    Ciao.

    fm

  16. Non tirarmi tiri mancini alcor :-), di quale curtius stai parlando?, se è ernst robert curtius lasciamolo fuori, è la mia passione e non l’ho mai vissuto come uno strenuo e codino difensore dell’indoeuropeismo (non ricordo neppure se ne parla se non di passaggio, premettendo che io ho letto solo le opere tradotte in italiano), semmai dell’europa e delle sue comuni radici letterarie latine. Politicamente poi non ho alcuna critica da fargli, capì il pericolo che correva la germania molto prima degli altri. E poi anche la linguistica di saussure mi sfugge proprio perchè mai (ritenendo semerano un geniale scopritore di nuove terre etimologiche) dovrei buttarlo via … boh.

    PRECISO che io non ho fatto alcuna critica alla poesia di buffoni che anzi mi è piaciuta molto,
    L’intero archivio su mille tavolette
    Già indoeuropea nella parlata
    L’accusativo in emme

    Nessun intento realmente polemico, anzi ho solo fatto notare che tale lingua non esisteva … e forse (anzi sicuramente) speravo che la provocazione lo portasse a difendere la sua teoria della parlata già indoeuropea nelle tavolette di Urkish e soprattutto mi incuriosiva l’accusativo in m …. :-)

  17. tra l’altro se le tavolette di Urkish sono già parlata “indoeuropea” come dice buffoni, (essendo, se non sbaglio, la citta akkadica) sarebbe la riprova che semerano poveretto ha ragione da vendere … quasi come galileo ;-)
    geo

  18. @ georgia

    no, non quel Curtius, bensì Giorgio:–)
    ma sì, quel Saussure.

    Quel che voglio dire è che non si possono rinchiudere i linguisti che hanno lavorato dando per buona l’ipotesi indoeuropea nel cerchio stretto della manipolazione razzista, ma dentro una storia degli studi linguistici ben più ricca e complessa.
    Tra l’altro, se così fosse, – permettimi questa annotazione poco scientifica – come dovremmo metterla con la presenza e la persistenza in Europa di nuclei “non-indoeuropei” come per esempio l’ugrofinnico? disprezzo verso l’ungherese e il finlandese? troppi violini? e anche il match albanesi versus ungheresi mi sembrerebbe un po’ difficile da leggere, in questo quadro.

    No, la lettura dell’idea dell’indoeuropeo tutta chiusa nell’ideologia non sta in piedi. Ma ha una sua storia, una storia che come tutte le storie aspetta di essere corretta e rivisitata.

  19. comunque, sia chiaro, io non sono in grado di prendere posizione sulla querelle indoeuropeo sì, indoeuropeo no, anzi, me ne guardo bene:–)

  20. @fm, su quello che dici sono perfettamente d’accordo, mi spiace se sono stata troppo brutale. E conosco vari insegnanti che fanno il loro lavoro di educatori al meglio, io stessa sono debitrice di almeno due alle medie e alle superiori. Ma conosco anche altrettante situazioni in cui, vuoi per stanchezza – sono figlia di insegnante, conosco le questioni – vuoi per mancanza di tempo, vuoi per “ignoranza”, i programmi vengono dati così come sono senza ulteriori riflessioni. Su questo verteva la discussione amicale che citavo nel mio commento. Da qui a voler distruggere la scuola pubblica ce ne corre… la mia speranza è tutt’altra: che appunto a scuola non si inculchi, ma si educhi. Non sempre si pensa in modo manicheo: o così o assolutamente nell’altra maniera, questo però non impedisce una riflessione generale che non dà molto spazio all’ottimismo. Comunque: la mia percezione sui programmi è data anche e molto dalla frequentazione extra-scolastica di adolescenti, dal rifiuto crescente per una materia come la storia, spesso ridotta davvero ad un cumulo di nozioni. Di tutto questo si dovrebbe parlare portando esempi negativi e positivi, nelle cosiddette riforme.

  21. Ovviamente anch’io faccio un altro mestiere e dunque non sono in grado di prendere posizione sulla querelle indoeuropeo sì, indoeuropeo no. Ho avuto modo di ascoltare a lungo Semerano (anche a colloquio con Cacciari) in anni abbastanza recenti: e ne ho un bel ricordo.
    Il mio maestro di filologia (germanica) fu il grande Dolfini alla fine degli anni sessanta: con lui – ricordo – si giungeva all’aramaico in certe lezioni.
    Mi affascinò molto da ragazzo la tavoletta hittita scoperta dal Conte Wronsky verso la fine dell’Ottocento, cito a memoria: “Nu ninda an ezzatteni, vadar na ekutteni”, la condanna all’ergastolo: “D’ora in poi tu mangerai pane e berrai acqua”.
    Dove ezzatteni già contiene edere, e vadar tutta l’acqua possibile…
    Ma per carità: lasciatemi fare solo il poeta…

  22. sono del tutto d’accordo con Sergio, che cita la motivazione più forte a proposito di parentele linguistiche, quella che considera la differenza tra struttura sintattica e lessico; è quello il punto più debole del lavoro di Semerano. E non serve appunto ripetere che la lingua indoeuropea non esiste, non ha tavolette, ecc., nessuno lo ha mai sostenuto, si tratta di una matrice costruita ad arte per mostrare la possibilità dell’esistenza di una lingua antenata comune. Con tutte le difficoltà del caso, naturalmente.

    Il ché a sua volta non toglie nulla al pregio dello scritto di Franco, che come sempre apprezzo assai.

  23. si tratta di una matrice costruita ad arte per mostrare la possibilità dell’esistenza di una lingua antenata comune

    ecco appunto :-), geniale supposizione e anche costruzione, solo che quando le scoperte archeologiche (REALI) dimostrano che questa lingua antenata è davvero esistita, ma NON è quella FINTA che si era costruita a ritroso, allora si deve avere la modestia di capire che la precedente impalcatura fantasma può anche crollare senza troppo scandalo o rimpianto … insomma se la terra gira intorno al sole è inutile tenere in vita tutta la precedente baracca accademica che dice che è il sole a girare intorno alla terra (anche se non per questo getteremo mai via aristotele e dante) ;-).

    Il lavoro del poeta non era in discussione … anzi direi che genialmente con quello che io considero un errore ci ha dato ugualmente la soluzione :-)

    L’intero archivio su mille tavolette
    Già indoeuropea nella parlata
    L’accusativo in emme

    infatti se l’archivio di tavolette di una città akkadica (precedente migliaia di anni alla origine accademica dell’idoeuropeo fantasticato dai nostri filologi) è gia indoerupoeo nella parlata … vuol dire che bypassando l’invenzione abbiamo trovato la nostra vera lingua antenata … siccome però la politica si intreccia spesso con filologia e lingua … la scoperta è avvenuta in un momento delicato: quanto c’era chi voleva costruire una europa senza ombra di radice mesopotamica e quando i venti di guerra si addensavano proprio in quella zona.

    Poi naturalmente per fede si tiene in piedi ben altro … quindi possiamo anche continuare a credere nell’esistenza dell’indeuropeo se la cosa ci rassicura.
    e poi di grazia quale sarebbe la ferrea struttura sintattica in comune su cui si basa l’ideouropeo?
    Forse l’esistenza della copula essere? quella che permette a Heidegger di costruire tutta la sua cattedrale e-sclusiva indoeuropea dell’essere? ;-)

  24. (discussione wikipedia notevole, gherardo, quasi vien voglia di farci un midrash intitolato “la morte dell’indoeuropeo ci ha preso la mano” – è che i “mitini e mitili” degli ultimi giorni erano particolarmente velenosi…)

  25. scusa gherardo ma a me sembrerebbe più educativo leggersi i suoi dizionari etimologici e i suoi libri :-).

    Poi io sarò tera tera, ma tra una cosa vera (lingua akkadica realmente esistente) e una immaginata (struttura linguistica indeoeruopea) non ho problemi a chi dare maggior credibilità.

    Certo semerano era un “dilettante” (nel senso che non gli avevano mai dato una cattedra da “professionista”) ma anche Leopardi lo era, l’unica cattedra che i professionisti gli abbiano mai offerto mi sembra fosse quella di mineralogia e zoologia a Parma giustamente rifiutata ;-) e la Crusca poi (composta di professionisti) ad un premio alle sue Operette morali dette solo un voto preferendogli il Botta. Io non mi scandalizzo, anzi (certe cose non possono essere capite nel contemporaneo) ma evito, in casi così eclatanti, di invocare e portare come prova il giudizio di professionisti ed esperti;-)
    Riguardo a semerano basterebbe l’etimologia della parola infinito (che capovolge la vulgata occidentale per eccellenza) per trattare le sue ricerche, non come verità colata, ma certo almeno con molto rispetto.

    Mi ha sempre colpito una lettera di hannah arendt del 1971 a martin heidgger dove gli fa una domanda (tera tera) sulla copula del verbo essere (che non esiste in ebraico e in arabo), una domanda apparentemente ingenua ma che metteva in crisi tutta la cattedrale metafisica costruita dal mondo così detto occidentale.
    Del resto marx diceva: “emencipazione è un ricondurre il mondo umano e i rapporti umani all’uomo stesso”, cosa che da secoli ci siamo dimenticati in gran parte del mondo, ma nell’etimologia ci siamo addirittura staccati completamente al punto da dare più credibilità ad una lingua non è mai esistita che a una realmente esistita, già questo mi bsterebbe non per credere acriticamente a semerano (che la storia e la cultura è in fieri) ma certo per NON credere alla bufala dell’indoeuropeo …. che naturalmente non vuol dire buttare via tutti gli studi filologici e filosofici, ma semplicemente prenderli per quello che sono.

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franco buffonihttp://www.francobuffoni.it/
Franco Buffoni ha pubblicato raccolte di poesia per Guanda, Mondadori e Donzelli. Per Mondadori ha tradotto Poeti romantici inglesi (2005). L’ultimo suo romanzo è Zamel (Marcos y Marcos 2009). Sito personale: www.francobuffoni.it
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