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CHIAMENTI

di Franco Buffoni

E’ stato trovato morto, nella sua casa di Bologna, Massimiliano Chiamenti. Era nato nel 1967. L’ho incontrato l’ultima volta a Padova il 15 luglio scorso al Gay Village, in occasione della presentazione del mio “Laico Alfabeto”, in una splendida serata ben organizzata dal locale Arcigay. Massimiliano intervenne nel dibattito con acume e ironia e al termine, in birreria, mi disse sua sponte che ci saremmo senz’altro rivisti a Mantova l’8 settembre.
Mi sento tradito. E più solo.
Massimiliano s.t.t.l. Franco

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24 Commenti

  1. gianfranco folena

    {di Massimiliano Chiamenti}

    oggi sono agli arresti domiciliari
    per così dire
    perché mi sono finto malato per rabbia
    e così devo attendere il medico fiscale
    come dice la legge
    nel mio domicilio
    e la mia rabbia è infatti questa
    che lo stipendio è in ritardo di quasi tre mesi
    la busta paga non arriva
    e quindi non ci sono più soldi
    né per mangiare
    né per l’affitto
    né per un’ora di svago serale
    e poi questo lavoro a scuola non mi piace
    mi sta uccidendo dentro
    odio i colleghi la preside la campanella i custodi
    i registri la burocrazia la mentalità i metodi
    allora mi chiudo in casa
    e faccio la casalingua
    unico mio contatto col mondo là fuori
    questo computer dove ora scrivo
    comprato al discount
    dove mettere annunci in rete
    vestito da donnaccia
    click e attendo
    e
    puntualmente
    il telefono suona
    il campanello suona
    stavolta
    è uno studente di lingue straniere
    tunisino
    educato e ben vestito
    fidanzato e figlio di papà
    mi dice sei carino
    e da me vuole baci carezze e sottomissione
    sono così contento
    che vengo quasi subito
    come mi capitava da ragazzino
    e tutto questo non mi sembra vero
    che bastino calze parrucca bionda e rossetto
    a conquistare le attenzioni dei bei ragazzi
    i bei ragazzi
    che quando io sono in jeans e maglietta
    mi evitano accuratamente
    ma è proprio così
    quando gli sembro la loro mamma introita
    e in privato con le tende ben chiuse
    cambiano radicalmente
    diventano loro stessi
    mi vengono a trovare e mi adorano
    sì soprattutto gli africani
    snobbati dagli italiani ignoranti e paurosi
    già i nordafricani
    e infatti il discorso cade subito su adel
    ma questo suo connazionale
    è più bello più giovane più fine di adel
    ma non ha il fascino torbido di adel
    e spero che chiodo schiacci chiodo
    ma invece noto solo le differenze
    e comunque tutto fila liscio
    poi
    arriva puntuale la richiesta di una mancetta
    ed è giusto così il più giovane è lui
    vorrebbe un vocabolario di italiano
    e io aristocratico decaduto povero in canna
    inferiore per censo ma superiore per rango
    così credono gli altri che io mi creda
    lo sorprendo e il mio cucciolo sgrana gli occhi
    gli regalo infatti il più bello che ho
    quello perfetto e completo
    a cura di gianfranco folena
    e così un’altra foglia si stacca
    dall’albero della mia vita accademica
    e il volume sulla cultura veneta del trecento
    lo venderò domani per mangiare
    però mi consolo pensando
    che lo studente col mio vocabolario
    tutti i giorni intento a studiare la mia lingua
    ricorderà me tutta nuda e la mia lingua

  2. Ho tirato fuori le prime plaquette (che avevo il piacere e il divertimento di impaginare e stampare nel 1992-93, ai tempi delle prime performance insieme). Da “Innesti”:
    Sono il fottuto faber
    di realtà virtuali
    prive di virtù reali
    dove i sogni sul piano
    inclinato
    vanno a zero
    perché l’esperimento
    basato su un pattern esistenziale
    male impostato va male sempre e dovunque.

  3. […] E adesso, come succede sempre in questi casi, mi capitano sotto gli occhi le mail che ci siamo scritti, le nostre richieste di pubblicargli le poesie, le sue risposte sempre cortesi e simpatiche, i “ci vediamo la prima volta che passo per Bologna” o “il caffè ce lo prendiamo a Venezia”. Non posso dire di averlo conosciuto davvero, ma questa è una brutta notizia, ed è davvero un po’ più buio il mondo, stasera. […]

  4. Ciao Massimiliano, non potrò mai dimenticare la tua rabbia, la tua ironia, il tuo amore per la letteratura e la tua umanità

  5. L’ho visto performare a Bologna ai giardini della montagnola quest’estate e fu interrotto per problemi di orario.
    Avrei voluto vedere il finale di quella performance che era un inno all’amore, alla bellezza, alla purezza.

  6. Anch’io ho conosciuto Massimiliano a Bologna, un anno fa. Ho subito avvertito la sua dolcezza e la sua rabbia per le ingiustizie di questo paese di m. Ora mi resta il rimpianto di non aver saputo continuare i primi scambi epistolari per colpa dei miei, di problemi, per la mia, di tristezza. E’ una perdita che sento di tutti, in un periodo sempre più triste e sconcertante, dove la solitudine è una bestia sempre più feroce. Ieri sera parlavo con un bravissimo regista veneto: fatica a lavorare, qui, e pensa seriamente di andarsene in Francia, dove uno col suo talento, lo accolgono a braccia aperte.
    O all’estero o… l’Italia non sa più stringere le persone migliori.

  7. Massimiliano Chiamenti inviava spesso a me e altri le sue poesie e i suoi racconti. Essendo un collaboratore della nostra rivista, oltre che per alcuni di noi anche un amico, certi versi e certi racconti li abbiamo pubblicati volentieri, altri no.
    A volte non aprivo neanche gli allegati, specie quando erano inseriti in messaggi collettivi, inviati a più persone. Succede spesso in questa epoca di ipertrofia comunicativa e affettiva: ricevere delle e-mail, anche da persone che si stimano e/o a cui si vuole bene, e scorrerle appena, o non leggerle affatto, o non aprire i documenti allegati.
    Per una comunità come la nostra che si basa su lettere spedite agli amici (Regole per il parco umano), questa è un’atrocità, l’indizio più lampante del nostro imbarbarimento. Certo, se ne ricevono troppe, certo questa è una fase primordiale, primitiva degli scambi elettronici, ma se nell’oggetto di un’e-mail una persona che sappiamo fragile scrive “suicidal poems” anche noi primati della comunicazione elettronica dovremmo avere un sussulto. E proprio “suicidal poems” era l’oggetto dell’e-mail che Massimiliano ha inviato il 4 agosto scorso a me e pochi altri (tra i destinatari c’eri anche tu, Franco, ma l’indirizzo e-mail che aveva Massi era sbagliato).
    Quei “suicidal poems” erano un grido d’allarme dall’afosa, deserta, mortale Bologna agostana, come chiunque, ora, può riscontrare: http://www.argonline.it/index.php?option=com_content&view=article&id=444:massimiliano-chiamenti-suicidal-poems-4-agosto-2011&catid=5:pezzi-di-vetro-versi&Itemid=27
    Adesso è facile strapparsi le vesti, ma come ho avuto modo di scrivere anche a Manuel e Marco, questa tragica, probabilmente inevitabile fatalità (aver ricevuto delle poesie in cui Massi chiedeva aiuto, annunciava il suo suicidio e non averle lette) almeno una riflessione la impone.
    E se fosse che non diamo più alcuna importanza alle e-mail, alle lettere, alle parole, nella caterva odierna che arriva continua e che anche Massi, certo, contribuiva ad alimentare? E se fosse davvero così? La morte di Massimiliano Chiamenti è uno sberleffo a tutti i sedicenti umanisti, noi per primi. La morte allegata a un’e-mail. È il tramonto dell’epistola nel mare delle reti.
    Certo, Massimiliano era un’esteta, un dandy maledetto, uno che amava confendere arte e vita, confondendo così anche i suoi interlocutori e i suoi amici (ma se ne parla così apertamente, allora si compiace, allora non soffre poi così tanto!). E, certo, se avesse scritto nell’oggetto, semplicemente, “aiutatemi”, invece di usare il suo inglese, così artefatto, almeno per me, forse le cose sarebbero andate diversamente.
    La morte di Chiamenti impone comunque una sosta, una riflessione, un’assunzione di responsabilità e poi, certo, una grande orgia di parole immagini e suoni, alla sua maniera, in sua memoria.

  8. Conoscevo Chiamenti solo per i suoi studi danteschi. Che erano incisivi, rivoluzionari, metodologicamente rigorosissimi, eppure antiaccademici nelle conclusioni: quando, ad esempio, dimostrava inequivocabilmente, contro Maria Corti, che non c’è, in Dante, una chiara presenza intertestuale del Liber Scalae; o quando parlava, in modo sorprendente, con solide argomentazioni, di un “Dante sodomita” (io parlerei piuttosto di un Dante ermafrodito, nel senso in cui Guinicelli dice, in modo a sua volta controverso e polisemico: “Nostro peccato fu ermafrodito”, o comunque androgino, ambiguo, oltre, nella sua sublimità, ogni identità sessuale, onde a Forese rivolge quelle parole indecifrabii: “Se tu riduci a mente / qual fosti meco, e quale io teco fui”).
    Ecco, la stessa polivalenza, la stessa ambiguità si trovano nella figura di Chiamenti; e anche la sua morte è sotto il segno dell’antifrasi. Vuole il luogo comune che chi dice di volersi uccidere non lo farà. E’ vero l’esatto contrario: tutti i suicidi sono preceduti da un annuncio che è anche richiesta d’aiuto. La quale non esclude il desiderio di morire: il suicida ama la vita, si uccide, forse, per troppo amore della vita, per l’impossibilità di vivere la vita che vorrebbe, o di vivere la Vita in assoluto, senza limitazioni e senza barriere e senza compromessi, nella pura luce di una gioia impossibile. La leggenda secondo cui chi dice di volersi uccidere poi non lo farà è nata dall’inconscio desiderio di deresponsabilizzarsi, di non sentirsi obbligati ad intervenire, di non avvertire lo schiacciante e soverchiante obbligo morale di fare qualcosa per aiutare la persona che soffre, per impedirne e scongiurarne la morte.
    Del resto, nessun suicidio può essere evitato. La pulsione di morte vince ogni ostacolo, spezza ogni barriera. Persone chiuse in una stanza si fracassano la testa contro le pareti; persone legate ad un letto cessano di respirare finché non si ferma anche il cuore.
    L’atteggiamento di chi ignora le dichiarazioni di intenti suicidi è perfettamente umano. La vita vuole solo la vita, non vuole, inconsciamente, sentirsi inquinata, insidiata e turbata da forze contrarie, oscure, devastanti. Orfeo si volge, alle soglie dell’Ade, perché la sposa è ormai stata contaminata dalla morte, e non può più camminare e respirare nel mondo dei vivi. “Dal morso di vipera dell’immortalità / la passione di donna prende fine. / È già pagata – ricorda le mie urla! – / questa distesa estrema. / Orfeo non deve scendere a Euridice. / I fratelli – turbare le sorelle”. Così la Cvetaeva.
    In una delle poesie che avete riportato, Chiamenti gioca a fare la donna, anzi la Madre, “madre introita”. Perché la Morte è donna, è il fondo oscuro, la materia umida, l'”orrido borro”, dice ancora Dante, da cui sgorga la vita, e a cui la vita vuole tornare per spegnersi; e in cui, per contro, il seme vitale vuole stillare e sprofondare, per dare alla luce una nuova vita che sarà a sua volta preda della morte, in una catena senza fine. Nella sua stessa ostentata e letteraturizzata diversità, nella sua indecidibile ambiguità sessuale, per il modo stesso in cui le viveva, Chiamenti corteggiava la morte. Che infine l’ha accolto.
    Non si può estetizzare la morte. E’ blasfemo. Eppure la letteratura (di per sé lettera morta, discorso postumo, voce che continua a parlare, indefinitamente, dopo la morte di chi le ha dato forma) non fa altro, a ben vedere, anche quando celebra la vita.
    “Restterà solo la voce arcaica del cantore”. “Io liberò felice ai superi / con i calici di ambrosia”. Così dicono alcuni versi di “Viva la morte”, insolitamente sublimi e classici in un poeta così spesso crudamente realistico. Ora, senza retorica, il suo voto si è adempiuto.

  9. siamo tutti colpevoli, nella nostra indifferenza, nella nostra dimenticanza, siamo una generazione di egocentrici, dove l’egocentrismo porta anche alla morte, quando si confonde con il resto, siamo una generazione di nichilisti, senza certezze e senza speranze, nemmeno per continuare a sopravvivere.
    in questo paese anche il sole ha smesso di essere luce e si è trasformato in asfissia. in questo paese alle persone vere non è rimasto che il rifiuto. si accettano solo automi, si accettano solo confezioni. quando il giorno ti rifiuta non rimane che cercare vita nel buio che ti travolge a tal punto da farti perdere ogni contatto con il reale fino a portarti al desiderio della fine. siamo tutti colpevoli, tutti noi, cerchiamo distrazioni da ciò che ci impone una riflessione sul nostro stato pietoso, queste distrazioni ci portano a dimenticare tutto, noi stessi e gli altri, si vive di cose, di atti cosali, di happy hours. ho dimenticato anche io massimiliano, eppure quando l’ho incontrato sapevo che saremmo diventati grandi amici, poi il nulla, l’ho scordato, ho solo dimenticato di chiamarlo. un incontro fortunato e poi lo stramaledetto dimenticatoio. troppe paranoie inutili a cui pensare, quando si poteva provare a riderci sopra insieme oppure a farne un atto di creazione.

  10. Hai ragione Silvia.

    Ha ragione anche chi sostiene che di fronte a questi atti ci vuole rispetto e silenzio. A questo proposito, riporto un paio di citazioni che, dopo aver saputo del suicidio di Massimiliano, mi ha inviato un amico, anche lui solo in quell’asfissiante deserto che è Bologna d’estate, anche lui sempre a rischio di finire nel dimenticatoio degli “amici”.

    Enzo Biagi, in un articolo sul Corriere della Sera dopo il suicidio di Alighiero Noschese (un comico importantissimo e dimenticato), scriveva: «Di fronte al mistero di un uomo che si toglie la vita, bisognerebbe tacere».

    Benni, nella Traccia dell’angelo, davvero un capolavoro, edito da Sellerio scrive: «I suicidi sono ognuno diverso dall’altro. Non giudicateli. Pietà, immensa pietà per loro. E per qualcuno, onore al coraggio. E lapidi come per tutti e una foto su un comodino. Le foto durano sempre più di noi, buffa cosa chiamarle istantanee.»

  11. Sulla tua tomba ricordo il suono della tua voce e mi immagino tu che in rima scherzosa prendi in giro e consoli chi piange per te.

  12. sei il migiore massimiliano…….a firenze ti snobbavano perche eri il migliore ….hai dado il la a tutta la generazione di poeti degli anni90….. ci stai guidando ancora…… faremo un bel reading come ai vecchi tempi….

  13. per ogni contatto che si riferisca a massimiliano..va bene su face book…per me è una grande fetta della mia vita ….ceravamo negli 80 e nei 90…la sua morte e il suo addio sia d esempio come dice silvia qui…..CI HA PORTATO IN STRATOSFERE E CI HA DATO 1000 SPERANZE…ogni trip era perfetto perche cera e ce la sua presenza……

  14. a firenze ce chi ti ha snobbato perche eri il migliore….. lo sanno bene tutti…hai dato il la e vita ad un movimento beat nik pazzesco.. tutti volutamente o non volutamente si rifacevano al tuo stile…tu iacopo andreini e pochi altri…era un movimento tra musica poesia e filosofia pazzesco…ci siamo aggrappati alle mode creandole e stravolgedole… una generazione perfetta tra monaci artisti iniziati..dando ben occhio alla genarazione madre … poi le cose si dimenticatoiano, e non è assolutamente giusto che tutti si atteggino nel non riconoscimento degli altri.. e bando per me e distruzione per tutti coloro che immaturamente osservino e superficialmente si atteggino e credino in egocentrismo e appaiano di falsa presenza e illusoriamente soffochino la loro ipocrisia..stiano li in copertina ..tu sei stato in disparte e la tua morte e la tua solitudine faccia da esempio anticipatore come sempre hai anticipato tutti …ma lessenza rimane l energiedei nostri disperati o stratosferici viaggi…massimiliano sicuramente ci rassicuri sei con noi nei prossimi reading ?( chiunque voglia fare reading in onore partecipo)

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franco buffonihttp://www.francobuffoni.it/
Franco Buffoni ha pubblicato raccolte di poesia per Guanda, Mondadori e Donzelli. Per Mondadori ha tradotto Poeti romantici inglesi (2005). L’ultimo suo romanzo è Zamel (Marcos y Marcos 2009). Sito personale: www.francobuffoni.it
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