Un po’ per uno

di Helena Janeczek

Prima di dare il mio contributo minimo alle piazze di Roma o Milano, mi sono trovata turista per caso della protesta a Napoli. ”Pigliamoci un caffè”, suggeriva Maurizio Braucci, “ma poi devo andare a Chiaiano”. Così salivo anch’io sulla sua moto per raggiungere il presidio contro la discarica di turno. Da anni molti napoletani, anche meno legati a una prassi di attivismo, hanno rimodellato la loro agenda quotidiana infilando la partecipazione alle iniziative ambientaliste (ma pure a progetti nelle scuole, nei quartieri e nelle carceri) tra gli impegni privati e di lavoro. Quell’esperienza avrà influito sulla vittoria di Luigi de Magistris, salutata con stupore incredulo dal resto d’Italia. Da Napoli, d’altronde, ci si aspetta sempre qualcosa di esagerato. Napoli emerge quando c’è un’emergenza, e non appena cerca di tornare alla normalità, si riprende a farci poco caso. Approfondimenti sulla nuova giunta, per esempio, ci sono stati forniti in maniera assai più parca che per Milano, quando pare evidente che dalle competenze e dall’affidabilità di quelle persone dipende il futuro di una città che è un vulnus per tutto il paese. “Stavolta sembra quanto mai chiaro che vogliono piegarci subito”, dice Maurizio,”rimetterci a nostro posto senza illusioni”. “Chi?”domando. “I soliti. Quelli a cui fa comodo che tutto rimanga come è sempre stato.” Trattare Napoli come un luogo che ci riguarda e ci appartiene, potrebbe invece voler dire, in questi giorni: venirci in tanti per una grande manifestazione e alla fine portarsi via – ognuno a seconda delle sue possibilità – qualche borsa di munnezza, per smaltirla come si deve a casa nostra. E così accorciare ancora di più la lunga stagione in cui la politica era una cosa sporca che accadeva sempre altrove e spettava solo agli altri.

pubblicato su L’Unità, 27 giugno 2011.

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5 Commenti

  1. Dove vivo, è iniziata da pochi mesi la gestione differenziata con raccolta porta a porta. Differenziare (umido organico per il compostaggio/plastica e lattine/vetro/carta e cartone/residuo secco) negli appositi contenitori si è rivelato più facile e naturale di quanto immaginassi. Soprattutto dà soddisfazione la scomparsa di quell’immondizia puzzolente che si ottiene mettendo tutto quanto assieme. Certo si consuma un po’ di acqua in più per risciaquare bottiglie, lattine e tetrapak, ed un po’ di tempo per organizzarsi, però il risultato è.. spettacolare. Spero De Magistris riesca ad introdurla a Napoli, se ce la faranno ne andranno fieri.

  2. A dirigere l’orchestra della Fenice di Venezia è stato appena designato il talentuoso ventisettenne Diego Matheuz. Come vorrei che anche le sorti dell’Italia e delle sue città venissero messe nelle mani dei migliori giovani del paese!

  3. Helena Janeczek tocca un punto essenziale: l’immagine che abbiamo di Napoli, una città in stato di esplosione. Volto con tratti accentuati. Passiamo dalla pià alta bellezza alla più grande decomposizione, dalla vita alla morte: l’anima affronta esaltazione e depressione. Città dell’esagerazione.

    Ma è l’impressione di chi non è nato nella città, di chi prende la bellezza in ricordo, e capisce la lebbra di una facciata come una marca del tempo, una sacralizzazione dell’ombra, del nacosto.

    Ormai siamo “abituati” a vedere Napoli, la città mitica, affogata sotto l’immondizia- avvolta di sacchi, di cartone, cumulo di fermentazione- è il rischio- guardare senza provare
    shock- abituare a collegare con la città la visione di una discarica

    – noi che siamo allontanati- senza provare con il corpo l’assalto dell’immondizia. Un assalto che costringe da chiudere una finestra, da camminare con passo veloce, da cercare un po’ d’aria, quando il calore
    brucia ogni odore, quando il vento non fa più fremire la palma, ma il plastico.

    Salviamo Napoli.

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Helena Janeczek è nata na Monaco di Baviera in una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da trentacinque anni. Dopo aver esordito con un libro di poesie edito da Suhrkamp, ha scelto l’italiano come lingua letteraria per opere di narrativa che spesso indagano il rapporto con la memoria storica del secolo passato. È autrice di Lezioni di tenebra (Mondadori, 1997, Guanda, 2011), Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), che hanno vinto numerosi premi come il Premio Bagutta Opera Prima e il Premio Napoli. Co-organizza il festival letterario “SI-Scrittrici Insieme” a Somma Lombardo (VA). Il suo ultimo romanzo, La ragazza con la Leica (2017, Guanda) è stato finalista al Premio Campiello e ha vinto il Premio Bagutta e il Premio Strega 2018. Sin dalla nascita del blog, fa parte di Nazione Indiana.
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