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Nient’altro che il dovere di essere calabresi, cioè italiani, ovvero parte di un territorio infinitamente più esteso

di Giuseppe Zucco

 

Laggiù tutte le forme conservano intrecciate
un’unica espressione frenetica di avanzata.
Federico Garcia Lorca

Il sottosegretario alle infrastrutture Roberto Castelli meriterebbe di più, sicuramente un premio. Ci sarebbe tutta una lunga enciclopedica lista di gente da premiare, persone a cui stringere la mano dopo avere appuntato sulla loro divisa istituzionale il profilo dorato di una medaglia al valore. Tuttavia, questa è la volta del sottosegretario alle infrastrutture Roberto Castelli, e non sarebbe decoroso fare finta di niente, si tratterebbe di un’imperdonabile mancanza di rispetto. Con candore, e cristallinità di pensiero, e un uso superlativamente performativo del sillogismo degno dei migliori allievi di Aristotele, sempre il sottosegretario alle infrastrutture Roberto Castelli, durante una sessione multipla di domande poste dal quotidiano Padania, avrebbe così ovviato al problema della presenza della ‘ndrangheta lungo tutta la diramata filiera di uno dei più grandi business italiani della seconda decade degli anni duemila, cioè l’Expo 2015 di Milano: “Evitiamo per decreto che a partecipare siano aziende che possano essere collegate con la ‘ndrangheta. In poche parole escludiamo le ditte calabresi“. Ovviamente, il sottosegretario alle infrastrutture Roberto Castelli scherza. Non si prende gioco di noi – gioca con noi. Fa dell’ironia una sottilissima arte e la muove all’interno degli asfittici spazi del dibattito politico per scuotere la nostra coscienza civile. Sempre il sottosegretario alle infrastrutture Roberto Castelli, in quanto uomo delle istituzioni, garante della costituzione, rappresentante del popolo italiano informato sui fatti, non può non sapere in quale regione si è originata e sviluppata con scarso contrasto l’organizzazione criminale, conosce alla perfezione il carattere nazionale degli investimenti finanziari dell’organizzazione, ha certezza assoluta della spiccata vocazione internazionale dei movimenti valoriali materiali finanziari che l’organizzazione criminale non smette un istante di tessere in qualsiasi parte del pianeta Terra. Inoltre, ed è bene precisarlo a buon nome del sottosegretario alle infrastrutture, sempre in virtù di quanto sopra, Roberto Castelli è epistemologicamente avverso al motto fare di tutta l’erba un fascio, quindi anche in situazioni ampiamente disordinate, vedi il caso in questione, avrebbe la caratura scientifica se non spirituale per vagliare i comportamenti di una qualsiasi persona fisica e/o giuridica calabrese definendoli di volta in volta onesti conniventi corrotti criminali. Allora siamo tecnicamente al punto: perché mai il sottosegretario alle infrastrutture Roberto Castelli scherza con noi, gioca con noi, tiene le mani sulla pancia dal ridere mentre rilascia su un quotidiano prova di tanta ironia e acume? Forse forse cerca di distrarci? Conosce una per una le passioni tristi che animano la nostra vita quotidiana e fa di tutto per tirarci su il morale? Tenta di riportare a galla sentimenti tipo amore per il prossimo e solidarietà che avevamo riposto in un angolo segreto del nostro trilocale in attesa di un tempo meno depressivo e sinistro? Cioè, cos’è questo solletico viceministeriale? Una forma dolcissima di empatia? Alla lunga, ragionandoci su, credo davvero che il sottosegretario alle infrastrutture Roberto Castelli abbia rilasciato questa dichiarazione per istruirci su quanto avesse ragione Jacques Lacan: c’è una strettissima connessione tra inconscio e linguaggio – e se l’inconscio è strutturato come un linguaggio, a sua volta il linguaggio porta traccia, in molti casi una traccia dolorosa, del moto incessante dell’inconscio e delle sue configurazioni. In altre e più specifiche parole, il sottosegretario Roberto Castelli, in quanto uomo delle istituzioni, garante della costituzione, rappresentante del popolo italiano informato sui fatti, ha messo in scena un finto lapsus linguistico – cioè, è caduto intenzionalmente in errore – per riportare alla nostra attenzione il modo euristico e infelice coi cui ahimè ragiona buona parte dei cittadini dello stato italiano. Il sacrificio morale del sottosegretario alle infrastrutture Roberto Castelli, una di quelle azioni che immediatamente sconfinano nel campo della beatificazione, viene dopotutto a ricordare a ognuno di noi che non va bene, è proprio una scorciatoia ermeneutica, l’identità è una cosa, la gabbia identitaria è un altra, il territorio è una cosa, la chiusura stagna del territorio è un altra. Avvicinandosi sempre più al cuore pulsante del sacrificio morale del sottosegretario alle infrastrutture Roberto Castelli, si capisce meglio: nel mondo materiale, così come nell’infinita ricchezza delle forme di pensiero, non esiste una lunga sequela di piccoli territori recintati, ma un unico grande territorio con un unico amplissimo orizzonte dove tutto si intreccia e si trasforma. Perché sì, ha ragione Federico Garcia Lorca, Ci avvince un desiderio di limiti e di forme, ma più che altro dimora dentro di noi la vocazione a abitare e pensare un territorio infinitamente più esteso, ed è lì il segreto, nel territorio aperto. Ho il vago presentimento che se il sottosegretario alle infrastrutture Roberto Castelli fosse qui in uno dei suoi elegantissimi completi di grisaglia ministeriale, non perderebbe tempo, aprirebbe sotto i nostri occhi il vocabolario alla voce etica, e con il dito puntato di una vasta erudizione ci farebbe notare come la radice di questa parola discenda dal greco antico ethos, il posto da vivere. Ed è anche e soprattutto per questo che mi piacerebbe sciogliere parte della commozione mentre il sottosegretario alle infrastrutture Roberto Castelli ritira il suo premio. Del resto, penso, se ha giocato e scherzato con noi mettendo a disposizione queste conoscenze, chissà cosa succederebbe se gli venisse mai in mente di rilasciare qualche nuova e meno scontata dichiarazione sulla Libia, per esempio, o sull’uso delle centrali termonucleari, o sull’avventura dei migranti non tanto in acque internazionali quanto sulla terraferma di Lampedusa[1]. Ci sarebbe da tenerlo d’occhio, allora. Il sottosegretario alle infrastrutture Roberto Castelli fiuta premi e riconoscimenti a mille miglia di distanza.


[1] È decisamente incredibile: nell’arco di tre settimane, con una determinazione senza pari, staccando di molte misure ogni simile per grado e merito, il sottosegretario alle infrastrutture Roberto Castelli consegue un en plein, rilasciando questa dichiarazione durante il programma televisivo Porta a Porta: “Bisogna respingere gli immigrati, ma non possiamo sparargli, almeno per ora“. Ovviamente, il sottosegretario alle infrastrutture Roberto Castelli continua a scherzare con noi, a prendersi cura di noi – d’altra parte è patrimonio comune non solo il suo pacifismo, ma soprattutto il suo costante richiamo alla vita e alle opere di un vescovo, il manzoniano e lombardissimo San Carlo Borromeo. E allora perché, si chiederanno i miei venticinque lettori? Presto detto: stracciando sotto i nostri occhi le prime grandezze filosofiche di Giambattista Vico e Vilfredo Pareto, riformulando in modo colloquiale la nozione di eterogenesi dei fini, dando voce come un ventriloquo alla pancia del paese Italia, il sottosegretario alle infrastrutture Roberto Castelli tenta disperatamente di farci comprendere quanto le azioni umane possano portare al conseguimento di fini diversi da quelli prefissati. È chiaro a tutti ormai che se non fosse così umile e schivo e di basso profilo potrebbe tranquillamente ambire a ciò che gli induisti definiscono guru.

 

 

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3 Commenti

  1. ciao salvatore,

    sarebbe anche corretto affermare che tutta questa serie di “pensieri semplici e ultrapopolari e di pancia”, agitati come mazze all’interno della cristalleria del discorso pubblico, hanno una loro logica e retorica e ideologia.

    ma il piccolo particolare che ti sfugge è un altro: questa, e tutte le altre zanzare, come dici tu, stanno al governo e legiferano come pare e piace…

    giuseppe

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Helena Janeczek è nata na Monaco di Baviera in una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da trentacinque anni. Dopo aver esordito con un libro di poesie edito da Suhrkamp, ha scelto l’italiano come lingua letteraria per opere di narrativa che spesso indagano il rapporto con la memoria storica del secolo passato. È autrice di Lezioni di tenebra (Mondadori, 1997, Guanda, 2011), Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), che hanno vinto numerosi premi come il Premio Bagutta Opera Prima e il Premio Napoli. Co-organizza il festival letterario “SI-Scrittrici Insieme” a Somma Lombardo (VA). Il suo ultimo romanzo, La ragazza con la Leica (2017, Guanda) è stato finalista al Premio Campiello e ha vinto il Premio Bagutta e il Premio Strega 2018. Sin dalla nascita del blog, fa parte di Nazione Indiana.
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