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OMOFOBIA DI STATO

di Bijoy M. Trentin

Non è la prima volta che un disegno di legge anti-omofobia/transfobia viene proposto in Parlamento. Quando fu affossato per “pregiudiziali di costituzionalità” nel 2009, negli USA veniva approvata una specifica norma che tra i crimini d’odio elenca le violenze per motivi di religione, razza, colore della pelle, origine nazionale, genere, identità di genere, orientamento sessuale, disabilità (è il cosiddetto «Matthew Shepard Act»). Questo è il minimo che oggi una democrazia dovrebbe garantire per definirsi tale, insieme a una regolamentazione non discriminatoria per le coppie LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender): e su tali questioni l’Italia disattende numerose norme e raccomandazioni dell’Unione Europea, dimostrandosi incapace di avviare un processo di approfondimento dell’inclusività e della laicità dello Stato.

Considerato anche il recente aumento dei crimini basati sull’intolleranza nei confronti delle persone LGBT, ultimamente pure Amnesty International ha sottolineato che «le autorità italiane dovrebbero contrastare con maggiore decisione gli atteggiamenti omofobici in modo da garantire una maggiore sicurezza delle persone LGBT» (Rapporto Annuale 2010). E cosa si fa in Parlamento? Si gioca con la vita delle persone, adducendo “pregiudiziali di costituzionalità” pretestuose: fittizie perché frutto di vieti pregiudizi che si basano su usanze discriminatorie, solitamente di origine religiosa (anche se è necessario tenere presente il fatto che oggi le posizioni, all’interno anche delle stesse religioni o persino singole confessioni, sono talora diversificate).

C’è chi afferma che i termini “orientamento sessuale”, “omofobia”, “transfobia” ecc. non sono chiaramente definiti e definibili e che dunque ciò che a essi si riferisce (quindi anche i reati correlati) non è di facile identificazione. Nella letteratura scientifica tutti i concetti sono stati precisamente perimetrati: per esempio, non c’è la possibilità di confondere l’“orientamento sessuale” con fenomeni di tipo totalmente diverso, come pedofilia, zoofilia, necrofilia, poligamia, incesto ecc. Chi, invece, produce tale confusione concettuale e terminologica ha come obiettivo solo quello di procacciarsi un corrivo consenso facendosi portabandiera di princípi che perpetuano ideologie che incentivano la segregazione.

E c’è anche chi sostiene che indicare una categoria specifica di persone da proteggere va contro l’articolo 3 della Costituzione, ma è proprio questo articolo a essere, invece, la base di partenza per l’eliminazione di ogni discriminazione: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Il dibattito è già stato affrontato in fase di discussione della legge Mancino, che ingloba tra i motivi di odio e violenza la razza, l’etnia, la nazione, la religione e che basterebbe integrare con il genere, l’identità di genere e l’orientamento sessuale: non accettare tale prospettiva equivale a dire che è discriminatorio prevedere specifiche sanzioni per chi attacca, per esempio, un rom in quanto rom, un canadese in quanto canadese, un ebreo in quanto ebreo, un cattolico in quanto cattolico ecc. Per questo motivo, la proposta di legge n. 2802 in questione appare un poco zoppa, visto che tratta solo dei delitti non colposi e non include anche l’incitamento e la provocazione all’odio e alla violenza: non è sufficiente, però è un passo in avanti.

In Italia, oggi, anche per l’estenuante non-dibattito, visto che gli slogan retrivi si sprecano, non includere il genere, l’identità di genere e l’orientamento sessuale tra i motivi di odio e violenza in una legge relativa a determinate aggravanti significa dare un messaggio forte e chiaro a tutti: «L’omofobia e la transfobia non sono reati, quindi procedete pure indisturbati!»: siamo di fronte all’omofobia e alla transfobia di Stato. Cosí chi vota contro una legge anti-omofobia/transfobia esprime e avalla l’omofobia e la transfobia stesse, sentendosi già di per sé scagionato da ogni possibile reato che potrebbe commettere, per esempio, anche nel solo invocare «forni crematori per i culattoni» o anche nel semplice insinuare o affermare esplicitamente che le persone LGBT sono malate in quanto LGBT: invece, con l’approvazione di una legge anti-omofobia/transfobia, viene meno tutto il progetto politico di molti avventurosi (e avventati) rampichini.

Un moderno Stato democratico, per definirsi tale, non solo approva una legge anti-omofobia/transfobia, ma anche norme che regolino tutte le coppie in modo uguale, indistintamente rispetto anche al genere, all’identità di genere e all’orientamento sessuale. Ciò significa procedere in modo deciso verso la definizione di diritti civili per tutti, cioè dei matrimoni e delle unioni civili (piú ‘leggere’ dei matrimoni rispetto ai diritti e ai doveri) sia per gli eterosessuali sia per gli omo-/bi-/trans-sessuali. Anche qui la Costituzione non oppone ostacoli di alcun tipo, poiché – contrariamente ai proclami di alcuni politici – non vi è scritto che il matrimonio è solo quello tra un uomo e una donna. La formulazione dell’articolo 29 non impedisce affatto un processo di inclusione della molteplicità delle formazioni familiari: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». E mediante l’articolo 2, «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». Il benessere dell’individuo e della coppia partecipa al benessere della collettività; la sua instabilità, al contrario, rende vacillante anche la struttura sociale complessiva.

Abbiamo altri problemi ora? L’economia, i debiti, la crisi? Secondo alcuni la legge anti-omofobia/transfobia, le unioni civili e i matrimoni anche per le persone LGBT non sono delle priorità rispetto a altre problematiche. A costoro si può rispondere che anche su questo piano si gioca la tenuta del modello democratico di un paese: l’inclusione e la laicità sono fondamentali, quindi sono prioritarie, almeno quanto altri princípi di base. Cosí, mentre in altri Stati europei e extra-europei (si pensi, per esempio, ai cattolicissimi Brasile e Spagna…) l’ampliamento dei diritti civili alle persone LGBT è globale, in Italia manca persino una minima legge anti-omofobia/transfobia e ci sono ancora ministri che se la prendono con una pubblicità in cui due uomini o due donne si tengono per mano e ministri che affermano che per un bambino è meglio crescere orfano piuttosto che essere adottato da due uomini o due donne: questi politici non smettono mai di ricercare il fantomatico voto cattolico, senza rendersi conto che la società si sta evolvendo, è divenuta piú laica e che quindi ha bisogno di progettualità nuove.

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3 Commenti

  1. condivido la risata di ARES,
    la società italiana non si sta evolvendo un bel niente.
    Pensare che le resistenze alla produzione di una legge che tuteli gli omesessuali dalle violenze fisiche e psicologiche di cui sono oggetto per il solo fatto di essere omosessuali provengano solo dal mondo cattolico e/o da quei politici che pescano nel mondo cattolico, è una pia e ingenua illusione.

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franco buffoni
franco buffonihttp://www.francobuffoni.it/
Franco Buffoni ha pubblicato raccolte di poesia per Guanda, Mondadori e Donzelli. Per Mondadori ha tradotto Poeti romantici inglesi (2005). L’ultimo suo romanzo è Zamel (Marcos y Marcos 2009). Sito personale: www.francobuffoni.it
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