Gregorio

di Rinaldo Censi

Gregorio (Grigorios Kapsomenos, ma per tutti era Gregorio) prendeva il caffè, non prima di averlo fatto raffreddare per qualche ora. Teneva le tazzine sotto il bancone della libreria, che gestiva con Marta, la sua compagna di una vita (vedo ancora – è una scena che mi ha fatto spesso sorridere, a pensarci bene – Marta che gli intima di abbassare la radio… vedo la fermezza e, in risposta, quella specie di borbottio che è segno di un’intimità e di un’intesa che immagino totale: piccole screziature che lasciano trasparire grande affetto). Fumava molte sigarette, tanto che non si era abituato alle nuove normative ministeriali. Era normale vederlo fumare dentro alla libreria, magari avendo la delicatezza di spalancare la porta a vetri dell’ingresso, mentre Marta gettava uno sguardo di traverso.

Ho scoperto ieri che Gregorio se n’è andato. Ho passato mattine e pomeriggi interi dentro quella libreria, in via delle Moline. E ora che per vari motivi mi trovo spesso lontano da Bologna, vengo informato del suo decesso da una notizia intravista su internet. (Pur essendo un catalogo vivente, Gregorio si era abituato alle nuove tecnologie: oltre al fax ora gestiva due schermi sul bancone: controllo cataloghi e controllo delle camere di sorveglianza: c’era chi si divertiva a rubare libri, a loro che non hanno mai messo un antitaccheggio… una bella prova di coraggio, non c’è che dire).

Sono passato a gennaio e Marta era sola in libreria. Il ricovero risale a dicembre. Sono passato una o due volte la settimana, fino a un mese fa, insieme a Jacopo, addormentato nel passeggino.

Dunque ci siamo io e Jacopo. Entriamo in libreria. Chiedo a Marta notizie. Il tempo passa e lui è sempre ricoverato. Comprendo solo ora che c’è qualcosa di enorme nella delicatezza e nella sensibilità di Marta, costretta a dover risponder chissà quante volte a quella domanda che anche io le pongo. Me ne rendo conto ora. Ogni volta le chiedo di portare a Gregorio i miei saluti.

Uno degli ultimi libri che mi ha consigliato, con insistenza, era un libricino di Michel Serres, Il mal sano. Non posso dimenticare la sua gentilezza. Prestava i suoi libri a chiunque ne avesse bisogno. Tra i libri che mi ha prestato c’è La conoscenza della vita, un libro di Georges Canguilhem edito dal Mulino, ovviamente fuori catalogo. (Marta e Gregorio si sono spesso lamentati con le case editrici per l’incomprensibile scelta di non ristampare un dato volume che consideravano fondamentale. E a volte hanno vinto loro: insistendo, armati di logica e caparbietà).

Giusto qualche settimana fa, su una bancarella ho scovato un vecchio libro di Le Corbusier, sull’Art déco. Dentro ho trovato questa citazione di Erik Satie, che risale al 1925: “Non abbiamo più bisogno di chiamarci artisti, lasciamo questa splendida parola ai parrucchieri e ai pedicure”.

Mi sarebbe piaciuto condividerla con lui.

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1 commento

  1. chiunque ami leggere e viva a bologna prima o poi è passato dalla libreria delle moline, dove “il greco” sapeva sempre consigliare, indicare, proporre… con attenzione, cognizione di causa, pazienza. un vero libraio e un uomo di cultura, una persona che sapeva fare il proprio lavoro perché lo amava. un dispiacere che se ne sia andato, un buco per tutta la città. sic.

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domenico pinto
domenico pintohttps://www.nazioneindiana.com/
Domenico Pinto (1976). È traduttore. Collabora alle pagine di «Alias» e «L'Indice». Si occupa di letteratura tedesca contemporanea. Cura questa collana.
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