Pomeriggio del 15 ottobre – Una lettura dei fatti

di Alessandro Leogrande

La prima cosa che mi viene da dire contro i fascisti, gli infiltrati, il blocco nero, cioè tutti coloro che hanno rovinato la manifestazione del 15 ottobre a Roma, è che avete profanato Piazza San Giovanni, un luogo cardine della storia del movimento operaio italiano.

Lo avete fatto pensando che l’unica manifestazione buona è quella violenta, che l’unica cosa che conta non sia affermare quello in cui si crede, elaborare una strategia matura di lungo periodo, ma scontrarsi con violenza contro la polizia. E non capite che, così facendo, avete distrutto tutto. Non solo una manifestazione che poteva essere bella e invece è stata brutta, ma soprattutto la possibilità che un movimento al pari di quello spagnolo o americano potesse pacificamente sorgere in Italia.

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11 Commenti

  1. dato che della cosa si sta discutendo anche su fb, sulla bacheca di marco rovelli, copio e incollo il mio commento da là:

    “sulla questione infiltrazione/azione autonoma però dobbiamo sempre ricordare che non si escludono l’una con l’altra (anzi… l’infiltrazione funziona tanto più quando trova interlocutori predisposti). questo anche per dire che vanno bene tutte le analisi del caso ma stavolta gli scontri erano un po’ troppo ad orologeria. sull’uso della violenza poi dobbiamo metterci d’accordo: fatto salvo che è sempre una strategia da disperati, almeno se deve essere agita non la si può invocare in modo avanguardistico o autonomo, senza cercare di coinvolgere il resto del corteo (che quando ha dovuto difendersi in p.zza s. giovanni non ha certo aspettato i caschi neri). i gruppi che decidono di investire la propria presenza in piazza e quindi tutto l’impatto del corteo sugli scontri non possono parassitare il resto del corteo, usandolo come rifugio e copertura. cioè: lo possono fare ma allora è chiaro il rapporto che instaurano con gli altri soggetti. concludo però invitando a non fare il solito sbaglio e confondere la piazza con il “che fare”, con il dibattito politico che, per fortuna, è molto più ampio e può ancora generare consenso, convergenze.”

  2. Se questi ragazzi, tutti dicono giovanissimi, sono destinati a diventare il capro espiatorio della situazione, prima di condannarli, dobbiamo riflettere che in Italia c’è un alto divario sociale, che la situazione antimeritocratica è particolarmente sclerotizzata, che i privilegi sono scandalosamente accettati e noti, gli evasori fiscali paiono imprendibili mentre si succedono puntuali i condoni, i sacrifici cadono sempre sulle stesse spalle, le statistiche dicono che c’è una buona percentuale di giovani che né studia né lavora, la classe dirigente nelle posizioni chiave pare inamovibile, il governo rimane lo stesso nonostante gli scandali e così via. Se il corteo voleva essere portavoce delle rivendicazioni di tutti i precari e gli indignati, forse le parole della politica non arrivano a tutti, forse qualcuno resta escluso perché la società lo ha messo da parte, non gli ha dato modo di esprimersi. Forme esasperate di rabbia, inutili o controproducenti come quelle viste ieri, sono anche il segno di un linguaggio politico che non riesce a coinvolgere, ad essere abbastanza convincente ed efficace. Le piazze saranno anche piene di indignati o di arrabbiati, ma in larga parte svuotate di politica.

  3. Ho molto ammirazione per i rivoltati italiani. In Francia le cose hanno trovato una speranza- perché la sinistra sembra offrire uono spazio per cogliere tutta la protesta- E’ strano: è un saggio scritto da un francese che ha forse ha creato voglia di rivolta. Ho una lettura diversa di quello che è acacduto in Italia sabato- forse è l’impressione di immobilità che ha spinto giovani nella violenza- Berlusconi ha ancora la fiducia dei deputati. Questi ragazzi non hanno imparato nelle scuole, hanno abbandonato la speranza di crescere, non hanno rispetto per la cultura, vogliano tutto nel fuoco subito, non hanno imparato l’attesa, la riflessione. E’ spaventoso. La società lo ha messa da parte, certo, ma la scuola mai: questi ragazzi hanno passato anni di scuola nel baccano, non hanno avuto rispetto per l’insegnante e oggi non siamo in grado di capire questi ragazzi, sembra non avere imperato rispetto, desiderio di riflettere, di mostrare il volto allo scoperto. E’ molto grave. Una società senza educazione è una società violenta. Una società senza amore per la parola, è una società bruciata? Questi ragazzi non hanno parola, solo pugni.

  4. “avete profanato Piazza San Giovanni, un luogo cardine della storia del movimento operaio italiano.”
    Si si come no… luogo cardine di chi ha accettato i peggio contratti, la concertazione, l’espulsione dei sindacati di base dalle elezioni per le RSU, di chi parla di pacifismo dopo aver votato le missioni di guerra in afghanistan, di chi parla di precarietà dopo aver introdotto il lavoro interinale con il pacchetto treu, di chi parla di antirazzismo dopo aver fatto costruire i CPT, e mi fermo qui perchè sono di buon umore…
    Quindi stai zitto o se proprio vuoi parlare di cose senza cognizione di cause va in TIBET a scrivere saggi sul LAMA, “animale cardine della storia del movimento operaio italiano” migrato verso la fine degli anni 70 dalla Sapienza di Roma alle alte montagne asiatiche.

    ‘Non chiediamo il futuro, ci prendiamo il presente’
    W. Benjamin (apocrifo)

  5. Caro anonimo “Leogrande per favore”,
    confrontati con i punti che solleva Alessandro e riconoscigli il suo valore invece di fare battutine.
    Da un punto di vista dell’efficacia politica, quello che è successo l’altro giorno, è utile?
    Da un punto di vista della rappresentanza, è rispettoso per chi c’era?

  6. Non chiediamo il futuro, ci prendiamo il presente

    scusate la mia ignoranza, ma dove Benjamin avrebbe scritto questa frase che leggo ovunque e soprattutto in che epoca?
    messa così, avulsa dal contesto e dall’epoca, non vuol dire nulla, anzi appare come una resa totale al presente fatto di consumismo, corruzione e affarismo.

  7. sì, naturalmente avevo visto :-), “leogrande, ma per favore” ha scritto prudentemente apocrifo ma spesso, per la verità, c’è scritto solo benjamin :-) e mi interessava davvero sapere se il povero benjamin avesse mai detto una cosa del genere o anche una che solo gli somigliasse.

    Alcor vuoi forse dirmi che è una delle solite disgustose bufale postmoderne e verosimili, tipo le frase attribuite a voltaire e a brecht che impazzano in rete?

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Helena Janeczek è nata na Monaco di Baviera in una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da trentacinque anni. Dopo aver esordito con un libro di poesie edito da Suhrkamp, ha scelto l’italiano come lingua letteraria per opere di narrativa che spesso indagano il rapporto con la memoria storica del secolo passato. È autrice di Lezioni di tenebra (Mondadori, 1997, Guanda, 2011), Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), che hanno vinto numerosi premi come il Premio Bagutta Opera Prima e il Premio Napoli. Co-organizza il festival letterario “SI-Scrittrici Insieme” a Somma Lombardo (VA). Il suo ultimo romanzo, La ragazza con la Leica (2017, Guanda) è stato finalista al Premio Campiello e ha vinto il Premio Bagutta e il Premio Strega 2018. Sin dalla nascita del blog, fa parte di Nazione Indiana.
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