VivaVoce#07: Virginia Woolf [ 1882 – 1941 ]


Virginia Woolf da Craftsmanship della serie Words Fail Me
BBC National Program [ Giovedì 29 Aprile 1937 ]


…words, English words, are full of echoes, of memories, of associations. They have been out and about, on people’s lips, in their houses, in the streets, in the fields, for so many centuries.

… le parole, le parole inglesi sono piene di echi, di memorie, di associazioni. Hanno vagabondato sulle labbra della gente, nelle loro case, nelle strade, nei campi per così tanti secoli.

And that is one of the chief difficulties in writing them today – that they are stored with other meanings, with other memories, and they have contracted so many famous marriages in the past. The splendid word incarnadine, for example – who can use that without remembering multitudinous seas?

E questa è una delle capitali difficoltà nello scriverle oggi – che esse sono stivate di altri significati, di altre memorie, e hanno contratto così tanti matrimoni celebri nel passato. La splendida parola vermiglio per esempio – chi potrebbe usarla senza ricordare la moltitudine dei mari? 1

In the old days, of course, when English was a new language, writers could invent new words and use them. Nowadays it is easy enough to invent new words – they spring to the lips whenever we see a new sight or feel a new sensation – but we cannot use them because the English language is old.

Ai vecchi tempi, certamente, quando l’inglese era una lingua nuova, gli scrittori potevano inventare nuove parole e usarle. Oggigiorno è abbastanza facile inventare nuove parole – esse sbocciano sulle labbra, quando abbiamo una nuova visione o proviamo una nuova sensazione – ma non possiamo usarle perché la lingua inglese è vecchia.

You cannot use a brand new word in an old language because of the very obvious yet always mysterious fact that a word is not a single and separate entity, but part of other words. Indeed it is not a word until it is part of a sentence. Words belong to each other, although, of course, only a great poet knows that the word incarnadine belongs to multitudinous seas.

Non è possibile usare una parola nuova di zecca all’interno di una lingua antica per l’ovvio e misterioso fatto che una parola non è un’entità singola e separata, ma parte di altre parole. Infatti non è una parola, finché non è parte di una frase. Le parole appartengono una all’altra anche se, certamente, solo un grande poeta sa che la parola vermiglio appartiene a la moltitudine dei mari.

To combine new words with old words is fatal to the constitution of the sentence. In order to use new words properly you would have to invent a whole new language; and that, though no doubt we shall come to it, is not at the moment our business. Our business is to see what we can do with the old English language as it is. How can we combine the old words in new orders so that they survive, so that they create beauty, so that they tell the truth? That is the question.

Combinare parole nuove con parole vecchie è fatale per la costituzione della frase. Per usare appropriatamente nuove parole bisognerebbe inventare un intero nuovo linguaggio; e questo, sebbene senza dubbio ci arriveremo, non è affar nostro per il momento. Affar nostro è vedere quel che possiamo fare con il vecchio inglese così com’è. Come possiamo combinare le vecchie parole in nuovi ordini così che sopravvivano, così che creino bellezza, così che dicano la verità? Questa è la domanda.

And the person who could answer that question would deserve whatever crown of glory the world has to offer. Think what it would mean if you could teach, or if you could learn the art of writing. Why, every book, every newspaper you’d pick up, would tell the truth, or create beauty. But there is, it would appear, some obstacle in the way, some hindrance to the teaching of words.

E la persona che riuscisse rispondere a questa domanda si meriterebbe ogni corona di gloria che il mondo abbia da offrire. Pensate cosa potrebbe significare se si potesse insegnare, o se si potesse apprendere l’arte della scrittura. Perché, ogni libro, ogni quotidiano che si aprisse, direbbe la verità, o creerebbe bellezza. Ma c’è, sembrerebbe, un ostacolo di percorso, una sorta di impedimento nell’insegnare le parole.

For though at this moment at least a hundred professors are lecturing on the literature of the past, at least a thousand critics are reviewing the literature of the present, and hundreds upon hundreds of young men and women are passing examinations in English literature with the utmost credit, still – do we write better, do we read better than we read and wrote four hundred years ago when we were un-lectured, un-criticized, untaught? Is our modern Georgian literature a patch on the Elizabethan?

Eppure in questo momento almeno un centinaio di professori stanno tenendo una lezione sulla letteratura del passato, almeno un migliaio di critici stanno commentando letteratura del presente, e centinaia su centinaia di giovani uomini e donne staranno sostenendo esami in letteratura inglese a pieni voti, e ancora – scriviamo meglio, leggiamo meglio di come abbiamo letto e scritto quattrocento anni fa quando noi eravamo illetterati, senza senso critico, analfabeti? La nostra moderna letteratura georgiana è una toppa su quella elisabettiana?

Well, where then are we to lay the blame? Not on our professors; not on our reviewers; not on our writers; but on words. It is words that are to blame. They are the wildest, freest, most irresponsible, most un-teachable of all things. Of course, you can catch them and sort them and place them in alphabetical order in dictionaries. But words do not live in dictionaries; they live in the mind. If you want proof of this, consider how often in moments of emotion when we most need words we find none.

Bene, a chi dunque dare la colpa? Non ai nostri professori; non ai nostri critici; non ai nostri scrittori; ma alle parole. Sono le parole che vanno incolpate. Sono le più selvagge, le più libere, le più irresponsabili e le meno addomesticabili di tutte le cose. Naturalmente le puoi acchiappare e ordinare e piazzare in ordine alfabetico nei dizionari. Ma le parole non vivono nei dizionari; loro vivono nella mente. Se volete una prova di questo, considerate quanto spesso in momenti di emozione, quando abbiamo più bisogno di parole non ne troviamo nessuna.

Yet there is the dictionary; there at our disposal are some half-a-million words all in alphabetical order. But can we use them? No, because words do not live in dictionaries, they live in the mind. Look once more at the dictionary. There beyond a doubt lie plays more splendid than Antony and Cleopatra; poems lovelier than the Ode to a Nightingale; novels beside which Pride and Prejudice or David Copperfield are the crude bunglings of amateurs. It is only a question of finding the right words and putting them in the right order. But we cannot do it because they do not live in dictionaries; they live in the mind. And how do they live in the mind?

Eppure il dizionario c’è; lì a nostra disposizione ci sono mezzo milione di parole tutte in ordine alfabetico. Ma le sappiamo usare? No, perché le parole non vivono nei dizionari, vivono nella mente. Guardate ancora una volta il dizionario. Lì, senza dubbio giacciono opere teatrali ancora più splendide di Antonio e Cleopatra, poesie più amabili di Ode all’usignolo, novelle davanti alle quali Orgoglio e Pregiudizio e David Copperfield sono rozzi pasticci da dilettanti. È solo questione di trovare le parole giuste e metterle nel giusto ordine. Ma non possiamo farlo perché esse non vivono nei dizionari; vivono nella mente. E come vivono nella mente?

Variously and strangely, much as human beings live, ranging hither and thither, falling in love, and mating together. It is true that they are much less bound by ceremony and convention than we are. Royal words mate with commoners. English words marry French words, German words, Indian words, Negro words, if they have a fancy. Indeed, the less we enquire into the past of our dear Mother English the better it will be for that lady’s reputation. For she has gone a roving, a roving fair maid.

Variamente e stranamente, come molti degli esseri umani vivono, girovagando qui e là, innamorandosi, e accoppiandosi. È vero che loro sono molto meno legate da cerimonie e convenzioni di quanto siamo noi. Parole regali si accoppiano con le comuni. Parole inglesi sposano parole francesi, parole tedesche, parole indiane, parole negre, come gli pare e piace. Infatti quanto meno noi indaghiamo nel passato della nostra cara madrelingua Inglese, meglio sarà per la reputazione di questa signora. Perché è diventata una “traviata”, una bella ragazza traviata.

Thus to lay down any laws for such irreclaimable vagabonds is worse than useless. A few trifling rules of grammar and spelling is all the constraint we can put on them. All we can say about them, as we peer at them over the edge of that deep, dark and only fitfully illuminated cavern in which they live – the mind – all we can say about them is that they seem to like people to think before they use them, and to feel before they use them, but to think and feel not about them, but about something different.

Così imporre qualsiasi legge a delle tali irriducibili vagabonde è peggio che inutile. Poche risibili regole di grammatica e di ortografia sono tutte le costrizioni che possiamo imporre loro. Tutto quello che possiamo dire di loro – mentre le sbirciamo oltre il limite di quella profonda nera caverna, solo a sprazzi illuminata, nella quale vivono – la mente – tutto quello che possiamo dire di loro è che sembrano preferire le persone che pensano prima di usarle, e che sentono prima di usarle, ma pensare e sentire non riguardo a loro, ma riguardo a qualcosa di diverso.

They are highly sensitive, easily made self-conscious. They do not like to have their purity or their impurity discussed. If you start a Society for Pure English, they will show their resentment by starting another for Impure English – hence the unnatural violence of much modern speech; it is a protest against the puritans. They are highly democratic, too; they believe that one word is as good as another; uneducated words are as good as educated words, uncultivated words as good as cultivated words, there are no ranks or titles in their society.

Sono sommamente sensibili, facilmente intimidite. Non amano che la loro purezza o impurità venga messa in discussione. Se fondate un’Associazione per l’Inglese Puro, loro vi mostreranno il loro risentimento fondandone un’altra per l’Inglese Impuro – da ciò l’innaturale violenza di gran parte del linguaggio moderno; è una protesta contro i puritani. Loro sono sommamente democratiche, anche; loro credono che una parola sia tanto buona quanto un’altra; le parole maleducate sono buone quanto le parole educate, le parole incolte sono buone quanto le parole colte, non ci sono ranghi o titoli nella loro società.

Nor do they like being lifted out on the point of a pen and examined separately. They hang together, in sentences, paragraphs, sometimes for whole pages at a time. They hate being useful; they hate making money; they hate being lectured about in public. In short, they hate anything that stamps them with one meaning or confines them to one attitude, for it is their nature to change. Perhaps that is their most striking peculiarity – their need of change. It is because the truth they try to catch is many-sided, and they convey it by being many-sided, flashing first this way, then that.

Nemmeno amano essere infilzate con la punta della penna ed essere esaminate separatamente. Se ne stanno insieme, in frasi, paragrafi, talvolta per intere pagine contemporaneamente. Loro odiano essere utili; odiano fare soldi; odiano tenere conferenze pubbliche. In breve, detestano qualsiasi cosa che le marchi con un significato o che le releghi in un unico stile, perché è la loro natura cambiare. Forse quella è la loro peculiarità più impressionante – la loro necessità di cambiamento. È perché la verità che cercano di catturare è sfaccettata, e la comunicano essendo sfaccettate, illuminando prima in un modo poi nell’altro.

Thus they mean one thing to one person, another thing to another person; they are unintelligible to one generation, plain as a pikestaff to the next. And it is because of this complexity, this power to mean different things to different people, that they survive. Perhaps then one reason why we have no great poet, novelist or critic writing today is that we refuse to allow words their liberty. We pin them down to one meaning, their useful meaning, the meaning which makes us catch the train, the meaning which makes us pass the examination…

Così loro significano una cosa per una persona, un’altra cosa per un’altra persona; loro sono inintelligibili per una generazione, chiare come la luce del sole per la successiva. Ed è a causa di questa complessità, questo potere di significare differenti cose per differenti persone, che loro sopravvivono. Forse allora una ragione per cui non abbiamo grandi poeti, novellisti o critici letterari oggi è che ci rifiutiamo di lasciare alle parole la loro libertà. Le spilliamo a un significato solo, il loro significato utile, il significato che ci permette di prendere il treno, il significato che ci permette di passare gli esami…

[ traduzione di Orsola Puecher ]

 

__________ ,\\’ __________

 
Delle tre partecipazioni a trasmissioni radiofoniche di Virginia Woolf, una nel 1927, l’altra nel 1929, solo della terza, il 29 Aprile 1937, resta un documento sonoro. Preceduta da un breve programma Soubrette and Light Comedian with the BBC Theatre, la conversazione, programmata dalle 8.40 alla 9 di sera, sfora di qualche minuto, facendo saltare il segnale orario. La serata, dopo il telegiornale, prosegue con un elettrizzante programma di Concerti di Bande Militari, funzioni religiose e musiche da ballo, fino alla chiusura, a mezzanotte.
Su Radio Times del 23 aprile, pag 54, l’anticipazione recita:

 

Secondo l’opinione di Virginia Woolf, artigianato è una parola che può essere applicata alla creazione di teiere e padelle, ma non alle parole nel modo in cui gli scrittori le usano. C’è una distinzione da fare fra l’uso utilitaristico delle parole e il loro uso letterario. Lo scrittore e lo scienziato usano parole molto differenti. Mrs. Woolf crede nell’importanza di una vasta scelta di parole, ma deplora tutti i tentativi di insegnare alla gente come scrivere.

 
Viene registrato solo un terzo circa della conversazione e verso la parte finale, come d’uso, dati i costi del materiale di registrazione e il dispendio di mezzi tecnici necessario. La voce non ha gran profondità, ma, nonostante l’infedeltà della riproducibilità tecnica dell’epoca, traspare limmpida una certa aura, una tipica tagliente e aristocratica ironia, un salire di ottave e di intenzione sferzante nelle domande, un chiudere le frasi e gli incisi deciso e tranchant, che non guasta mai parlando di letteratura e dà un po’ di respiro e di coraggio a noi, epigoni e vittime del conflitto fra utilità, bellezza e verità, fra dizionario e mente, quella buia caverna squarciata da brevi lampi, antro acherontico delle selvagge e indomabili parole.

 

VivaVoce#01: Thomas Stearns Eliot [1888–1965]
VivaVoce#02: Gherasim Luca [1913–1994]
VivaVoce#03: Sylvia Plath [1932–1963]
VivaVoce#04: Guillaume Apollinaire [1880–1918]
VivaVoce#05: Juan Gelman [ 1930, Buenos Aires ]
VivaVoce#06: Elizabeth Bishop [ 1911 – 1979 ]

 

NOTA

Print Friendly, PDF & Email
NOTE
  1. Woolf si riferisce a:

    MACBETH
    Whence is that knocking?
    How is’t with me, when every noise appalls me?
    What hands are here? Hah! They pluck out mine eyes.
    Will all great Neptune’s ocean wash this blood
    Clean from my hand? No; this my hand will rather
    The multitudinous seas incarnadine,
    Making the green one red.

     
    W. Shakespeare MACBETH [1605] Atto 2, scena 2, 54–60
    MACBETH
    Da dove viene questo bussare?
    Cos’ho in me, che ogni rumore mi raggela?
    Che mani sono queste? Ah! Mi strappano gli occhi.
    Laverà tutto il grande oceano di Nettuno questo sangue
    lo pulirà dalle mie mani? No; questa mia mano piuttosto
    la moltitudine dei mari renderà vermiglia
    facendo del verde un rosso.

     
    W. Shakespeare MACBETH [1605] Atto 2, scena 2, 54–60

     
    Shakespeare dell’aggettivo incarnadine, il cui significato, dalla radice latina carn-, si riferisce alla carne e al colore della carne, trae il verbo to incarnadine, far diventare color carne: le mani di Macbeth, insanguinate dal delitto compiuto, renderanno i mari rosso sangue, invece che esserne lavate. Da quel 1605 in poi il verbo e l’aggettivo si legano al sangue e al vermiglio di mari insanguinati.
    Il significato originario si copre di oceani di sangue, che si incrostano indelebilmente alla parola, così come la colpa di Macbeth non può essere mondata. Mentre sono già cominciate le allucinazioni, le mani che gli si rivoltano contro e gli strappano gli occhi e i rumori interpretati come un presentimento di morte, il senso di colpa lo perseguita e l’incubo di onde vermiglie lo sommerge, così come sommerge e muta il senso di verbi e parole.

2 Commenti

  1. Virginia Woolf è un mio grande amore letterario. Non conoscevo questo brano. Si sente la passione della scrittrice per la sua lingua natale.
    E’ il punto di partenza per uno scrittore, il vincolo della lingua carnale
    nella sua mente ( direi la sua presenza nel cuore).
    Virginia Woolf evoca la lingua viva, il sasso lavorato dall’acqua del fiume, dal passato, dall’immensa storia della parola. Ogni scrittore sente questa memoria, quando scrive. Un bambino è all’alba della lingua. Mi rammento la scoperta delle parole che ho accolte come farfalla nuova,
    una collezione di ali, di colori. Un sentimento magico della lingua:
    si pronuncia una parole, è vita, muove, ha colore, la musica è l’immagine dell’oggetto. Si pronuncia una parola, non c’è più solitidune,
    ma presenza.
    Lo scrittore sente l’inganno. In un momento nella vita, non c’è più innocenza nella lingua. Si deve trovare una strada per ritrovare l’innocenza, senza tuffarsi nel cliché.

  2. Le parole, grazie al cielo, e alla terra, se ne infischiano.L’ho sempre pensato, ed è folgorante sentire una “madre” a ricordartelo

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

“Vittime senza giustizia, almeno la memoria” di Anna Paola Moretti

di Orsola Puecher
Anna Paola Moretti, storica della memoria e della deportazione femminile, in questa nuova indagine ricostruisce con la consueta accuratezza, fra documenti, archivi e ricerca di testimonianze sul campo, la vicenda di due giovani donne martiri del nazifascismo nel pesarese...

Colfiorito

di Nadia Agustoni

Colfiorito
(qualcosa di bianco)
Sera a Colfiorito
nel garrire di rondini
in un’amnesia di cielo
e penombra
sull’ascia dei temporali
portammo radici di voci
e alveari.

V. Ė. Mejerchol’d UN BALLO IN MASCHERA

di Anna Tellini
«A noi, compagni, sia a me, che a Šostakovič, che a S. Ejzenštejn, è data la pie­na possibilità di continuare il nostro lavoro e solo nel lavoro correggere i nostri errori. (Applausi). Compagni, dite: dove, in quale altro paese dell’or­be terraqueo è possibile un simile fenomeno?» Queste parole precedono solo di poche ore la firma dell’ordine di arresto di Mejerchol’d.

Manuela Ormea IL BARONE RAMPANTE

di Manuela Ormea
Razionalità ed invenzione fantastica costituiscono il nucleo del romanzo. In quest’opera è richiesta la capacità di guardare la realtà contemporanea ponendosi ad una giusta distanza.

Ricominciamo dalle rose

di Nadia Agustoni
mastica duro il cane della ricchezza
le ossa bianche del paese
le nostre ossa
spolpate

in memoria – per Cristina Annino per dopo

di Nadia Agustoni
è un minuto l’universo sulla città dei vivi
ma cresce a ogni uomo la terra
l’osso si fa parola
non si abbassa la grandezza
della morte.
orsola puecher
orsola puecherhttps://www.nazioneindiana.com/author/orsola-puecher/
,\\' Nasce [ in un giorno di rose e bandiere ] Scrive. [ con molta calma ] Nulla ha maggior fascino dei documenti antichi sepolti per centinaia d’anni negli archivi. Nella corrispondenza epistolare, negli scritti vergati tanto tempo addietro, forse, sono le sole voci che da evi lontani possono tornare a farsi vive, a parlare, più di ogni altra cosa, più di ogni racconto. Perché ciò ch’era in loro, la sostanza segreta e cristallina dell’umano è anche e ancora profondamente sepolta in noi nell’oggi. E nulla più della verità agogna alla finzione dell’immaginazione, all’intuizione, che ne estragga frammenti di visioni. Il pensiero cammina a ritroso lungo le parole scritte nel momento in cui i fatti avvenivano, accendendosi di supposizioni, di scene probabilmente accadute. Le immagini traboccano di suggestioni sempre diverse, di particolari inquieti che accendono percorsi non lineari, come se nel passato ci fossero scordati sprazzi di futuro anteriore ancora da decodificare, ansiosi di essere narrati. Cosa avrà provato… che cosa avrà detto… avrà sofferto… pensato. Si affollano fatti ancora in cerca di un palcoscenico, di dialoghi, luoghi e personaggi che tornano in rilievo dalla carta muta, miracolosamente, per piccoli indizi e molliche di Pollicino nel bosco.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: