Verifica dei poteri 2.0: Gherardo Bortolotti

[Gherardo Bortolotti risponde alle Cinque domande su critica e militanza letteraria in Internet a proposito di Verifica dei poteri 2.0; qui le risposte precedenti]

1. Le linee fondamentali di questa ricostruzione ti sembrano plausibili?

In linea di massima, direi di sì anche se, in effetti, non ho seguito in modo puntuale le vicende che voi ricostruite. Soprattutto della prima parte, diciamo fino alla rifondazione di Nazione Indiana e all’apertura di GAMMM, ho una nozione piuttosto approssimativa. In parte perché ho sempre avuto un rapporto abbastanza distaccato dalla scena letteraria, sia on che off line. In parte perché, in quegli anni, ero impegnato più sulla sperimentazione delle strutture testuali praticabili sul web (tra fine anni ’90 e primissimi 2000, soprattutto gli ipertesti e poi, negli anni successivi, soprattutto i blog) che non sulla questione della presenza on line della scena letteraria. Inoltre, agli inizi della mia frequentazione di internet, mi sembrava molto più stimolante sfruttare la portata globale della rete per avere un’idea della produzione corrente di altre aree linguistiche che non di quella italiana.
È sempre difficile, comunque, impostare ricostruzioni monolinerari, per così dire, soprattutto in realtà così complesse come internet. La presenza della scrittura on line è stata una cosa pervasiva e rizomatica fin dall’inizio, e lo è ancora, e spesso si è dispersa, è scomparsa non lasciando tracce od effetti sufficientemente massivi da permetterne una memoria. Così, se da una parte la vostra ricostruzione è lecita (e molto utile, per altro), dall’altra è possibile perché, per lo più, i soggetti che ne sono interessati si sono costituiti esternamente alla rete e hanno messo on line il peso di questa soggettività già compiuta.
Questo elemento ha spesso un effetto decisivo sulla loro identificabilità a posteriori. Per fare un esempio, un autore come Biagio Cepollaro che, certo, in quanto poeta d’avanguardia, non ha avuto modo di costruire nell’industria culturale una presenza forte, per quanto eccentrica, come quella di Moresco o di Mozzi per dire, è comunque una delle figure chiave del passaggio alla rete della letteratura italiana, sia come autore che decide di spostare on line la sua attività, sia come editore sul web di ristampe, di nuovi autori e di riviste di critica. Questo, però, spesso non appare. Allo stesso modo, realtà di ampia frequentazione e di lunga durata, come per esempio il newsgroup it.cultura.libri (a cui partecipavano anche Mozzi e Wu Ming 1, se non ricordo male, e commentatori “storici” di vari blog come Paolo Beneforti o Luca Tassinari), nonostante abbiano funzionato da vera palestra di confronto in rete sui temi letterari, rimangono spesso sullo sfondo.
L’autorevolezza off line, dunque, mi sembra abbia un peso decisivo nella vostra ricostruzione e, tuttavia, come lo sviluppo che voi stessi illustrate mostra, ad un certo punto le cose sono cambiate e la figura autoriale e critica nata on line ottiene un riconoscimento forte anche off line.
Per conto mio, faccio partire l’inversione di tendenza dalla “scissione” avvenuta in Nazione Indiana e dalla successiva “nascita” di Nazione Indiana 2.0. Quella divisione secondo me è paradigmatica: molto schematicamente si potrebbe dire che, da una parte, se ne vanno i “grandi” dell’off line (che tentano di riformulare una presenza on line più sotto controllo, più simile ai circuiti culturali tradizionali ma che, comunque, non puntano più sulla rete come centro di un circuito alternativo); dall’altra, chi rimane accetta le logiche del nuovo circuito e le sfrutta per costruire un’autorevolezza coerente alla rete e alternativa (non necessariamente avversa, però) ai circuiti tradizionali.

2. Quando e perché hai pensato che Internet potesse essere un luogo adeguato per “prendere la parola” o pubblicare le tue cose? E poi: è un “luogo come un altro” (ad esempio giornali, riviste, presentazioni o conferenze…) in cui far circolare le tue parole o ha delle caratteristiche tali da spingerti ad adottare delle diverse strategie retoriche, linguistiche, stilistiche?

Ho iniziato a frequentare la rete nella seconda metà degli anni ’90 e subito mi ha affascinato per diversi motivi: la quantità, la velocità, la gratuità e la virtuale assenza di confini, sia linguistici che di ambito culturale. Mi ricordo che, dalla connessione della biblioteca dell’Istituto di anglistica della Statale di Milano, visitavo il sito dei Sonic Youth oppure, con Altavista, recuperavo alcuni testi che Sanguineti aveva messo on line (è stato uno dei primi autori a farlo, a quanto ne so). Quando ho visto i versi di Sanguineti su quello schermo, ho capito che c’era parecchio spazio da esplorare. Nello stesso periodo, per di più, iniziavo a mandare in giro alcuni miei racconti e le risposte che ricevevo dalle riviste di allora erano talmente sconfortanti (mi ricordo ancora di quando un redattore di Fernandel mi disse: “Eh… ma sono scritti come in un libro…”) che la questione dell’impubblicabilità e quella del web si sovrapponevano in modo invitante.
Soprattutto, e con questo rispondo anche alla seconda parte della domanda, la produzione on line, in forza della sua vocazione alla riduzione a contenuto di qualunque materiale venga condiviso in rete, mi ha messo di fronte ad alcune questioni di poetica, ma anche di pratica di scrittura, che sentivo come urgenti e che solo con la scrittura on line riuscivo ad affrontare. Parlo del ruolo che la scrittura e la letteratura doveva avere nella mia vita, il rapporto con le altre forme di produzione di immaginario, la tipologia di autore che cercavo di realizzare, le caratteristiche dei testi con cui dovevo e volevo misurarmi; tutti temi che, on line, riuscivo a collocare nella giusta prospettiva.

3. A tuo giudizio, sempre riguardo alla discussione letteraria, la critica o la militanza, cos’ha Internet di particolare, di specifico e caratterizzante, se ce l’ha, rispetto ad altri mezzi di comunicazione?

La caratteristica principale della discussione ma soprattutto della critica letteraria on line mi sembra l’aggregazione, cioè la capacità di attirare e far comunicare realtà diverse ma in qualche modo affini. Si noti che la capacità di aggregazione è il lato positivo del settarismo che, non si può negarlo, si trova spesso in rete.
Mi sembra un cambiamento radicale rispetto alla critica “tradizionale” che funzionava da filtro selettivo e legittimante, isolando nella produzione corrente i testi o gli autori più significativi, più rappresentativi, più compiuti. On line si tratta piuttosto di far circolare testi e autori che possono dare luogo a un dialogo, a un confronto da cui usciranno altri contatti, altri circuiti.
Questo nuovo atteggiamento è coerente con il cambio di paradigma introdotto nella scrittura con il passaggio alla rete, che ha fatto saltare buona parte dei meccanismi di rarefazione del discorso, in forza della legittimazione semiautomatica che qualunque soggetto e qualunque contenuto ottiene on line. Si noti che questo cambio di paradigma non nega il compito di mediazione che può/deve avere la critica ma le chiede di rinunciare all’idea della selezione (la cui azione per altro, come sottolineate nella vostra ricostruzione, presentava alcuni problemi già off line) in favore della costruzione di comunità possibili, eventualmente ancora provvisorie ma dinamiche, progressive.

4. Ti sembra che la discussione letteraria in rete oggi sia diversa da quella di qualche anno fa? Credi inoltre che la discussione letteraria fuori dalla rete sia stata in qualche modo influenzata da ciò che si è prodotto sul web o è rimasta tutto sommato indifferente?

Come segnalavo nell’altra risposta, intorno al 2005 il baricentro, nel rapporto on line – off line, mi sembra cambiato in favore del dibattito in rete. Certo, la cosa non si è ancora sviluppata completamente e, comunque, non ci sarà mai un’estinzione, per così dire, dell’off line, soprattutto perché sempre più iniziative mettono in sistema i due ambiti, reale e virtuale. Rimane il fatto che molto spesso i centri di dibattito maggiormente attivi e produttivi si trovano nei vari blog, sia in termini di confronto teorico che di proposte testuali, di creazione di nuovi circoli (e anche istituzioni, perché no?) e di discussione di temi di attualità e culturali in senso più ampio.
Questo non vuol dire, però, che chi “controlla” il dibattito on line poi orienta il dibattito fuori dalla rete, per esempio, o addirittura il mercato. In quegli spazi, gli attori tradizionali sono ancora molto forti e, per di più, è proprio l’idea di controllo che non funziona benissimo in rete, dove le comunità possono anche essere molto settarie ma le loro appartenenze sono sempre schizofreniche e, soprattutto, non esiste più un’idea di pubblico più o meno esaustivo o più o meno generale.
La mia impressione, comunque, è che sia in corso una specie di aggiornamento rapidissimo dei vari attori in gioco. Molti critici “su carta” importano nei loro ambiti questioni ed autori presenti sul web ed iniziano a frequentare sempre più spesso il digitale. È interessante vedere come alcuni accettino senza troppe remore il contesto molto più caotico e, a volte, rissoso che è la discussione on line. Questo è molto positivo perché un lavoro culturale svolto on line non può partire dall’idea di regolarne prima la spontaneità, l’anarchia, la frammentarietà etc. e poi introdurvi le “vecchie regole”.

5. Nel saggio abbiamo lasciato fuori qualsiasi considerazione su come la rete stia o meno contribuendo a erodere i tradizionali processi di legittimazione letteraria. Pensi, ad esempio, che la possibilità offerta ad ogni lettore di dare diffusione a un proprio giudizio di gusto su un libro (siti come aNobii, le recensioni su Amazon, blog personali ecc.) metta in qualche misura in discussione il ruolo e la funzione del critico, oppure sono due ambiti diversi che non si intersecano (o non dovrebbero essere confusi)?

In parte, o forse in tutto, ho già risposto a questa domanda. Mi limito a ribadire che, strutturalmente, la rete dà una legittimazione quasi automatica a chi vi accede ed ai contenuti che vi carica. Inoltre non si basa su un sistema di diffusione centralizzata diretta verso un pubblico più o meno segmentato ma sulla generazione, anzi la proliferazione, di comunità.
La legittimazione e la selezione, due elementi chiave della critica per come la conosciamo, e anche due ambiti specifici del potere che le è stato riconosciuto, ne escono fortemente indeboliti. Rimane comunque un’azione di mediazione che, certo, on line può essere svolta (e lo è, infatti) da tutti, ma che è tanto più efficace quanto più chi la opera ha raccolto dati, affinato capacità di lettura, allestito strumenti di analisi e critica, appunto, forti, versatili, ampi.
Proprio per questo non vedo un particolare “pericolo” per la critica on line, né quella accademica né quella militante. È ovvio che si trasformerà ma la trasformazione, innestata con la diffusione di massa di internet e delle nuove tecnologie di comunicazione, sta toccando praticamente tutti gli aspetti della vita e dell’attività umana ed è ovvio aspettarsi che tocchi anche la critica.

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6 Commenti

  1. la rete …… mi ha affascinato per diversi motivi: la quantità, la velocità, la gratuità e la virtuale assenza di confini, sia linguistici che di ambito culturale
    Per l’appunto, se la rete puo’ diventare uno strumento potente ed efficace per chi possiede le competenze,
    La rete è anche un alibi potente e pericoloso per chi quelle competenze non ha.
    Perchè la rete deresponsabilizzza, da l’illusione a tutti di non dover leggere e imparare e studiare; di avere talento e qualcosa di importante da dire e da scrivere. La rete trasforma tutti in attori, ansiosi di “commentare” e disabituati a leggere (LEGGERE non leggiucchiare).
    un mare infinito e tristemente “orizzontale” (parola usata spesso dagli entusiasti acritici) senza gerarchie, dove le poesie di Cepollaro pari sono a quelle di un lettore di romanzi rosa e di una che vede le soap opere.
    Un mare infinito di spazzatura e di aria fritta, che cela anche isole di pregio e di grande utilità, di cui pochi possiedono le capacità per individuarle e riconoscerle.
    Insomma questa esaltazione acritica della rete che sembra quasi avere la taumaturgica virtù di trasformare gli asini in scienziati, mi sembra fuori luogo.

  2. @carmelo:

    ne abbiamo già discusso un po’ di volte e non posso che ribadire che la tua mi sembra una posizione inutilmente rigorosa. inutilmente nel senso di senza efficacia. e anche un po’ di retroguardia, per dirla tutta: il problema della (apparente) orizzontalità è introdotto ancor prima che dalla rete dalle esigenze della “frantic economic urgency” che caratterizza il postmoderno (v. jameson). più che sulla ridefinizione di gerarchie sarebbe da ragionare su che cosa comporta la produzione massiva e validata semiautomaticamente tipica della rete e su come, cmq, le poesie di cepollaro e le gif animate di un forum umoristico rimangano diverse anche se, in un certo senso, equivalenti.

    cmq tant’è, non cercherò di convincerti. solo un cosa: non vorrei mi si attribuisse una “esaltazione acritica della rete”, dato che non è quello che ho fatto.

  3. caro bortolotti
    mi tengo il mio rigore e cerco di usare la rete con rigore.
    Se questo è inefficace o inutile come tu affermi, non me ne importa nemmeno tanto.
    e se l’avanguardia (questa ansia di voler essere avanti sempre e comunque, mi ricorda certe posizioni del ’77 (del tipo rivendicare il 18, e/o pisciare sui docenti che, alla fine, alla fin fine si sono rivelate delle immani cazzate)
    è rappresentata dalle tue posizioni ne faccio volentieri a meno.

    quanto alla ” produzione massiva” e cosa essa comporta, sinceramente non so a cosa tu ti riferisca, spero non alll’inarrestabile flatulenza, volumi e volumi di aria fritta che si riversano quotidianamente nella rete, detto in altre parole, cazzate da bar del dopolavoro.

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domenico pinto
domenico pintohttps://www.nazioneindiana.com/
Domenico Pinto (1976). È traduttore. Collabora alle pagine di «Alias» e «L'Indice». Si occupa di letteratura tedesca contemporanea. Cura questa collana.
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