Una querelle di bassa Lega

Dopo aver letto l’editoriale di Gabriele Ferraris su Torino Sette (La Stampa) gli ho chiesto di poterlo pubblicare su Nazione Indiana. Si tratta di una lettera aperta che è impossibile non sottoscrivere. effeffe

Ci sarà pure un motivo
di
Gabriele Ferraris

Il presidente Cota e l’assessore (e candidato sindaco) Coppola dovrebbero cortesemente spiegarci con chiarezza perché hanno ritirato il patrocinio della Regione al Festival Cinema Gay. In quanto dipendenti pubblici Cota&Coppola sono tenuti a rendere pubblica ragione del loro agire. Senza stizzite rispostacce del tipo «è una polemica strumentale ». Nessuno fa polemica, se chiede conto delle loro azioni ai propri dipendenti: provino un po’ a rispondere così a un datore di lavoro privato, i due dipendenti pubblici in questione, e vedi come li fa correre.

Ma finora l’unica spiegazione della coppia Cota&Coppola è stata che Cinema Gay è una manifestazione in cui «la Regione non ha voce in capitolo ». Balle: la Regione non ha «voce in capitolo» in quasi nessuna delle infinite manifestazioni cui concede il patrocinio. Né possono appellarsi ai problemi di bilancio, perché il patrocinio non implica finanziamenti, come ha tenuto a precisare lo stesso Coppola: è un riconoscimento di stima, a costo zero.

Ma allora, cosa significa ritirarlo, dopo che per oltre vent’anni è stato confermato non solo dalle giunte di centrosinistra, ma anche dal centrodestra di Ghigo e Leo, con la benedizione del ministro forzista Urbani? Cota e Coppola intendevano forse infliggere un’umiliazione a chi s’è prodigato per dare a Torino e al Piemonte un festival cinematografico frequentato in media da 40mila spettatori e apprezzato dalla critica nazionale e internazionale? Oppure volevano proclamare al mondo che il Piemonte intero, tramite la maggioranza che governa la Regione (con uno scarto di novemila voti su due milioni e 204 mila votanti, si presume non tutti omofobi), non vuole avere nulla a che spartire con gli omosessuali? O magari era solo una bravata per far ridere gli amici del bar sport?

Suvvia, siamo seri. In nome dei 13 mila euro lordi che ogni mese paghiamo di tasca nostra a Cota, e degli 11mila che versiamo a Coppola, attendiamo spiegazioni chiare, pacate, convincenti. E possibilmente in settimana. Grazie.

La Stampa, Torino Sette, 8 aprile 2011

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8 Commenti

  1. Ma finora l’unica spiegazione della coppia Cota&Coppola è stata che Cinema Gay è una manifestazione in cui «la Regione non ha voce in capitolo».

    Per cui, secondo la coppia in questione, si dovrebbero patrocinare solo manifestazioni culturali in cui la maggioranza di turno ha “voce in capitolo”. Bel concetto di servizio pubblico, bell’esempio di senso dello Stato. Complimenti davvero.

  2. La conferenza stampa del Pride Torino 2011 è stata anticipata, di gran carriera, di due settimane. Poi, per farla sentire e vedere in grande stile, si tiene stamane – provocatoriamente – sotto le finestre del presidente della Giunta regionale Roberto Cota, in piazza Castello. «Annunceremo il Pride e le sue iniziative – spiega Andrea Fino del Coordinamento Torino Pride “Lgbt”, lesbico, gay, bisessuale, transessuale – e faremo sentire la nostra indignazione per la decisione della Regione di togliere il logo dal Torino Glbt Filmfestival dopo 26 anni. Il luogo sottolinea la nostra protesta contro le politiche omofobiche della giunta Cota, in perfetta continuità con le dichiarazioni dello scorso anno sul Pride e con tutti gli ostacoli frapposti a iniziative adottate contro omofobia e transfobia». Oggi, in piazza Castello, si parlerà di varie azioni. «La prima sarà una petizione popolare da presentare in Consiglio regionale – dice Fino – per fare chiarezza sull’argomento. Raccoglieremo il maggior numero possibile di firme e poi andremo in aula».

    Per il Coordinamento Pride la mossa di Cota e Coppola «si rivelerà un autogol. C’è sconcerto tra le persone “lgbt” di area liberale. Hanno sempre visto nel festival – spiega il coordinatore – un’iniziativa culturale di alto valore e ora non comprendono una scelta che suona come una vera e propria offesa». Per Sergio Rovasio, segretario nazionale dell’Associazione radicale «Certi diritti», da sempre al fianco del Coordinamento Pride di Torino, «l’atto di togliere il logo, che appare marginale sul piano concreto, è molto significativo sul piano culturale». E nel sottolineare che il logo della Regione dovrebbe, per coerenza, sparire anche dal Tff, dal Salone del Libro e da tutte le manifestazioni non organizzate dalla Regione, ma che godono dei finanziamenti della stessa, Rovasio lancia una provocazione: «Non hanno nulla da dire i presidenti e direttori artistici dello Stabile, del Regio e del Salone del Libro? Non credono anche loro che questi atti siano preludio di una chiusura anche culturale, dopo la chiusura economica che già si è abbattuta sulla cultura torinese e italiana?».
    da La Stampa del 1/4/11

  3. @ Franco
    Pienamente d’accordo sui leghisti che non alzano la voce. Nemmeno Goebbels alzava la voce…

  4. Gli è che Cota & Coppola son due dipendenti colti, aggiornati. E dopo le recenti ed epocali scoperte storiche di de Mattei, circa la fine dell’impero romano, caduto per via di omosessuali, evidentemente era loro dovere escogitare un modo per proteggere la nazione dalla possibilità del terrificante ricorso storico.

    achtung!, che Gesù e il CNR ci guardano…

  5. Cota è l’esempio più smaccato del leghista schiavo di Roma, che ciancia a vuoto di federalismo a ogni occasione ma che non fiata di fronte a qualsiasi imposizione gli giunga dalla cosiddetta Roma ladrona, dai rovinosi tagli di Tremonti a sanità e assistenza, ai distinguo fumosi tra profughi e clandestini, ecc. Uno schiavetto di Roma per miope interesse personale, il paggetto più prono e servile di tutti nei confronti del centralismo.

  6. E un elemento ricorrente in tutte le stagioni nefaste della politica, ma soprattutto della vita civile italiana, si trova nell’assurgere a filosofi, teologi, condottieri le persone meno brillanti proprio per il loro carattere di mediocri, modelli di una pigra anomia, interpreti della ‘moderazione’ intesa come il muoversi poco e tra le persone fidate per il vantaggio personale, il clientelismo di strapaese, la cancellazione dei disinteressati, dei dotati di autentico altruismo, del vero ideale rispettoso di caratteri altrui nella polis

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francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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